Il disagio esistenziale

Riporto come nuovo post un mio commento, dato che mi pare possa essere di interesse generale…

E. Munch - DisperazioneIl “disagio esistenziale” è una sensazione che purtroppo capita frequentemente nella vita di molte persone. Di solito è un “periodo”, un “passaggio” tra due fasi di vita, come quella che porta alla maturità attraverso la dolorosa presa di coscienza che certi sogni e desideri dell’adolescenza non sono stati realizzati, forse perché oggettivamente sproporzionati, forse per circostanze avverse. Non puo’ percio’ che essere un passaggio doloroso.

Il “disagio” non è affatto cosa semplice, soprattutto fino a quando non se ne comprendono le cause. Spesso lo si esprime con parole e frasi “più dense”, come “disperazione”, “angoscia”, “depressione”. Queste parole danno l’idea della profondità che quel disagio puo’ assumere.

Preferisco comunque usare la parola “disagio” perché essa è una parola più costruttiva, indicando uno stato nel quale non ci si trova a proprio agio, uno stato dal quale percio’ si vorrebbe uscire. Invece, molta gente – per quanto assurdo possa sembrare – sta’ bene nella sua disperazione perché, anche se fa’ male, la conosce bene, ne viene “confortata” dall’abitudinarietà al punto di rifiutare qualunque aiuto, seppure “fingendo”, talvolta, di richiederlo. Inoltre per molte persone essa è confortante perché fa’ sentire “importanti”, da’ diritto a potersi lamentare, seppure nella sofferenza che essa comporta.

E. Munch - LIl disagio di cui parlo è un disagio esistenziale che nasce dal fatto di non aver avere avuto quella vita soddisfacente che si pensava di meritare, se non altro come diritto acquisito per il fatto di essere vivi. L’aspirazione alla felicità, i propri sogni, hanno fatto i conti con una realtà che li ha frustrati, e cio’ ha determinato il disagio di vivere in una vita che non si sente “propria”. Questo, unito alla consapevolezza di avere solo la vita che sta’ scorrendo via, rende il passo verso la disperazione breve.

Vorrei che chi è in crisi, analizzasse la propria vita, dicendo poi se avverte un senso di “stagnazione”, di “inutilità”, di “incompiutezza”… Se è così, allora ho buone probabilità che cio’ che sostengo valga anche per lui. E, se è così, vorrei che riflettesse sul significato della parola “stagnazione”.

La stagnazione è assenza di movimento che genera mancanza di ricambio. La nostra anima, il nostro cuore, marciscono giorno dopo giorno, perché inermi, atrofizzati; la mente non li aiuta perché, lei per prima, non vede via di uscita essendosi fissata sul raggiungimento di un obiettivo ormai morto da tempo.

Il passo da fare è più semplice di quel che si crede: smettere di riflettere sulle cause di quella disperazione – tanto è evidente che si è entrati, coi pensieri, in un circolo chiuso, girando attorno sempre agli stessi concetti senza mai arrivare ad una via di uscita – e… vivere! Buttarsi a capofitto nella vita! Non importa nemmeno cosa si fa’ all’inizio, basta… “fare”. Poi si aggiusterà il tiro strada facendo, ma è necessario rompere quello schema mentale di chiusura che imprigiona.

Rompi quello schema, sorprenditi, non darti tempo di ragionare, fai qualcosa che forse hai sempre voluto fare ma non hai mai fatto, oppure tieni semplicemente gli occhi aperti e, il primo manifesto o volantino che ti capita sottomano e che pubblicizza una qualunque novità, attività o corso, non pensare subito “non mi interessa”, “non fa’ per me”: senti semplicemente se ti “piace”, e se è così… buttati! 😉

Decidi che entro una settimana farai qualcosa, qualunque cosa, e… falla! Non essere preoccupato dal pensiero che magari dopo un po’ non ti piacerà più; vuol dire che cambierai.

