Paranormale: raccontate la vostra esperienza

cerchi nel granoCome ho scritto nel mio profilo, mi sono spesso definito il “ricercatore perfetto”: qualcuno che ha grande curiosità e che vorrebbe fortemente trovare “prove” di qualcosa che “viva” al di la’ dei cinque sensi, ma che, al contempo, ha un nocciolo scettico che non è mai riuscito a eliminare. Quel nocciolo scettico, per un “ricercatore”, non è una maledizione (magari per chi vorrebbe semplicemente “credere”, si, invece…), è anzi indispensabile per l’oggettività del riscontro, altrimenti si correrebbe il rischio di credere a qualunque cosa venga propinata.
Diciamo che se mi vedrete scrivere “miracolo!!!“, bé… è probabile che davvero di miracolo si tratti! 😉

sfera di cristalloLa mia esperienza su Internet si è mantenuta sulla stessa falsariga; già da anni infatti ho notato che esistono siti “propagandistici” e poco obiettivi da ambo i lati: chi trova spiegazioni esoteriche ardite per spiegare il più piccolo degli eventi e chi, spesso con teorie ancora più incredibili, cercano solo di smontare i primi. Non ci credete? Provate ad andare sul sito del Cicap: alcune delle loro teorie “scientifiche” appaiono più balzane che ammettere l’esistenza di qualcosa che è al di là dei nostri sensi.

Prima di tutto, pero’, cos’è un fenomeno “paranormale”?
Bene, è evidentemente qualcosa che non può essere ritenuto “normale”, non è vero? 🙂 Ma “normale” per chi? Usando quali parametri? Non era forse incredibile immaginare le forze elettromagnetiche prima che queste fossero riconosciute e dimostrate? Eppure, ovviamente, esistevano già in natura, non è così? Per non parlare della Relatività o della Meccanica Quantistica…
E allora, perché non ammettere che possa esistere qualcosa a cui la scienza non è ancora riuscita ad arrivare?

La scienza degli uomini non è, curiosamente, come le loro leggi: per la legge – almeno nei paesi cosiddetti “civili” – la colpevolezza deve essere provata, ma se non lo è non vuol dire che ci sia innocenza, possono semplicemente mancare le prove dimostranti che essa sia tale.
Eppure, per la scienza, una cosa per essere vera deve essere dimostrata, e se non lo è, allora non è vera.

Non è curioso?

Questa pero’ non deve essere una buona ragione per credere a tutto…

CorvoEsempio 1: Premessa: le teorie animiste dicono che quando una persona muore, la sua anima ci mette tre mesi (mi pare…) per poter tornare a manifestarsi nel mondo come spirito.
Qualche mese dopo la morte di mio papà, iniziai a percepire uno strano suono in camera mia. Ogni volta che andavo a dormire… sentivo distintamente un rumore metallico, una sorta di “tlang!”, come se quell’asticella di metallo usata per tenere ferma una finestra aperta, sbattesse ogni volta contro il muro. Controllai tutto più e più volte: finestre aperte o chiuse, correnti d’aria, oggetti fuori dalla finestra che potessero produrre un rumore simile… tutto!
Ma non trovai nessuna spiegazione razionale… apparentemente.
Passarono i mesi e quasi mi convinsi che quello fosse un segnale di mio papà, una sorta di “buonanotte” prima della nanna 🙂
Divenne un suono amico e familiare.
Solo un anno e mezzo dopo, capii all’improvviso – chissà per quale strano collegamento mentale – che quel rumore era dovuto alla lampadina al neon che era vicina al mio letto: pochi minuti dopo che la lampadina veniva spenta, essa produceva quel rumore (un relè interno, forse?). Probabilmente gli addetti alla fabbricazione di tali lampadine sono perfettamente a conoscenza di questa cosa, ma tra gli altri… chi l’avrebbe detto?

gatto neroEsempio 2: Sempre anni fa’, direi una decina, considerando che ero in possesso del mio primo telefono cellulare, ero pronto per dormire. Ero già a letto e stavo per spegnere la luce. Improvvisamente mi voltai di scatto verso il telefono cellulare che era posato nel suo caricabatteria da tavolo a due-tre metri da me.
Sapevo che sarebbe squillato.
Non ricevevo mai telefonate a quell’ora ma… qualcosa mi costrinse ad aspettarmi quella chiamata. Pochi secondi dopo, il telefono squillò: era una mia amica che aveva subito un tentativo di stupro e che mi pregava di andarla a recuperare perché era scappata a piedi dalla casa in cui aveva subito il tentativo di violenza.
So che i telefoni cellulari GSM usano frequenze “sensibili” ad altri elettrodomestici (avente presente i classici disturbi a radio, televisioni… ?), ma quella sera… era già davvero tutto spento.

