Lasciare andare

Il vaso di porcellana e la rosa (di Paulo Coelho)

vaso porcellanaIl Grande Maestro e il Guardiano condividevano l’amministrazione di un monastero zen. Un giorno, il Guardiano morì e fu necessario sostituirlo. Il Grande Maestro riunì tutti i discepoli per scegliere chi avrebbe avuto l’onore di lavorare direttamente al suo fianco.
“Vi esporrò un problema – disse il Grande Maestro -, e colui che lo risolverà per primo sarà il nuovo Guardiano del tempio”. Terminato il suo brevissimo discorso, collocò uno sgabellino al centro della stanza. Sopra c’era un vaso di porcellana costosissimo, con una rosa rossa che lo abbelliva. “Ecco il problema”, disse il Grande Maestro.
I discepoli contemplavano, perplessi, ciò che vedevano: i disegni raffinati e rari della porcellana, la freschezza e l’eleganza del fiore. Che cosa rappresentava tutto ciò? Cosa fare? Qual era l’enigma? Dopo alcuni minuti, uno dei discepoli si alzò, guardò il Grande Maestro e gli allievi tutt’intorno. Poi, si avviò risolutamente al vaso e lo scagliò per terra, mandandolo in frantumi.
“Tu sarai il nuovo Guardiano”, disse il Grande Maestro all’allievo. E non appena questi fu tornato al suo posto, spiegò: “Io sono stato molto chiaro: ho detto che vi trovavate davanti a un problema. Non importa quanto bello e affascinante esso sia, un problema deve essere eliminato. “Un problema è un problema; può trattarsi di un rarissimo vaso di porcellana, di un meraviglioso amore che non ha più senso, o di un cammino che deve essere abbandonato, ma che noi ci ostiniamo a percorrere perché ci fa comodo… C’è solo una maniera di affrontare un problema: attaccandolo di petto. In quei momenti, non si può né avere pietà, né lasciarsi tentare dall’aspetto affascinante che qualsiasi conflitto porta con sé”.



Commento di Wolfghost: sono notoriamente per la lotta, per il non arrendersi finche’ c’e’ ancora speranza, finche’ si puo’ ancora tentare qualcosa. Tuttavia possono arrivare dei momenti nel corso della vita nei quali ci si rende conto che cio’ per cui si sta’ lottando, per quanto bello e importante sia, e’ ormai perso. In quei momenti proseguire la lotta significherebbe passare da una “giusta battaglia” ad un “accanimento (non)terapeutico”; significa non essere un buon comandante, perche’ un buon comandante, per quanto valoroso e coraggioso sia, non manda mai se’ stesso e le proprie truppe incontro ad un inutile e sicuro massacro.
Un buon comandante combatte finche’ ha senso farlo ma capisce quando arriva il momento di ritirarsi e, nonostante il valore del contendere e il proprio orgoglio, sa’ aprire le mani e lasciare andare…

 



Senza tregua

“Un maestro zen è appeso con i denti al ramo di un albero.
Sotto, passa un monaco che gli domanda: “Spiegami che cos’è la verità”.
Se risponde, precipita e muore. Se non risponde, manca al suo compito.
Che cosa deve fare?”
(Hsiang-yen Kyogen)

Commento (non mio): In apparenza non c’è via d’uscita: parlare fa precipitare, ma il silenzio non comunica nulla a chi non è preparato. Eppure una possibilità di risposta esiste sempre, anche nelle situazioni più disperate… o forse proprio in virtù di esse. In realtà il “koan” è creato dalla mente e, finché si rimane all’interno della sua logica, non si può risolverlo. “Quando sei in un vicolo cieco,” consiglia un detto zen “cambia la tua mente; quando hai cambiato la tua mente, puoi uscirne.” Un maestro afferma: “Anche se siete appesi a una rupe, dovete mollare la presa, aver fiducia in voi stessi e accettare l’esperienza”.

mano aperta

0 pensieri su “Lasciare andare

  1. Sì..ne abbiamo già parlato in passato su queste pagine quanto talora sia opportuno “lasciare andare”. Qui evidenzio solo una cosa del tuo racconto, la necessità, laddove si si apresa tale decisione, di farlo doloramente. Non si può credere nel casi di una storia di amore, per esempio, di lasciarsi poco a poco, di continuare a sentirsi ecc. ecc. Magari, se il caso queste cose verranno dopo, molto dopo. Ma questo discorso si può applicare a tutto, a un cambio di posto di lavoro, a una cerchia di conoscenti che per qualche motivo non si devono più frequentare ecc ecc….

