La consapevolezza e la determinazione come sostituti della paura

Eccomi di nuovo in partenza, seppure per pochi giorni 🙂 Tra poche ore iniziero’ il viaggio verso Budapest. Si’, lo so, non e’ che sia un viaggio lungo in realta’, ma… Genova non ha un gran numero di voli, cosi’ mi tocca raggiungere Milano in auto e partire da li’ 😦

Prima di lasciarvi (non so se su avro’ l’occasione di connettermi, altrimenti ci si rilegge venerdi’), volevo lasciarvi una breve considerazione sul ruolo della paura 😐

Quando scrivo che la mia principale battaglia e’ quella contro la paura, in molti si affrettano a dire che la paura ha pero’ un ruolo importante, a volte fondamentale: essa infatti ci puo’ preservare da incidenti o a spingerci ad agire quando esiteremmo per pigrizia.

Distinguamo, sono due eventi diversi.

Quando un auto perde il controllo e ci viene adosso, se agiamo di istinto e ci buttiamo di lato non e’ esattamente per paura: e’ per istinto, appunto  😉 La dimostrazione sta nel fatto che non abbiamo nemmeno il tempo di aver paura; la paura arriva solo successivamente, quando ci rendiamo conto di quanto avvenuto. Quando abbiamo il tempo di aver paura… essa in genere non serve davvero: se siamo su un aereo e esso inizia a comportarsi in maniera strana, la paura – peraltro umana – non ci servira’ a nulla. Se siamo in auto e teniamo una velocita’ eccessiva… la paura ci puo’ spingere a frenare, a moderare la velocita’, ma in realta’ non ci sarebbe bisogno della paura se non fossimo… sciocchi. Non e’ necessario aver paura per capire che in un punto pericoloso la velocita’ va moderata, non e’ cosi’?

Quando abbiamo un disturbo, possiamo esitare ad andare dal medico, la paura di aver qualcosa che nel tempo puo’ peggiorare, pero’, puo’ effettivamente spingerci a muoverci. Tuttavia sappiamo che in molte persone la paura gioca un ruolo opposto: nel timore che gli venga diagnosticato qualcosa… esse preferiscono non andare dal medico. In realta’, di nuovo, non e’ tanto la paura l’ago della bilancia, o meglio non dovrebbe esserlo: l’ago della bilancia dovrebbe essere la nostra consapevolezza di quanto ci sta accadendo e la nostra determinazione nel fare cio’ che va fatto.
Anche quando il nostro lavoro e’ in pericolo il discorso non cambia: una persona accorta, che inizia a “guardarsi attorno” alla ricerca di una possibile soluzione lavorativa, non e’ accorta perche’ ha paura, e’ accorta perche’ si rende conto che, se non si muove, “domani” puo’ trovarsi a mal partito.

Come spiegavo in un vecchio post (Il controllo della paura e delle emozioni – L’amigdala), la paura, oggi, serve davvero a poco… e spesso ci rovina la qualita’ della vita. Se infatti ci sono tanti eventi brutti che possono essere li’, dietro l’angolo ad aspettarci, un conto e’ operare un’attivita’ di prevenzione (che peraltro non da comunque mai la sicurezza di evitare l’ostacolo), un altro e’ vivere nel timore costante che quell’evento possa capitare davvero: questo mina la qualita’ della nostra vita a prescindere che quell’evento capiti davvero oppure no. E comunque raramente e’ utile a prevenirlo.

E adesso vi saluto e… mi preparo 🙂 Ah… la foto e’ presa da Internet: come ogni buona trasferta di lavoro, avro’ ben poco tempo per scattarne di mie! 😦
Arrivederci! Anzi… a rileggerci! 🙂