Potrei elencare tanti altri “piccoli” avvenimenti (e qualcuno grande…) che non sono mai riuscito a spiegare col buon senso. Ciò non vuol dire dover credere necessariamente all’aldilà purtroppo: ci possono essere spiegazioni comunque paranormali ma che non hanno bisogno di tirare in ballo la vita dopo la morte.
Quello della vita dopo la morte è il passo più difficile, perché di importanza capitale; per questo è più difficile crederci per chi non ha una “fede donata”: ammettere che esista la telepatia può non cambiarmi la vita; essere sicuro che non finirò assieme alla morte del mio corpo… è davvero altra cosa e… sì, potrebbe farlo.

Un esempio. Avrete tutti (ok… “quasi” tutti! :-P) sentito parlare dei fenomeni poltergeist, ovvero di quei rumori “impossibili” e quegli oggetti che si spostano e volano per le camere apparentemente da soli. Bene, essi sono spesso citati come prova dell’esistenza degli spiriti. Ma esiste una teoria, altrettanto “possibile” (o “impossibile”, secondo il Cicap :-D), che li spiegherebbe con l’energia telecinetica (la telecinesi è la capacità, volontaria o non volontaria, di spostare gli oggetti con la sola forza del pensiero); in effetti la grande maggioranza dei casi raccolti accade in case dove ci sono adolescenti, tipicamente irrequieti, e con perciò una grande e “disordinata” energia mentale. Non è “prova”, no, ma può essere già un indizio…
Sempre di fenomeno paranormale si tratterebbe. Ma mentre l’esistenza degli spiriti dimostrerebbe la vita dopo la morte… la telecinesi è ben lunga dal farlo.

Ma adesso, signori e signore, tocca a voi!!! Vi esorto a raccontare le vostre esperienze, con dovizia di particolari, se possibile! Sarò un opinionista (giudice non mi piace) severissimo… ma, prometto, possibilista! 😉

albero e luna

Uscire dall’abitudine per migliorare sé stessi

“Una grande intensità: evocazione di qualcosa proveniente dal nulla. È vero che gli strumenti sono quelli, la tecnica, le abitudini, ma un’incognita permane: gli anni di pratica non vi possono proteggere, non vi devono proteggere. Bisogna gettarsi in uno spazio vuoto, uscire dalla memoria. Tutti vi stanno guardando; in questo momento della vostra vita, smettete con i luoghi comuni e inventate.”
Tim Hodgkinson – compositore autodidatta inglese

Questo aforisma mi fu donato anni fa da un amico che ha un profilo e un blog anche su Splinder (rabesto) anche se purtroppo lo ha chiuso proprio recentemente. Chissà se se ne ricorda 🙂
Allora non mi colpì particolarmente, lasciandomi anzi abbastanza indifferente.

waltersteinerRecentemente, grazie al lavoro con la compagnia teatrale che frequento (www.waltersteiner.it), l’ho riscoperto, capendone il significato, soprattutto vedendo (e ascoltando) il lavoro dei registi e degli attori della compagnia stessa. Certamente è un aforisma che si adatta particolarmente alle arti, di qualunque genere esse siano. Certo, in tutte le arti ci sono delle regole, c’è sempre un intenso lavoro, indicazioni, lezioni… ma davvero, più che da altre parti, non ci si può fossilizzare: chi si ferma è perduto, se non agli occhi degli altri, almeno verso quelli propri, perché l’artista sa perfettamente quanto sta dando e quanto può dare, e senz’altro non può accettare, da sé stesso, nulla di meno.

Ma poiché sono convinto che non esista settore che sia completamente autonomo, che non sia in qualche modo lo specchio della vita, questo aforisma non fa eccezione e trova “maledettamente” riscontro anche nella nostra quotidianità.
Pensateci… pensate a quante occasioni da cogliere o per crescere perdiamo a causa delle nostre abitudini, dell’identificazione delle nostre azioni abitudinarie con la nostra stessa vita. E’ come se noi non esistessimo al di fuori della nostra quotidianità, perfino quando di essa ci lamentiamo.

via SestriAd esempio, camminiamo per strada – facendo per la decimillesima volta il percorso che abbiamo sempre fatto – senza prestare davvero attenzione alle cose che ci accadono attorno, proiettati già a quella che sarà la nostra giornata una volta arrivati in ufficio o in qualunque altro luogo ove ci stiamo recando. Chissà quante cose, che magari potrebbero cambiare la nostra vita – un volantino, un manifesto, una persona – non notiamo, persi come siamo nei nostri pensieri.