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  2. Happy… sai, la mente tende naturalmente a cio’ che la fa’ stare meglio; se fossimo capaci di spegnere un attimo il chiacchiericcio della nostra testa, ce ne accorgeremmo subito 😉
    Ma sono d’accordo con te, non e’ un interruttore che si trova con facilita’… tutt’altro 🙂

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  3. Deb: no, non ti correggo, sono d’accordo invece. A volte gli eventi si devono accettare e basta. In altre, come dici tu, e’ meglio lasciarli sedimentare… A mente lucida la risposta e’ spesso molto piu’ chiara 🙂

    Io sono a volte maestro, a volte studente; come lo sei tu… come lo siamo tutti 😉 Perche’ ognuno ha sempre qualcosa da insegnare ed imparare.

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  4. Affabile, sai che non posso essere d’accordo 🙂 Se ti limitassi a dire “non si puo’ credere di potersi lasciare non dolorosamente”, allora lo sarei. Ma per certe persone e per certe coppie, creare uno strappo immediato e definitivo, e’ piu’ doloroso che non procedere a strappetti successivi. Perche’? Perche’ in fondo solo l’ultimo degli strappetti e’ lo strappo definitivo. Prima si crede, evidentemente, che una speranza ci sia ancora e che percio’, sia giusto combattere ancora. Abbandonare troppo presto lascerebbe una ferita insanabile, una sorta di “se solo avessi insistito, forse…”.
    Non solo, sai che io ho mantenuto amicizie con alcuni miei amori passati. Se avessi creduto nella teoria dello “strappo definitivo”, avrei perso amicizie importanti.
    “Lasciare andare” non e’ sinonimo di “buttare a mare” 🙂

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  5. Il punto è in che modo lo frantumi il problema ^_^ perchè c’è un modo che ti fa male e un altro che non ti fa male, la Vita ti insegna questo alla fine, a scegliere la strada giusta che, ovviamente, passa per il cuore. Il tuo cuore. Guardare a quello altrui non porta a niente. Troppe le sfaccettature dell’anima altrui, quella che possiamo conoscere è soltanto la nostra 😉 Ciao Wolf, un abbraccio 🙂
    Elena

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  6. Ogni koan ha una soluzione…che la chiave sia: Lasciar cadere la propria mente? Sosan ha detto” Quando gli oggetti del pensiero svaniscono, il soggetto pensante svanisce, poiché quando la mente sparisce, gli oggetti svaniscono. ” dal libro del Nulla, grazie della ospitalità,taoista

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  7. Fragolina!! Anche tu! 😀 Guarda cosa ho scritto nel commento #8 a proposito della parola “maestro” ;D

    Elena, sono d’accordo 🙂 Mi piace cosa scrive il detto zen: “cambia la tua mente; quando hai cambiato la tua mente, puoi uscirne.”
    In realta’, e’ meglio non rimanere troppo attaccati alle proprie convinzioni: se si crede che “lasciare andare” significhi “troncare ogni rapporto” (parlo ovviamente di rapporti d’amore in questo caso), allora va’ da se’ che non ci sara’ via di uscita: se lasci andare, perdi quella persona. Se pero’ cambi la tua mente, le tue convinzioni (perche’ ad esempio arriva qualcuno che ti mostra come esistano altre possibilita’), allora potrai scoprire che non sempre (“non sempre”, non “tutte le volte”!) “lasciare andare” significa “troncare completamente” e cio’ puo’ permettere di non perdere quella persona: quel rapporto, nel tempo, si puo’ trasformare in qualcosa di meno profondo, forse, ma comunque importante. Qualcosa che sarebbe comunque un peccato perdere.