Impermanenza, la caducita’ di tutte le cose

Ci sono volte nelle quali la caducità che avverto attorno a noi mi spiazza e spaventa. In ogni momento, ogni giorno, può accadere qualcosa che nel giro di pochi momenti è capace di spazzare via tutta la stabilità che faticosamente abbiamo costruito negli anni. Parliamoci chiaro: è la nostra presunta stabilità (non oso nemmeno usare il termine “certezze”) ad essere illusoria. Razionalmente tutti noi sappiamo che in ogni momento le cose possono cambiare, a volte irrimediabilmente, ma non siamo in grado di vivere avendo sempre questa spada di Damocle sulla testa. Allora ci riempiamo di “simboli di permanenza”, come i risparmi per la vecchiaia o la casa di proprietà nella quale saremo “per sempre” al sicuro, rimuovendo il più possibile i pensieri che ci parlano della nostra ineluttabile caducità.
Spesso ci comportiamo come semi-Dei, perfino. Se qualche entità “esterna” potesse osservarci nel nostro tran-tran abituale, ne dedurrebbe che siamo una specie immortale, oppure che non sa di non essere tale. Analizzerebbe il curioso caso di una specie animale che ha raggiunto la consapevolezza ma ne fa un uso parziale: sappiamo che dovremo lasciare questo corpo, questa terra, eppure il più delle volte ci comportiamo come se questo fosse un “pericolo evitabile”, come se, sotto-sotto, pensassimo di avere la possibilità di ingannare ed allontanare la morte per sempre. Vedo persone che alla notizia della morte o della malattia di un conoscente, girano subito la testa (e l’attenzione) altrove, come a proteggere il piccolo giardino fiorito della loro casa dalla gramigna della realtà – e dalla paura che l’accompagna – che, una volta insinuata, non puo’ piu’ essere fermata; altre che vengono riportate, con sgomento, alla terribile realtà per qualche istante, qualche giorno o settimana al massimo, ma non appena ne hanno occasione dimenticano o rimuovono, perché altrimenti non sarebbero in grado di tornare al lavoro ed alla vita che prima facevano.
Come scrivevo tempo fa, la Natura stessa chiede agli animali di “non pensare”, di “non sapere”. Noi invece abbiamo “colto la mela dell’albero della conoscenza” e da quel momento ci siamo in teoria elevati… di fatto maledetti.
Probabilmente ci distacchiamo dalle altre specie animale proprio per il maggiore tasso di consapevolezza. La consapevolezza dovrebbe essere il nostro valore aggiunto ma, di fatto, l’aver preso consapevolezza del nostro destino mortale è stata per noi una sciagura: lungi dall’averla accettata e fatta andare a nostro vantaggio (prendendo più “filosoficamente” ogni avversità e cercando di godere di ogni cosa bella il più possibile, invece di dimenticarla in nome di cose “più importanti”) di solito la neghiamo, a volte deridendola come se fosse “cosa d’altri”, che non ci riguarda.
Invece essa è diventata la “sciagura inevitabile da cui scappare”, il sommesso pensiero dal retrogusto amaro che accompagna le nostre giornate e che riusciamo solo a volte a far finta di non sentire.
Non pensare ad essa, avendone invece consapevolezza, è l’estremo, illusorio tentativo di tornare alla ingenua verginità dell’animale… liberi da quella profonda paura.
Soprattutto per questi motivi ho recentemente rinnovato il mio interesse per il buddismo tibetano; esattamente per la sua promessa di liberarazione dalla sofferenza, inclusa quella causata dalla paura. Certo, la reale accettazione è qualcosa che deve avvenire nella profondità del nostro essere, essere recepita fin nel nostro inconscio. Non basta dire “Ho capito, e quindi accettato”, non basta rifletterci a livello razionale, la nostra percezione deve scendere in profondità. O, alla prima “prova del nove”, la nostra convinzione sparirà come neve al sole.
spada di Damocle

