Lady Wolf, l’esemplificazione del mondo del lavoro in Italia

Salvo una eccezione nella quale ufficialmente ritenuta non sufficientemente aggressiva per la parte di recupero crediti, Lady Wolf, trentaseienne, ha cambiato numerosi lavori, sempre per sua scelta e sempre raccogliendo complimenti per il suo lavoro e rimpianti per quando se ne andava. Lady Wolf di fatto è una gran lavoratrice, con forse i soli difetti di un esagerato senso del dovere e di non essere molto capace di far valere i propri diritti, ma questi sono difetti per il lavoratore non per il datore di lavoro. Eppure a fine gennaio Lady Wolf sarà senza lavoro e senza alcun paracadute economico, ovvero senza incentivo all’uscita o mobilità. Com’è possibile?

Lady Wolf, pur avendo in passato lavorato in ambiti diversi, da tre anni ha un impiego part time nell’ufficio di un commercialista.

Pur essendone stata inizialmente entusiasta, nel tempo le cose si sono guastate.

Come ogni commercialista o assistente commercialista sa, questo lavoro è parecchio pesante, soprattutto nell’imminenza delle scadenze rese ancora più confuse, in questi ultimi anni, dal continuo cambiamento di leggi e regolamenti. Ad una assistente vengono richiesti orari elastici, corse – puntualmente fuori orario – per le consegne di raccomandate e documenti, ferie e permessi in accordo con lo scadenzario, assoluta concentrazione sui propri e altrui calcoli e compilazioni, e molto altro ancora.

Il lavoro è pesante, ma questo Lady Wolf l’ha sempre saputo e non si è mai tirata indietro. Ma, perché un “ma” ci doveva essere, Lady Wolf, pur non chiedendo mai nulla, ha sempre preteso di essere riconosciuta e rispettata nel proprio lavoro. Invece si è ritrovata il classico atteggiamento da “C’è crisi, corri e stai zitta che un altro lavoro oggi non lo trovi” non espresso a voce ma nei fatti: niente riconoscimenti, né a parole né economici, promesse mai mantenute di cambio di fascia oraria lavorativa più favorevole, straordinari non pagati se non molto raramente e quasi a titolo di premio, richieste di attività che nulla c’entrano con l’impiego, stipendi slittati sempre più in avanti e tredicesima pagata in ritardo. Sottolineo che stiamo parlando di uno studio che certo ha visto tempi migliori, ma che sicuramente in crisi non è.

Alla fine, dopo tanti “rospi ingoiati”, Lady Wolf ha autonomamente deciso, con il mio pieno appoggio, di lasciare il lavoro, cosa che comporta l’impossibilità di accedere alla mobilità e agli incentivi e la retrocessione in fondo alle liste dei centri per l’impiego, cosa che tocca a chi non viene licenziato ma lascia il lavoro di propria volontà, indipendentemente dalle cause che hanno determinato tale scelta.

Non conosco personalmente il datore di lavoro in questione, ma da quanto mi è stato detto mi sono fatto l’idea che non sia del tutto consapevole di cosa è successo, sono convinto che creda di aver agito per il meglio nonostante l’evidenza oggettiva dei fatti. Credo che a modo suo sia esso stesso una vittima – anche se a pagare non sarà lui, se non per il disturbo della ricerca e la preparazione di una sostituta affidabile per il ruolo lasciato vacante – della credenza, che il perdurare della crisi insinua, di essere in diritto di chiedere qualunque cosa al lavoratore senza dare nulla in cambio se non il minimo sindacale, nemmeno un “grazie” o un complimento per il buon lavoro svolto. Di essere incapace insomma di capire che non tutto è “dovuto” e di riscoprire il valore della riconoscenza, non necessariamente in termini economici. A Lady Wolf questo sarebbe bastato.

Mi sento tanto Fantozzi quando sogno che un giorno questa crisi – ormai soprattutto italiana – finirà, il mercato del lavoro ripartirà e datori di lavoro del genere, incapaci della seppur minima buona gestione del personale, dovrà rivedere le proprie posizioni o adeguarsi ad avere lavoratori scadenti perché quelli bravi saranno andati altrove.

Ma, francamente, persino uno che esterofilo non lo è mai stato, come me, inizia a vedere agli altri paesi europei come componenti di un treno dal quale la vetusta carrozza italiana si è staccata ed è ormai troppo lontana per riuscire a riagganciarsi. L’Italia, come un pugile suonato, cerca ormai solo di limitare i danni, la risalita è un’altra cosa.

