Progetto Paradise – Quarta e ultima parte: Diritto di Recesso

operatore19:40… il cielo si preparava al solito tramonto senza nubi, puntuale come un orologio svizzero. William era ormai in linea da quasi mezz’ora, l’orribile musica di attesa del Call Center ricominciava ossessivamente ogni 30 secondi.

“Agenzia Progetto Paradise, sono Anthony, come posso aiutarla?”
“Buona sera!” – Rispose William quasi sorpreso – “vorrei esercitare il mio diritto di recesso, sono ancora nel mese di prova, seppure per pochi minuti”.
“Capisco signore, ne è sicuro? Se è scontento della nostra agenzia può sporgere reclamo o provarne altre”
“No, ho visto come operano le altre, voi siete obiettivamente i migliori…”
“Sono felice di sentirlo, signore!” – rispose sollevato l’operatore – “comunque a termine di legge devo leggerle la parte di statuto relativo alle conseguenze della scelta che sta per compiere”
“Va bene…”
“In seguito alla richiesta di recesso senza passaggio ad altra agenzia, il microchip contenente le sue cellule cerebrali di coscienza, installato nel Server Dell serie D96-42-394, verrà disinstallato. In seguito al distacco dalla fonte di energia, in pochi minuti le sue cellule moriranno. Il processo è irreversivibile.
E’ sicuro, signore?”
“… sì… non insista la prego, ci ho già pensato abbastanza, non mi sento bene… può farlo subito per favore?”
“No signore, noi non siamo autorizzati! Devo passarla al sistema automatico, stia in linea, prego…”

“Sistema automatico di registrazione delle richieste di recesso.
Lei è il signor William Nacs, nato il 9 ottobre 1992 a Houston, clinicamente morto in data 15 settembre 2027 al St. Luke’s Roosevelt Hospital di New York, cellule di coscienza trasferite su microchip Dell il 7 dicembre 2027; è corretto?
Rispondere sempre sì oppure no”.
“Sì…”
“L’operatore l’ha informata delle conseguenze della sua decisione?”
“Sì…”
“Questa è la sua ultima possibilità di ripensarci, è sicuro di voler esercitare il suo diritto di recesso?”
“…”
“Risposta non pervenuta, deve rispondere Sì oppure No. E’ sicuro di voler esercitare il suo diritto di recesso?”
… William chiuse gli occhi mentre una lacrima scendeva lungo il suo viso, sospirò…
“Risposta non valida. Deve rispondere Sì oppure No. E’ sicuro di voler esercitare il suo diritto di recesso?”

“… Si!”

tunnel
“Will! Siamo qui Will! Segui la luce!”

Non era una voce, eppure percepiva distintamente quelle parole e sapeva intuitivamente chi le stava pronunciando.
Anche ciò verso cui si mosse non poteva essere definita “luce”, non la vedeva con gli occhi, forse era energia… sicuramente era amore, ce n’era tanto adesso attorno a lui.

“Eccomi mamma!”
“Sei a casa Will!”

paradiso

 

Progetto Paradise – Parte III: Paradiso o Inferno?

minotauroEra un po’ che non tornava al Beyond the third star, aveva provato altri posti, anche molto diversi e particolari, ma non li aveva trovati di suo gradimento, forse proprio per la loro particolarità.
“Forse sono io che proprio non riesco ad ambientarmi, a cogliere lo spirito con il quale vive la gente qua” si trovò a pensare per l’ennesima volta.

