Avevo scritto questo post alcuni mesi fa ma non essendo riuscito a completarlo e rileggerlo, è rimasto lì, in bozza, per tanto tempo. Credo sia venuto il momento di pubblicarlo. Non so se è il mio ultimo post ma è possibile e per questo colgo l’occasione per salutare calorosamente ogni lettore che ancora, quando magari gli arriva una notifica automatica, passa di qua. Grazie di cuore, a tutti, per aver fatto un tratto di strada assieme.
Vi lascio al post…
Da quando è nato e per molti anni, il sottotitolo del mio blog è stato “Alla ricerca dell’anima”. Questo sottotitolo prese il nome, o almeno fu influenzato, da un libro che aveva lo stesso titolo. Era un libro nato in piena epoca New Age, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, dove l’autore, Larry Dossey, all’epoca medico internista, cercava di conciliare scienza e spiritualità. Non ricordo se ho mai riletto quel libro, che tuttora possiedo, ma certamente mi piacque molto.
Da quando iniziai il mio percorso, molto prima della fondazione di questo blog, anch’esso passato attraverso diverse piattaforme, mi sono imbattuto in molte correnti di diverso tipo. C’è stata la psicologia e le sue applicazioni, le diverse forme di New Age, lo Yoga in tutte le sue forme, molte scuole di induismo – in particolare l’Advaita Vedanta – il Buddhismo, anch’esso suddiviso in molteplici scuole e correnti diverse, ma anche l’Alchimia, lo spiritismo e diversi mistici e filosofi occidentali, come Meister Eckhart e Plotino. Qua e là lungo il percorso faceva capolino la scienza, con la fisica, l’astronomia, la meccanica quantistica e scienziati che a loro modo, forse nemmeno volendolo, esprimevano essi stessi una filosofia, una forma di spiritualità agnostica, per così dire. Einstein e Sagan ne sono solo due esempi.
Negli ultimi anni sono stato interessato al Buddhismo anche se non mi riferirei a me come Buddhista. Mi avvicinai ad esso grazie alla promessa di libertà dalla sofferenza di Buddha Shakyamuni. Guardando quest’ultimo tratto di percorso, a ritroso, vedo una filosofia di base impeccabile, una visione della realtà tanto ineccepibile e inattaccabile quanto potenzialmente pratica e, appunto, liberatoria se portata nella vita quotidiana e nel sé più profondo e qui sta la vera forza del Buddhismo: il suo metodo. Un metodo che, se seguito non in maniera meccanicistica ma facendolo divenire parte integrante del proprio pensiero, al punto di seguirlo dimenticandosi che da lì ha preso spunto, permette di portare serenità e pace in un luogo e in un tempo dove è difficile trovarle.
Eppure il Buddhismo nasce fondamentalmente dalla ricerca interiore di una persona, dalle sue osservazioni, dalle sperimentazioni e dai risultati che vedeva in sè stesso. Ciò che ha fatto Buddha avrebbe potuto essere fatto, almeno potenzialmente, da ciascuno di noi. E di fatto, seppure con espressioni e apparenze diverse, Buddha non è stato il solo a fornire un valido metodo, ce ne sono altri apparentemente diversi perché nati, cresciuti e influenzati da culture diverse, ma altrettanto validi e che, in fondo, recano gli stessi messaggi.
E soprattutto c’è ciascuno di noi, ogni singola persona, che costituisce storia a sè, che è un universo in sè. Non possiamo mai essere, diventare, cloni di qualcun altro, per quanto grande e influente esso sia o sia stato, perché il nostro io, con il quale volenti o nolenti viviamo questa vita, è forgiato da ogni singola circostanza e avvenimento che è accaduto in precedenza. Come potremmo essere uguali o diventare uguali a qualcun altro? Oguno vive nel proprio paradigma di credenze, credendo solitamente che quella che sta vivendo non è la sua percezione della realtà bensì la realtà assoluta.
Proprio perché non possiamo essere uguali e avere le stesse percezioni, non esiste, non può esistere, qualcuno che è tenutario della visone e della percezione corretta ed assoluta, perché la sua visione e percezione dipendono da lui stesso, dai suoi filtri, dai suoi sensi e così via. Tra l’altro, è vero che gli esseri umani hanno sensi simili, ma ciò che è “simile” è per definizione diverso, non è “uguale”.
Ad un certo punto perciò dovremmo smetterla di cercare un maestro da emulare perché vorrebbe dire che stiamo solo continuando a cercare un’altra maschera da indossare, qualcuno che faccia per noi “il lavoro sporco”.
Non so quanti anni ho ancora davanti a me, possono essere tanti (compatibilmente con la mia età) o pochi, non importa, ma certamente sono comunque entrato già da un po’ nell’ultimo tratto del mio percorso. Ho… scavallato, per così dire. E adesso sento che le stampelle non sono più utili, perché quando poi affronti temi grevi, le stampelle non reggono. Sei tu, da solo, di fronte all’abisso. L’unica cosa che conta a quel punto è ciò che hai coltivato e che hai dentro. Non ti puoi portare libri, articoli, un motore di ricerca. Ad un certo punto nemmeno la ragione è più di utilità, perché la ragione non può reggere di fronte al nulla (o al tutto, se preferite). E’ come quando, all’improvviso, state per essere messi sotto da una macchina: non potete fermarla dicendo “Ehi, un attimo! Devo pensare a cosa fare, al miglior modo di scansarmi!”, la reazione viene da dentro, dall’inconscio, ed è determinata da come abbiamo vissuto e da cosa abbiamo coltivato fino a quel momento. Se abbiamo coltivato la paura, la paura ci bloccherà e saremo investiti, se abbiamo coltivato l’attenzione, la presenza, allora – forse – avremo la prontezza per buttarci dalla parte giusta.
E’ anche per questo, probabilmente, che ormai non scrivo quasi più (non solo sul blog). In realtà da molti anni questo blog si era già via via trasformato da un blog di “pensieri” ad uno di eventi, per lo più personali, di cui mantenere il personale ricordo. Sento che il mio “rifugio” è la vita spicciola, per così dire, le cose e le “anime” che la riempiono ogni giorno. Quello che mi serve, a questo punto, lo ho già, sta a me usarlo. Non ho nulla da cercare, se non per curiosità. Non credo più di avere qualcosa da insegnare o che ci sia qualcuno che possa o debba apprendere da me. Se non forse per un eventuale esempio che però non può essere trasmesso a parole, ancora meno se si tratta di parola scritta.
