Il libro del buio – Recensione e commento di dalloway66

Ed eccolo qua il terzo e – per il momento – ultimo post che ospita scritti di altri blogger. Purtroppo a causa della mia trasferta in terra scandinava ho dovuto farvelo attendere a lungo ma… per chi avrà pazienza di leggerlo, vedrete che giustificherà l’attesa. Personalmente rimasi colpito e affascinato fin dalle prime terribili righe, così da leggere lo scritto di Dalloway tutto d’un fiato nonostante la sua lunghezza.
Si parla infatti di una cosa di cui tutti parliamo ma che in fondo nei nostri cuori diamo per scontata: la libertà. Chi si lamenta di non essere un uomo libero per i limiti che la nostra società gli impone, legga prima lo scritto di Dalloway e poi rifletta bene sulla causa di non sentirsi un uomo libero; perché è troppo facile dare la colpa ad altri, più difficile è ammettere di non essere in grado di far fruttare, di godere davvero, della libertà che invece gli è concessa.

E… Dalloway ha ridotto i suoi scritti, per un motivo più che buono per una volta ;-), ma… segnatevi il suo blog, perché davvero non vi troverete mai banalità e cose scontate.


Il libro del buio
recensione e commento di dalloway66
Blog: Tempus Fugit

 

Il libro del buioIl libro del buio di Tahar Ben Jelloun, racconta la prigionia di alcuni partecipanti al golpe fallito del 10 luglio 1971 in Marocco. I golpisti vengono rinchiusi nella spaventosa prigione di Tazmamart, dove le celle somigliano a delle tombe, scavate come sono nel terreno e dove non arriva mai la luce. E in effetti la condizione che accomuna i prigionieri è proprio quella di morti viventi, senza voce, né diritti, e in un luogo senza tempo e senza memoria, rimarranno rinchiusi, quei quattro che riusciranno a sopravvivere, per ben diciotto anni, esattamente in una specie di buco lungo tre metri e alto circa un metro e mezzo, dove non era possibile nemmeno stare in piedi.
La notte ci vestiva. In un altro mondo, si sarebbe detto che era piena di attenzioni per noi. Nessunissima luce. Mai il benché minimo filo di luce. Ma i nostri occhi, pur avendo perso lo sguardo, s’erano adattati. Vedevamo nelle tenebre, o credevamo di vedere.
Quando ci si limita a togliere a un uomo la propria libertà, il tempo e la vita, pur con qualche restrizione, continuano comunque a seguire la normale linea temporale, quando invece un uomo viene privato della propria identità e della propria dignità di essere umano, ogni ordine viene scardinato, il tempo impazzisce e la vita non somiglia più a niente di ciò che si conosceva prima. L’unico mezzo per sopravvivere diventa l’annullamento di se stessi e soprattutto la cancellazione di ogni ricordo della vita precedente. In certe circostanze non ci si può nemmeno rifugiare nella memoria, perché poi diventerebbe impossibile sopportare la nuova realtà.
Ricordare significa morire. Mi ci è voluto del tempo prima di capire che il ricordo era il nemico. Colui che chiamava a raccolta i propri ricordi moriva subito dopo. Era come se ingoiasse del cianuro. Come potevamo sapere che in quel posto la nostalgia portava la morte? Eravamo sottoterra, definitivamente allontanati dalla vita. Nonostante i bastioni tutt’intorno, i muri non dovevano essere molto spessi, nulla poteva impedire l’infiltrazione degli effluvi della memoria.
Quando si è schiavi, di qualcuno, di se stessi, di un vizio, di un’idea, quando non è possibile prospettare e compiere una qualsiasi fuga reale, è giorno dopo giorno che si comprende come salvarsi, e si finisce per scoprire perfino che, per quanto la sofferenza possa sembrare giunta al livello massimo, in realtà c’è sempre un altro gradino davanti a noi e poi ancora un altro, perché non è mai negando l’esistenza del dolore che lo si può sconfiggere, bensì imparandolo.
Come essere indifferenti? Hai male, la tua pelle è squarciata da un metallo arrugginito, cola il sangue, colano le lacrime, pensi ad altro, insisti con tutte le tue forze per evadere, per pensare a una sofferenza maggiore. Non te la caverai certo immaginando un campo di papaveri o di margherite. No, questa fuga è breve, e non è abbastanza misteriosa. È persino troppo facile. All’inizio me ne andavo nei prati, ma ben presto il dolore mi riportava nel buco. Così capii che bisognava annullare un dolore immaginandone uno ancora più feroce, più terribile.
Ben Jelloun ha raccolto la testimonianza di Aziz, uno dei sopravvissuti, ma non ha esposto la cronaca di determinati avvenimenti, bensì ha voluto raccontare una situazione estrema, in cui non ha più alcun significato chi ha torto o ragione o l’idea della punizione per un errore commesso, poiché ci sono circostanze nella vita, in cui avviene una sorta di livellamento, una specie di confusione tra ciò che è prettamente umano con ciò che non lo è affatto, e in quella specie di inferno scavato nella terra, per poter sopravvivere bisognava dimenticarsi di essere uomini e del proprio corpo e divenire unicamente spirito.
Non fu il dolore a decidere quale via scegliere, fui io, prima e al di là di qualsiasi dolore. Dovevo vincere i miei dubbi, le mie debolezze e soprattutto le illusioni che ogni essere umano nutre. Come? Lasciando che si spegnessero dentro di me. non mi fidavo più delle immagini che falsificavano la realtà. La debolezza sta nel prendere le proprie sensazioni per realtà, sta nel rendersi complici di una menzogna che parte da noi stessi per tornare a noi stessi, e credere che si tratti di un passo avanti.
Per avanzare in quel deserto, occorreva affrancarsi da tutto. Capii che solo una mente che riesce ad affrancarsi da tutto ci consente di accedere a una quiete sottile che chiamerò estasi.