Spada di Damocle, di Richard Westall, olio su tela, 1812

Meditazione: il sorriso interiore

meditazionePrima di tutto una premessa doverosa: io, come quasi tutti, non invento nulla, elaboro solamente quanto gia’ esistente mettendolo in una forma che sento a me piu’ congeniale.
Sulla meditazione e sul training autogeno e’ stato detto e scritto di tutto e di piu’ e si possono gia’ trovare un’infinita’ di varianti e versioni.
Facciamo subito chiarezza su un paio di punti: il training autogeno e la visualizzazione creativa sono in buona sostanza rivisitazioni, utilizzate dalla moderna psicologia, delle antiche tecniche di meditazione e concentrazione: se qualcuno ve le millanta come “novita’ della moderna scienza”, non dategli retta 🙂 Inoltre, personalmente concordo con Osho quando dice che la meditazione e’ una e una sola, ovvero la sospensione del pensiero cosciente; tutte le altre, compresa quella che propongo io, sono solo metodi per arrivare alla meditazione, oppure sono tecniche di concentrazione che possono si’ essere propedeutiche alla meditazione, ma anche avere altro scopo. Pensate che Osho stesso scrisse (o meglio fece scrivere, lui non scriveva nulla 😉 ) il “libro arancione”: un libro con “cento” meditazioni affinche’ ognuno potesse trovarvi quella a lui piu’ congeniale. In realta’ le meditazioni (o meglio, i metodi di meditazione) non erano cento: l’elevato numero serve solo a indicare che ognuno puo’ avere un metodo piu’ adatto a lui, magari diverso da quello di tutti gli altri.
Convinto di avervi confuso abbastanza, vado a descrivervi la mia “meditazione del sorriso interiore” 🙂

posizione del lotoPreparate una musica di sottofondo adeguata. L’ideale sarebbe una musica ripetitiva, ipnotica. Personalmente al momento uso una musica con canto buddista, ma puo’ essere anche musica classica, new age o ambient (la terminologia lascia poi il tempo che trova). Spesso lo scopo della musica e’ solo quello di aiutare le prime fasi della concentrazione, coprendo anche eventuali modesti rumori ambientali.
Mettetevi in posizione comoda. Di nuovo l’ideale sarebbe la “posizione del loto” (cercate su Internet, senno’ qua allungo troppo il post), poiche’ mantiene il busto ben eretto ed e’ (molto) difficile assopirsi; tuttavia, poiche’ e’ difficile e scomoda (o addirittura dolorosa) per noi occidentali, a meno che non si sia gia’ praticata con lo yoga, ci si puo’ anche accomodare in “semi-loto” (una gamba sull’altra, di nuovo cercate su Internet) magari aiutandosi, in caso di difficolta’, con un cuscino sotto i glutei. Potreste anche mettervi in savasana (la “posizione del cadavere” eheheh), che sostanzialmente significa coricarvi per terra su una superficie non troppo molle, tuttavia cosi’ e’ facile assopirsi, che non e’ esattamente cio’ che vi state proponendo… a meno che non soffriate di insonnia 😀

candelaGli occhi possono essere chiusi (io preferisco cosi’) o aperti, nel qual caso dovrebbero fissare un punto a un metro – un metro mezzo – di distanza. Schiena dritta ma rilassata (l’equilibrio tra le due cose e’ essenziale: sforzarvi troppo di rimanere dritti non e’ buona cosa, dovete semplicemente provare e riprovare con piccoli spostamenti finche’ non vi sentite naturalmente a vostro agio). Braccia abbandonate: una sopra l’altra davanti a voi (mani con i palmi rivolti verso l’alto e poggiate sulle caviglie sovrapposte, se siete in loto o semi-loto) oppure “a prendere” le ginocchia (palmi verso l’alto, se ce la fate, io non ce la faccio e poggio le palme sulle ginocchia).

Iniziate a rilassarvi, non e’ un esame e cosi’ non deve sembrarvi, non c’e’ un voto: migliorerete normalmente nel tempo. Aiuta fare qualche respiro profondo: ad ogni espirazione abbandonate i muscoli sempre di piu’. Il training autogeno aiuta a “sentire” i muscoli, cosi’ da farvi accorgere di come, anche quando credete di essere rilassati, in realta’ siete in stato di tensione; lo stesso si puo’ fare ovviamente con la meditazione: portate, se volete, l’attenzione ai vostri muscoli, passandoli in rassegna dalla sommita’ del capo ed arrivando infine alle dita dei piedi. Rilassate tutto con pazienza 🙂

I pmano apertaensieri… lasciateli “andare”, semplicemente. La “sospensione del pensiero” ha un fascino anche un po’ folkloristico, ma in realta’ – contrariamente a quanto si crede – non e’ importante “non pensare”, cosa che nessuno o quasi riesce a fare ed e’ dunque fonte di frustrazione; l’importante e’ “non prestare attenzione” ai pensieri che sorgono. State ad osservare i pensieri: non potete essere osservatori e pensatori allo stesso tempo, se siete in grado di riconoscere un vostro pensiero questo non potra’ che scomparire. I vostri pensieri saranno come nuvole in una giornata ventosa: appariranno, transiteranno velocemente nel cielo della vostra mente, e in breve spariranno “dall’altro parte” 🙂
Soprattutto non prendetevela se le prime volte vi scoprirete a pensare del piu’ o del meno (magari proprio a riguardo dei risultati che state ottenendo nella vostra meditazione :-D): la fretta, il desiderio di riuscire presto, e’ uno degli ostacoli maggiori. Qualcuno ha detto “Si dice ‘partite in quarta’, ma e’ una sciocchezza: avete mai provato a partire davvero in quarta? Vi si spegne il motore!” 😉