Il cambiamento, spesso, è il sale della vita più dell’ottimismo 😉

Movimento = fine della stagnazione. Ma è necessario agire!

“Per cambiare la propria vita:

1. Iniziare immediatamente.

2. Farlo vistosamente.

3. Nessun cedimento.”

William James (1842-1910) – psicologo e filosofo americano

volo

0 pensieri su “Il disagio esistenziale

  1. Accidenti Lupa… 😮 Ho appena risposto ad un post con la foto di un angelo (maschio) con le ali nere e… guarda cosa mi metti tu! E sotto il tuo trovo il commento di Honeygirl che parla delle coincidenze!! Incredibile come talvolta… 😀

    Comunque che dire… simpatica la ragazza della foto… ha un’aria così… intelligente! 😀

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  2. Benvenuta Honey! 🙂 E benvenuta anche su Splinder! Auguroni per il tuo nascente blog 😉
    A proposito delle coincidenze, leggi cosa ho scritto nel commento precedente 😉
    Certo, avrei preferito ti “ritrovassi” in un post carico di gioia e felicità… ma chissà, un giorno forse mi dirai di esserci 🙂

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  3. intanto sto ridendo..e questo non è poco. (rido per il tuo commento sulla ragazza…sia chiaro).
    Non starò a dire quale sia la mia situazione ma… sono anni che ho voglio di imparare a suonare il piano…e… c’è una scuola di musica non molto distante…
    E’ una situazione che alimenta se stessa quella dell’immobilità, del corpo e dell’anima. Ci si sente sospesi o, come mi disse un caro amico “sdraiati, come dopo un incidente”.
    E hai ragione quando dici che basta cominciare. Poi le cose si susseguono, si incrementano, si rischia anche di tornare a ridere, guarda un po’.
    Ci vuole determinazione e perseveranza, come in tutte le cose… e passione! E amore.
    Grazie 🙂

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  4. non trovi che questo disagio sia tipico della nostra generazione quella nata negli anni ’60? Ne parlavo in questi termini nel mio blog, l’altro giorno.
    Sì giusto mettersi in movimento, l’importante è svegliarsi dal torpore per iniziare…

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  5. in effetti c’è molta gente che “vive” (quanto poi si possa parlare di vita non lo so…) nelle condizioni che hai descritto tu, rassegnandosi che quella è e quella deve restare.

    io l’unico “disagio” vero e proprio nella mia vita l’ho vissuto durante l’adolescenza, non accettavo il passaggio, non accettavo i cambiamenti del mio corpo, nella testa era ancora una bambina ma il corpo aveva “improvvisamente” le sembianze di quello di una donna…quante liti con mia madre per quel maledetto reggiseno, quanti pugni mi sono data, maledicendo quella natura…non è stato facile superarlo, per diversi anni…ma poi ho capito che lo sbaglio era tutto nella mia testa, era normale così d’altra parte…ho fatto un esempio che poco c’entra coi disagi di cui parli tu, ma era l’unico mio e mi è venuto spontaneo parlarne…mi perdoni? 😉

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  6. Certo… solo che a volte non è facile vivere quando ci si sta letteralmente *crogiolando nella disperazione*!
    Però la teoria è giusta… la gioia chiama altra gioia… mentre più si sta chiusi e più si finisce in un circolo vizioso di *disagio* (come lo chiami tu^^).
    In questi momenti ho sempre trovato utile fare dei cambiamenti, iniziare qualcosa di nuovo… altre volte, invece, erano più le vecchie *certezze* a darmi sicurezza e a risollevarmi!
    Per Capodanno… purtroppo non ce la farò a vedere i miei due spasimanti insieme… anche se mi sarebbe proprio piaciuto, eheh! Ho dovuto scegliere se stare con l’uno o con l’altro… devo dire però che questa volta non ho fatto poi una gran fatica a decidere!^^
    Un bacino wolf!
    Nuvola*