Tutti noi abbiamo la nostra idea di libertà, la tuteliamo come fosse un bene supremo, ma spesso ci sfugge l’essenza di tale concetto, per alcuni essere liberi vuol dire poter fare qualsiasi cosa si voglia, per altri non avere legami sentimentali, per altri ancora andarsene in giro per il mondo, per altri semplicemente non essere imprigionati, eppure più o meno tutti rimaniamo impastoiati nei viluppi del sistema sociale in cui viviamo, non tanto perché dobbiamo sottostare a determinate leggi, dettate dallo Stato, quanto perché dobbiamo piegarci a quelle che ci autoinfliggiamo e che sono retaggio della nostra cultura e della nostra educazione e di conseguenza le più limitanti. Sì, perché per essere veramente liberi non dovremmo conservare dentro di noi alcun dolore, alcun ricordo, alcun affetto che duri nel tempo, neanche l’ombra del senso di colpa, per essere veramente liberi dovremmo svuotarci totalmente, avere il cuore e la mente sgomberi da qualsiasi legame, camminare senza ombra, attraversare le pareti, non conoscere la limitatezza dei confini, annullare il tempo, ignorare la morte, rimanere da soli al cospetto di noi stessi.


Commento di wolfghost pubblicato sul blog stesso di dalloway66: Impressionante la descrizione di Aziz. 18 anni… un’eternita’. Passata in condizioni che farebbero impazzire la persona piu’ equilibrata che conosciamo.
Chiaramente noi tentiamo di estrapolare il significato “generale” di liberta’, di sofferenza, di capacita’ di sopravvivere, di nostalgia e malinconia. Ma… difficilmente ci avviciniamo davvero a cosa devono aver sperimentato persone come Aziz.
Ho affrontato spesso il tema della liberta’, dicendo che la mia linea di pensiero concorda con Antoine de St.Exupery, quando sostiene che “Conosco una sola libertà, ed è la libertà della mente”. E credo che anche Aziz lo confermi. E’ solo attraverso una corretta e minuziosa “condotta mentale” che e’ riuscito a sopravvivere dove quasi tutti gli altri impazzivano e morivano. Io avevo fatto l’esempio, ricordo, dei sopravvissuti ai lager nazisti.
Pur ripetendo che una generalizzazione ed estrapolazione e davvero un’incognita, dovremmo tutti prendere queste vite come esempi che davvero la liberta’ e’ qualcosa che parte principalmente da noi. Aziz e i suoi sfortunati compagni, avevano una sola possibilita’, rendere davvero libera la loro mente, svincolandola da tutto: presente, passato (ricordi), futuro (sogni e speranza). Un annullamento del tempo. Un vivere per il vivere, senza essere legato a null’altro.
Ecco allora che quando noi attraversiamo un nostro momento di crisi, sentendoci schiavi di qualcuno o qualcosa, di un evento o un’emozione, dovremmo sempre ricordarci che siamo davvero solo noi a permettere che quelle catene ci vengano messe.