Quando vi sentite sufficientemente tranquilli e “centrati”… sorridete, semplicemente 🙂 Ovviamente non importa l’ampiezza del sorriso, basta un abbozzo: e’ l’idea che state sorridendo ad essere importante.
Sorridete e sentitetivi bene 🙂 Sembra una sciocchezza dire “sentiti bene”, ma provate: vi stupirete di quanto funzioni 😉
A questo punto “allargate il sorriso” ad ogni parte del vostro corpo, con l’immaginazione ovviamente. Immaginate che ogni cellula del vostro corpo inizi a sorridere allo stesso modo delle vostre labbra. Ogni cellula, ogni organo e muscolo sorride e sta bene, cosi’ come state voi. Il benessere pervade il vostro corpo e la vostra mente.

Adesso allargate ancora di piu’ il sorriso: immaginate cha cali, come una dolce onda, su tutte le creature a voi care, a partire da quelle vicine e arrivando a quelle piu’ distanti, non importa dove essi si trovino in realta’. Immaginate che grazie a quest’onda di sorriso tutti ritrovano salute, serenita’, voglia di vivere 🙂

Ora allargate il vostro bel pensieroDelfini a tutte le creature della terra, al mondo intero. Immaginate che la vostra onda benefica ricopra ormai tutta la terra e che tutte le sue creature ne traggono giovamento: persone, animali, piante.
Andate anche piu’ in la’, se volete, comprendendo l’universo intero e il regno di chi non e’ piu’ nella nostra dimensione. Ricordate che nella vostra mente non avete limiti.

Potra’ sfiorarvi il dubbio che mandare “pensiero positivo” al vostro corpo possa avere senso, mentre immaginare di mandarlo al ti fuori di esso non lo abbia. Ma non e’ cosi’. Gia’ il solo pensiero di aiutare gli altri, portando l’attenzione fuori da voi stessi, trascendendo il vostro abituale egoismo, vi aiutera’ a stare bene. In un certo senso e’ un trucco: pensare al bene degli altri, vi aiuta a smettere di pensare a voi stessi e ai vostri problemi. E vi dara’ forza e serenita’ 🙂 Se poi davvero aiuta anche gli altri, soprattutto coloro che non sono a voi vicini, questo non lo so, ma non e’ cosi’ importante 😀 E’ bello comunque crederlo.

Quando volete, aprite gli occhi e… siate soddisfatti: la meditazione e’ finita 😉

sorriso

Il famoso “bambino interiore” :-)

CervelloSpesso le moderne correnti psicologiche un po’ “new age” parlano della necessita’ di mantenere vivo e attivo il “bambino” che e’ dentro di noi 🙂 Questa affermazione fa storcere il naso a molti che magari preferiscono pensare che tutto quanto hanno appreso nel corso della loro vita, la loro personale esperienza, li ha portati ad una “saggezza” che poco si sposa con l’idea di tornare “bambini”. I bambini sono ingenui, fanno e faranno tanti errori, si comportano in maniera sciocca se visti con gli occhi di un adulto.