Molti di noi dichiarano di voler cambiare la propria vita, ma – a parte parlarne – non fanno nulla per farlo, anzi, perfino parlarne diviene un’abitudine, al pari delle altre.

Certo, può esserci timore di sbagliare, di rendersi ridicoli, di buttare via tempo ed energie per qualcosa che forse non funzionerà, senza rendersi conto che il tempo e le energie se ne stanno già andando per i fatti loro da un pezzo!

C’è qualcosa che vorreste fare, provare, tentare? Qualcosa che se funzionasse migliorerebbe voi e la vostra vita, e che non tentate per paura di fallire? Fatelo! Se non lo fate… avete già fallito.

Un mio vecchio mito, un notissimo motivazionista americano, Anthony Robbins, vi chiederebbe: che cosa fareste, se sapeste di non poter fallire?
vittoria

Artefici, e non vittime

tigreIL CAMMINO DELLA TIGRE
di Paulo Coelho

Un uomo camminava nella foresta quando vide una volpe ferita. “Come può nutrirsi?”, pensò.
In quel momento, si avvicinò una tigre, con un animale fra i denti. Saziò la sua fame e lasciò alla volpe quanto era avanzato. “Se Dio aiuta la volpe, aiuterà anche me”, rifletté l’uomo.
Quindi tornò a casa, si chiuse dentro e rimase ad aspettare che i Cieli gli dessero da mangiare. Non accadde nulla.
Quando ormai era troppo debole per uscire e lavorare, comparve un angelo. “Perché hai deciso di imitare la volpe ferita? – domandò l’angelo – Alzati, prendi i tuoi attrezzi e imbocca il cammino della tigre”.


Commento di Wolfghost: non finiro’ mai di stupirmi per come persone che magari provengono da contesti sociali molto simili, forse perfino dalla stessa famiglia, reagiscano in modo differente a medesimi eventi.

C’e’ chi si lascia abbattere e passa il tempo a lamentarsi, sentendosi di volta in volta vittima del fato avverso, del “sistema”, di un Dio crudele, di qualcuno che ordisce trame misteriose alle sue spalle e contro cui e’ inutile intraprendere una qualsivoglia azione, e chi, invece, considera quanto avvenuto come una sfida o un incidente di percorso, valutando se ha sbagliato qualcosa, se puo’ porre rimedio, forse anche con l’aiuto di qualcuno, ma – in ogni caso – decidendo ad un certo punto di andare avanti comunque, perche’ la vita non interrompe il suo percorso mentre siamo chiusi nelle nostre camere a lamentarci o a inveire contro capri espiatori, veri o presunti che siano. Spesso anzi, queste persone, pur nel pieno della loro personale lotta, riescono a dare attenzione ed aiuto a loro volta, seppure nei tempi e nei modi che le circostanze permettono loro.

La vita va avanti: ci da’ il suo tempo, sta a noi scegliere come usarlo.

Personalmente sono arrivato al punto che, quando capisco che qualcosa non va, mi sento in una gabbia terribilmente stretta, dove le pareti si avvicinano sempre piu’ e l’aria diviene sempre piu’ irrespirabile… Allora, semplicemente, non riesco piu’ a rimanere passivo: lotto per risolvere quella cosa fino a quando, in qualche modo, non riesco ad uscirne. L’unica cosa che fino a quel punto mi da’ sollievo e’… l’azione, la sensazione di stare almeno provando con tutte le mie forze a cambiare le cose.

Non importa quanto si riuscira’ ad ottenere agendo, ma aspettarsi che i problemi si risolvano da soli o pretendere e sperare che arrivi qualcuno a trarci d’impaccio senza che noi facciamo nulla, magari nemmeno avere il coraggio di chiedere, e’ come aspettarsi l’arrivo di una lettera senza aver comunicato l’indirizzo di casa: scordatevi che arrivi.