Volevo dire un’altra cosa sul concetto di nostalgia, che mi e’ piaciuto molto. Ho sempre detto che io non amo la nostalgia e la malinconia, le considero “sofferenze dolci”, ma pur sempre sofferenze, e non concepisco come si possa nutrire una qualsivoglia forma di sofferenza avendo la possibilita’ di evitarlo.
Certo l’esempio di Aziz e’ estremo. Ma a volte e’ proprio l’estremizzazione a rendere meglio evidente qualcosa che forse non riusciamo o non vogliamo scorgere, cullandoci cosi’ in una sofferenza che potrebbe essere spezzata.

Bellissimo post 🙂

Commento ulteriore di dalloway66: Wolf, concordo… 18 anni sono interminabili, non riesco nemmeno a ipotizzare una non-vita come quella per tutto quel tempo e in casi simili anche il concetto di libertà diventa appunto molto relativo, lì devi fare i conti con tante e tali cose da dovere puntare per forza unicamente sulla mente per poter sopravvivere. Ma sono necessarie un’intelligenza e una forza interiore incredibili, perché sempre per la mente gli altri invece morivano… E poi che dire della bassa umanità che riesce ad avanzare anche in situazioni così difficili? Sì perché anche lì arriva il prepotente, colui che vuole distruggere un equilibrio raggiunto con tanta sofferenza, quello che si vuole prendere gli sforzi degli altri, così, solo con la forza distruttiva e devastatrice dell’ignoranza e del sopruso gratuito… Insomma si potrebbe discutere a lungo…
è vero, il più delle volte siamo schiavi volontari, anche quando poi ci lamentiamo, in realtà certe circostanze siamo noi a crearle, soprattutto in amore non può esistere vera libertà, un legame crea sempre dipendenza ed è perfino piacevole sentirsi in balia della persona che si ama… per questo dico che per essere liberi ci si deve liberare totalmente, anche degli affetti, e non solo della persona amata, ma anche dei familiari e degli amici, dunque mi chiedo, quanti davvero lo vorrebbero? e perché poi?
Grazie, un abbraccio

Colomba e libertà

 

0 pensieri su “Il libro del buio – Recensione e commento di dalloway66

  1. A quanto pare l’attesa è stata ripagata…inutile dire bel post e bla bla bla…La libertà intesa in quel senso, cioè di svuotare la mente di ogni ricordo, di ogni affetto…no, non credo possa interessarmi. Per chi come me, cerca di tenere stretta la propria dignità senza barattarla con ideali estremi che poi portano a estreme conseguenze, come quella di essere privati della libertà da una società che ha dovuto creare delle regole, opinabili sicuramente, ma regole che vanno rispettate anche per garantire la libertà altrui.
    E’ chiaro che il discorso di Aziz è leggermente diverso, si parla di un golpe, un azione sovversiva per il ripristino della libertà negata da qualche regime dittatoriale. Ma comunque logiche conseguenze che il povero Aziz conosceva….azioni mosse da ideali nobili, gli stessi che alla fine gli avrebbero dovuto dare la forza di restistere a quelle privazioni e a quegli abusi….sempre chè alla fine quegli stessi ideali non siano crollati o quanto meno abbiano traballato, facendo piombare nello sconforto totale il povero Aziz e compagnia e facendo poi elaborare questi pensieri a cui fate riferimento.
    In effetti, a conforto di quanto io sto dicendo, devo invitarvi a leggere, oppure a ricordare per chi già lo conosce, “Un Uomo” di Oriana Fallaci, la nostra cara Oriana….lì c’è un caso analogo, stesse circostanze, tentato golpe in Grecia, realtà un tantino più vicina a noi…un altro Aziz, solo che si chiamava Panagulis, altro che 18 anni di carcere sotto il livello 0, segrgazione e torture da far invidia alla Inquisizione medioevale. Eppure Panagulis non voleva dimenticare, non voleva liberare la sua mente, erano i ricordi e gli affetti che gli hanno dato la forza fini all’ultimo giorno, e anche il credo nel suo ideale. Da questo dunque nasce il mio dissenso.
    Ma di esempi ce ne sarebbero tanti da fare, ma ho già preso troppo spazio….ti lascio solo una cosa

