Uscire dall’abitudine per migliorare sé stessi

“Una grande intensità: evocazione di qualcosa proveniente dal nulla. È vero che gli strumenti sono quelli, la tecnica, le abitudini, ma un’incognita permane: gli anni di pratica non vi possono proteggere, non vi devono proteggere. Bisogna gettarsi in uno spazio vuoto, uscire dalla memoria. Tutti vi stanno guardando; in questo momento della vostra vita, smettete con i luoghi comuni e inventate.”
Tim Hodgkinson – compositore autodidatta inglese

Questo aforisma mi fu donato anni fa da un amico che ha un profilo e un blog anche su Splinder (rabesto) anche se purtroppo lo ha chiuso proprio recentemente. Chissà se se ne ricorda 🙂
Allora non mi colpì particolarmente, lasciandomi anzi abbastanza indifferente.

waltersteinerRecentemente, grazie al lavoro con la compagnia teatrale che frequento (www.waltersteiner.it), l’ho riscoperto, capendone il significato, soprattutto vedendo (e ascoltando) il lavoro dei registi e degli attori della compagnia stessa. Certamente è un aforisma che si adatta particolarmente alle arti, di qualunque genere esse siano. Certo, in tutte le arti ci sono delle regole, c’è sempre un intenso lavoro, indicazioni, lezioni… ma davvero, più che da altre parti, non ci si può fossilizzare: chi si ferma è perduto, se non agli occhi degli altri, almeno verso quelli propri, perché l’artista sa perfettamente quanto sta dando e quanto può dare, e senz’altro non può accettare, da sé stesso, nulla di meno.

Ma poiché sono convinto che non esista settore che sia completamente autonomo, che non sia in qualche modo lo specchio della vita, questo aforisma non fa eccezione e trova “maledettamente” riscontro anche nella nostra quotidianità.
Pensateci… pensate a quante occasioni da cogliere o per crescere perdiamo a causa delle nostre abitudini, dell’identificazione delle nostre azioni abitudinarie con la nostra stessa vita. E’ come se noi non esistessimo al di fuori della nostra quotidianità, perfino quando di essa ci lamentiamo.

via SestriAd esempio, camminiamo per strada – facendo per la decimillesima volta il percorso che abbiamo sempre fatto – senza prestare davvero attenzione alle cose che ci accadono attorno, proiettati già a quella che sarà la nostra giornata una volta arrivati in ufficio o in qualunque altro luogo ove ci stiamo recando. Chissà quante cose, che magari potrebbero cambiare la nostra vita – un volantino, un manifesto, una persona – non notiamo, persi come siamo nei nostri pensieri.

Molti di noi dichiarano di voler cambiare la propria vita, ma – a parte parlarne – non fanno nulla per farlo, anzi, perfino parlarne diviene un’abitudine, al pari delle altre.

Certo, può esserci timore di sbagliare, di rendersi ridicoli, di buttare via tempo ed energie per qualcosa che forse non funzionerà, senza rendersi conto che il tempo e le energie se ne stanno già andando per i fatti loro da un pezzo!

C’è qualcosa che vorreste fare, provare, tentare? Qualcosa che se funzionasse migliorerebbe voi e la vostra vita, e che non tentate per paura di fallire? Fatelo! Se non lo fate… avete già fallito.

Un mio vecchio mito, un notissimo motivazionista americano, Anthony Robbins, vi chiederebbe: che cosa fareste, se sapeste di non poter fallire?
vittoria

0 pensieri su “Uscire dall’abitudine per migliorare sé stessi

  1. …esattamente, partiamo dalla fine: “Cosa faresti se sapessi di non poter fallire?”… ti rendi conto del potere illimitato che questo pensiero ci ri-dona? ;))

    Tra pochissimi giorni inconterò il “tuo mito”! ;))

    Buona domenica a te.
    Namastè!
    SitaRam

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  2. vero, uscire dall’abitudine apre spazi non indifferenti di creatività da applicare…
    per limitare le spese statali sono stati licenziati 30 corazzieri…(non è una palla!), lo stato è ormai proprio come un’industria, per risparmiare licenziano i dipendenti invece di diminuirsi lo stipendio…e poi fanno fallire le aziende, cambiano partito (pardon, ditta), e tornano a guadagnare più di prima…
    tristezza… ciaoooooo!