Non si puo’ volere che entri aria fresca senza nemmeno fare lo sforzo di alzarsi e andare aprire porte e finestre.

volpe

Muoviti, non lasciarti andare!

helpQuesto post e’ dedicato a tutti gli amici e amiche in difficolta’ proprio in questi giorni, nonche’ a tutti coloro che  sentono di aver imboccato una strada apparentemente senza via di uscita… Questo post e’ per voi!

prigioneCi sono fasi della vita nelle quali puoi arrivare a credere per disperazione che il tunnel nel quale sei scivolato non abbia fine. Ti senti in trappola, saresti pronto a buttarti dalla finestra se solo riuscissi ad abbattere le sbarre che la proteggono.
In momenti come questi il senso di un destino avverso e ineluttabile ti pervade; la tua mente e’ alla frenetica ricerca di un qualunque barlume di luce che possa indicare una via di uscita, eppure sembra non riuscire a trovare nulla.
Ho imparato che momenti come questi possono o meno averla una via di uscita.

Se la via c’e’, in genere la conosciamo bene ma facciamo finta di non vederla; non ascoltiamo la nostra stessa voce perche’ vorrebbe dire ammettere che dipende da noi: dobbiamo muoverci, assumerci la responsabilita’ di uscire dalla nostra rassicurante – ma dolorosa – inerzia e andare verso un destino sconosciuto, ma che sentiamo essere inevitabile. Come scrisse qualcuno su questo stesso blog mesi fa, “l’immobilismo diviene colpevolezza”: devi muoverti!

Se la via non c’e’ o, meglio, non c’e’ ancora, allora non puoi fare altro che resistere in attesa che la tempesta passi, aggrappato a quella vocina che sicuramente ti sta dicendo che ne uscirai, che perfino questo momento disperato avra’ fine, non importa quanto ci mettera’.
speranzaSe saprai stare in ascolto, coglierai quando quel senso di oppressione iniziera’ a mollare la presa e, in quel preciso momento, non dovrai esitare: dovrai muoverti. Ributtati nella vita! La vita e il movimento (non solo in senso fisico, anche se pure quello aiuta) sono la migliore medicina per uscire dagli stati di impantanamento. Non subito forse, nel momento di sofferenza acuta forse non riuscirai a trovare terreno abbastanza solido da muovere quel primo passo, ma non appena sentirai che puoi farlo… fallo!
E quando ricadrai, perche’ quello che starai percorrendo sara’ all’inizio un terreno impervio, rialzati e fai un altro passo. Ti sembrera’ di essere tornato al primo passo che avevi gia’ fatto, ma non e’ cosi’: quello sara’ gia’ il secondo passo… e poi ne seguira’ un altro ed un altro ancora, fino a quando, un giorno, voltandoti indietro, ti accorgerai all’improvviso di quanta strada avrai fatto e di come quella sofferenza sia ormai lontana.

Ci sono cose nella vita che possono essere materialmente cambiate. Allora dobbiamo smettere gli indugi ed agire per farlo.

Altre possono essere solo accettate. Allora sara’ il tuo animo a dover e poter cambiare, reinquadra la situazione: e’ davvero cosi’ limitante cosa non puoi cambiare? Non puoi comunque vivere di altro? Davvero non c’e’ nulla di bello per cui valga la pena di tornare a sorridere?
Forse sei tu che in questo momento non hai occhi per vederlo. Ma sono sicuro che c’e’.
Ci sono persone, in condizioni fisiche terribili, che non si sono arrese, che sono tornate a vivere.

Davvero non puoi farlo anche tu?

Non importa cosa hai fatto finora, il tuo passato, i tuoi presunti errori, le condizioni dalle quali parti, gli strumenti che hai a disposizione, ne’ il punto dove potrai arrivare…

Muoviti, non lasciarti andare!

basket

E’ possibile farlo nell’anno nuovo

Voglio anche io lasciare il mio augurio di buon 2008 a tutti voi 🙂 e per farlo, uso le parole di Rodolfo di Maggio, che già vi ho presentato “qualche post fa’ “. Ho solo apportato qualche minima modifica, anno compreso naturalmente 😉

Un grosso abbraccio a tutti gli amici e una stretta di mano anche a chi non lo è, perché nella vita andare d’accordo con tutti è, in fondo, un’illusione…


E’ possibile farlo nell’anno nuovo (di Rodolfo di Maggio)

gatto andatoQuante e quante e quante volte ancora, ti chiedo di dirlo onestamente, ti sei prefissato cose nuove e più impegnative per l’anno che verrà? Quante promesse hai fatto, quanti propositi hai cullato nella tua mente, prendendo la fatidica scadenza del primo gennaio come quel momento “X” in cui scatterà una nuova vita, in cui inizierai ad avere più grinta e determinazione?