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Fine stagione 2013-2014 e Istituto Lama Tzong Khapa

Ho usato un termine un po’ calcistico (“stagione 2013-2014”) per indicare la fine delle vacanze e il prossimo rientro al lavoro 😦 In effetti il vero spartiacque tra due anni, per chi ha un lavoro “classico” con ferie più o meno agostane, è questo anziché le vacanze natalizie… anche perché Lady Wolf, che lavora per un commercialista, sotto Natale di vacanze ne ha davvero poche o nulla.

Colgo allora l’occasione per fare una breve disamina del periodo. Personalmente parlando, abbiamo quasi terminato ferie che sono state caratterizzate dal maltempo più o meno senza soluzione di continuità, si saranno salvati si e no cinque o sei giorni, incluse le giornate di ieri e di oggi. Peccato, perché avendo terminato il trasloco a metà Luglio non avevamo nemmeno goduto dei pochi weekend estivi precedenti e quindi abbiamo praticamente saltato tutti i viaggetti “fuori-porta” che ci piacciono tanto.

Comunque qualcosa abbiamo fatto. Un paio di giorni fa, in particolare, abbiamo fatto un salto all’Istituto Lama Tzong Khapa, in quel di Pomaia, in provincia di Pisa. Si tratta di uno dei principali siti di buddhismo tibetano d’Europa. Ci ero già stato nel 1999, ovvero ormai quindici anni fa, e da parecchio volevo mostrarlo anche a Lady Wolf che ha particolarmente apprezzato. Il posto è immerso nelle colline toscane, è molto silenzioso, e anche chi vi abita o ci va a fare pratica, studiare o meditare, rispetta tale silenzio. Non ci sono insomma schiamazzi o rumori, e si respira un’aria di serenità. Mi è piaciuto molto il commento che dopo una mezz’ora ha fatto Lady Wolf: “… mi sembra che tutto sia rimasto fuori”, dove “tutto” è quanto di negativo aveva accumulato, soprattutto per le difficoltà legate al lavoro, nel corso dell’anno. Ci torneremo sicuramente, stavolta fermandoci anche per un paio di notti, magari seguendo uno dei corsi offerti ai visitatori.

Comunque ci siamo portati a casa alcuni oggettini di arredo, oltre a qualche libro, che mi piacciono molto e che, spero, portino anche un po’ di serenità e fortuna 🙂 Si tratta di due drappi verticali di buona fortuna, con impresso il mantra om mani padme hum, e di una ruota di preghiera, contenente un rotolino di mantra della Grande Compassione, che potete vedere nelle immagini.

Non sono buddhista, tuttavia questa è una delle filosofie alle quali mi sento più vicino, lo definirei più un “metodo” per controllare i propri stati mentali e liberarsi dalla sofferenza, che una filosofia o una religione, anche se certamente ha richiami legati alla tradizione e alla cultura nella quale si è sviluppata che richiamano una vera e propria religione.

Obiettivi per… la stagione 2014-2015? Bé, per Lady Wolf è imperativo trovare un nuovo lavoro. Sappiamo che non sarà facile, ma sono convinto che ce la farà. Anche a me piacerebbe cambiare, aprire un’attività che sia tutta mia, ma essendo il mio un lavoro full time e discretamente retributo, mi rendo conto che il mio “salto” sarebbe più rischioso. Quindi… non lo accantono, diciamo che resterà il classico sogno nel cassetto da tirare fuori al momento opportuno… se tale momento arriverà mai.

Poi, vorrei riuscire a dedicare più spazio proprio alle pratiche di controllo mentale ed emotivo a cui ho accennato sopra. Ci sono poche cose che mi spiazzano… ma quelle lo fanno molto, troppo. E ciò non va bene. Credo davvero che la grande parte della sofferenza delle nostre vite possa essere eliminata. E’ vero infatti che il dolore fisico, se c’è, resta, ma anche in questo caso esso è molto spesso accompagnato da stati di malessere mentale, come angoscia, paura, disperazione, o, in altri casi, rabbia e ira. Eliminate queste ed avrete eliminato la maggior parte della vostra sofferenza.