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  3. Buongiorno!
    Conosci il briantraining del ds nintendo? Curiosamente tra i consigli per l’esercizio quotidiano da’ proprio questo del tragitto a lavoro.
    Anche io quest’anno ho fatto due cose nuove, ne ho parlato nel blog e hai ragione mi hanno fatto rifiorire enormemente (tanto più che erano cose che desideravo da anni) visto anche che venivo da una situazione mentale difficile.
    Aggiungo un consiglio forse di taglio più femmminile, dedicarsi a piccoli cambiamenti in casa pure fa molto bene: non si tratta solo di stanziare migliaia di euro per ristrutturazioni certe volte basta una tendina in saldi, cambiare un quadro…

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  4. …quelle ultime parole, “che cosa fareste, se sapeste di non poter fallire” sono, o dovrebbero essere, molto più presenti a noi.

    Però…riesci ad immaginare una vita in cui si avrebbe sempre la coscienza di essere infallibili? Verrebbe presto a noia.

    L’uomo ha bisogno di sfide o, se vuoi, di limiti da superare.

    Ciao 🙂

    O.

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  5. ci vuole meticolosià, curiosità e tanta concentrazione…..ma viviamo in un mondo pieno di “distrurbi” e cogliere è sempre più difficile…e fermarsi e pensarci sù lo è ancora di più
    (m’è scappata pure la rima)
    🙂

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  6. x SitaRam: davvero? Ti hanno concesso il mutuo? 😀
    Buona domenica cara 🙂

    x Stefano: ahahah è un grande (e triste) esempio di creatività! 😀
    “Gli uomini politici non si vendono. Si affittano.” (anonimo)
    Spero che la creatività l’abbiano quei trenta uomini piuttosto…

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  7. x affabile: no, no, son d’accordo invece. Non è necessario buttarsi solo in grandi imprese, basta poco per iniziare ad uscire dall’abitudinarietà. Quel poco ci dimostra che è possibile farlo, e da cosa – si sa – nasce cosa 🙂

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  8. x camoscio: ahahah è vero, ma il buon Robbins mica ha detto che basta pensare a cosa si vorrebbe fare, perché la paura di farlo scompaia. La paura ci sarà comunque, andrà sfidata e… vinta 🙂

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  9. B.pomeriggio mio saggio amico(ti dispiace se ti chiamo così?)che bello passare da te…mi fai riflettere..sempre!!! sai, ti confido che da quest’estate ho incominciato a fare cose fuori dalla routine e molti, dico molti, (compresa la mia famiglia) mi hanno presa per pazza…nulla di immorale chiaramente, ma nonostante questo, ho iniziato ad osare…sapendo di nn fare nulla di male….mi sono sempre fatta mille problemi su cose che per altri era normale..sono sempre stata io il primo giudice severo di me stessa…ma ora basta!!! sto imparando a gustare la vita nelle sue mille sfaccettature…vivendo come voglio io, facendo ciò che mi va di fare e quando ne ho voglia..mi sono presa le mie rivincite e credimi parlo di cose molto semplici..anche scrivere qui..è un qualcosa per molti banale..nelle norma….ma per me è una conquista ed ora sono felice perchè”vedo, ascolto”tutto in modo diverso…..ecco perchè comprendo perfettamente ciò di cui mi parli…grazie!!!! ti abbraccio e ti auguro tutto il bene di questo mondo!!!:)))

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  10. Vivere è Arte… e ciascuno di noi è
    l’artista della propria vita… “e chi si ferma è perduto, se non agli occhi degli altri, almeno verso quelli propri, perché l’artista sa perfettamente quanto sta dando e quanto può dare, e senz’altro non può accettare, da sé stesso, nulla di meno.”
    Protagonisti, attori sul palcoscenico
    del mondo… non semplici spettatori…
    Io ci provo ogni istante… e so che lo fai anche tu…
    ma io non sto dando il massimo… questo è il punto… inventa Fly…
    Ti ringrazio… per gli stimoli che i tuoi posts offrono…
    Sorrisi…
    Fly

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  11. x Simona: grazie, il tuo è un bel messaggio 🙂 A parte che il concetto di “moralità” è soggettivo (per me è semplicemente limitato a ciò che non danneggia noi o – se non per autodifesa o “legittima competizione” – altri), direi che il rischio nel tuo caso erano le trappole dei “sentiti in colpa!” che ti mettevano gli altri lungo il tuo percorso. Brava ad averle evitate. Se c’è una categoria che non sopporto sono coloro che giocano sui tuoi sensi di colpa per tenerti in pugno.