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  8. Betty: ti avevo saltata! :-} Forse perche’ non mi e’ chiaro a cosa ti riferisci… 🙂

    Nuovo: certamente quando la mente scompare il problema scompare, ma poiche’ vivere nel mondo in stato perenne di meditazione e’ impensabile, meglio tornare da quello stato meditativo con… un risultato per la mente stessa 😉 Ovvero avendo cambiato la propria mente 🙂

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  9. Una favola indiana:

    prologo

    il 16 dic scorso mi sono recata a un pranzo organizzato da una brillante americana in un ristorante indiano a trastevere. Alla fine del pranzo ci ha donato una penna molto carina e una strisciolina di carta su cui era raccontata una breve fiaba indiana. Ho ringraziato e messo quel pezzo di carta dentro la borsa. L’avrei letta, come al solito, in un momento in cui mi sarei sentita ispirata. Sono passati giorni e il pezzetto di carta passava di borsa in borsa alternandosi anche sul mio comodino. Soltanto un paio di giorni fà cercandolo e non trovandolo più mi sono detta:”e se quel foglietto non lo trovo più? Che fine ha fatto la storia indiana? Forse in questa storia c’è qualcosa di importante per me…” Per fortuna l’ho ritrovato semi bagnato, in quanto era nella mia borsa proprio quel giorno che ero in giro (il 5 gennaio scorso ) e diluviava. Una mattina di due giorni fa ho aperto dunque il foglietto e ho letto:

    ” Due rane passeggiavano insieme quando a un certo punto scorsero una ciotola. Si affacciarono dunque sul bordo e videro che essa era riempita a metà di buono e fresco latte. Una delle due non esitò a tuffarsi dentro per godere dello squisito nettare. Poco dopo la seguì anche l’altra affascinata dallo spettacolo. Dopo essersi saziate cominciarono a risalire sulla parete della ciotola mah…ahimé era molto scivolosa e ogni tentativo di raggiungere il bordo era un fallimento. Provarono e riprovarono quando la prima delle due rane giunte allo sfinimento e persa ogni speranza di riguadagnare la libertà, decise di annegare. L’altra rimasta sola invece non si fece prendere dallo sconforto e continuò a nuotare. Passarono i giorni, le settimane e la piccola rana continuava anuotare fino a quando successe qualcosa. Il latte cominciò a diventare burro e poi a solidificarsi. La piccola rana a quel punto aveva una base solida su cui impiantare la sua scalata. E così fece. Si arrampicò nuovamente sulle pareti della ciotola e conquistò l’orlo e finalmente la sua libertà. E cosa vuol dire questa storia?”

    Alla domanda finale io aggiungo: e perchè me la sono tenuta per tanto tempo nella borsa prima di leggerla?

    Caro amici non saprei neanche rispondere perchè alla storia del vaso di porcellana, del Maestro e del guardiano raccontata dal nostro amico Wolf io risppondo con due rane in una ciotola. Tuttavia penso che ogni storia contenga in sè perle di saggezza. Queste due storie possono sembrare all’antitesi eppure intuisco qualcosa che non saprei in questo momento cogliere. Se vi va aiutatemi voi.

    A tutti una buona giornata!

    Lands

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  10. Cambiare la mente…non è facile ma è saggio.

    Ovviamente io intendo “mente” come atteggiamento o idea che ho in un certo momento per cui persistervi, se mi accorgo che non porta a niente o a quello che ritengo giusto per me, signifivherebbe solo perdere energie . Allora ben venga il cambiamen, il lasciar perdere.
    Ovvio che bisogna valutare momento per momento ; se è necessario uno strappo definitivo o se posso, invece, salvare qualcosa.

    Mi trovi daccordo con l’esempio che portavi, a proposito di certi rapporti d’amore.
    SE ritengo che quel rapporto si sia ormai esaurito in tutte le sue componenti e, pur cambiando, non mi/ci darà nulla più , allora è meglio troncare di netto; se invece quel rapporto riesce a trasformarsi in qualcosa di altrettanto valido, vale la pena fare di tutto perchè esso si trasformi.

    Non è sempre facile. Ci vuole maturità e una buona dose di stima in sè e nell’altro

    Un altro post da rifletterci:))

    bacio

    dora

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  11. Quanti bellissimi spunti tutti insieme… troppa ricchezza… non saprei da che parte cominciare…
    Quanti stimoli… Mi sembra di essere al lunapark delle lezioni di vita… nel tuo blog ed in questo post in particolare…
    Ne scelgo uno… il cambiare la mente… che è un po’ come guardare le cose da un punto di vista diverso, che è un po’ come rompere un vaso che hai imparato essere prezioso, ma che ora costituisce un problema, che è come mollare la presa… ma come fare? La mente è una delle tre entità dell’essere umano, mente, corpo e spirito…
    Spesso la mente presa da sola intrappola… non offre via di uscita… non è facile partire dalla mente per cambiare la mente… E se partissimo dal corpo? Quante volte… una bella corsa… un’ora di palestra, una nuotata in piscina, una bella dormita… per fare esempi semplici e pratici… ci hanno cambiato la prospettiva di un problema che prima sembrava insormontabile? E mi fermo qui… altrimenti scriverei per il resto del giorno…
    Un saluto… carissimo Wolf!

