L’importanza della reazione

Questo post prende lo spunto dall’intervento di Sherwood (ilritornodelre) nel commento #12 al post precedente.
Sherwood, come immagino tante persone che hanno letto o leggeranno quel post (infatti nel momento in cui rileggo questo scritto prima di pubblicarlo gia’ altri hanno indicato aspetti simili), obietta che ci sono situazioni nelle quali “vedere il famoso bicchiere mezzo pieno” e’ oggettivamente difficile e porta un paio di esempi evidenti: il dramma di Haiti e chi perde il lavoro in una eta’ gia’ avanzata e dunque estremamente problematica per il re-impiego. A questi mi sento di aggiungere tutte le persone malate senza speranza e che soffrono molto.
Apparentemente sembra utopistico “vedere positivo” in situazioni come queste, anzi potrebbe addirittura suonare offensivo…

Voglio raccontarvi una storia, anche se certamente molti di voi gia’ la conoscono. Alla fine degli anni ’40 (non importa la precisione di date, nomi, luoghi, non fatemi andare a scartabellare ;-)) i cinesi invasero il Tibet, il cui pacifico popolo non impugnava le armi ormai da tempo. Oltre alle devastazioni ed alle vittime dell’invasione (alcuni tibetani furono perfino costretti a uccidere i propri famigliari), ci fu, e c’e’ ancora, un tentativo di… “ricondizionamento” della popolazione locale attraverso metodi a dir poco cruenti, come vere e proprie deportazioni di massa. Il Dalai Lama e molti altri Lama, che non erano mai usciti da quella regione, furono costretti a fuggire.
Oggi i buddisti tibetani all’estero, oltre ad aver istituito un “governo in esilio” nel nord dell’India, si sono sparsi per il mondo portando ovunque la loro preziosa parola di pace e liberazione dalla sofferenza. Questo fatto e’ stato di incalcolabile importanza per il mondo che, in precedenza, aveva solo notizie frammentarie di questa plurimillenaria saggezza.
Lama Yesce (mi pare sia stato lui, se sbaglio spero di esser perdonato :-P) parlando dell’esilio imposto dai cinesi ebbe una volta a dire che “i cinesi ci hanno “invitato” a portare la nostra parola nel mondo” 😉

Non abbiamo il potere di cambiare certi drammatici avvenimenti, ma abbiamo almeno quello di scegliere come possiamo reagire ad essi, anche se forse, piu’ di “scelta del momento”, si tratta di una lunga preparazione, di uno “stile di vita appreso”.

Una delle mie piu’ grandi paure riguarda la morte. Non tanto pero’ la paura del decesso in se’, quanto quella del terrore nel quale probabilmente sprofonderei nel momento di avvicinarmi ad essa. E’ insomma… la paura della paura.
Lo so, lo so, per molti puo’ sembrare consolatorio lasciare questo mondo sereni anziche’ in preda alla disperazione profonda, ma chi ha visto il terrore negli occhi di una persona morente, per una qualunque causa, credo abbia la mia stessa percezione che cosi’ non sia.

Proprio oggi ricorre il giorno della memoria. Pensiamo sia forse inutile o puramente consolatoria la testimonianza di persone che riuscirono a mantenere la loro serenita’ perfino nei lager? Pensiamo che sia offensivo ricordarli o ispirarci a loro per quanto possibile perfino nel nostro “piccolo”, che a volte purtroppo tanto piccolo non e’?
Non credo. Anche se, e’ chiaro, aspirare a qualcosa non significa possederlo gia’ e forse nemmeno arrivarci mai.

araba fenice

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52 pensieri su “L’importanza della reazione

  1. x Flame: opssss! Mi ero perso il tuo commento! Tra l’altro è un bel commento, fondamentale almeno quanto il mio post

    x CapeH: eheheh bé, se fosse per una notizia così importante e definitiva… invece tu avresti il permesso di togliermi tutte le sorprese che vuoi

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