    E’ giunta l’ora di andare. Ciascuno per la sua strada: io a morire, voi a vivere. Che cosa sia meglio Iddio solo lo sa.
    Platone, Apologia di Socrate…da “Un uomo” O. Fallaci

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  2. Grazie Wolf, le tue parole mi lusingano… aggiungo solo che il post è merito del mio amore che mi ha suggerito tale lettura e mille spunti di riflessione…
    In campo sentimentale non c’è libertà più piacevole di sentirsi incatenati a qualcuno che si ama… ma questo è un altro post… eheheh…
    baci

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  3. Con questo post hai confermato quello che io sostengo da sempre. Non siamo mai liberi davvero, anche se ci piace credere di esserlo. A me è rimasta impressa una canzone che ci facevano cantare (in Svizzera) alla prima elementare “die Gedanken sind frei” cioè, “i pensieri sono liberi” solo i pensieri non può rubarceli nessuno, per il resto non siamo mai liberi davvero e nessuno di noi penso, lo voglia essere infondo. Ti auguro buona domenica. Ciao

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  4. Finalmente riesco ad entrare in casa tua,ieri splinder non lo permetteva…mah!!!!!
    Felice domenica caro Wolf…
    Ti leggo dopo Mery è fantastica scrive sempre post stupendi e riflettivi…
    A dopo…
    bacini..
    AnnA..

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  5. Bel post, sicuramente.
    Interessante riflettere su come l’uomo, in situazioni estreme, trovi la propria strada per la libertà. E pensare a noi, alla nostra vita, nella quale, come dice dalloway66, la totale libertà comporta delle rinunce a cui non siamo disposti. Concordo con lei.

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  6. x ilmiomaestro: è vero, ognuno tiene in vita la speranza di uscire dalla propria galera a modo suo. C’è chi subisce negativamente l’impatto dei ricordi sprofondando nella malinconia e chi invece usa proprio quelli per ricordare a sé stesso cosa lo aspetta una volta che ne sarà fuori. E così, tenersi in vita. Probabilmente alla base della differenza c’è la sensazione di “possibilità”: chi pensa che ci sia davvero la possibilità di uscirne, si aggrappa alle immagini di cosa l’aspetta fuori; per chi resiste ma nutre in realtà molti dubbi sulla possibilità di farcela (e dopo anni e anni sfido chiunque a non attraversare momenti del genere), i ricordi rappresentano qualcosa che è morto, che è stato espropriato alla propria vita, che non tornerà più.
    Per cui… fanno maledettamente male.
    Entrambe le modalità comunque dimostrano come la nostra mente giochi una ruolo essenziale nella nostra sopravvivenza, non solo fisica, ma anche emotiva.

    Chiaramente la libertà che Dalloway dipinge nel suo scritto, quella che richiede di abbandonare ogni cosa, ogni ricordo, è estrema, è qualcosa che ricerca chi davvero si trova chiamato a sopravvivere ad una situazione drammatica.
    Ma sebbene credo che – in condizioni normali – questa è una scelta che nessuno farebbe, tuttavia, per estrapolazione può insegnarci molto. Anche per la nostra vita normale. Ovvero, la gestione delle emozioni e dei ricordi, avendo coscienza di quanto essi e la nostra mente possono fare, in negativo e in positivo, per noi.

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  7. x dalloway: oh… a Cesare quel che è di Cesare: se tu non avessi lo spessore che hai, quel libro non ti avrebbe detto nulla. Quindi, casomai, merito ad entrambi 🙂
    Sul caso “libertà sentimentale”, io penso che se il rapporto funziona la “libertà di coppia” guadagnata è di gran lunga superiore a quella individuale che ciascuno dei due perde. Quando invece si inizia a sentire nostalgia per la libertà individuale, allora è segno che qualcosa nella coppia non va 🙂
    Baci a te! :*

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  8. x stellastellona (ti chiamerei “stella” ma sotto ce n’è un’altra! eheheh): sai… le società hanno delle regole e queste possono essere viste come una limitazione alla propria libertà… ma non è forse proprio grazie a tali regole che in fondo ognuno di noi può permettersi di fare cose che in condizioni di anarchia non potrebbe permettersi di fare? Pensa a quanto sarebbe pericolosa una semplice passeggiata al chiaro di luna (e a volte lo è ancora!) ad esempio. Pensa a quanto tempo ci fa risparmiare avere i supermercati o i negozi sotto casa. Non credo che i nostri avi, che vivevano in condizioni precarie e dovevano passare il tempo cacciando o coltivando, rischiando la vita ogni giorno, la vedrebbero come una “privazione della propria libertà” 😉
    No, credo proprio che sia esattamente come recitava la canzoncina delle tue elementari: siamo noi con i nostri pensieri, nella grande maggioranza delle volte, a sentirci liberi oppure in catene. E, soprattutto, ad agire di conseguenza.
    Buona domenica anche a te! 🙂