Un paio di mesi fa lessi un post di zeroschemigh nel quale si parlava della necessita’ di “combattere l’invecchiamento mentale” facendo restare la mente allenata e pronta, ma non gia’ attraverso quei giochini piu’ o meno elettronici che oggi vanno tanto di moda, quanto, usando le sue stesse parole, “basta poco: non impigrirsi nella routine e lasciare che il cervello continui ad imparare cose nuove. Così facendo lui riesce a creare scorciatoie, associazioni di idee, canali alternativi che ci permettono di ricordare il titolo del libro o quello che cercavamo nel frigo”  🙂 Il post integrale lo trovate qua: Buone notizie… per il cervello

Commentai il post scrivendo che, a parte concordare appieno, l’importante e’ essere curiosi e giocosi, non importa l’eta’. Credo che ognuno di noi abbia una sua componente di curiosita’ e giocosita’ intrinseca (il “bambino interiore”, appunto), solo che col tempo tendiamo inconsciamente a spegnerla, a oscurarla con i nostri problemi e la pesantezza che ne segue.
Certo, possiamo attraversare momenti difficili nei quali queste qualita’ passano inevitabilmente in secondo piano, ma dove in genere sbagliamo e’ a mantenere questo stato di pesantezza anche quando il momento di difficolta’ passa, il che, purtroppo, diventa terreno fertile per i problemi successivi, che si ingigantiscono o addirittura nascono, grazie alla tetra visione che ci siamo via via fatti della vita.

Non c’e’ bisogno, appunto, di “giochini per il cervello”, basta lasciare le… redini un poco sciolte 🙂

Nel prossimo post, credo… :-o, vi descrivero’ una meditazione (se preferite chiamarla “un esercizio di training autogeno” va bene lo stesso :-D) di mia invenzione; essa dovrebbe avere lo scopo di tornare ad essere piu’ aperti e sereni, allontanandosi quanto piu’ possibile dal peso di cui preoccupazioni e difficolta’ ci hanno fatto caricato via via nel tempo.
Poi sarete voi a dirmi se funziona 🙂bambina

Ho ancora un sogno – Martin Luther King

Ecco perche’ mi piace girare per blog, anche se, ahime’, ultimamente ci riesco molto poco :-(: si trovano bei testi e autentiche perle 🙂 Il poterle condividere e’, secondo me, uno dei grandi benefici dei blog e della rete in generale.

Oggi voglio proporvi un pensiero di Martin Luther King, citato dall’amica katia1408 nel suo blog Hildam

“Si, è vero, io stesso sono vittima di sogni svaniti,
di speranze rovinate,
ma nonostante tutto oggi voglio concludere
dicendo che io ho ancora dei sogni,
perchè so che nella vita non bisogna mai cedere.

Se perdete la speranza, in un modo o nell’altro,
perdere quella vitalità che rende degna la vita,
perderete quel coraggio di essere voi stessi,
quella qualità che vi fa continuare nonostante tutto.

Ecco perchè io ho ancora un sogno…”

(Marting Luther King)

Un minuto – un pensiero di IsaacSky

Oggi voglio proporvi un bel post (almeno per me) di IsaacSky, blog Isaac, che ben si intona con i discorsi recentemente fatti sui pensieri buddisti (lui magari nemmeno lo sa, ma… leggere per credere! 😉 ) con in piu’ una vena poetica e sognatrice 🙂


Un minuto
By: IsaacSky
blog: Isaac

E se per un solo piccolo e solitario minuto riuscissimo a spogliarci di tutto?
Prima i vestiti, poi la carne e poi i pensieri, inutili e folli pensieri.
Cosa rimarrebbe?

Rimarremmo noi, piccole esistenze luminose trasportate nel deserto terrestre da un vento tiepido come i tramonti sul Mediterraneo.
Saremmo leggeri come piume perché spogliati di tutto il fardello che la storia ci ha dato, anche i ricordi sparirebbero e le situazioni che li hanno generati.
I rancori, i sogni, le invidie, le offese subite, la pelle raggrinzita, i mali del corpo, … non fanno più parte di voi.
Ma cosa più importante, sparirebbero le illusioni che ci raccontiamo quotidianamente per dare un senso logico alla nostra esistenza,
riusciamo per un minuto ad alleggerirci ?