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  12. x Attimi: brava, è proprio così. Ma non importa quanti anni si ha e il proprio passato: cercare di cambiare si può sempre. Ho sempre trovato curioso come i giovani, che in teoria hanno da “rischiare” più anni di vita davanti a loro, siano quasi sempre più “avventurosi” di chi giovanissimo non lo è più. Non so se cogli cosa voglio dire…

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  13. x Fly: ma che bello anche il tuo commento… Quanta bella gente che viene sul mio blog, sono proprio contento 🙂 E sono davvero contento se davvero ti fornisco stimoli per ripartire o, più esattamente, per schiacciare un po’ sull’acceleratore 🙂
    Un sorriso a te…

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  14. x Maria: ciao carissima 🙂 Sono tutte cose che in teoria potresti fare in fondo… pensaci, non è così? Perché non le fai? … Io credo che sia perché in fondo sai quanto quella strada ti sta dando e, forse ancora di più, quanto tu stia dando a coloro che ti aspettano in fondo ad essa. Più che cambiare, tu, dovresti forse… aggiungere 🙂 Cosa? Magari qualcosa per te stessa… 😉

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  15. …l’abitudine spesso ci toglie la possibilità di scoprire cose nuove nella quotidianità… il male dell’abitudine non è nel fare le cose ma nel ‘come’ si fanno le cose… l’abitudine ci toglie attenzione… e perciò energia…
    grazie sempre per le tue brillanti riflessioni…
    un abbraccio
    gino

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  16. Cantare!!!
    Quello farei, cantare!!!
    Ho cantato fino all’età di tredici anni, sono stata a diversi festival e poi….poi ho lasciato, non ho più continuato per gli eventi della vita!
    Ora ci penso che avrei dovuto andare avanti, ora a 47 anni!
    Quello che dici è vero!
    Ma io alcune volte esco dalle regole sulle quali siamo stati abituati a perseguire e a volte mi piace tuffarmi nell’ignoto…e provare!!!
    Alcune volte lo faccio e devo dire che mi fa sentir bene!!!
    Ciaooooooo!!!!
    P.S (anche nel mio profilo dico che sono anche mattacchiona….ma è bello esserlo!)

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  17. x emmeegi: bravo, sono d’accordo. L’abitudine non è una nemica di per sé, anzi ci permette di compiere azioni automaticamente evitando così di dover porre sempre la concentrazione su di esse e potendo perciò avere il lusso di poter pensare ad altre cose, più costruttive. Il problema è quando l’abitudine non è più vissuta in questo senso, come un’alleata, ma se ne diventa schiavi, perdendosi in essa e non riuscendo più a vedere oltre.
    In effetti è molto più grave “l’abitudinarietà di pensiero”, che quella dell’azione. Tornando all’esempio della strada, il peccato non sta nell’atto di camminare sullo stesso percorso fisico fatto mille volte, bensì nell’attitudine di perdersi mentalmente su ciò che ci attende nel corso della giornata. Forse saprai che esistono addirittura delle forme di “meditazione camminata”, dove l’atto stesso di camminare non è certo un problema… anzi.
    Guai se, ad esempio, non avessimo acquisito una certa abitudinarietà nella guida, saremmo già andati a sbattere mille volte 😀 Ma anche mentre guidiamo, siamo ancora padroni del nostro pensiero. Quello sì che non deve essere abitudinario…

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  18. x Attimi: cauti? Cauti per cosa? 🙂 Si dovrebbe essere cauti quando si ha tanto da perdere. Molti di noi hanno ben poco da perdere in fondo, non è così? Ma curiosamente sono di solito anche quelli più restii a muoversi…

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  19. Io , in genere, non mi chiedo in anticipo se posso fallire o no. Agisco, faccio, intraprendo con tutta la grinta possibile, impegnandomi totalmente. SE poi non va come avevo previsto, pazienza. Aggiusto il tiro, se è qualcosa a cui tengo particolarmente, e riprovo. Semplicemente; sono testarda

    buona settimana
    dora

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  20. I Rontomusetti sono come me! Sia mio figlio che il mio compagno! Siamo vivi,giusti, lavoratori,solari, ma pazzamente eterni bambini!!! Lo era anche la mia mammina e la mia nonnina…erano persone grandi e lodate da tutti….ma anche loro avevano un’animo da bambino e questo l’ho ereditato anch’io!
    Un abbraccione!!!