Per il resto, qua ci troviamo bene… spero che per qualche anno riusciremo ad evitare nuovi traslochi, anche se, lo sappiamo bene, la vita è come il Monopoli: esistono probabilità… ma anche – e tanti – imprevisti 🙂

A ruota libera…

Tra corse e problemi il tempo passa e mantenere i blog (questo e adottauncucciolo, sul quale per fortuna mi aiuta Lady Wolf) non mi e’ facile; tra l’altro la sera la connessione a casa e’ spesso ballerina nonostante abbia gia’ provato a cambiare gestore (da Infostrada a Telecom Italia) e a volte non si riesce nemmeno ad entrare in Logga.

Cerco di trovare un po’ di tempo ora, anche se, non avendo il libro con me, non posso pubblicare l’estratto promesso da “Debellare l’ansia e il panico”, che dunque rimando. Cosi’… vado a ruota libera 🙂

 

E’ un periodo di grande stanchezza (e disturbi vari) per entrambi. Abbiamo come la percezione di usare la parte buona della nostra vita, quella alla luce del sole, chiusi in un ufficio, mentre i giorni volano, la gioventu’ e’ andata, e il tempo che resta si riduce, anche se non possiamo sapere quanto ancora ne abbiamo.

E’ banale, lo so. La mia non e’ una “alzata di scudi” contro il sistema, in quello siamo e se vogliamo – o dobbiamo – continuare ad esserci, non possiamo far altro che accettarne le regole. E’ solo la percezione viva, sulla pelle, di qualcosa che e’ gia’ scontato a livello conoscitivo.

Il tempo vola, la vita si accorcia, e la stiamo in buona parte buttando via 😦 Un domani, probabilmente, pensero’ a tutti i giorni che avrei potuto vivere in modo diverso, in cui avrei potuto assaporare la brezza dell’aria, il calore del sole sulla pelle, star vicino e giocare con i gatti e il cane – anche perche’ il loro tempo e’ comunque ancora piu’ breve del nostro, ed ho la certezza – forse arrogantemente penserete – di credere che gli manchiamo.

Vorrei avere piu’ tempo da trascorrere con mia moglie: e’ indubbio che – almeno nei giorni feriali – vedo di piu’ i colleghi di lei 😦 A volte i miei colleghi fanno le classiche cene pre-festa, alle porte del Natale ad esempio, e scelgono sempre di farle tra di loro, escludendo i relativi partner. Questa e’ una scelta che non ho mai capito e che mi appare un po’ fantozziana, con tutto il rispetto che posso avere per loro. A volte ricevo risposte del tipo che se ci fosse il partner non si potrebbero divertire, che con loro passano fin troppo tempo. Io questo non lo capisco, per me e’ l’esatto contrario. A volte mi scopro a pensare che e’ gia’ l’ora di andare a dormire… e mi rattristo, perche’ il poco tempo serale con lei e’ gia’ terminato. Passo cosi’ tanto tempo con i colleghi e cosi’ poco con Lady Wolf che… onestamente non credo mi ci vedranno mai ad una delle loro cene 😛

A volte mi immagino in pensione, quando finalmente potrei scorazzare con il cane per prati e boschi, ogni volta che voglio, non solo il weekend (se non e’ brutto peraltro). Ed e’ abbastanza sconcertante pensare che l’eta’ pensionabile si sta alzando cosi’ tanto che probabilmente non arrivero’ ad avere il piacere di farlo, o che comunque potrei non esserne piu’ in condizione.

Sento che siamo costretti a rubare spiccioli di tempo per noi e per la nostra felicita’, e mi scopro a immaginare che vita sarebbe se potesse essere l’opposto, se avessimo piu’ tempo per noi e meno per un lavoro che ci porta lontano da casa!

In certi momenti mi sento un condannato. Sara’ solo stanchezza, chissa’…

Adesso cambiare e’ difficile, lo so, sia a livello individuale che globale. Ma mi chiedo… poteva questa societa’ essere diversa, piu’ a misura di uomo e di natura? O ogni tipo di societa’, dovendo creare regole per la buona interazione tra individui, sarebbe stata destinata a finire cosi’?

E potevamo fare qualcosa di diverso noi, individualmente, con i mezzi (scarsi) che avevamo a disposizione? Certo, con i soldi si puo’ comprare un pezzo di terreno, metterci su una casa ed attrezzarsi con quanto occorre per viverci tutta o buona parte del tempo.