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  9. x AnnA: perfino io ieri avevo difficoltà con Splinder: prima saltava sempre la corrente elettrica (e fin qui, loro poco c’entrano 😀 ), poi dovevo lavorare usando la funzione “edita”, altrimenti non vedevo i commenti.
    Ovviamente sono d’accordo con i complimenti a Mary 🙂
    Baci anche a te :*

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  10. x Stella: come scrivevo più sopra, queste sono situazioni estreme, condizioni alle quale noi, speriamo, non saremo sottoposti. Eppure possono insegnarci molto perché proprio le condizioni estreme sono le più esemplificative di come noi e la nostra mente funzioniamo.
    E certi momenti in cui ci rendiamo conto di essere davvero schiavi di un’emozione, ad esempio, credo che li abbiamo attraversati tutti. Dobbiamo almeno sapere che a tale schiavitù, se vogliamo, c’è uscita.

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  11. Un post estremamenteinteressante… che nonostante la lunghezza ho letto anch’io tutto d’un fiato…
    La dimostrazione ancora una volta
    che la libertà vera è quella dalla mente… e la mente spesso ci conduce a mettere catene, dove non ci sono e ci permette di toglierle la dove ci sono…
    Un’esperienza davvero estrema…
    Molto eloquente il riferimento al dolore ed il metodo per dominarlo… che è quello di accoglierlo e conoscerlo…
    Grazie a tutti e 2 per l’interessante lettura.
    Un caro saluto…
    Fly

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  12. Questo libro e il post che ne seguono mi riportano inevitabilmente alla mente “Un uomo” di Oriana Fallaci. Panagulis è incarcerato in una “tomba” come lui stesso la definisce e dove non c’è nemmeno lo spazio per stare in piedi. Subisce continuamente sevizie e torture e trova il modo di non impazzire nella “libertà della mente”… una libertà diversa però da quella di Aziz, fatta di una sostanza diversa. Una libertà fatta da una mente tenuta viva e allenata tramite lo sforzo mnemonico dello studio. Tramite le beffe che quotidianamente cercava di infliggere ai suoi carcerieri. Tramite l’invenzione ostinata e disperata di sempre nuovi tentativi d’evasione. Tramite la poesia. La scrittura. I sogni, le speranze, i ricordi, l’ironia…

    Ogni uomo trova da sè il modo di mantenersi libero e vivo. L’importante è tenere la mente libera, ma non credo ci siano ricette valide e funzionanti per tutti allo stesso modo.

    “L’abitudine è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. […] E tuttavia esisteva qualcosa che l’abitudine al buio, alla mancanza di spazio, alla monotonia non avevano spento: la tua capacità di sognare, di fantasticare, e di tradurre in versi il dolore, la rabbia, i pensieri. Più il tuo corpo si adeguava, si atrofizzava nella pigrizia, più la tua mente resisteva e la tua immaginazione si scatenava per partorire poesie.”

    Ognuno trova la libertà nel suo modo di essere, dove può e come può.

    Un bacio.

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  13. Non potremmo mai essere totalmente liberi, neanche dai legami che creiamo noi stessi piu’ o meno inconsapevolemente.
    E’ il grado di “non libertà” che ciascuno di noi riesce a sopportare, per un sentimento, per il bene degli altri, per la paura dei giudizi altrui che varia individuo per individuo.
    Io personalmente sono piuttosto insofferente dei limiti che mi sono imposti dagli altri, tuttavia è con l’accettarne la parte “sopportabile” per me che dimostro il mio affetto per chi mi è accanto. Certo non esiste nulla che possa legare davvero il pensiero…se non le nostre paure.