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  12. Quello che si evince dal tuo post é proprio vero…Ed é da lì che voglio partire…CAMBIARE MENTE…E’ da un po’ che ho capito che se non cambio proprio l’ ottica con cui vedo determinate cose non riuscirò mai ad uscirne …ed infatti é quello che sto provando a fare…A volte il miglior modo di eliminare un problema é proprio quello di affrontarlo di petto…perché se ci si pone troppe domande sul prima , dopo e durante continuiamo a frenarci dal fare ciò che dovremmo fare veramente…e non riusciamo a cambiare la nostra vita con la protezza che sarebbe necessaria..Ho sperimentato in prima persona che quando veramente superi quella fase di paralisi mentale che ti impedisce di affrontare con decisione un ostacolo perché sei attenagliato dalle paure ti viene una carica ed una grinta che ti impediscono anche solo di pensare a qualsiasi genere di timore….Perché troppa é la tua voglia di voltare pagina per iniziare a costruire veramente su di te…Caro Wolf…Spero davvero di risolvere alcune cose molto presto…Perché sento davvero di avere un bisogno assoluto di serenità e di ricominciare da me…rimettendo a frutto i miei talenti e la mia natura…Anch’io devo trovare la forza di lasciare andare e questo mi spaventa…Anche se per indole sono una spaccamontagne…Questa cosa mi semi paralizza…E voglio capire perché…per fare il pase successivo che é quello che mi serve fare più di qualsiasi altra cosa…in questo momento e per il mio futuro…
    “cambia la tua mente; quando hai cambiato la tua mente, puoi uscirne.”
    Devo stamparmi a fuoco queste parole…Che già ho fatto mie, ma che non riesco, in questo frangente, a mettere in pratica…Un caloroso abbraccio Layla

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  13. Cara Lands, il buon Coelho ci viene in aiuto citando proprio la stessa storia, ma con – in premessa – la morale…

    “LA STORIA DELLE DUE RANE
    di Paulo Coelho
    Ci sono momenti in cui la pazienza – per quanto difficile sia esercitarla – è l’unica maniera per affrontare determinati problemi. La famosa storia che segue lo illustra molto bene.
    Due rane caddero in una brocca di latte. Una era grande e forte, ma impaziente e, confidando nella propria forza fisica, lottò per tutta la notte, dibattendosi per fuggire. L’altra rana era piccola e fragile. Poiché sapeva di non avere l’energia per lottare contro il proprio destino, decise di abbandonarsi. Con le zampe fece solo i movimenti necessari per mantenersi a galla, sapendo che prima o poi sarebbe morta. “Quando non si può fare niente, non si deve fare niente”, pensava lei. E così le due rane trascorsero la notte: una nel tentativo disperato di salvarsi, l’altra accettando con tranquillità il proprio destino. Esausta per lo sforzo, la rana più grande non ce la fece più e morì annegata. L’altra rana riuscì a tenersi a galla per tutta la notte e quando, la mattina seguente, decise di abbandonarsi alla morte, notò che i movimenti della sua compagna avevano trasformato il latte in burro. Allora non dovette fare altro che saltare fuori dalla brocca.”

    Quindi… qual e’ la differenza tra le storia delle rane e quella del vaso di porcellana? Sono davvero in antitesi? Direi di no: il vaso di porcellana rappresentava un problema che, per quanto bello, andava eliminato; un problema riconosciuto, che bisogna solo avere il coraggio di affrontare. La ciotola di latte e’ invece un problema del quale non si conosce la soluzione, per cui, anziche’ fare per forza qualcosa, occorre portare pazienza, sperando che qualche nuovo input ci aiuti nel tempo. Entrambe le rane non conoscevano la soluzione ma, mentre la prima – per disperazione (e in fondo si puo’ capire, non e’ vero? E’ una… rana umana! :D) – ha “fatto per forza qualcosa”, la seconda ha preferito – non sapendo cosa fare – adottare una tattica attendista, basata sulla pazienza; una tattica che avrebbe comunque potuto portarla alla morte… ma forse no, al contrario dalla rana travolta dalla disperazione.