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  21. Buongiorno caro Wolf.
    Le mie giornate, così come la mia vita, sono caratterizzate da lunghi silenzi esteriori e lunghi, quanto intensi, dialoghi interiori. Questa modalità è talmente radicata che verso i 22 anni pensai bene di non emettere parole per 1 o 2 giorni. Assunsi su di me l’icona di un quadro che avevo affisso sulla parete della mia stanza: la muta;
    in quell’occasione la mia paura fu confermata ossia quella del reale isolamento nel quale vivevo, infatti nessuno se ne accorse. Ancora oggi mi rendo conto di quanto questa abitudine si sia radicata dentro di me ed ho difficoltà ad estirparla…tanto che spesso le parole non riesco ad articolarle….
    Ti rubo sempre tanto spazio sul tuo blog, ma questa è la riflessione conseguita alla lettura del tuo post…

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  22. x Dora: ciao cara, buona settimana a te 🙂 Io credo che tu faccia in automatico il “controllo di possibilita’”, ovvero che non ti butteresti in cose improbabili. Per cui, non temendo cose che non esistono, una volta messa in moto… semplicemente non ti fermi 🙂
    Mi sembra un bel modo di agire! 😉

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  23. x rigirandola: tu non “rubi” proprio nessuno spazio, anzi lo… valorizzi! 😉
    A parte che non credo che “nessuno se ne fosse accorto”, credo piuttosto che nessuno lo abbia fatto notare. Immagino – magari sbaglio – che fosse un periodo di tensione nella tua famiglia, non e’ cosi’? Spesso, quando ci sono periodi di questo genere, se ci si accorge del silenzio di qualcuno… semplicemente non lo si stuzzica, temendo di peggiorare la situazione. Comunque la tua e’ una “cattiva abitudine” comune. La vedo ovunque. Perfino nella palestra dove vado, che e’ una delle piu’ grandi, se non la piu’ grande, della mia citta’, ci sono molte persone completamente isolate. Ovviamente succede piu’ per il loro atteggiamento che per reale incomunicabilita’. Tempo fa mi incuriosi’ una tizia: era una ragazza carina, non bellissima, ma certamente “appetibile”, eppure… non “se la calcolava” nessuno. In effetti girava con la scritta “statemi alla larga e non rompete: mordo!” stampata sulla fronte, ovvero con un piglio severo e distaccato. Un giorno le rivolsi parola e scopri’ che non vedeva l’ora che qualcuno rompesse il ghiaccio, arrivo’ addirittura a lamentarsi che quella era una palestra di asociali, dove nessuno le rivolgeva parola. Ma la causa… era proprio lei!!! 😉
    Questa cosa si e’ ripetuta piu’ di una volta, talvolta – a dire il vero – anche con persone senza il piglio di cui parlavo sopra, ma in ogni caso sempre “sulle loro”.
    Tempo fa lessi un libro che parlava, tra le altre cose, della timidezza. Incitava a “buttarsi” perche’, sosteneva, in realta’ la stragrande maggioranza delle persone non vede l’ora di scambiare due chiacchiere, anche se all’apparenza sembra chiusa. Be’, credo avesse ragione da vendere. E comunque, anche chi davvero vuole essere lasciato in pace – e certamente ci sono – non devono essere vissuti come una “sconfitta personale”, come se si venisse respinti. Spesso il problema nasce dal fatto che viviamo questi eventi come se fossero causati da noi, come se fossimo noi a non andare bene e temessimo percio’ di fare brutta figura, di avere una conferma di non essere apprezzati. Ma in realta’ non e’ mai cosi’. Puo’ esserci anche qualcuno che apparentemente se la ride sotto i baffi per la mancata risposta ad un approccio altrui verso un’altra persona, ma dentro di loro – con ogni probabilita’ – ammirano il tentativo fatto.