Forse state camminando o credete di farlo, esistete solo voi e la luce che vi guida, Il resto non conta perché non esiste più, siamo noi ora i satelliti del sole in un alba cosmica che non finirà mai.
E se credete che il minuto sia terminato vi rammento che non esiste un prima e un dopo, ma solo voi e il miracolo dell’universo.
Un viaggio tra i colori del cielo e della Terra che potrete percorrere ogni volta che lo vorrete:
che sia per un minuto o per l’eternità.

tramonto a GE-Nervi

La foto e’ mia, si tratta di un tramonto dalla passeggiata Anita Garibaldi a Genova Nervi

La rinuncia e il non-attaccamento nel pensiero buddista tibetano

Venerdì sera sono finalmente tornato da Bruxelles, in realtà sono solo stati pochi giorni ma… casa è sempre casa 🙂 E poi con tutti questi animaletti ad aspettarmi, compagna a parte naturalmente, come potrebbe non mancarmi? 😉

Tom, Julius e SissiVolevo brevemente parlarvi del concetto buddista di “rinuncia”. La rinuncia buddista, il “non attaccamento”, è stato spesso mal inteso e di conseguenza osteggiato dal mondo occidentale.
“Non attaccamento” non significa rinuncia ai piaceri e alla comodità come generalmente crediamo, forse anche perché condizionati dal pensiero cristiano; la rinuncia e il non attaccamento si riferiscono all’approccio mentale non solo a piaceri e comodità, ma a tutto, proprio tutto ciò che esperiamo in questa vita.
Poniamo che siamo riusciti finalmente a comprarci una TV LCD o al plasma da 42″. Un giorno, scaduta la garanzia, la TV si guasta e non abbiamo soldi per ripararla o comprarne un’altra. Ecco… è in questo momento che si capisce quanto siamo o meno “attaccati” ad essa: se siamo disperati per l’avvenuto, perché non possiamo più godere di questa TV, allora eravamo emotivamente e mentalmente attaccati ad essa, dipendevamo da essa, e il piacere che abbiamo provato quando siamo riusciti a comprarla non era che l’anticipazione, o se vogliamo perfino la causa, della sofferenza che proviamo adesso che non l’abbiamo più.
Non è lo “avere” a
d essere male di per sé, ma piuttosto il valore che consapevolmente o inconsapevolmente ad esso attribuiamo. In genere noi attribuiamo un eccessivo valore ad ogni cosa, questo causa attaccamento e l’attaccamento provoca sofferenza: sofferenza nel momento di perdere quella cosa, cosa che prima o dopo accadrà inevitabilmente, sofferenza e paura per il pensiero che questo potrebbe succedere.
Siamo capaci di godere delle nostre cose, delle nostre conoscenze, dei nostri affetti, della nostra stessa vita, senza essere attaccati ad esse? No, suppongo che pochi di noi lo facciano. Ma è la motivazione che conta. Forse non ci riusciamo per ignoranza, perché pensiamo che “non essere attaccati” significhi non tenere in conto i nostri oggetti, non amare davvero, non impegnarci, ma è proprio il contrario: è quando diamo il giusto valore, scevri da preoccupazioni e paure, a riuscire davvero a godere di ciò che abbiamo e ad avere le maggiori probabilità di ottenere ciò che vogliamo.
Anche se, forse, potremmo scoprire che, avendo dato loro il giusto valore, certe cose non le desideriamo più, e invece ne desideriamo altre alle quali in precedenza non pensavamo, come la serenità e la compassione.

tramonto a genova nervifoto mia: tramonto a Genova Nervi

200.000 visite

Un po’ a sorpresa mi sono accorto che il mio blog ha ormai superato le 200.000 visite  😮 Naturalmente sapevo che questo numero era in avvicinamento, ma negli ultimi giorni avevo un po’ perso di vista il contatore. Quando raggiunsi le 100.000 visite, nel marzo 2009, ne approfittai per mettere un post dal titolo Quando vinci, festeggia!  😀 ma oggi, a differenza di allora, non la percepisco piu’ come una “vittoria”, piuttosto guardo questo nuovo, rotondo numero con… affetto, pensando che certamente di queste 200.000 visite una parte sono state di persone a me care, passate magari per vedere e capire come stavo, o anche solo per curiosita’; un’altra parte e’ stata di chi, scoprendo il blog, l’ha apprezzato ed e’ tornato a leggerlo con una certa frequenza, come avesse assunto per la sua vita una qualche importanza; altre ancora sono state persone che magari sono passate solo saltuariamente o per un breve periodo, forse una sola volta, ma magari ne hanno comunque tratto qualcosa di importante per la loro vita. Certamente c’e’ anche chi ha solo letto, non scrivendo mai: qualcuna di queste persone ogni tanto si e’ fatta viva, con un commento singolo o anche via e-mail… mi ha sempre fatto particolarmente piacere conoscerle  🙂
Ricordo anche quelli che hanno provato a… turbare la quiete del blog 😛 Presto o tardi
figure come queste capitano nei “luoghi frequentati”, inutile prendersela, anche perche’, guardate, qualcosa di positivo – se si evita di prenderla male e fare muro-contro-muro – di solito la lasciano anche loro.
E ci sono certamente stati anche tanti che il blog non l’hanno apprezzato e, dicendosi “ma che e’ sta roba?”, non ci sono piu’ tornati. In fondo ne hanno fatto parte anche loro, pure se solo per un istante 😉