Si sedette al solito tavolino, “abitudinario perfino in questo… e pensare che prima mi davano dell’eclettico!” pensò.
Un James Dean si avvicinò al suo tavolo con fare caloroso, come se avesse riconosciuto un vecchio amico.
“William! Quanto tempo! Dov’eri sparito? Certo, certo… anche io sono stato molto in giro, con tutto quello che c’è da vedere!”, l’uomo, abbracciandolo, sorrise.
“Ehm… mi scusi, ma temo di non…”
“William! Ahahah non imparerai mai! Sono Petra! Be’… non adesso, certo!” disse ridendo e facendogli l’occhiolino.
“Cosa? …”, l’espressione di William era visibilmente esterrefatta.
james_dean_by_schatt“Ma certo! E’ normale qua! Puoi fare quello che vuoi, essere ciò che vuoi, perché porsi dei limiti? Sei stato all’Animal Heaven, vero? Avrai visto… Che magnifico locale! Sì, non piace a tutti, alcuni lo trovano per gente troppo sopra le righe, ma io trovo divertente poter passare una serata da scimmia, tigre, unicorno o minotauro… non trovi? Per non parlare di quello che si inventano gli artisti! Non saprei nemmeno come chiamarli!” concluse con una sonora risata che, questa sì, gli ricordava la donna con cui aveva passato diverse notti.
William si sentì improvvisamente ancora più solo. C’era un vuoto incolmabile tra lui e la persona che aveva davanti, non ne pensava male, sentiva solo una grande distanza… e con gli altri non andava meglio, trovava tutto così artificiale, così falso… Trasse un profondo sospiro…
“Devo andare, Pe… ehm… non so come chiamarti!”
“Ma come? Di già? E’ prestissimo! Stai ancora un po’, dai!”
William guardò nervosamente l’orologio…
“No, mi spiace, ma non posso proprio fermarmi”.
“Da quanto sei qua, William?”
“… un mese esatto… scade stasera…”.
Petra tirò indietro la testa, guardandolo fisso… aveva capito.
“William… è poco che sei qui, sei una persona molto colta e simpatica, un po’ demodé forse, ma che importa? Devi solo darti un po’ di tempo!”
William abbasso lo sguardo e rispose molto lentamente, come se stesse in realtà riflettendo anche per sé stesso
“Vedi… questo è un posto che sulla carta sognavo, c’è tutto, puoi essere tutto… tutto… forse troppo… e senza fare alcuna fatica, alcuno sforzo, per l’eternit
à. Non ci riesco…”
“William… se vuoi ti posso aiutare sai? Ti porterò con me in giro, ti farò conoscere gente e posti che…”
“Dan! Eccoti qua!” – lo interruppe un Chuck Norris rumorosamente – “Ma dove eri finito? Dai, stiamo per iniziare la partita a ‘Trasformati in Oggetto’! Non vorrai perdertela, vero? Mi devi la rivincita!”
“Cavolo! Mi stavo dimenticando! Ciao William, dai ripensaci! Mi trovi qua, ok?” disse ‘Petra’ mentre, tirato per il braccio dal suo compagno di sfida, si allontanava…
[continua]

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Progetto Paradise – Parte II: Beyond the third star

DonnaIl locale era pieno di gente, tanto da non sentirsi in imbarazzo. Ordino’ un black russian seduto all’unico tavolino libero che era riuscito a trovare e inizio’ a sorseggiarlo lentamente. Presto si rese conto che la promessa di rapida socializzazione descritta nella guida era fondata: al primo incrocio di sguardi, una giovane e avvenente donna lo raggiunse al tavolino.

“Sei nuovo di qui, vero?” domando’ lei sorridendo.
“Accidenti, si nota cosi’ tanto?” penso’ lui, adesso si’ imbarazzato.
“Si, sono appena arrivato. Da cosa lo hai capito?”
“L’aspetto. Tutti i nuovi tendono a mantenere quello che avevano prima”, continuo’ a sorridere, stavolta con un tono divertito per l’ingenuita’ manifestata dell’interlocutore.
“Non capisco… mi sembra di essere vestito in maniera consona per questo locale…”
“Non parlo di vestiti, guardati bene attorno…”
William fece una rapida carrellata sulle persone che affollavano il locale. Tutte persone perfette, belle e… molto somiglianti a personaggi famosi, soprattutto del cinema. C’erano diverse Sharon Stone, Demi Moore, Scarlett Johansson. Il numero di Marilyn Monroe era addirittura imbarazzante. Tra gli uomini andavano per la maggiore Cruise, Pitt e Clooney, ma non mancavano uomini politici famosi, come Kennedy e Obama.
“Ah… ho capito… E tu? Come mai… ?”
“Come mai non assomiglio a nessuna diva? ahahah vedo che funziona! Io stasera ho scelto un’attrice degli anni ’50 che pochi ricordano, mi piace essere un po’… originale”.
“Stasera? Cambi spesso?”
“No, non tanto spesso. Ho amiche che cambiano anche due o tre volte nel corso della stessa serata!”
“Ma… perche’?”
“Non lo so. Noia suppongo, o forse semplice curiosita’”.