O magari non serviva nemmeno cosi’ tanto denaro… forse e’ questione di mentalita’ non ereditata dai genitori e dalle persone che si e’ avuto attorno nell’infanzia e che hanno indirizzato la nostra vita.

 

Comunque si’, in questo periodo siamo entrambi stanchi, un po’ amareggiati, forse preoccupati.

Perche’ il tempo vola davvero… e la rosa della vita ha gia’ iniziato ad appassire.

Vi lascio con questa simpatica immagine che ho fatto da remoto, grazie al circuito delle webcam che abbiamo fatto in casa per monitorare gli animalotti quando non ci siamo. Tom sembra dire a Julius e Numa “Allora, che fate ragazzi?” 😀

Che peccato non essere li’ con loro…

 

La vita è precarietà… e il lavoro pure :-)

Che la vita fosse precaria, caduca e impermanente, i buddhisti lo insegnavano già 5000 anni fa’ 🙂 Adesso anche il mondo del lavoro si è adeguato e, con esso, le nostre finanze e possibilità. Un tempo si era alla ricerca del mitico posto fisso e, ancora adesso, c’è qualcuno che ci crede. Per esempio, chi cerca di affittare una casa (o concedere un prestito) spera sempre di trovare qualcuno con un posto a tempo indeterminato. Peccato che oggi “posto a tempo indeterminato” significa solo che, invece di sperare che il proprio contratto venga rinnovato, bisogna sperare di non essere licenziati o finire in uno di quei posti che sono comunque vicina anticamera all’essere senza lavoro 😉 Dove lavoro io, una multinazionale estera, ormai ogni anno – da non ricordo più quanto tempo – ci sono tagli… opsss, “razionalizzazioni”! 😉 Vorrei avere una statistica su quanti sono ancora qua da quando ci entrarono. Personalmente sono al punto che da anni “sento” che non arrivero’ alla pensione qua dentro…

A dire il vero, chi mi conosce bene sa che penso che non arriverò proprio all’età pensionabile, ma questo è un altro discorso 😀

Un aneddoto ne è questo: un paio di anni fa’, in odore di “espulsione”, iniziai a mandare curriculum ad alcune aziende che operavano nel mio settore in Alto Adige, luogo da cui proviene mia moglie e dove quindi potremmo forse pensare un giorno di “tornare” (lei… io “andare” :-D). In particolare, in un caso rimasi molto deluso dal non ricevere nemmeno risposta, dato che si trattava di un’azienda nota per avere buona ricettività. Mi dicevo “Cavolo… ma il mio curriculum fa cosi’ schifo?”. Poi, un giorno, andammo in visita ai parenti di mia moglie e passammo davanti all’azienda in questione… Striscioni dei sindacati, picchetti di gente, lenzuola con scritte di protesta… insomma, azienda in stato di crisi ed epoca di licenziamenti, perfino in quella che fino a pochi anni fa era considerata un’oasi dorata. Be’… almeno capi’ perché non avevo ottenuto risposta.

Però ci dicono che la crisi sta per finire 🙂 Che facciamo, ci crediamo? 😉

P.S.: un aggiornamento sulla mia schiena 🙂 Pagate di tasca mia le lastre a tutta la colonna vertebrale e il bacino. Niente di risolutivo… ci sono i classici segni di invecchiamento della colonna, un po’ di artrite, qualche spazio ridotto tra vertebra e vertebra, ma nulla che possa giustificare i miei dolori alle “ali”, come chiama quella zona della schiena la nonna 92enne di mia moglie 😉 Adesso tornerò dall’ortopedico libanese (credo) della ASL, mah…

 

Dove sarete tra qualche anno? :-)

Lavorativamente parlando le cose continuano a non andare molto bene, al punto che mi sono sentito… “suggerire” 😀 di cercare posto altrove. Niente di personale ovviamente, d’altronde non c’è mai niente di personale per una grande azienda: per lei, la grande azienda, si tratta solo di numeri e di conti, forse di avere i giusti contatti; non certo di nomi, ne di meriti.

Comunque, in attesa di vedere come evolveranno le cose, passiamo il fine settimana con il miglior spirito possibile, ben sapendo che la vita – salvo pochi fortunati che forse nemmeno sanno di esserlo – è fatta proprio di fragilità e caducità, e i periodi di equilibrio sono quasi sempre precari e momentanei.