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  14. La risposta umana alla segregazione (mentale e/o fisica) è strettamente personale, unica e soggettiva.
    Se per Ben Jelloun è l’esaltazione di una sorta di amoralità ed annientamento della personalità, con lo svuotamento della memoria e dei ricordi, per altri la risorsa da sfruttare potrebbe essere l’esaltazione dei gesti quotidiani slegata da qualsiasi riferimento affettivo-emotivo. Oppure lo status psicologico a lungo segregato che rivendica un suo primato d’invidualità.
    Credo che sia molto difficile dare una risposta coerente e razionale su uno stato di segregazione e tortura, perchè ognuno di noi, con il suo passato, educazione e modo di vivere condizionerebbe il risultato e gli esiti.
    Per quanto riguarda la libertà personale e su come sentiamo di viverla, questo è un altro discorso.
    In fondo nessuno è libero, anche colui che si proclama tale.
    Bellissimo post. La nostra cara signorina Dallaway ricama perle a iosa. Fa piacere che tu abbia potuto postare un gioiello del genere.
    Un caro saluto

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  15. In impareggiabile ritardo x augurarti una buona domenica… approfitto dell’etere per lasciare che un sorriso ti accompagni almeno in questo tuo proseguimento di serata…
    una carezza ai mici
    Aicha

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  16. x Fly: ottimo riassunto, sono perfettamente in linea col tuo pensiero 🙂
    Salutone!

    x Sofia: il tuo pensiero è andato allo stesso libro che ha citato ilmiomaestro proprio nel primo commento, ovviamente anche il vostro pensiero non poteva che essere a quel punto allineato sul differente metodo usato dal protagonista per sopravvivere alla prigionia e alla tortura.
    Ti invito allora a leggere la mia risposta a ilmiomaestro, nel commento #6. Va bene anche per te 🙂

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  17. x Giuliana: io ho già fatto 😀 ma mi riaccodo volentiri 😉

    x flame: già Paola, come ho già scritto nel commento #8, in risposta a stellastellona, credo che spesso ci sentiamo privati della nostra libertà anche laddove in realtà esistono solo regole inevitabili e che, se tolgono libertà da una parte, la restituiscono da un’altra.
    Credo davvero che, come dici tu sebbene con parole diverse, sia la nostra percezione a fare la differenza.

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  18. x carl8: anche tu, come già fatto da ilmiomaestro e sophia75, sottolinei, giustamente, l’individualità della risposta a situazioni estreme come quelle dipinte nel post. Naturalmente sono d’accordo, ciò che davvero importa è riconoscere come sia la nostra mente – in un modo o nell’altro – a fare la differenza tra il crollo e la resistenza, tra la vita e la morte. Forse non sempre è sufficiente, ma certamente il contributo della mente gioca comunque un ruolo estremamente importante.
    Ti invito anche a leggere il mio commento #6.

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  19. x red: ciao 🙂 Contraccambio il tuo saluto e… non preoccuparti: il post non scappa 😉

    x Aicha: “etere”? Hai una connessione wireless? eheheh
    A me non resta che augurarti buona serata e buon inizio settimana, anche da parte dei mici 🙂

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  20. è vero, avevo già letto caro wolf il tema della libertà in altri post…
    è molto toccante ciò che qui hai riportato…
    e il tema dello Spirito personalmente mi è molto caro…
    ripeto anche qui il mio pensiero: siamo liperi “per” e non liberi “da”, e la dimensione dello Spirito sicuramente mi aiuta a scoprire quella connotazione che mi spinge a lasciare per andare…verso…

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  21. La vera libertà esiste? siamo condizioni sin da quando nasciamo da tutto e tutti.Credo che la libertà sia in qualche modo la scelta di non esserlo per qualcosa in cui crediamo.
    Bellissimo post Wolf
    un sorriso
    daphnee

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  22. x SoloAnima: ciao, benvenuta! 🙂 Grazie, ma e’ solo un template gentilmente offerto (trovi il proprietario nei “credits” in fondo alla pagina) 🙂

    x belllissima: grazie cara, io sono di nuovo a Stoccolma, torno domani notte…
    Un abbraccio!