    Osho diceva che noi occidentali subiamo la “coercizione a fare qualcosa”, ovvero che, quando abbiamo un problema, “agiamo”, perfino quando non abbiamo la minima idea di dove il nostro agire ci portera’. Lui diceva “Io invece vi dico: quando non sapete cosa fare, non fate nulla!” (esattamente il discorso che fa’ la ranocchia 😉 ).
    Ed e’ vero: quante volte roviniamo tutto perche’ – per disperazione – facciamo la prima cosa che ci passa per la testa; cosa che – passato il momento di agitazione – non avremmo fatto?

    Ecco, la storia delle due rane la vedo piu’ come un invito a non lasciarsi travolgere dalla disperazione, un invito – come dice Coelho – alla pazienza.
    Pazienza che forse non portera’ a risolvere la situazione, ma che almeno ci dara’ una possibilita’ in piu’.

    Attenzione pero’, questo vale solo fino a quando non si sa’ cosa fare! Quando “si sa’” e comunque “non si fa’”, si diviene colpevoli, si va’ davvero in antitesi con la storia del vaso…

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  14. Assolutamente Dora, concordo su ogni parola 🙂

    Fly, di fatto il corpo agisce, usato come suggerisci tu, ovvero come agente catalizzatore: fa’ “staccare la mente”, permettendo piu’ tardi un ritorno “diverso” sui problemi che ci assillano. Chiaro che non funziona sempre…

    Da qualche tempo ho un grosso problema, un problema che mi assilla e che ancora non so come risolvere. Un problema che sotto le feste, complice la sospensione lavorativa, delle mie attivita’ extralavorative e perfino – sebbene solo in parte – del mio allenamento in palestra, e’ esploso in tutta la sua importanza. Non sono riuscito ancora a risolverlo, ma il ritorno a quanto descritto sopra, mi permette di affrontarlo con pazienza, mentre sotto le feste mi sembrava letteralmente di perdere il controllo.

    La mente e’ uno strumento, uno strumento che va’ tenuto sotto controllo, altrimenti inizia a girare, girare, fino ad andare fuori giri e… rischiare di rovinare il motore.
    Lo “staccare”, anche se momentaneamente, permette di reinquadrare il problema nella giusta prospettiva e con la giusta importanza; di affrontarlo, insomma, con calma.
    Anche questo e’ “cambiare la mente” 🙂 Forse proprio perche’ una vera divisione tra mente e corpo non esiste…

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  15. Di fatto Layla, la mente e’ tutto: puoi cambiare contesto, nazione perfino, ma se non cambi la mente ti ritroverai presto o tardi con tutti i problemi intatti. Al contrario, puoi perfino essere in prigione, eppure sentirti libera perche’ lo sei nella tua mente. E quando sei libera, quando non ti fai condizionare dalla paura, riesci a fare cio’ che devi…

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  16. in effetti è vero:restare intrappolati nelle proprie convinzioni non ha mai fatto bene a nessuno, ancor più quando ci si trova in situazioni estreme.

    tanto vale “tentare”, provare ad allargare la visuale e, magari, la via d’uscita si trova…
    🙂

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  17. Sapete cosa avrei risposto io al maestro? Avrei allargato le braccia e avrei indicato me.
    Spiegare cos’è la verità? Saresti riusciti a spiegarla a parole? Cioè….te ne stai appeso per i denti a un albero per meditare e scoprire la verità e saresti stato capace di raccontarla??? Allora perchè meditare?
    Io so di esser parte di una verità (o Verità, è lo stesso) e io stesso sono portavoce e testimone vivente di questa verità…..insomma….indicando me avrei risposto anche senza dare una risposta.
    E poi….cambiare la propria mente…..sono d’accordissimo con dora con il suo commento #16….lo vedo anche lavorando con ragazzi portatori di handicap….lavora sul corpo e di riflesso lavorerai sulla loro testa….sii creativo con il tuo corpo….saranno creative anche le tue idee! 😉

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  18. Purtroppo in certi momenti della vita si cede e si smette di lottare..A volte sono gli altri che ti costringono a combattere..parlo dell’accanimento terapeutico..Un buon maestro sa quando lasciare..ma siamo circondati da troppi cattivi maestri..
    Buonanotte..^_^

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  19. 4ever, è così, ed è ancora peggio quando si sa’ che le proprie convinzioni sono ormai non più adeguate alla situazione, ma non si riesce ad abbandonarle…
    Ci vuole coraggio e determinazione… oppure una notevole consapevolezza.