Ieri, in un momento di serenità, attorniato dai miei mici, cane e, ovviamente, moglie 😀 mi è venuta spontanea la domanda che ora pongo a voi: vi chiedete mai dove sarete tra qualche anno? Sarete ancora nella stessa casa, nella stessa città, forse perfino nella stessa nazione? 😐

Tom tra Bonassola e Levanto

Non arrendersi – Il vento lo sa’…

Purtroppo questo e’ un periodo molto pieno di impegni per me, non riesco ad essere presente ed aggiornare come vorrei 😐
Il futuro… chissa’ che mi riservera’? Ci sono grandi mutamenti nel mio ambito lavorativo, molta incertezza, e l’idea di cambiare (o cercare di farlo) diviene sempre piu’ ostica con l’avanzare dell’eta’… ma credo che questo stato di cose sia abbastanza comune a tante persone oggi, non e’ vero? 😦
Comunque non bisogna abbattersi o, peggio, arrendersi.
Come diceva John Fitzgerald Kennedy, «Scritta in cinese la parola crisi è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l’altro rappresenta l’opportunità» 😐

Nonostante il poco tempo, oggi pubblicare mi e’ facile. Infatti, proprio sul tema di resistere prima e superare poi, le avversita’, ho trovato una splendida storia sul blog di Kjya (Amore Infinito) e voglio condividerla con voi.
Personalmente l’ho “sentita” molto, e credo che anche voi, chi almeno ancora non la conosce, l’apprezzerete…


Il vento lo sa’…
dal blog
Amore Infinito
di Kjya

Lui solo sa’? Un mattino il soffione fu afferrato dalle dita invisibili e forti del vento. I semi partirono attaccati al loro piccolo paracadute e volarono via, ghermiti dalla corrente d’aria. “Addio… addio”, si salutavano i piccoli semi. Mentre la maggioranza atterrava nella buona terra degli orti e dei prati, uno, il più piccolo di tutti, fece un volo molto breve e finì in una screpolatura del cemento di un marciapiede.

C’era un pizzico di polvere depositato dal vento e dalla pioggia, così meschino in confronto alla buona terra grassa del prato. “Ma è tutta mia!”, si disse il semino. Senza pensarci due volte, si rannicchiò ben bene e cominciò subito a lavorare di radici. Davanti alla screpolatura nel cemento c’era una panchina sbilenca e scarabocchiata.
Proprio su quella panchina si sedeva spesso un giovane. Era un giovane dall’aria tormentata e lo sguardo inquieto. Nubi nere gli pesavano sul cuore e le sue mani erano sempre strette a pugno. Quando vide due foglioline dentate verde tenero che si aprivano la strada nel cemento. Rise amaramente: “Non ce la farai! Sei come me!”, e con un piede le calpestò.

Ma il giorno dopo vide che le foglie si erano rialzate ed erano diventate quattro. Da quel momento non riuscì più a distogliere gli occhi dalla testarda coraggiosa pianticella. Dopo qualche giorno spuntò il fiore, giallo brillante, come un grido di felicità.

Per la prima volta dopo tanto tempo il giovane avvilito sentì che il risentimento e l’amarezza che gli pesavano sul cuore cominciavano a sciogliersi. Rialzò la testa e respirò a pieni polmoni. Diede un gran pugno sullo schienale della panchina e gridò: “Ma certo! Ce la possiamo fare!”. Aveva voglia di piangere e di ridere. Sfiorò con le dita la testolina gialla del fiore. Le piante sentono l’amore e la bontà degli esseri umani. Per il piccolo e coraggioso dente di leone la carezza del giovane fu la cosa più bella della vita.