No, non dirlo, perché, come a tutti noi, ti è successo mille volte…
Si inizia qualcosa di nuovo e diverso – uno stile di vita alimentare più sano, ad esempio – e dopo alcune settimane ricadiamo nel precedente. Dopo anni spesi a fumare e sapendo cosa questo comporta per la salute, decidiamo di smettere. Ma perché non ci riusciamo? E l’elenco può continuare…

Cigni in voloSe è vero come lo è che le persone vincenti nella vita sanno cosa cambiare e cosa no, è anche vero che saperlo non basta; bisogna avere la forza, il coraggio di iniziare davvero e poi perseverare.

Chiunque tu sia, qualunque attività tu stia svolgendo, comunque sia stata la tua vita sino ad ora, ti è possibile cambiarla nella direzione in cui tu desideri, ma sai che volerlo non basta, è il primo passo ma deve essere l’inizio di un cammino, non un gesto isolato.

La palla è nel tuo campo, le carte sono state distribuite, la campanella è suonata e l’orologio sta ticchettando per scandire il tempo nella partita della vita. Sta a te scegliere quali abitudini cambiare, perché sono le tue abitudini che determinano la qualità della tua vita, se vivrai nella felicità e nel benessere oppure nel dispiacere e nella povertà. Noi creiamo le nostre circostanze tramite le scelte da noi compiute. Abbiamo sia la capacità che la responsabilità di compiere scelte migliori. Ad iniziare da oggi.

gatto e scimmiaNon è più tempo che ci serve, ne abbiamo avuto abbastanza. Non sono ulteriori riscontri quelli che ci servono, sappiamo cosa dobbiamo fare e il modo in cui farlo. Dobbiamo solo provare amore per noi stessi. Pensare che saremo capaci di trovare il tempo per mangiare correttamente, dormire bene, continuare ad imparare, esercitarci.

Valutare noi stessi, smettere di perdonarci o compiangerci per ogni errore compiuto ed utilizzarlo invece come insegnamento. Siamo esattamente dove la somma delle nostre esperienze ed azioni ci ha condotto sino ad ora. Solo apprezzando noi stessi potremo apprezzare gli altri. Dobbiamo amarci. Le cose che non vanno in noi, esteticamente o internamente, possono essere modificate se davvero lo vogliamo, ma dobbiamo voler bene a noi stessi, requisito fondamentale per poter volere bene agli altri.

Iniziamo ad avere successo con l’ammettere gli errori compiuti, consapevoli finalmente di aver imparato da questi e decisi a non ripeterli nel futuro. Sbarazziamoci delle cose inutili nella vita e impariamo a concentrare le energie nelle scelte importanti. Anche con l’obbiettivo ben chiaro in vista affolliamo le nostre esistenze con troppo rumore di fondo. Questo ci limita nelle scelte fondamentali.

Possiamo avere un miglior controllo della nostra vita nel decidere cosa ha diritto di stare sulla nostra scrivania, dentro il nostro computer, nei nostri armadi, nella nostra vita, nella nostra mente.
Solo facendo spazio per nuove cose possiamo arricchirci veramente. E torniamo alle cose fondamentali che creano la differenza. Esse sono: le scelte che compiamo, l’amare noi stessi e l’eliminare l’affollamento nella nostra vita. Ci vogliono ventun giorni, così dicono, per acquistare una nuova abitudine. Possiamo quindi iniziare.

Basta cominciare, senza continuare a voltarsi indietro.
Sorprendi te stesso: mostra il tuo vero potenziale e… buon 2008!!!

orsetti abbracciati

Vite Scartate – La magia del caso e il potere della scelta

Visto che è la vigilia di Natale, voglio pubblicare una storia di “ordinario vivere” a lieto fine :-); niente di straordinario, è qualcosa in cui tanti si potranno riconoscere e, spero, che a tante altre persone capiterà in futuro… Chissà, magari anche a me! 😉

Purtroppo la fonte si è persa negli anni, era un articolo apparso su una rivista che ricopiai sul mio PC, non scrissi il nome dell’autrice…

Il mio augurio di Buon Natale e Felice 2008, più che essere legato a queste due date, vuole essere di carattere generale, ed è questo: Che chi non ha serenità possa trovarla presto e… che chi ce l’ha già, possa passare allo stadio successivo: la felicità.
Ricordatevi sempre le tre componenti fondamentali: sapere cosa si vuole, avere determinazione per ottenerlo, avere la flessibilità per capire quando è necessario aggiustare la rotta o – addirittura – porto di arrivo, nel caso ci si renda conto che quello previsto inizialmente sia realmente irraggiungibile.