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  24. Sì sì sì!!!
    Quest’anno mi sono iscritta a scuola di canto e nell’istituto comprensivo dove lavoro, il prof di musica delle medie mi ha inserito con i suoi ragazzini di prima media per imparare a suonare la chitarra!!! Sono la sua allieva più grande ma sono in compagnia dei miei ex alunni, questa volta al loro stesso livello 🙂

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  25. Ecchime…
    Ti assicuro che nessuno se ne accorse, la mia storia familiare è stata tragica…, ma queste eseprienze-compreso il dolore-,mi hanno arricchita.
    Detto questo, raddrizzo il tiro: apparentemente non sembro proprio asociale, anzi, quella di cui parlavo è, piu’ che una cattiva abitudine, una mia grande paura. Hai centrato nella 2. parte del post: sono una di quelle persone che vivono i rifiuti -e derivati-, come una loro sconfitta. La mia difficoltà e fragilità so da dove nasce e si è affievolita di parecchio, -dopo un lungo lavoro personale-, ma fa ancora parte del mio mondo interiore…
    Un abbraccio….
    Grazie, muso di lupo dagli occhi celesti…, ma sono veramente celesti i tuoi occhi? 🙂

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  26. Buon pomeriggio Wolf,
    non c’è dubbio che nel caso ci si trovi davanti all’alternativa se agire o rimanere ad aspettare l’evolversi della situazione io trovi assolutamente più salutare agire.
    Ma è chiaro che questo discorso non può essere generalizzato. Ci sono anche ipotesi in cui l’azione ha bisogno di essere ponderata.
    Comunque condivido perfettamente con te il fatto che chi ha la possibilità di fare un qualcosa e non la fa è come se avesse a priori rinunciato a farla.
    E ciò costituisce assolutamente un handicap per la vita e l’anima che, personalmente, non riesco ad accettare.
    Posso dire con cognizione di causa che è meglio vivere di rimorsi che di rimpianti.
    Un saluto.
    Giò

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  27. x Dora: no, non lo e’. E poi tu sei una falsa impulsiva 😀 In realta’ sei determinata: quando hai scelto una strada o una risposta, poi la porti avanti. Ma come scrivevo cio’ segue una decisione che magari prendi semplicemente in tempi brevi 🙂

    x Betty: la frase di Robbins non dice che basta pensare a cosa si vorrebbe fare, perché la paura di farla scompaia. Incita solo a decidere NONOSTANTE quella paura; ma tale paura ci sarà comunque, andrà sfidata e… vinta 🙂 Non ti annoieresti, anzi… 😉
    Vero che l’aforisma e’ bello? 😉

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  28. x rigirandola: no, sorry, sono i soliti occhi color nocciola 🙂
    Ok, forse nessuno se ne accorse perche’ erano tutti troppo presi dai loro guai… E’ vero, cio’ non cambia la sostanza purtroppo: a te e’ venuta comunque a cambiare qualcosa. Forse quanto ti ho detto puo’ servire solo a perdonare la loro “assenza”.
    Sai da cosa nasce la tua paura e la stai affrontando. Continua cosi’… Roma non e’ stata costruita in un giorno, non e’ vero? 🙂 Ma tu sei a buon punto…

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  29. x Gio’: assolutamente, sono d’accordo. In un commento ad un altro post (“artefici, e non vittime”) ho scritto che “Anche l’iperattività, la coercizione all’azione, non è buona cosa. Osho diceva che gli occidentali, a differenza degli orientali, sentono tale coercizione a “fare”: quando qualcosa non va, devono per forza fare qualcosa, perfino se è assolutamente priva di fondamento. Diceva “Io invece vi dico: quando non sapete cosa fare, non fate nulla!”. Certo, se si tratta di scelte importanti per la propria vita, guai a forzare i tempi magari sotto la spinta dell’emotività del momento. Ma diverso è il caso di quando l’essere dove siamo ci fa star male e, pur potendo muoverci, non lo facciamo. Non ho scritto che deve essere “subito”, anzi ho scritto “decidendo AD UN CERTO PUNTO di andare avanti comunque”: se davvero decidiamo fermamente che quella situazione non è più buona per noi e va cambiata, il modo di cambiarla presto o tardi lo troviamo.”