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  7. x Farfalladiluce: Louise Hay fece un bel parallelo con le pulizie nella propria casa: “non importa da dove inizi, basta che lo fai: a poco a poco avrai pulito comunque dappertutto”.
    La passione e l’amore subentrano ma, come l’amore tra le persone può sbocciare solo se ci si da’ modo di conoscerle, anche le cose e le situazioni ci si deve dare il modo di poterle conoscere! 😉 All’inizio è importante davvero solo “darsi una mossa”, uscire dall’inerzia. Che ti importa se poi non dovesse piacerti? Vuol dire che passerai a qualcos’altro fino a trovare la cosa che davvero saprà appassionarti… Ma devi necessariamente “uscire di casa”.
    Prendi la decisione di andare a quella scuola domani stesso e… metti il “pilota automatico”, ovvero, dopo aver preso la decisione, non pensarci più e agisci in automatico, in modo da non darti modo di boicottarti con pensieri “dell’ultimo minuto”, quali “ma che sto’ facendo? Non è per me… non ne ho voglia”.

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  8. x affabile: Non lo so, lo vedo anche tra molti giovani in verità. Certo, forse oggi si hanno così tante opportunità di muoversi e socializzare, che è più difficile trovarsi isolati. Ma bisogna anche vedere la “qualità” della socializzazione, spesso succede che un gruppo o un’attività, li si frequenti ancora solo per “inerzia”… e allora siamo punto e a capo: che tu sia sola in casa, oppure ad annoiarti in una piazza piena di gente ma con amici con i quali non hai più nulla da scambiare, sempre di inerzia dalla quale bisogna uscire si tratta.

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  9. x Ele: grazie, Elena 🙂 Ricambio l’abbraccio!

    x Psicosomatica: grazie, buon inizio dicembre anche a te 🙂

    x Dora: grazie, buon fine settimana anche a te 🙂 Ma… la ragazza è vestita solo del cappello, vero? ;D

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  10. No, 4ever4me, non è vero, non sei fuori tema. Nel mio post ho fatto solo un esempio di “disagio”, ma anche il tuo lo era, anche il tuo poteva essere usato come esempio. Avevo già sentito di difficoltà come quella che tu hai affrontato e superato… ci sarebbe da parlarne, ma ormai per te è, per fortuna, acqua passata da lungo tempo 😉

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  11. Già, Manola, vita che genera voglia di vivere…

    Ciao Nuvola 🙂 Niente rapporto a tre, quindi? eheheh scherzo! 🙂 Le vecchie certezze sollevano se non sono esse stesse quelle foriere del disagio… altrimenti la vedo dura…
    Ricambio il bacino 🙂

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  12. A volte il disagio arriva proprio dalla presa di coscienza che non vi è comprensione con l’altro.
    E nessun cedimento quindi nel non voler cambiare marcia, nel non voler esprimere i propri desideri, le proprie esigenze. Per ora.
    Cristina

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  13. Ciao Cristina, benvenuta 🙂

    Il voler cambiare marcia, il voler esprimere i propri desideri ed esigenze, è qualcosa che si fa’ in primis per sé stessi e verso sé stessi, piuttosto che verso gli altri. E con noi stessi che “ci si deve mettere d’accordo”, lo “uscire di casa” può perfino prescindere dalla conoscenza di altri, se di questa non si sente il bisogno.
    A meno ché, ovviamente, “in casa” non si stia bene; ma bisogna essere sinceri con sé stessi però! Se si avverte il senso di disagio del quale parlavo, allora è evidente che così bene in fondo non si sta’…

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  14. Ciao Wolf, grazie a te per la risposta e complimenti per il blog.
    Io in casa sto bene, anzi benissimo. Il disagio che avverto è dato dalla consapevolezza che a 46 anni non era la vita che volevo questa, no. Per il cambiamento radicale bisognerebbe chiudere con il passato e andarsene, forse.