Vite scartate

Ce le lasciamo alle spalle strada facendo, per scelta o per caso.

 

mani coppiaMio padre conobbe mia madre durante una partita di poker. Dice che non aveva mai visto nessuno bluffare cosi bene. Lei sedeva a un tavolo sotto un olmo con cinque uornini e nascondeva la sua padronanza della difficile arte della dissimulazione dietro un sorriso dolce e sereno. Ripulì le tasche a tutti. Papa non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Era la festa annuale della ditta di mamma, e lui l’accompagno a casa a piedi. La settimana dopo le inviò una cartolina da Chicago: «Ti ricordi di me? Spero di si, perche uno di questi giorni ti telefono. David.»
Fu solo per un colpo di fortuna, papà ce lo ripeteva spesso, se quel giorno lui si trovò alla festa. Rappresentante di una grande industria di componenti elettroniche, quel sabato mattina era in città per visitare clienti, e passò dalla filiale dell’azienda per fare alcune telefonate. Mentre era lì chiamò il responsabile di una stazione radio locale con cui papà aveva fatto qualche affare e lo invitò alla festa.
Mamma scriveva per conto di quella stazione radio. Se mio padre non si fosse fermato in ufficio quella mattina, ci disse, o se fosse arrivato due minuti piu tardi…
Mia madre rivide papà, ma usciva anche con altri ragazzi, tra cui un rappresentante di auto che ormai è entrato nel lessico e nella leggenda familiare. Aveva conosciuto da poco papà, quando il rappresentante di auto le regalo per il compleanno un orologio, un regalo che a quel tempo suggeriva una svolta della relazione verso il fidanzamento ufficiale. Ma lei gli restitui l’orologio, e una notte di alcuni mesi dopo svegliò la nonna e le disse che avrebbe sposato David.
Io invece avevo otto anni quando conobbi il mio future marito. Era al liceo, un amico di mio fratello. Me lo ricordo solo di sfuggita, perche ero molto piu attratta da un altro amico di mio fratello.
Quindici anni dopo, l’uomo che avrei sposato torno in città per Natale e si fermo dai miei genitori per uscire con mio fratello. Quando mi rivide, mormorò: «Chi e quella?» Mio fratello lo guardò stranamente e rispose: «E solo Lisa.»
Lui si ripresentò e finse di non riuscire a confezionare i pacchetti dei regali. Io finsi di credergli e gli diedi una mano. Venne spesso a casa nostra nei giorni seguenti. «Non so chi gli interessa» diceva mia madre «se tu o tua sorella.» io invece lo sapevo. Ma quel fine settimana presi un aereo per trascorrere il Capodanno con un altro uomo, in un’altra città. Anche se ero stata scelta, non ero ancora pronta ad ammetterlo.
Se fosse stato un altro momento, un luogo meno lontano e se non mi fossi già, per quanto inconsapevolmente, sentita fidanzata, forse avrei finito con lo sposare quell’altro uomo. E se non lui, forse un altro ancora.
A volte ci penso: come il tempo ci trascina con sé e ci fa arrivare in un punto dove abbiamo due sole scelte. Per caso e per scelta, ci lasciamo alle spalle altre vite che avremmo potuto vivere, piene di diverse passioni e gioie, diversi problemi e delusioni.
Mio padre avrebbe potuto non essere invitato alla festa. Oppure mamma avrebbe potuto scegliere il rappresentante d’auto e avere altri figli e un futuro completamente diverso.

Altre volte, soprattutto quando rincaso tardi e tutto tace e mio marito e mia figlia dormono raggomitolati con il libro di favole aperto sul letto, mi capita di pensare alle esistenze che non avremmo vissuto se per caso o per scelta ci fossimo trovati altrove. E mi scuote un brivido, come quando da bambina papa mi raccontava dell’incontro con mamma avvenuto per un pelo, al pensiero che avrei potuto anch’io perdermi questa vita, quest’uomo, questa figlia, questo amore.