“Posso portarle qualcos’altro?” chiese il cameriere con una faccia, lui si’, anonima.
“No grazie, andiamo via” rispose prontamente Petra, questo era il nome dell’interlocutrice di William.
“Che tipo inquietante… non e’ il primo che mi fa questa impressione a Paradise City” disse William seguendo con lo sguardo il cameriere che si allontanava e ripensando agli agenti dell’ospedale. “Parole e gesti sembrano normali ma… c’e’ qualcosa di meccanico in loro…”
Petra scoppio’ in una fragorosa risata. “Ma di chi parli William, del cameriere? Il personale di servizio non e’ come noi, nessuno qui accetterebbe di fare lavori simili! Loro sono… programmi, software! Non c’era scritto sul libretto? Ti ci abituerai, sono monotoni, ma non danno alcuna sorpresa.”, disse sorridendo e, un attimo prima del trasferimento a casa di lui, aggiunse “Che capacita’ percettiva ti hanno stimato, William?”
“Mi hanno detto il cento per cento. Dovrei percepire tutto come se… come prima, insomma.”
“Bene…”

Passarono la notte insieme, praticamente senza chiudere occhio. William si stupi’ delle doti di tenuta inesauribile che non avrebbe mai supposto di avere e riconobbe, dentro di se’, che qualcosa di buono quel posto l’aveva davvero…
[continua]

Amanti

 

Progetto Paradise – Parte I: l’arrivo.

BrokerErano passati diversi mesi ormai da quando l’incidente aveva cambiato la vita di William. Fino a quel momento era stato un brillante broker, uno che in borsa non sbagliava mai una previsione suscitando ammirazione e invidia nei colleghi. Poi, dopo qualche bicchiere di troppo, la corsa con la sua Porsche, una stupida sfida con un amico al volante di una Maserati, lo schianto… un buco incolmabile nei ricordi.
Il risveglio al Paradise Hospital…

“Sono… morto, dottore… vero?”
“Le sembra di essere morto?”
William guardo’ il dottore a fianco del suo letto, con quel camice senza una piega, le infermiere, belle e vestite di una divisa esageratamente corta, due tizi in perfetto abito scuro, esattamente come si era sempre immaginato dover vestire un agente dell’agenzia. Puoi si guardo’ le mani, mosse le dita ad una ad una, si drizzo’ meglio sul letto, stiro’ le gambe, respiro’ profondamente…
“No… non mi sembra…”
“Benvenuto, William. Spero si trovera’ bene…”
Il dottore e le infermiere lasciarono la stanza.

“Deve firmare qui” disse uno dei due agenti porgendogli un foglio, “poi sara’ libero di andare”.
“Nel libretto trovera’ tutto, il suo indirizzo, la descrizione del posto, i numeri da contattare in caso di necessita’, per supporto psicologico o domande tecniche.” aggiunse l’altro.
William firmo’.
L’agente sorrise. “Benvenuto, signor William. Siamo certi che si trovera’ bene qui. Noi non lasciamo niente al caso”.
Si… conosceva bene quello slogan.
Mentre gli agenti uscivano, William guardo’ la finestra. Un bellissimo panorama, il sole alto, verdi prati, bellissimi fiori bianchi, uccellini che svolazzavano leggiadri qua e la’ cinguettando.
“mmm… si, sembra un bel posto…”

Trascorse il pomeriggio senza allontanarsi dal parco dell’ospedale, voleva essere sicuro di aver capito bene tutte indicazioni e le regole del libretto prima di tuffarsi a Paradise City. Decise che avrebbe prima fatto un salto nella sua nuova casa, anche se sapeva bene cosa avrebbe trovato, aveva scelto con cura tutto cio’ che la riguardava: il posto, in mezzo al verde con un ampio giardino, l’arredamento, gli accessori. Sapeva che tipo di vicini di casa avrebbe avuto, o almeno sperava che l’agenzia avesse seguito le sue indicazioni. Non voleva gente chiassosa, voleva vicini discreti… stavolta. Certo, avrebbe altrimenti sporto reclamo ma, anche in caso di successo, prima che la richiesta venisse analizzata e la possibile soluzione studiata, sarebbe passato troppo tempo. Una rottura per uno come lui che aveva ottenuto sempre tutto e subito. Ma quel posto… chissa’ se anche li’ avrebbe avuto lo stesso successo…. Per la serata scelse invece il “Beyond the third star”, un locale notturno che secondo la guida contenuta nel libretto prometteva una rapida socializzazione.
Guardo’ l’orologio, erano le 19:58, il sole stava scendendo dietro l’orizzonte… un tramonto mozzafiato, neanche una nuvoletta… D’altronde non era passata una nuvola in tutta la giornata. Ma William non lo trovo’ strano.
Dopo pochi minuti, fu la luna a splendere alta.
[continua]