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  20. Accidenti foolproof… non posso nemmeno abbreviarti il nick! 😀 Prima di tutto benvenuto e bentornato su Splinder, ho visto che hai ripreso da poco a scrivere dopo una lunga assenza! 🙂

    Il problema è che… il maestro del primo racconto non parlava di “arrivare alla verità”, ma “semplicemente” di risolvere un problema rappresentato dal vaso. Il problema non era “nei” discepoli, nemmeno in te, se fossi stato lì. Era solo nel vaso. Anzi, era il vaso. Quindi indicando te non avresti risolto il problema… Sei d’accordo?
    Anche il tizio appeso al ramo è una metafora, serve per indicare una situazione disperata e, apparentemente, senza via d’uscita.

    Sul commento #16 (che non è di Dora, bensì di DarumaFly, si vede che sei un po’ arrugginito ancora ;)) sono d’accordo anche io (infatti lo puoi leggere nella mia risposta nel commento #19). Certo non funziona sempre, e non elimina la funzione della mente. Ma spesso aiuta davvero molto e, qualche volta, è risolutore… E certamente tu, nel tuo lavoro (tra l’altro… complimenti, è davvero un lavoro di “spessore” e di cuore! ;)), lo vedi bene…

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  21. Ciao Dolcelei 🙂 L’unico maestro che conta… siamo noi stessi. E se il maestro è cattivo, allora siamo noi ad essere cattivi. Non in senso di “crudeli” ma di… migliorabili 🙂 Se noi fossimo idealmente perfetti (si fa’ per dire, naturalmente!), non smetteremmo di lottare finché c’è una speranza, né ci faremmo condizionare dagli altri quando, capendo che non c’è nulla da fare, saremmo pronti a lasciare andare.
    Abbiamo sempre la possibilità di essere “critici” nei confronti della situazione e delle persone che ci circondano. E se ancora non siamo abbastanza forti da trarne vantaggio… bé, è proprio qui che possiamo migliorare…
    Buonanotte a te! 🙂

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  22. A dire il vero avevo letto solo il secondo problema…..sì…sono decisamente arrugginito! 😛
    Per quanto riguarda il problema del vaso….beh…secondo me queste persone erano bloccate dal senso di rispetto….chiuse in sè perchè ciascuno desidera perseguire l’obiettivo di diventare guardiano a discapito degli altri…..beh….tante teste ragionano meglio di una sola….sarebbe bastato parlare….e nel problema nessuno parla….

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  23. Ciao Occhi 🙂 Ognuno dovrebbe cercare di essere maestro di se’ stesso 🙂 Per il resto… ci puo’ essere mutua assistenza: ognuno aiuta come puo’ e da’ cio’ che puo’ dare 🙂

    Ricambio il bacio…

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  24. Foolproof, in realta’ i koan o i problemi Zen in generale, sono sempre cosi’: il maestro da’ il problema, ognuno cerca di risolverlo per conto suo 🙂 Non mi e’ mai capitato, mi pare, di ricordare che i “discepoli” conversino tra loro per cercare la soluzione… Perche’? Perche’ e’ proprio il koan (che e’ una breve storiella apparentemente senza logica e che percio’ si puo’ “cogliere” solo ad intuito, non ragionandoci) che si basa sul principio di poter essere risolto solo grazie alla “illuminazione”. Il ragionamento, secondo lo Zen, non e’ utile per risolvere i koan. Per cui non e’ utile discuterne tra discepoli.
    Di fatto, il “commento”, la “morale del racconto”, come diremmo noi, non si usa e non esiste nello Zen; siamo noi occidentali ad averla aggiunta, ma per loro e’ fuorviante: o capisci “al volo”, per intuito, o non capirai mai 🙂