 

In piu’, questi due anni e quattro mesi iniziano ormai ad essere anche un pezzo della mia storia personale  🙂
Me ne sono capitate di cose in questo lasso di tempo!  😉 Certo, molti di questi avvenimenti, e degli stati d’animo che conseguentemente vivevo, non sono stati scritti in “chiaro”, ma io li riconosco ugualmente nei post pubblicati e… anche questo mi fa tenerezza oggi
🙂
Questo tempo e’ stato un po’ lo specchio degli anni dal 2002 in poi, nei quali la mia vita e’ cambiata drasticamente, anno dopo anno, rivoltata come un calzino. Non solo in senso negativo, eh! Ogni evento e’ importante per la vita, al di la’ della positivita’ o, purtroppo, negativita’ che reca. Ogni evento e’ vita.

A volte mi e’ parso di aver iniziato a vivere solo nel nuovo millennio, anche se so che in fondo non e’ cosi’: la vita precedente e’ stata parimenti importante, solo ha avuto meno eventi di enorme peso da tenere – volente o nolente – a mente.
Voglio abbracciare chiunque passi di qua e legga queste righe, ma anche tutti coloro – e sono tanti – che ormai non lo fanno piu’, anche quelli che magari sono passati una sola volta: non credendo che la virtualita’ sia estranea alla realta’, ognuno di voi, ogni vostro passaggio, e’ stato un pezzo di vita. Della mia vita, quanto della vostra. Ed ha inciso in entrambe, per quanto piccola possa sembrarci adesso ognuna di queste singole incisioni.
Un abbraccio di cuore a ognuno di voi!
🙂

 

200000

Cogliere l’attimo – Le virtù del guerriero

LE VIRTU’ DEL GUERRIERO
di Paulo Coelho


GuerrieroUn Guerriero della Luce ha bisogno di pazienza e di rapidità al tempo stesso. I due maggiori errori sono: agire anzitempo, o lasciare che l’opportunità si allontani.
Per evitare questo, il Guerriero affronta ogni situazione che si presenta come se fosse unica, e non applica formule, ricette, od opinioni altrui. Solo lui dovrà rispondere delle proprie azioni, ed è consapevole di questa responsabilità.
Il califfo Moauiyat domandò a Omr Ben Al Aas quale fosse il segreto della sua grande abilità politica: «Non ho mai affrontato una questione senza aver prima studiato la ritirata; d’altro canto, non ho mai affrontato qualcosa e immediatamente dopo desiderato di allontanarmene di corsa», fu la risposta.

 



Commento di Wolfghost: Il “cogliere l’attimo”, l’arte di non rimandare, è da sempre uno degli argomenti a me cari e che ho proposto più spesso. Ciò che puntualmente succede è che qualcuno, sentendosi ingiustamente toccare, salta su dicendo che è giusto riflettere e non ci si può muovere prima di essere pronti. Ed è vero che “il momento giusto”, “l’attimo da cogliere”, non capitano necessariamente ai primi istanti. Certo, possono esserci dei treni che non ripassano e che bisogna assolutamente prendere al volo non appena si presentano. Ma in genere “cogliere l’attimo” non significa buttarsi allo sbaraglio, agire con incoscienza, vuol dire solo rendersi conto che il momento dell’azione è arrivato e che attendere ancora è controproducente, se non fatale, per l’obiettivo che stiamo perseguendo.
In genere si dice che il modo migliore sia valutare pro’ e contro, ma ciò non può continuare all’infinito poiché i pro’ e contro evidenti non sono difficili da vedere, e gli altri… evidentemente non sono poi così importanti da riuscire a far muovere i piatti della bilancia. Pro’ e contro ci saranno sempre, è rarissimo trovare una scelta che non comporti un po’ degli uni e un po’ degli altri. Quindi è meglio “staccare razionalmente”, cercare di non pensarci, e aspettare di “sentire” qual è la decisione migliore. Non c’è nulla di magico in questo: il nostro inconscio elabora tutte le informazioni che abbiamo ad esso fornito, e, quando è pronto, ci restituisce la soluzione sotto forma di intuizione, di forte sensazione.
Poi l’importante sarà muoversi e non ricadere, al ritorno della mente razionale, nel dubbio, bloccandosi nuovamente.
Certo, esiste la paura di sbagliare, del risultato, ma a parte che in genere l’errore più grosso, quello di cui maggiormente dovremmo aver paura, è l’immobilità, dovremmo pensare che nella vita non esiste decisione sicura, e comunque, nella maggior parte dei casi, esiste la possibilità del ritorno o di un nuovo cambio di rotta. Per cui una decisione, perfino sbagliata, è quasi sempre migliore del rimanere nell’indecisione.
Senza contare l’enorme fonte di stress intrinseca nell’indecisione stessa.