BLUEMOON

 

Vita di una rosa

vita di una rosa“Un’altra settimana è andata!” pensò M. rientrando in casa dalla spesa del sabato mattina, la mente ancora alla settimana lavorativa appena conclusa. Era una donna molto stimata in paese, la chiamavano tutti “dottoressa”, d’altronde era davvero l’unica laureata di quel piccolo paese.
Rimasta presto orfana, era riuscita con forza e determinazione a costruirsi una vita di tutto rispetto. Entrata in una grande azienda della vicina città, aveva fatto tutta la gavetta e, dopo molto lavoro e sacrificio, era adesso nel consiglio di amministrazione in un ruolo mai ricoperto prima da una donna. “Che bello se i miei potessero vedermi adesso…”, pensò con un sorriso appena abbozzato e un pizzico di rammarico.

Cucinò qualcosa in fretta, mangiò davanti alla televisione che guardava sempre un po’ distrattamente, con la testa già rivolta agli impegni del lunedì successivo. Presto però tornò a percepire quella sensazione che da un po’ disturbava i suoi pensieri, altrimenti sempre lineari e precisi, diretti all’obiettivo di carriera. Aveva cercato di capire da cosa dipendesse quel malessere, come una… sensazione di vuoto, come se una parte di lei si ribellasse ad una vita fatta solo di lavoro, anche se di successo. Un sentimento di incompiutezza che si faceva sempre più forte, giorno dopo giorno.
Si guardò allo specchio. Sapeva di essere una bella donna, notava facilmente le occhiate di ammirazione di colleghi e paesani maschi e quelle di invidia della parte femminile. Le facevano piacere, certo, ma non sapeva bene cosa farsene, anzi accrescevano in lei la sua frustrazione per una parte che non era giunta a termine, come un cioccolato prelibato destinato ad una vita di vetrina.
Bussarono alla porta, tre volte. “Sabato pomeriggio… che strano”… Guardò dallo spioncino, un uomo dall’aria giovanile ma i capelli già quasi bianchi e una vistosa giacca rossa.
“Buongiorno… mi scusi se la disturbo…”. Le sembrava un viso già visto…
“Ero al supermercato, ricorda? Mi ha urtato con il carrello…” disse sorridendo…
“Ah… sì, mi ricordo adesso!”. Affascinante quel sorriso, si scopri a pensare.
“Non sarà venuto a chiedermi i danni, vero?” disse con una breve risata della quale si stupì per prima.
“No… è che… bé, so che mi troverà strano, ma io sono una di quelle persone che crede che nulla accade per caso; non dovevo essere qua oggi, eppure una serie di circostanze mi ha spinto in quel supermercato, non dovevo nemmeno comprare nulla… Poi ho visto lei… e certi incontri non si ripetono…”. Mentre parlava non staccava gli occhi dai suoi. Lei era imbarazzata, ma si sentiva come rapita, come se il suo cervello avesse improvvisamente smesso di essere razionale come sempre.
Lo fece entrare, non senza chiedersi tra sé e sé “ma che stai facendo? Non sai nemmeno chi è!”. Fu come se si fosse stancata di essere sempre così misurata e accorta.
Passarono un’ora buona a dialogare sempre più cordialmente, con lei che non credeva quasi a cosa stesse succedendo.
“E’ una bellissima giornata primaverile fuori, non ti andrebbe di fare due passi? Avete tanto verde qua attorno! Per me che sono un cittadino è un vero spettacolo! Sarebbe così un peccato perdermelo…”.
Accettò e lo portò in quel sentiero lungo il fiume che amava particolarmente, tra i suoni meravigliosi dell’acqua che scorre impetuosa e del bosco che lo costeggia. Lo aveva fatto centinaia di volte, era il suo rifugio segreto, il percorso un po’ mistico che la aiutava a ritemprarsi in fretta quando era sotto pressione.
Arrivarono al campo di fiordalisi dove di solito si fermava a riposare. Ormai parlavano come se si conoscessero da anni. Improvvisamente lui si fermò e smise di parlare. Lo guardò un po’ impaurita, chiedendosi se avesse detto qualcosa di sbagliato. Lui le prese il viso tra le mani e la baciò, prima delicatamente, poi con crescente passione, le labbra, le guance, gli occhi, i capelli…
La sera li sorprese ancora abbracciati, stesi sull’erba. Lui la teneva per i fianchi, quasi temesse di vederla volare via… Lei sorrise come se qualcosa di divertente le fosse venuto in mente…
“Cosa c’è?” chiese lui sorridendo di rimando.
“Oh… niente, niente… un giorno ti racconterò…”
Stava pensando ai pensieri bui della mattina, a quel senso di vuoto che la accompagnava da anni e che adesso non c’era più, scomparso in poche ore nel nulla. “Se morissi oggi” – pensò – “morirei contenta. Mi rendo conto che è questo il giorno che ho aspettato tutta la vita… Non scorderò mai questi fiori, queste stelle, questo vento… questi fremiti…”.