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  23. x Ligeia: trovo interessante e bella questa definizione di “essere liberi ‘per’ e non liberi ‘da’ “; e’ costruttiva e positiva… condivisibile insomma 🙂

    x Gio: ahahah saresti la gattina nella foto dunque? 😀 Comunque anche io non scherzo: sono a Stoccolma, collegato a mie spese (la connessione dell’hotel, manco a dirlo, non funziona!) e… con sonno incombente! 😉 Ma domani a quest’ora saro’ gia’ di ritorno…

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  24. x daphnee: la liberta’ assoluta non puo’ esistere, a mio avviso, in una societa’, e’ inevitabile che ci siano regole e “recinzioni”. Pero’ e’ la percezione che e’ importante: un conto e’ essere privati della liberta’ come il protagonista del racconto (ma basta anche molto meno, ovviamente); un altro e’ sentirsi schiavi di un sistema che inevitabilmente deve mettere delle linee guida. Altrimenti saremmo in pieno Far West, e forse peggio 😉
    La scelta di non essere liberi per qualcosa in cui si crede puo’ esistere, ma non credo sia esaustiva. Molta gente si rende schiava e si sente non tanto per sua volonta’, ma piuttosto per ignoranza o indolenza.
    Sembra strano, ma essere schiavi toglie anche molte responsabilita’.
    Sorriso ricambiato 🙂

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  25. Non sempre sopravvivere equivale a vivere…
    Io ritengo che l’unica libertà concessa ad ogni essere ed in particolar modo a quello umano per via della sua capacità di raziocinio è la libertà di scelta. Scelta delle catene. Possono essere ideali, affetti, vizi, religioni, etc.etc..
    L’universo che conosciamo è strutturato in modo che si tiene insieme proprio perchè ogni cosa è in stretta relazione con l’altra e come in un tiro alla fune le forze si equilibrano dando luogo ad una armonia che scaturisce dal bilico perfetto….
    Quindi il mito della libertà è appunto, un mito. Non siamo nemmeno liberi di non respirare, o di non mangiare, per vivere. Per vivere in questa dimensione ( ma anche le altre hanno i loro contrappesi da far bilanciare) non si può evitare di far entrare il mondo dentro, attraverso i nostri sensi. La percezione è la catena che ci lega al mondo in modo indissolubile… Senza percezione niente identità, nessuna consapevolezza di sè, nessuna vita.
    La percezione può anche escludere i cinque sensi esterni…e accendere quelli interni… Ma è sempre a causa di questo che NOI SIAMO.
    Certo, si sopravvive in molti modi. che poi questa la si possa chiamare vita, questo è un altro discorso.
    Ciao
    Cri

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  26. Sì, forse la speranza di uscirne è determinante nell’atteggiamento che si finisce per avere. Eppure secondo me anche in situazioni estreme le reazioni sono assolutamente soggettive. Mi viene in mente un altro libro, di cui mi sfugge il titolo (perdonami è l’ora, ma domani rimedio) sui campi di concentramento, in cui si parlava della lotta contro i ricordi perché rendevano deboli. E cos’ contro gli affetti, perché la preoccupazione per una persona cara poteva costare cara… ognuno era solo.

    Nell’altro commento non l’ho scritto, ma anche questa volta una scelta sapiente e ben fatta. La recensione è scritta davvero bene e fa venore voglia di leggere il libro… e io colgo!

    ;))

    ‘notte!

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  27. Che argomento difficile Wolf !
    Siamo liberi o crediamo di essere liberi ? Sopravvivere in una prigionia così terribile è libertà o istinto di sopravvivenza ?
    Non so darti una risposta, posso solo dirti che anche a me piace pensare che non sia il pensiero l’unica cosa libera che nessuno può manipolare, ma i nostri sogni, però temo che anche questa mia idea sia suggerita da una visione romantica ed emotiva nutrita dalla letteratura… Insomma, forse non siamo completamente liberi, ma dobbiamo credere di esserlo per salvaguardare la nostra dignità umana, altrimenti in pericolo !
    Un abbraccio
    PS Come è andato il viaggio di lavoro ? Hai visto Stoccolma ? A me era piaciuta molto ! E i micetti come stanno ?

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  28. Buongiorno Wolfghost, mi ero persa il tuo commento x me. StellaStellona va benissimo, un nick può rivelare tutto o niente, pensi che tutte quelle che si chiamano fatine, lo sono davvero? :-))) Una vita senza regole non sarebbe mai possibile, tu dici bene. Io personalmente non ho mai visto le regole come una privazione di libertà. Infondo è quello che succede appena nasciamo, i genitori c’impongono delle regole e guai a non imporle (ma questo è un altro discorso). Ti auguro una splendida giornata, qui da me è à autunno e inizia a far freddino