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  25. ahahah dipende dal contesto, Zuli’! 🙂 In alcuni casi possono essere inutili rompicapo, in altri, non solo possono essere poste, ma e’ bene che lo siano.
    Ad esempio quando ci si trova in un vicolo cieco ed e’ necessario trovare una via di uscita…

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  26. buongiorno a te, caro amico ^__^
    bellissimo il koan. la soluzione degli enigmi è sempre nella nostra mente, a volte non ci è chiara, a volte basta spostare un paletto per vedere il sentiero molto più nitido. Ma che fatica buttarlo giù…

    Buona giornata!
    tyn

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  27. Ciao Wolf
    Molto interessante il tuo post di oggi
    Un problema si affronta con coraggio senza inutili pietismi o farsi affascinare dall’alone di bellezza che lo circonda …rimane pur sempre un problema

    Buona giornata e un bacio

    ellady

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  28. Forse ragiono troppo all’occidentale.
    Per me quando mi dicono: è un problema allora io mi metto in moto per risolverlo. E per mia formazione personale uso qualsiasi metodo. Sia razionalità che creatività. Ma la creatività è un metodo al pari della razionalità. Non è una illuminazione. Si impara ad essere creativi, non è un “dono”, qualcosa che piove dall’alto.
    Se il maestro zen mi dice: ecco il problema, non mi metto ad osservare il vaso…..per formazione mia osservo prima il contesto in cui sta il vaso….mi guardo attorno. E vedo monaci e monaci interdetti…e ognuno con il desiderio di divenir guardiano….e tutti che ragionano allo stesso modo. Ecco…..io mi impongo razionalmente di pensare in modo diverso, razionale e creativo insieme.
    Io avrei chiesto al maestro: “Aho!!! A maestroooo!!!! Anzi….a cosooo!!! Che vvoi dì?”. Avrei imposto una risposta da parte del maestro. Che avrebbe dovuto rispondere. Alla fine avrei affrontato la situazione nello stesso modo in cui l’ha affrontata il bravo monaco: prendendo la questione di petto. Magari usando soluzioni meno raffinate, ma altrettanto efficaci.
    Io più che altro non sono d’accordo sul fatto che ci siano cose che o si capiscono al volo o non si capiranno mai……questo può accadere a certi livelli di matematica avanzata, quando è necessaria una tale astrazione cui non tutti sono capaci. Io riesco a immaginarmi un solido complesso mentre ruota….riesco a concepire non solo un numero positivo, ma anche uno negativo…..posso risolvere un semplice labirinto tracciando una linea di percorso con lo sguardo….sono cose che chiunque “normale” sa fare ma per altre persone (disabili?) sono assolutamente impossibili. Eppure, per induzione, per allenamento, per successive analogie alcune persone arrivano a superare i propri limiti. Tutto questo usando la razionalità, inventando metodi di lavoro, quindi cercando di esser creativi…..insomma….usando tutta la testa! 😉

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  29. Esatto Tyn 🙂 Il potere del Koan, o per lo meno, il suo tentativo, e’ cercare proprio di far “intuire” che esistono strade alternative, strade che forse non si erano notate, persi come eravamo nella visione della strada che stavamo percorrendo…
    Buona giornata a te, Tyn! 🙂

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  30. Si, Ellady… In piu’ talvolta siamo anche trattenuti da una sorta di “buonismo” perdendo di vista che, se non agire puo’ apparire meno dannoso nell’immediato, puo’ pero’ creare situazioni a quel punto davvero difficilmente inestricabili in un secondo tempo.

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  31. x Foolproof: per definizione il maestro non t’avrebbe risposto, poiche’ “capire qual e’ il problema” fa’ gia’ parte del risolverlo. Quindi non ti avrebbe aiutato in nessun modo. Ricordati che il vaso e’ solo una metafora: rappresenta “un problema oggettivo”, un problema che si sa’ dover risolvere, si conosce perfino come risolverlo ma, per paura di affrontarlo, lo si nasconde a se’ stesso.