Si incamminarono per rientrare, lasciandosi presto: c’era una scorciatoia che avrebbe portato lui dritto al piazzale del supermercato dove aveva lasciato l’auto.
“Sei sicura che non vuoi che ti dia un passaggio fino a casa?”
“Ti ringrazio ma… voglio godere ancora un attimo di questa bellissima serata… voglio che divenga indelebile nella mia mente. Allora domani vieni per le undici, finalmente potrò cucinare per qualcun altro oltre che per me stessa!” disse sorridendo.
“Certo… ricorda: busserò alla tua porta tre volte! Non vorrei che domani non mi riconoscessi!” rispose lui ridendo.

Si rincammino lungo il fiume. Era così felice che non guardava nemmeno il sentiero. Era come se tutta la sua vita fosse stata concentrata in quel giorno.

Era così felice che non si accorse che il lato del sentiero a valle del fiume era franato…


Nelle notti stellate di Primavera, c’è chi ancora oggi – a decine di anni dall’accaduto – sostiene di udire distintamente bussare a quella porta… 

(omaggio a Fabrizio De André)

 

Il lupo e il cane

pastore tedescoVlak era un bell’esemplare femmina di pastore tedesco. Trascorreva le sue giornate conducendo e controllando il gregge assieme agli altri cani del proprietario della tenuta. Era felice, si divertiva un mondo a rincorrere su e giu’ per i prati le pecore che si allontanavano, oppure, una volta rientrati, giocando con il resto della muta con cui era molto affiatata.
Un giorno Vlak corse fino ai margini della foresta inoltrandocisi anche un poco. Tornata indietro, si accorse che la lettera “V” che le era stata da tempo appesa al collare, non c’era piu’. Vlak era molto attaccata a quel ciondolo che sentiva sbattere ritmicamente sul cuoio del collare ogni volta che correva. Disperata, torno’ ai margini della foresta cercandolo ovunque. Improvvisamente, mentre si stava ormai arrendendo all’idea di averlo perso, senti’ una strana tensione su di se’, come se percepisse che qualcosa stesse avvenendo attorno a lei. Alzo’ il muso e si accorse che un lupo la stava fissando a pochi metri di distanza, immobile. I due animali rimasero a fissarsi diversi secondi senza muovere un muscolo… dopodiche’ il lupo si avvicino’ con cautela e inizio’ a annusarla, prima da distante, poi sempre piu’ da vicino. La tensione si sciolse e i due animali iniziarono a rilassarsi.
Da quel giorno Vlak torno’ spesso ai limiti del bosco, dove sapeva che il lupo la stava aspettando. Nonostante il tempo che le era concesso per allontanarsi dal gregge fosse poco, ormai avevano preso confidenza: giocavano assieme, correvano assieme, saltavano l’uno di fronte all’altra simulando falsi movimenti di battaglia… A Vlak dispiaceva molto sapere che quella sorta di idillio era destinato a durare ogni volta solo pochi minuti.

Un giorno Vlak decise di fare un tentativo e, alla fine di quello che ormai era diventato il loro tempo, non si allontano’ correndo verso il gregge come le volte precedenti, ma lo fece lentamente, voltandosi spesso, sperando di convincere il lupo a seguirla… e cosi’ avvenne.