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  29. x AnnA: ciao Anna, un bacio anche a te 🙂

    x Cri: Si, in altri termini, essendo la scelta una facolta’ intellettiva, concordi con l’aforisma di Antoine de St.Exupery (“Conosco una sola libertà, ed è la libertà della mente”) che ho citato nel post. Sono d’accordo, aggiungo solo che a volte non e’ l’impossibilita’ di scegliere, ma e’ proprio l’ignoranza nel sapere di poterlo fare. Quando pero’ non c’e’ ne’ ignoranza, ne’ impossibilita’, eppure ci ostiniamo a non scegliere… be’, allora siamo anche colpevoli o almeno corresponsabili del nostro stato.
    Ciao cara 🙂

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  30. x Sofia: si, sono d’accordo: vale anche nelle situazioni estreme o, forse, a maggior ragione. Ognuno ha la sua strada che lo porta a superare o meno i suoi periodi di “schiavitu'”, ed e’ giusto che la segua. Ti dico… io gia’ odio la malinconia di per se’, per cui certamente farei una scelta come quella di Aziz; ma altri, che dai ricordi traggono i sogni in un futuro migliore, trovano invece forza da essi.
    Ad ognuno il suo, insomma 🙂

    Grazie per il complimento, stasera torno definitivamente in Italia, spero per un po’ almeno, finalmente tornero’ a scrivere qualcosa di mio… chissa’ pero’ se dopo queste perle di altri blogger ne sarai davvero contenta! ;D

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  31. x Laura: io credo che la liberta’ sia principalmente uno stato mentale, ma certamente e’ condizionata dalle “condizioni al contorno”: e’ certamente piu’ facile sentirsi liberi in vacanza in una bella campagna toscana (faccio per dire) che non in una galera, va da se’, eppure… molta gente si sente in prigione perfino in quella campagna.
    Secondo l’autore la liberta’ mentale e’ stata richiamata dall’istinto di sopravvivenza, ne e’ una conseguenza insomma. Un po’ come il detto che la necessita’ aguzza l’ingegno 🙂 Ma di nuovo… non tutti reagiamo allo stesso modo come te stessa supponi.

    Il viaggio di lavoro non e’ finito: sono tornato ieri a Stoccolma e rintrero’ definitivamente (per un po’ almeno) stanotte. La scorsa settimana ho finalmente visto il centro storico, che ancora mi mancava; molto bello, nulla da dire! Solo… alle 21 in giro non c’e’ piu’ nessuno perfino adesso che e’ ancora estate e il tempo lo permette. Ma nei paesi nordici, si sa’, e’ cosi’ 🙂

    Abbraccio!

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  32. x Stella (vista che l’altra Stella non ha scritto in questo post al momento ;D): personalmente concordo. Non si puo’ volere la botte piena e la moglie ubriaca, no? 🙂
    Qui a Stoccolma siamo sui 10 gradi direi… ma stanotte rientro 😉

    x annina: aaaah! Ecco perche’ il colore non corrispondeva! ;D
    Ok, passero’ senz’altro 🙂

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  33. x rigirandola: eh gia’! Peccato che scriva poco ormai 🙂 Ma… se avessi un motivo come il suo farei lo stesso! 😀 Mi dispiace invece per quelli che spariscono del tutto… 😦
    Abbraccio!

    x belllissima: grazie cara! Ricambio il bacio :*

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  34. Ma sì che ne sarò contenta… anche se devo dire che davvero questa e le altre due erano perle… ma ormai conosco gli autori e posso farne scorpacciate da loro.

    Ora regalami qualcosa tu.

    Buona giornata.

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  35. Per il momento ti mando un saluto dall’aeroporto di Arlanda in Stoccolma 🙂 Hanno appena annunciato 10 minuti di ritardo, spero che non se ne aggiungano altri perche’ la connessione a Monaco e’ piuttosto stretta :/
    Si, infatti lo scopo dei miei post con contenuti di altri blogger e’ duplice, come spiegi spesso: non solo prendere spunti interessanti per nuove discussioni, ma anche far conoscere blogger che magari, nonostante la loro bravura, non sono tanto conosciuti. Anche se a rigore Dalloway non e’ proprio tra questi, visto che il suo blog di visite ne riceve eccome 🙂
    Il mio aereo non e’ ancora in vista… ho gia’ capito che mi tocchera’ dormire a Monaco e avvisare la cat sitter 😦

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  36. Maledizione: è la terza volta che passo e non ho il tempo (e la “testa”) per leggerti e commentare come si deve. Il lavoro mi sta inghiottendo… Per ora ti lascio un abbraccio. E ritorno 🙂 *danj

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