 

mani famiglia

Voi fate la differenza!

In questi giorni non ho molto tempo, ma vorrei ribadire brevemente un piccolo ma importante concetto che non si dovrebbe mai dimenticare…

 

VOI FATE LA DIFFERENZA!


Anche se state attraversando un momento in cui vi sentite in balia degli eventi, anche se pensate di non farcela, perfino quando iniziate a temere di aver imboccato un tunnel senza uscita e senza ritorno, VOI FATE LA DIFFERENZA NELLA VOSTRA VITA! Voi, e le vostre credenze riguardanti la vostra capacità di uscirne, di trovare la via giusta per rivedere, un giorno, la luce del sole.

PumaE’ senz’altro vero: ci sono situazioni di oggettiva difficoltà, situazioni che richiedono che rispondiate a “domande” forti con “risposte” altrettanto forti.
Eppure, il 99% delle volte, potete farlo! Potete dare quelle risposte! Già questo pensiero puo’ spazzare via, da solo, la vostra angoscia. Sono le vostre convinzioni riguardanti voi stessi ed i vostri presunti limiti, a bloccarvi.

Il 99% delle volte il successo o il fallimento dipendono da una sola cosa: da come userete il vostro cervello.

Come dite? Il 99% è esagerato? Bé… pensate a tutte le volte che credevate che non ne sareste usciti eppure l’avete fatto, pensate a tutti coloro che sembravano “spacciati” e invece ne sono usciti. Questi successi, vostri o di altri, dimostrano che quasi sempre è possibile, se ci credete!

Capite che siete VOI ad avere la chiave della vostra prigione… e sarete liberi dal vostro tormento.

Alba

Il disagio esistenziale

Riporto come nuovo post un mio commento, dato che mi pare possa essere di interesse generale…

E. Munch - DisperazioneIl “disagio esistenziale” è una sensazione che purtroppo capita frequentemente nella vita di molte persone. Di solito è un “periodo”, un “passaggio” tra due fasi di vita, come quella che porta alla maturità attraverso la dolorosa presa di coscienza che certi sogni e desideri dell’adolescenza non sono stati realizzati, forse perché oggettivamente sproporzionati, forse per circostanze avverse. Non puo’ percio’ che essere un passaggio doloroso.

Il “disagio” non è affatto cosa semplice, soprattutto fino a quando non se ne comprendono le cause. Spesso lo si esprime con parole e frasi “più dense”, come “disperazione”, “angoscia”, “depressione”. Queste parole danno l’idea della profondità che quel disagio puo’ assumere.

Preferisco comunque usare la parola “disagio” perché essa è una parola più costruttiva, indicando uno stato nel quale non ci si trova a proprio agio, uno stato dal quale percio’ si vorrebbe uscire. Invece, molta gente – per quanto assurdo possa sembrare – sta’ bene nella sua disperazione perché, anche se fa’ male, la conosce bene, ne viene “confortata” dall’abitudinarietà al punto di rifiutare qualunque aiuto, seppure “fingendo”, talvolta, di richiederlo. Inoltre per molte persone essa è confortante perché fa’ sentire “importanti”, da’ diritto a potersi lamentare, seppure nella sofferenza che essa comporta.

E. Munch - LIl disagio di cui parlo è un disagio esistenziale che nasce dal fatto di non aver avere avuto quella vita soddisfacente che si pensava di meritare, se non altro come diritto acquisito per il fatto di essere vivi. L’aspirazione alla felicità, i propri sogni, hanno fatto i conti con una realtà che li ha frustrati, e cio’ ha determinato il disagio di vivere in una vita che non si sente “propria”. Questo, unito alla consapevolezza di avere solo la vita che sta’ scorrendo via, rende il passo verso la disperazione breve.

Vorrei che chi è in crisi, analizzasse la propria vita, dicendo poi se avverte un senso di “stagnazione”, di “inutilità”, di “incompiutezza”… Se è così, allora ho buone probabilità che cio’ che sostengo valga anche per lui. E, se è così, vorrei che riflettesse sul significato della parola “stagnazione”.

La stagnazione è assenza di movimento che genera mancanza di ricambio. La nostra anima, il nostro cuore, marciscono giorno dopo giorno, perché inermi, atrofizzati; la mente non li aiuta perché, lei per prima, non vede via di uscita essendosi fissata sul raggiungimento di un obiettivo ormai morto da tempo.