Passo’ del tempo. Il lupo era stato accettato anche dagli altri cani e perfino il loro proprietario, sebbene all’inizio molto diffidente, inizio’ ad accettare quello strano componente che si era aggiunto alla sua muta; in qualche modo ne era anzi inorgoglito.
Di giorno il lupo partecipava alle attivita’ dei suoi nuovi compagni, mentre la notte dormiva sulla paglia, in un angolo del fienile. Spesso era proprio Vlak a svegliarlo la mattina; era felicissima di essere riuscita ad aggiungerlo alla muta cosi’ da averlo sempre vicino a se’.
Ogni tanto pero’ notava qualcosa di strano… il lupo smetteva improvvisamente di fare cio’ che stava facendo, che fosse correre, giocare o controllare il gregge, e rimaneva a fissare la foresta, immobile. Vlak non dava pero’ troppo peso alla cosa, probabilmente pensava che stesse soltanto ricordando qualcosa che era rimasto la’, nel suo passato.

Una mattina Vlak corse come al solito nel fienile per svegliare il lupo… ma il suo posto abituale, ormai contrassegnato dalla paglia pressata, era vuoto… cosi’ come, in un attimo, divenne il suo cuore. Improvvisamente capi’ di avere sempre saputo che quell’evento ineluttabile presto o tardi sarebbe accaduto. Ancora immobile, con gli occhi lucidi, vide qualcosa luccicare nel letto di paglia del lupo. Si avvicino’… in mezzo ai fili gialli c’era il suo ciondolo a forma di “V”.

Erano passati mesi ormai dalla scomparsa del lupo e tutto sembrava essere tornato come prima. Vlak aveva ripreso a correre e giocare assieme al gregge ed ai suoi compagni. Ma, ogni tanto, si fermava all’improvviso e, immobile, iniziava a fissare la foresta. Non era piu’ felice come prima… aveva perso l’innocenza.

“E’ inutile dar da mangiare ad un lupo: continuera’ a guardare verso la foresta”. (anonimo)

Wolfghost


lupi

In attesa della tempesta

occhi lupoIl lupo era immobile. Raffiche di vento gelido, a volte accompagnate da sferzate di pioggia, lo costringevano a stare ben piantato sulle quattro zampe ed a tenere socchiuse le palpebre dei suoi occhi. Pochi metri piu’ avanti, lo strapiombo dell’alta scogliera sul mare. Alle sue spalle il folto bosco i cui rami e foglie, sempre piu’ agitate, sembravano parlare concitatamente tra loro, come spaventate da cio’ che temevano potesse accadere.

Nonostante il calare della notte, il freddo e il folto pelo ormai zuppo d’acqua, gli occhi socchiusi del lupo puntavano dritti su quegli improvvisi lampi di luce che squarciavano lo spazio che divideva il cielo dal mare.
tempestaA volte quell’enorme massa scura che dal largo avanzava si illuminava qua e la’ con scariche elettriche improvvise e furibonde. Sembrava un mostro senza pelle, incapace di tenere nascosta la rabbia che lo divorava al suo interno e che si preparava a dirigere contro qualunque cosa gli si parasse davanti.

La tempesta avanzava, e nessun essere del bosco si sentiva al sicuro. Ogni animale era gia’ corso nella propria tana, anche la luna si era ritirata ormai da tempo dietro le nubi. Solo il potento fischio del vento, ormai un vero e proprio urlo, dava vita e suono a qualcosa che altrimenti sarebbe stato di un silenzio irreale.
Adesso anche il picchiettio dei goccioloni d’acqua stava aumentando di intensita’.

Il lupo osservava la massa nera che si avvicinava minacciosa, un senso misto di stupore e fascino per la potenza della natura, stava lasciando via via il posto al timore… eppure non indietreggiava di un passo, immobile come una scultura scolpita nella roccia. Se avesse avuto il dono della parola, avrebbe detto: “Ti aspetto qui. Ti temo, e’ vero, ma il senso della sfida per la sopravvivenza e’ piu’ forte. Ho paura, ma per vincere dovrai avere la forza di abbattermi. Sei pronta? Io si’, sono pronto…”.

Quelle parole non si udivano… ma si leggevano chiare nei suoi occhi, immobili verso quella tempesta da sfidare per rivedere l’alba serena di domani…

lupo osservatore