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  30. Che bel desiderio, chenal. Al di la’ che chiunque ha qualcosa da insegnare, io credo che chi arriva ad avere un desiderio simile – se e’ un desiderio sincero e non una voglia di mettersi in mostra – in realta’ un insegnante di vita lo sia gia’.
    Vero? 🙂

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  31. Spesso c’è chi nell’ abitudinario trova la propria forza, perchè senza quei rituali giornalieri si sente perso.. A volte basta un piccolo cambiamento non previsto e le persone abitudinarie di sentono fuori posto. Vivere di ritmi ripetitivi giorno dopo giorno e sembra che la vita sia tutta lì..
    A volte sento un senso di sconforto pervadermi l’ animo e tendo a rimanere in uno stato di immobilità, ma il mio essere non sopporta i ritmi quotidiani, non ritendo di far parte degli abitudinari. L’ abitudine soffoca la mia fantasia.. il mio modo di essere artista.. la mia capacità di volare..
    Un bacio.

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  32. Ciao carissima… Non c’è forza nell’abitudine; sicurezza… sì, può esserci sicurezza, ma anche quella è illusoria… Che sicurezza può esserci in uno stato ove basti una foglia fuori posto per andare in crisi, per non saper più affrontare cosa sta avvenendo?

    Qualche post fa ho parlato del principio dell’alchimia, ovvero de La Tavola di Smeraldo. Essa inizia con le parole “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una”, ed io questa verità la vedo perfino in come affrontiamo la vita: come la affronteremo nelle piccole cose quotidiane, così la affronteremo in quelle grandi. Come possiamo aspettarci di rimanere saldi di fronte una traversia se, per abitudine, non cambiamo mai nemmeno strada per andare al lavoro? Se andiamo in crisi perché qualcuno – forse noi stessi senza ricordarcene – ci ha cambiato l’ordine delle cose in un cassetto di biancheria?
    L’abitudine, di fatto, un valore ce l’ha: quello di manlevarci dal pensare a cose che, conoscendo bene, non meritano più la concentrazione su di esse; così facendo, ci resta il tempo per pensare ad altro, forse a cose molto più importanti.
    A me piace molto pensare quando guido. Quando ho “bisogno” o voglia di pensare inizio a guidare, la sera tardi, lungo la costa di una delle due riviere liguri, non importa la direzione. E… penso. Come potrei farlo se dovessi concentrarmi su ogni singolo movimento e azione richiesta dalla guida, come se fossi uno che deve ancora prendere la patente?
    Ma il valore dell’abitudine, deve fermarsi a questo.
    La differenza sta nello stato di consapevolezza: un’abitudine di cui sei schiavo è un’abitudine che ti domina, che spesso non ti rendi nemmeno conto di avere o giudichi di così scarsa importanza da non darle valore, perciò ti “perdi” in essa; un’abitudine costruttiva, come quelle di cui parlavo poco fa, è invece un’abitudine che sai bene di avere, della quale sei consapevole, sei tu che – per comodità e vantaggio – non la combatti, anzi la sfrutti. Sei tu che l’hai scelta e ne sei il padrone.

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  33. 40.
    Perdonare non ha senso, quando si è stati feriti quasi a morte-non importano i motivi-, ciò che conta è imparare a pensare a sè, reintegrare la propria identità, questo è un passo che io ho dovuto necessariamente fare, ma, successivamente, ho anche “capito” e accettato che non servono i sensi di colpa, non serve appesentarsi di pene di altri, anche se questi altri sono coloro che ti hanno generato. Il 4 comandanmento impone di amare i propri genitori, io lo ho tagliuzzato piano piano, lo ho misconosciuto con grande fatica. Non serve rincorrere un amore che non c’è stato, continuare ad illudersi che le cose, cambiando nel presente, possano rimarginare l’antico dolore e donarci calore, protezione. Quel che è stato è stato e va accettato nella sua cruda verità per poter compiere un passo di crescita. Credo fortemente che l’impianto su cui regge il 4. comandamento, permette al potere di riperpetuare sè stesso, io comincio con il misconoscimento dei poteri del mio microcosmo…
    Anche i miei sono di un banale marrone 😦 … 🙂

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  34. x rigirandola: il perdono serve, sempre. Ma non tanto a loro… quanto a te! Ti rimando a questo mio scritto: Il perdono; ma intanto ti tolgo gia’ qua il piu’ classico dei malintesi: perdonare non significa permettere di nuovo a chi ci ha ferito di rifarlo, significa solo capire che ci feri’ non per malvagita’, ma per debolezza. Perdonare significa togliere il fardello del rancore dal nostro cuore. E’ un grande regalo che facciamo a noi stesso. E con un po’ di comprensione, possiamo sempre arrivare a farlo. Sempre.

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