    Caterina

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  15. Wolf, esattamente per quello! Alle volte ho letto di persone “normali” che sono davvero riuscite a fare cose “superlative”, eppure partivano meno che svantaggiati!!! Grandissimi esempi di come, volendolo davvero, sia possibile cambiare la propria vita e la propria visione della stessa!
    Aspetto il tuo “squillo”! Grazie!

    Namastè!
    SitaRam

    PS: per cambiare la propria vita, mi permetto di aggiungere:
    non pensare assolutamente più a ciò che è stato e smettere immediatamente anche di raccontare a chiunque (oltre che a sè stessi) di tutte le terribili “avventure/disavventure” che si sono passate, cominciando invece a creare nella propria mente un futuro diverso e migliore (è scientificamente provato che tutto quello che noi immaginiamo vividamente produce gli stessi effetti fisici nel nostro organismo di un qualsiasi evento davvero vissuto… quindi…)!!! ;D

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  16. E’ così confortante e vitale. foto compresa un volo ristoratore …. ma talvolta per qualcuno ci vorrebbe un ciclone per smuoverlo dal profonfo vortice del suo dolore, da cui non esce e in cui talvolta trascina anche chi ha accanto…lo conosci un ciclone così ?
    V@le

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  17. Bellissimo post, come si dice in questi casi, da “copiaeincolla”.
    Hai fatto luce sul vero nodo della questione.
    Hai inchiodato perfino me.
    Nonostante la mia presunta saggezza-conoscenza, evito di dirmi delle verità che credo a livello inconscio reputo “scomode”.
    E questa è indubbiamente una di quelle.
    Piacer averti incrociato in splinder.
    Continuerò a leggerti.
    Passa dalle mie parti.
    Ti renderai subito conto che la nostra ricerca procede su binari paralleli.
    Un caro saluto,
    Rosario Tedesco

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  18. Cerco ogni giorno sia nella mia vita, sia nel lavoro che svolgo di portare una luce e una speranza nelle vite delle persone, e spesso credimi e’ difficile, perche’ quando una malattia si annida nel corpo e toglie le forze di fare qualunque cosa, la morte sembra l’unica attivita’ a cui si aspira…ma grazie a persone come te e alle tue parole si trova anche il coraggio di continuare a fare cio’ che si e’ iniziato o si iniziera’…quindi grazie…Maria

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  19. Tutto è uno, tutto è diverso. Quante nature nella natura dell’uomo!
    Contraddizioni. L’uomo è naturalmente credulo, incredulo, timido, temerario.

    Descrizione dell’uomo: dipendenza, desiderio di indipendenza, bisogno.

    Condizione dell’uomo: incostanza, noia, inquietudine.
    BLAISE PASCAL.
    Pensieri

    Ma da dove nasce il disagio??
    Disagio è’ una parola composta da un prefisso dis + la parola agio che deriva dal latino addiacens e vuol dire vicino, quindi disagio vuol dire LONTANO.
    Indica quindi un “allontanamento” da qualcosa che è un intero, indica che ci sono delle forze che ci fanno allontanare dalla vita, dalla nostra salute e armonia.

    “il dott. Mario Papadia nel suo libro “Il counseling come riprogrammazione”, mostra come il disagio trovi fondamento nell’affermazione “Ciò che mi accade è quel che io sono”, mentre il processo di cambiamento è esaltato dalla considerazione:- “Non c’è evoluzione senza cambiamento strategico” ovvero l’allontanamento del disagio esistenziale passa per “Trascendi il tuo potenziale”. Ed è proprio questo il punto focale, se il problema origine del disagio passa per un limite strategico-comportamentale, dobbiamo superare e trascendere questo nostro contingente così che la nostra involuzione possa invertire di direzione. Con le nostre forze, con le nostre capacità esaltando le nostre potenzialità assopite ce la faremo.”