Non chiedere al vento perché ti ha portato dove sei. Anche se sei soffocato dal cemento, lavora di radici e vivi. Tu sei un messaggio Noi siamo messaggi…

Lavoro…

… anche a voi a volte viene voglia di mollare tutto e cercarvi una piccola attivita’ in qualche paesino di campagna? 😛

Sara’ che a seconda delle differenti stagioni della vita cambiano i desideri e gli obiettivi, ma non vi nascondo che questo pensiero si fa sempre piu’ strada nella mia mente 😐
Una casetta, magari con un piccolo giardino dove i gatti possano scorazzare liberi, qualche bel sentiero o torrente nei dintorni dove fare belle passeggiate con il cane (e moglie, naturalmente! eheheh). Un posto nel verde ma che non sia troppo distante da una grande citta’ (non si sa mai…), e con un – poniamo – piccolo negozio “di una volta” 😀

Niente capiufficio, compiti di dubbia utilita’ da svolgere, carriere (impossibili o quasi) da tentare, compromessi da adottare per andare sempre d’accordo, ore in macchina per arrivare… per non parlare di quando si deve partire, con la burocrazia da svolgere, il tempo nelle sale d’aspetto in aeroporto… 😦

Una vita a scorrimento lento e tranquillo, anziche’ sempre di corsa… 🙂

Uff… lo so, lo so, facile dirsi e difficile a farsi, ma… chissa’… lasciatemi sognare stasera… 😉

Sfide

In attesa di riprendere il racconto che avevo iniziato (“L’ultima sfida”… a proposito, lancio un sondaggio: secondo voi lo riprendero’ davvero prima o poi? :-D), volevo parlare di quello che ritengo essere un modo di affrontare la vita, ovvero prendendo i suoi imprevisti e i nostri impegni, grandi o piccoli che siano, come sfide.

In genere sono due i principali fattori per cui le nostre vite finiscono per arenarsi: la paura e la pigrizia.

A volte temiamo cio’ che dobbiamo affrontare e tendiamo percio’ a rifuggire da esso, pur sapendo che prima o poi ci verra’ presentato il conto. Cio’ che ho imparato nel corso della vita e’ che, molto spesso, piu’ tardi arriva il conto, piu’ salato esso e’. Ecco perche’ ritengo che bisognerebbe sempre affrontare, senza rimandare ad un domani che di solito non e’ mai “domani”, quel qualcosa che sappiamo dover affrontare.
Mi sembra gia’ di sentire qualcuno pensare “eh, ma non sempre e’ meglio anticipare l’azione!”, ed e’ vero. Ma io qui non parlo necessariamente di “azione”: “affrontare un problema” puo’ significare anche decidere che il momento di affrontarlo non e’ ancora giunto, che ci sara’ un istante piu’ propizio. Cio’, tuttavia, non deve assolutamente essere fatto per evitare di affrontare il problema stesso, ma sulla base di indicazioni reali, pratiche, precise e tangibili.
Non si affronta invece il problema quando lo si lascia in sospeso, quando una reale decisione non viene presa ma perennemente rimandata, forse sperando che nel tempo si risolva da solo.

Simile e’ l’effetto della nostra accidia. C’e’ qualcosa che dobbiamo fare ma gia’ l’idea di doverci buttare in quel qualcosa, un lavoro ad esempio, ci stanca. Immaginiamo quel problema come fosse un’immensa montagna da scalare, una montagna che ci sfianchera’, ci togliera’ energie, tempo, vita. In realta’ pero’ quel lavoro va fatto, c’e’ poco da dire: affrontarlo stancamente non fara’ altro che prolungarlo, trasformandolo in una lenta agonia frammista di noia e preoccupazione. Ogni giorno che ci separa dal suo termine, invece di essere vissuto come un sollievo per l’avvicinarsi della meta, ci stanca ancora di piu’. Non se ne puo’ davvero piu’.

Vivere in questo modo, con questo lento e penoso trascinamento, e’ davvero un non vivere, un concentrare tutta la nostra vita nei soli momenti di “hobby”, magari pochi e mal vissuti, visto che gia’ pensiamo che finiranno…

Imparare a vivere entrambe le situazioni come fossero sfide da vincere, da’ certamente una carica ed una vitalita’ in piu’, che vivere nella continua ricerca di evitarle.

Spesso scopriremo che cio’ che ci faceva paura non e’ poi cosi’ brutto, e che comunque il solo fatto di esserci mossi, di aver avuto il coraggio di uscire finalmente dalla nostra tana, ci avra’ liberato dall’angoscia e dato forza e convinzione nelle nostre possibilita’.

Altrettanto spesso, il buttarci nell’azione ci fara’ uscire dalle pastoie della noia e della preoccupazione, che a volte sembrano proprio nutrirsi della nostra vitalita’, lasciandoci senza forze.