Il passo da fare è più semplice di quel che si crede: smettere di riflettere sulle cause di quella disperazione – tanto è evidente che si è entrati, coi pensieri, in un circolo chiuso, girando attorno sempre agli stessi concetti senza mai arrivare ad una via di uscita – e… vivere! Buttarsi a capofitto nella vita! Non importa nemmeno cosa si fa’ all’inizio, basta… “fare”. Poi si aggiusterà il tiro strada facendo, ma è necessario rompere quello schema mentale di chiusura che imprigiona.

Rompi quello schema, sorprenditi, non darti tempo di ragionare, fai qualcosa che forse hai sempre voluto fare ma non hai mai fatto, oppure tieni semplicemente gli occhi aperti e, il primo manifesto o volantino che ti capita sottomano e che pubblicizza una qualunque novità, attività o corso, non pensare subito “non mi interessa”, “non fa’ per me”: senti semplicemente se ti “piace”, e se è così… buttati! 😉

Decidi che entro una settimana farai qualcosa, qualunque cosa, e… falla! Non essere preoccupato dal pensiero che magari dopo un po’ non ti piacerà più; vuol dire che cambierai.

Il cambiamento, spesso, è il sale della vita più dell’ottimismo 😉

Movimento = fine della stagnazione. Ma è necessario agire!

“Per cambiare la propria vita:

1. Iniziare immediatamente.

2. Farlo vistosamente.

3. Nessun cedimento.”

William James (1842-1910) – psicologo e filosofo americano

volo

Le battaglie della nostra vita

LPossono essere battaglie contro un nemico che è fuori o dentro di noi, un nemico in carne ed ossa, col quale non è possibile dialogare, costituito da una persona o da un “sistema”, oppure un fantasma che appare e scompare inafferrabile nella nostra testa e che infesta i nostri sogni e le nostre speranze.

Possono essere le sfide del cambiamento, o quelle per resistere in una situazione ingrata.

Non tutte le battaglie sono da combattere pero’. Bisogna avere la saggezza di non buttarsi in sfide inutili, che non possono essere vinte, oppure di così scarsa importanza da non valere l’energia ed il tempo che gli si dedicherebbe.

Ci sono battaglie che proprio non possiamo permetterci di perdere; altre per le quali vale la S. Giorgio che lotta col drago - 1505 -  Raffaele Sanziopena di combattere perché, anche se possiamo essere sconfitti, sarebbe un disonore per noi stessi non avere nemmeno il coraggio di ingeggiarle nonostante la loro importanza.

Non permettiamo alla nostra inerzia, alla sfiducia in noi stessi, al “quieto vivere”, alla paura di non farcela, di non mettere tutto noi stessi, corpo, cuore ed anima, nelle sfide che possono davvero cambiare la nostra vita.

Al di là del risultato, chi non combatte, le ha già perse in partenza.

Una persona normale…

Riporto qui, come nuovo post, un commento dove parlo di me stesso che avevo usato “dialogando” con DarumaFly. Perché lo faccio? Non so… forse perché odio l’ipocrisia. Sono una persona normale, che ha commesso i suoi errori ed ha preso i suoi pali. Come tutti. Non sono un illuminato, un eroe, tantomeno un santo. Sono solo un essere umano, come tutti voi che mi leggete…

Tempesta sul mare di Galilea - RembrandtIn realtà la mia vita non è nulla di speciale. Non ho condotto la mia nave con determinazione, ho lasciato che le onde della quotidianità e il vento del destino la portassero un po’ dove volevano.

Se ho un merito, è quello di essermi rialzato molte volte, aver guardato dritto in faccia il futuro dicendogli “Vieni avanti, non mi fai paura!”. Ma la mancanza di determinazione e di “polso”, hanno sempre finito per deviarmi dalla “giusta rotta”.

Talvolta mi sento come una nave che era attrezzata per attraversare l’oceano, e invece non è mai andata oltre le colonne d’Ercole.

Ricordo una canzone italiana, in voga uno o due anni fa’, che diceva (non letteralmente): L’unica cosa che davvero puo’ suggerire un uomo è “Non fate come me”. Ecco… spesso in realtà, cio’ che vi suggerisco, e che suggerisco a me stesso, è di non fare come io stesso ho fatto in passato…

p.s.: i prossimi giorni saro’ di nuovo in viaggio, spero di poter “essere presente”; in ogni caso rispondero’ senz’altro, se non altro al mio ritorno.