Hermann viveva nella sua comunità di toporagni, una tra le specie che, allo scopo di procurarsi cibo – principalmente frutta e insetti – viveva all’aperto, arrampicandosi sugli alberi.
I toporagni sono creature molto paurose, possono morire di crepacuore in seguito ad uno spavento, ma Hermann era diverso, era un piccolo sognatore, uno di quelli che non si arrendono mai.
Avevano cercato di insegnargli a non esporsi mai troppo, a stare molto attento ogni volta che si lanciava da un albero all’altro. Sì, perché allo scopo di spostarsi in fretta, i componenti della comunità avevano imparato a saltare, prima tra rami di uno stesso albero, poi anche su quelli degli alberi vicini. Avevano via via sviluppato una sorta di membrana che li aiutava in questo, un po’ come gli scoiattoli volanti, e questo permetteva loro di estendere la lunghezza dei loro salti. Ciò era essenziale, non solo per procacciarsi cibo, ma anche per sfuggire ai predatori.
Hermann però saltava anche per piacere, era una sfida per lui. Cercava di compiere salti sempre più lunghi, di raggiungere alberi sempre più distanti.
Gli altri toporagni lo stavano a guardare, qualcuno con approvazione e un pizzico di invidia, altri scuotendo la testa. Ma sempre, quando riusciva in uno dei suoi incredibili salti, si levava un grido di ammirazione da tutti…
“Sì… ce la posso fare… non è distante! Non è distante! Non è…” e spiccava il salto!
Cercava di aiutarsi sbattendo vigorosamente le zampe, dotate di membrana che le univa tra loro; non sapeva perché, era l’istinto a dettarglielo, e poi i risultati gli davano ragione!
10 metri… 5 metri… 1 metro!
Anche stavolta ce l’aveva fatta! I suoi compagni, sui rami e a terra, non riuscirono a trattenere l’ennesimo “ooooh!”
Rientrato a casa, l’aspettavano i soliti complimenti ma… anche gli inviti a non dimenticare cosa era importante: la ricerca del cibo, mettere su famiglia, prendersi cura dei piccoli.
Anche la sua piccola compagna, Litsie, cercava di convincerlo ad andarci cauto: temeva potesse cadere pesantemente e farsi male. Lui lo sapeva e cercava di stare attento ma… qualcosa lo spingeva a continuare, ad andare sempre più in là…
In qualche modo Hermann si sentiva un predestinato, anche se non sapeva bene a cosa.
“Cavolo… Hermann… stavolta è troppo distante! Non ce la farai mai!”, pensò preoccupata Litsie..
Ma Hermann era già pronto per l’ennesimo salto, zampe posteriori contratte allo spasimo per darsi il massimo della spinta…
“Dai Hermann… Wow… quanto è distante però! Ma ce la farò! Sì, ce la farò!”
Stavolta quasi tutti i toporagni si erano voltati verso di lui, curiosi, increduli quasi del salto che stava per accingersi a tentare Hermann.
“Impossibile! Si schianterà!”, pensavano molti tra loro.
Ma Hermann anche questa volta saltò…
20 metri… Hermann, al massimo dello sforzo, sbatteva le zampe freneticamente, come mai aveva fatto…
15 metri…
10 metri! Hermann iniziò a percepire qualcosa di strano. Gli sembrava di non perdere quota, come ad un certo punto sempre accadeva nelle sue parabole; “forse mi sono lanciato più in verticale del solito!”, pensava.
7 metri…
4 metri!
1 metro!
Improvvisamente Hermann fece una cosa assurda: senza pensarci, agendo d’istinto, variò l’intensità del movimento delle zampe da un solo lato e… scartò l’albero! Hermann non perdeva quota! Hermann… stava volando!
I toporagni erano sgomenti, sguardo fisso a quel toporagno che aveva imparato a volare!
Ma forse ormai era tempo di cambiargli nome, Hermann non era più “Hermann il toporagno”: Hermann, adesso, era “Hermann il pipistrello”.
Il primo pipistrello della storia.

Nota: la discendenza dei pipistrelli dai toporagni è realmente una delle teorie più accreditate sull’evoluzione dei pipistrelli.

Key ebbe il tempo di chiamare teneramente Jelly e di stringerlo a se’ per un attimo, prima di accorgersi della scritta che accampava sullo schermo del PC…





Chiusero la conversazione. Ovviamente Key ando’ subito alla ricerca delle foto e in effetti trovo’ la cartella relativa al viaggio in Riviera. Gia’ che c’era diede un’occhiata alle foto, erano passati quasi 5 anni e alcune nemmeno ricordava di averle fatte… Si soffermo’ in particolare su quelle fatte a Triora, il “paese delle streghe” situato nell’entroterra ligure al confine con la Francia. Non era certo il posto piu’ bello tra quelli che aveva visitato durante quella vacanza, eppure qualcosa di quel posto l’aveva in qualche modo turbata… saranno state le leggende locali sulle streghe, le immagini e gli scritti inquietanti visti nel museo della stregoneria, oppure semplicemente il fascino del dedalo di viuzze, cunicoli e angoli nascosti disseminati ovunque nel piccolo paese arroccato sulle montagne…