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  20. Bella analisi la tua..questo disagio esiste e lo vedo attorno a me tra gli amici.
    Tutti nelle vita attraversiamo certi periodi neri..di solito se ne esce da soli, senza accorgercene facciamo i gesti giusti. Altri hanno bisogno di esser guidati..a volte curati. Spesso però non se ne rendono nemmeno conto di stare in una spirale da cui non vogliono uscire.
    Un abbraccio e buona domenica a te ^_^

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  21. x Caterina (e/o Cristina?): “uscire di casa” era inteso nel senso di “uscire dalle proprie abitudini”, “dal proprio modo di vivere”; certo, spesso esso può identificarsi anche con l’uscire effettivamente di casa, ma questo è in genere solo una parte dell’aspetto.
    Di fatto tu sei “bloccata lì dentro”, in una vita che non senti tua. Dici che forse dovresti chiudere col passato e andartene… chissà, forse è così, forse no. Forse ti basterebbe trovare una “evasione” dalla vita che stai conducendo, qualcosa che ti permetta di trovare espressione ad una curiosità e una voglia di vivere troppo a lungo represse. Non hai necessariamente bisogno di andartene, prova prima a procurarti un po’ di spazio e tempo personali, dove trovare una tua dimensione che possa coesistere con la tua vita di adesso. Forse non è necessario che butti via tutto, forse basta costruire nella vecchia città della tua vita, un nuovo edificio 🙂

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  22. x SitaRam: concordo 🙂 Abbiamo già affrontato l’argomento da te, postai quell’aneddoto di Goethe, ricordi?
    “Si narra che un giorno Goethe (mi pare fosse lui…) fosse stato tradito dal suo commercialista che scappo’ con una grossa somma di denaro. Questo tizio era anche un suo grande amico, o almeno cosi’ il bravo Wolfgang credeva.
    Per lui il tradimento fu’ fortissimo al punto di divenire una vera ossessione. Arrivo’ al punto di tappezzare la sua casa di bigliettini con scritto “Non devo pensare a xxx”. Inutile dire che ogni volta che ne vedeva uno… pensava a lui e al suo tradimento.
    Si libero’ della sua ossessione solo quando… si libero’ di tutti quei bigliettini.”

    Meglio pensare all’ottenimento del positivo, piuttosto che all’allontanamento del negativo 😉

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  23. Si, V@le, hai ragione: talvolta è molto difficile smuoversi dalle proprie abitudini, perfino se dolorose. La cosa essenziale, forse l’unica davvero importante, è… volerlo davvero! Volerlo nell’intimo, non solo in superficie. Chi non lo vuole ma lo chiede… diventa effettivamente un pericolo per chi gli capita vicino e tenta davvero di aiutarlo. Egli rischia infatti realmente di essere prima o poi trascinato nel vortice di cui parli.
    Una delle prime regole, che mi fu’ insegnata ormai tanti anni fa’, è che “non si può aiutare chi non vuole essere aiutato”. E’ inutile e dannoso. Per questo i grandi maestri hanno la grande capacità di non lasciarsi “coinvolgere emotivamente”; solo così infatti, si può davvero riuscire a stare vicino senza pericolo per noi stessi a persone che sono in quel vortice, al di là del risultato che poi si riuscirà a ottenere con esse.

    In definitiva, certo che conosco quel ciclone: esso è nell’anima di ciascuno di noi. Basta lasciarlo agire 🙂

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  24. Grazie Amaranta69 🙂 e benvenuta!

    x Rosario: capita a tutti quelli che non hanno paura di mettersi in discussione, di scoprire cose di sé che non si pensava di avere usando il potere della condivisione. Ci sono persone che non ascoltano veramente, che non vedono veramente, che non leggono veramente. Queste persone non desiderano mettersi in discussione ma solo esporre sé stessi. In questo modo pero’, non cresceranno più. Ha molta più saggezza chi si mette in dubbio di fronte ad una critica (ad esempio) di chi tira ostinatamente avanti per la sua strada senza nemmeno provare ad ascoltare niente e nessuno.
    Certo, verro’ a trovarti.