E’ possibile considerare tutto come un’eccitante sfida, piuttosto che come un pesante dovere? Certo, e’ solo questione di rappresentazioni mentali. Sfidare se’ stessi, dimostrando che si puo’ essere migliori, e’ sempre possibile 🙂

P.S.: visto la figuraccia fatta quest’anno, fatemi rappresentare il post sulle “sfide” ricordando questa splendida partita 😀 Ehm… io comunque avevo solo 4 anni, eh! 😛

L’ottimo è nemico del bene

Ricordate che qualche post fa’ (Massime storiche: guidare con il freno tirato) vi parlai di un mio vecchio capo che tutti odiavano almeno un pochetto ma che aveva uscite e citazioni geniali? 🙂 Ecco, questa era un’altra delle sue preferite e… obiettivamente l’ho fatto parecchio mia io stesso 😉
Che vuol dire?
Bé… poniamo che “mettiate in cantiere un lavoro”, non necessariamente di ufficio, eh, “lavoro” è per modo di dire: potrebbero anche essere le pulizie di casa, un progetto di viaggio, come trascorrere il prossimo weekend, prepararsi per un esame, perfino la scelta di un nuovo impiego o di un partner, o ancora… bé, un sacco di altre cose! 😛
Iniziate a ponderare in quale modo partire, raccogliete informazioni, studiate le strade migliori per affrontarlo, la via più pratica e più veloce, e raccogliete, raccogliete, pensate, pensate… o forse lo portate effettivamente avanti ma, poiché non vi soddisfa mai, cercate in continuazione di migliorarlo, ha sempre qualcosa che non va, c’è sempre “quel particolare che…”, “quella sbavatura che potrebbe…”. Insomma, volete l’ottimo.
Così, alla data della scadenza ancora vi affannate e preoccupate perché niente è pronto, o almeno così vi sembra! 😐 Oppure arrivate a fine giornata che… non avete concluso nulla. Succede anche a voi, almeno qualche volta? 😉
Ecco… in qualunque di questi casi quel mio vecchio capo vi guarderebbe e vi direbbe “X, ricordati che l’ottimo è nemico del bene!”. Ovvero, se aspettate di arrivare alla perfezione, in voi stessi, nel vostro lavoro, o negli altri, se siete decisi a non muovervi fino a quando non sarete certi di avere successo al 100%… bé, siete probabilmente prossimi a distruggere qualcosa che quasi certamente avrebbe funzionato… bene 😉

mmm… adesso che ci penso… non c’era un vecchio adagio popolare che diceva “Chi troppo vuole, nulla stringe?” 😐

minitowers - Byan Berg

 

Massime storiche: guidare con il freno tirato ;-)

UfficioOrmai parecchi anni fa’, avevo un capo ufficio che per svariati motivi non era molto ben voluto. Quello principale era che, oltre a fare tanto straordinario lui stesso (ognuno è libero di far quel che vuole), dava per scontato che lo facessero anche i dipendenti 😉
Dopo le 17:30, nel timore di essere bloccata, la gente sceglieva – come dire? – “strade alternative” per uscire senza farsi vedere da lui 😛
Il mio record furono le due e mezza notturne ma ci fu anche chi si fece in ufficio tutta la notte, compreso un tipo, piccolo, grassoccio e calvo, che, sorpreso a lavorare al PC la notte di Natale da una guardia giurata (insospettita dal rumore di dita che battevano frenetiche sulla tastiera), si meritò l’appellativo di Gesù Bambino 😀
Comunque questo capo era anche una persona molto riflessiva e intelligente, e ogni tanto se ne usciva con massime memorabili che ricordo ancora adesso 🙂
Una di queste recitava “Ricordati che è proprio quando si avrebbe voglia di premere sul freno che è il momento di spingere sull’acceleratore” 😐
ufficioBé… credo che, metaforicamente parlando (non fatelo mentre guidate veramente), avesse proprio ragione: spesso facciamo più fatica a “guidare con il freno tirato”, perché abbiamo deciso che ciò che stiamo facendo non ci piace e lo facciamo perciò controvoglia, che a decidere di buttarci nell’impresa anima e cuore.
Spesso, non solo faremmo prima, avendo più tempo ed energie da dedicare al tempo libero, ma potremmo anche scoprire che in fondo portare a termine quel compito o svolgere quella mansione, può anche essere fonte di notevole soddisfazione 😉

Oddio… non ditemi che adesso sto parlando come un dirigente o un genitore! 😮