    L’esempio piu’ banale che mi viene in mente e’ la classica storia d’amore ormai spenta: tu conosci benissimo dentro di te qual e’ il problema (la mancanza di amore), sai che ad esso non vi e’ rimedio, bisogna solo eliminare quel rapporto che non ha piu’ ragione di essere. Ma quel rapporto ha rappresentato tanto per te in passato, era bello… come il vaso, aiutava a vedere florido il mondo… come la rosa accanto al vaso. Percio’, pur sapendo dentro di te cosa devi fare, non riesci – o meglio non vuoi – farlo. Preferisci “far finta di non vedere il problema”: il maestro (la coscienza) ti dice “ecco il vaso: e’ il problema” (“ecco il tuo rapporto, ormai privo di amore: e’ il problema); se tu “capissi”, ti sbarazzeresti di quel rapporto, pur a malincuore, ma tu fai finta di non capire quelle semplici parole: “questo e’ il problema”; preferisci girarci attorno, cercare falsi problemi (nella metafora, la bellezza del vaso o il fiore che fa’ da cornice; nella storia, cio’ che quel rapporto ha rappresentato, il senso di colpa di dovervi porre fine) pur di non “accettare” il problema vero, che pero’ e’ semplice, evidente, davanti agli occhi.

    Come puo’ aiutarti il maestro? E’ come se qualcuno venisse da te e ti dicesse “guarda che il tuo rapporto e’ finito! Non te ne rendi conto? Devi sbarazzartene!”; tu non gli daresti ascolto, non e’ vero? Potresti perfino arrabbiarti per la “invadenza” del tuo amico. Perche’ a certe cose si puo’ rinunciare solo se si sente “intimamente” che e’ giusto rinunciarci. E questo lo si puo’ sentire solo dentro se’ stessi, gli altri non possono dircelo “esplicitamente”, possono solo portarci a capirlo… ma da soli! Gli inglesi hanno questo proverbio: “You can lead a horse to water, but you can’t make him drink!”. Il maestro puo’ solo dirti: il vaso e’ il problema; ma finche’ non sei pronto a capire come risolverlo, nessuno puo’ aiutarti, te stesso non accetteresti l’aiuto.

    Io credo, immagino, che tu possa vedere qualcosa di simile con i tuoi ragazzi: proprio perche’ essi sono meno portati alla logica dell’astrazione, imparano determinate cose non “a lezione”, ma… facendole, interiorizzandole, facendole proprie. Io credo che molti di loro quel vaso lo avrebbero mandato in frantumi subito, molto prima di noi; perche’ se a loro dici “quello e’ il problema”, loro partono e se ne sbarazzano, noi ci facciamo mille problemi, ci astraiamo pensando a chissa’ quale arcano significato, perdendo di vista la semplicita’ del problema e della sua risoluzione.
    Sbaglio, foolproof? Non credi che i tuoi ragazzi avrebbero “colto” prima di quei monaci che quel vaso andava rotto? Dimmi tu… sei tu che ci lavori 😉

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  32. Questi Koan sono delle pietre miliari della filosofia zen.
    A volte sono difficili da comprendere per una mente “occidentale”.
    Il classico : “Quale è il suono del battito di una mano sola? ”
    Sono dei magnifici insegnamenti, un modo di pensare diverso dal nostro.

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  33. Grazie Anne 🙂 Come i tuoi racconti… 😉 A proposito, tra un po’ arrivo eh! 😀

    Ludmilla, gia’, e’ proprio cosi’… Infatti sto cercando di spiegarne la filosofia al nostro amico Foolproof, qua sopra 🙂 Vuoi aiutarmi? 😉

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  34. Come si sarebbero comportati i ragazzi? Secondo me in due modi.
    1) Chiedendo aiuto al maestro….soluzione rapida ed efficace….però però…..quello che gli si insegna è proprio non badare troppo ai leader…..devono imparare a usare la loro testa per prima cosa….
    2) Dando valore pari a zero al vaso…..per loro queste non sono le cose che hanno un valore….ha un valore la nutella, il gelato, la cocacola…non il vaso….avrebbero fatto come se non ci fosse.
    Tu scrivi:
    “Come puo’ aiutarti il maestro? E’ come se qualcuno venisse da te e ti dicesse “guarda che il tuo rapporto e’ finito! Non te ne rendi conto? Devi sbarazzartene!”; tu non gli daresti ascolto, non e’ vero?”
    Beh….a me non succede così….non è mai successo così….ho sempre ascoltato gli altri e chiesto aiuto per opinioni…ma poi ho meditato in me…e fatto di testa mia! Alla fine in campo affettivo so bene cosa/quanto/come mi è costata/mi costa una relazione….e valuto di conseguenza…..

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