    Ciao e benvenuto sul mio blog.

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  25. Maria, le tue parole mi rendono un grande onore, spero di meritarlo 🙂

    Spero di non essere ritenuto banale, ma credo davvero che “La vita è come una commedia: non importa quanto è lunga, ma come è recitata.” (Seneca) Tutti aspiriamo ad una lunga vita, lontana dalle malattie, e la malattia e la morte ci atterriscono e perseguitano, eppure esse sono lì, non potremo sfuggire per sempre. Un tempo gli uomini cercavano di più la gloria e di meno la lunga vita, perché in fondo sapevano che è più importante come si vive, che quanto si vive. Ecco, io credo che questo non andrebbe mai dimenticato, perché ogni ora di chi vive davvero, vale 10 giorni di chi si trascina stancamente per sua stessa scelta.

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  26. Grazie, Dora! Molto azzeccato il tuo intervento e l’estratto dall’articolo che hai riportato 😉 Mi trova completamente d’accordo.

    “Abbraccia il cambiamento. E’ destinato ad accadere, che ti piaccia o no.”
    Odette Pollar – conferenziera e scrittrice

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  27. Tutto vero quello che dici.
    Solo che, il passo da fare non è semplice e lo sappiamo bene.
    E’ come se si nuotasse in acque troppo alte e si hanno braccia troppo deboli per tornare in riva.
    Buona Volontà. Quella non dovrebbe mancare mai. 🙂 Un saluto

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  28. x Dolcelei: due cose da aggiungere al tuo intervento.
    La prima è che spesso non si ha nemmeno il “desiderio” di accorgersene: si sente insoddisfazione, disagio profondo, e basterebbe poco per capire che c’è qualcosa che va’ cambiato, ma non si affronta nemmeno quel poco perché vorrebbe dire mettersi in discussione, forse doversi ricredere su tante scelte fatte, su uno stile di vita e idee ormai consolidate, dover accettare di dover “buttare a mare” molte cose di sé stessi, cose forse non “sbagliate in assoluto”, ma che adesso non funzionano. E non tutti hanno il coraggio di affrontare questa presa di coscienza.
    La seconda cosa è che si dovrebbe sempre tendere al meglio anziché accontentarsi di ciò’ che si ha e aspettare di sentire disagio (non intendo in senso strettamente materiale, naturalmente). E’ come la differenza tra curarsi solo se si cade malati o prendersi cura di sé sempre, mirando ad un benessere olistico, psicofisico, sempre migliore. Questo non vuol dire condannarsi ad una vita di fatiche senza potersi mai riposare un attimo…
    Guardati attorno: ci sono persone che sono perennemente in crescita, che si buttano e affrontano mille cose, eppure non sono mai stanche o insoddisfatte; non le sentirai mai dire – se non come battuta o per il desiderio di fare ancora di più – “mi ci vorrebbe una giornata di 48 ore” o “che vita di m… sempre a tirare la carretta… e per cosa poi?”. Al contrario frasi come queste le senti da chi già si trascina stancamente, chi fa’ già poco e vorrebbe fare ancora meno.
    Un mio vecchio capo una volta mi disse “Ricordati che spesso è proprio quando si vorrebbe schiacciare il freno, che bisogna premere sull’acceleratore”.

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  29. Ciao Cauta 🙂 Sì, ma qui nessuno chiede di diventare campioni olimpionici di nuoto, semplicemente di iniziare a muoversi in una direzione 🙂 A nuotare si può sempre imparare se si vuole davvero.
    Leggi anche cosa ho risposto a Dolcelei (commento #39).

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  30. Credo sia una cosa molto comune oggi questo disagio.Si è sempre alla ricerca di qualcosa,qualcuno che riempi i vuoti che abbiamo.é difficile volersi bene davvero,cambiare la propria vita sopratutto quando la nostra è legata a quella di altri.A piccoli passi forse amarsi un po di più per amare meglio anche gli altri.Iniziare certo e cammin facendo si vedrà.Bello il tuo blog.Buona domenica Wolf
    daphnee

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  31. l’uomo è chiamato ad essere combattente della sua stessa vita.
    Tutti noi abbiamo delle insicurezze, dei disagi,ecc.però dobbiamo innanzitutto riconoscerli,ammettere che è così;poi dire io non voglio essere schiavo di me stesso,lottare per migliorarsi,per vincere; vi dico si è vincitori,anche se ci siamo migliorati di un millimetro.
    Per me questa è la libertà,capire se l’altro per una sua insicurezza ti vuole mettere alle strette,vietandoti di amarti e di amare la tua esistenza.
    La forza dell’uomo è nella mente, poi nell’azione per raggiungere la felicità,di sia di qualsiasi genere. perseverare nel bene

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  32. Ciao tuaCyrano 🙂 Sì, penso di poter indovinare il tuo pensiero…

    Grazie Nameerf, alla prossima.

    Daphnee, volersi bene è un atto che non si ferma “al pensiero”, al desiderio di farlo. Volersi davvero bene passa dalle azioni, passa dalla dimostrazione a noi stessi che ci teniamo davvero a noi stessi. Il successo genera successo, convinzione di potercela fare davvero. Se ci limitiamo a dirci “devo volermi più bene” ma non facciamo nulla per dimostrarlo, passato un momento iniziale di euforia, ci spegneremo, perché sentiremo che quello era solamente un altro dei tanti buoni propositi che si sciolgono così in fretta quanto sono sorti.
    L’importante è agire. E’ l’azione che ci da la sensazione di potercela fare, di avere davvero intrapreso il cammino verso una vita diversa.

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  33. Manola, il tuo è un messaggio positivo, mi piace. Certo, la possibilità di combattere veramente, e non solo sulla carta, dipende in gran parte dallo spirito di reazione, dalla sensazione di non essere vittima di un ineluttabile destino, che una persona ha. E’ inevitabile che più “storia” negativa una persona ha sulle spalle, più forza e convinzione gli servirà per crederci e riuscire. Eppure ci sono persone che si sono tirate fuori da situazioni tremende a dispetto del loro passato, della loro età, della difficilissima condizione contingente che stavano vivendo. Queste persone hanno dimostrato che si può riuscire. Che forse la certezza di riuscirci non è data, ma senz’altro vale la pena provarci.

    Sul tuo concetto di “vita” come parola autoesplicativa, leggi l’aforisma che ho scelto per la frase scorrevole nella colonna di sinistra del blog 😉

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  34. ahahah Fallen… hai ragione: certe letture certamente deprimono, a meno che non siano preparazione propedeutica alla rinascita 😉 Se io voglio raccontare la storia di qualcuno che “ce l’ha fatta”, allo scopo di dimostrare che è riuscita ad uscire da un periodo estremamente difficile, così da spronare le persone in difficoltà alla speranza ed a tentare la stessa cosa, non potrò esimermi dal dare, almeno inizialmente, la visione di tale stato terribile di cose. Altrimenti ognuno potrà pensare “Sì, ma questa persona non sa’ in cosa sono invischiato io!” e liquidare il tutto con un’alzata di spalle. Dico spesso che c’è molto eroismo in una vita “normale”, ma è dalle storie straordinarie che lo stimolo a scuotersi arriva più forte 😉

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  35. wolf io ho una tenera età (23 anni),quando ne avevo 15-16 ho avuto uno scontro fortissimo con una brutta emozione. è durato diverso tempo, ed oggi sento, anche se ho reagito,che ho ancora da lottare.ne avrò cmq fino alla fine della mia vita.voglio lottare per essere ciò che in realtà sono,senza farmi deviare dalla paura o da persone che non credono

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