C’è un altro punto affrontato da Coelho, anche di questo ho parlato più volte: ascoltare tutti per avere la possibilità di vedere strade che magari non abbiamo scorto da soli, ma… poi decidere in autonomia, con la propria testa.

lupo osservatore

Lascialo cadere – l’opportunismo

– LASCIALO CADERE –

vaso porcellanaUn ricco mercante si recò un giorno dal Buddha.
“Dimmi che cosa devo fare per ottenere la liberazione” gli domandò offrendogli un vaso d’argento.
Il Buddha gli rispose: “Lascialo cadere”.
L’uomo lasciò cadere a terra il vaso.
Poiché il Buddha si era fatto silenzioso, il visitatore gli ripeté la domanda e, questa volta, gli offrì un piatto d’oro.
“Che cosa devo fare per raggiungere la salvezza?”
“Lascialo cadere” gli rispose l’Illuminato.
Il mercante lasciò cadere a terra il piatto.
Poi, visto che non gli veniva data altra indicazione, si decise a ripetere la richiesta, porgendo il dono più prezioso che aveva: un diamante.
Il Buddha gli rispose: “Lascialo cadere”.
Il visitatore pensò di essere stato preso in giro.
Indignato, si alzò di scatto per andarsene.
Fatto qualche passo, si voltò a dare un ultimo sguardo al Buddha.
E questi gli disse: “Lascialo cadere”.
All’improvviso il mercante capì.



Commento di Wolfghost: Il mercante capi’ che la conoscenza, la liberazione, non possono essere acquistate; esse possono solo essere acquisite attraverso la presa di consapevolezza, che arrivi da parole, intuizioni o esperienze. Il discorso puo’ essere pero’ esteso ai rapporti con il prossimo, alla salute, alla vita in generale. D’altronde la spiritualita’ non dovrebbe essere percepita come qualcosa di separato dalla nostra esistenza, ma piuttosto come sua componente indissolubile.
Fin da piccoli ci viene insegnata una mentalita’ mercantilistica: per avere qualcosa dobbiamo dare, per avere affetto dobbiamo essere buoni, per avere rispetto dobbiamo essere generosi; cosi’ nel tempo ci facciamo idee quali “nessuno fa niente per niente”, se qualcuno ci fa una cortesia significhera’ che sta cercando di ottenere qualcosa. Ma potremmo arrivare a pensare che anche un “dono” della vita nasconda qualcosa, che prima o poi la vita stessa ci chiedera’ di “pagare”, e questa aspettativa potrebbe minarci la gioia e il godimento per il dono ricevuto. Quante persone ho conosciuto che non sapevano accettare i doni altrui o quelli della vita, cosi’ convinte che qualunque cosa andasse “guadagnato” con il sudore della propria fronte! E quanti, dall’altra parte (ma poi sono sempre gli stessi, a ben vedere), cercano di ottenere dando a piene mani, spesso per venire accusati di “voler comprare il prossimo”. Ammettiamolo: quanti di noi sentono o hanno sentito almeno una volta un senso di irritazione, di ingiustizia, perche’ comportandosi amorevolmente o generosamente non ottenevano altrettanto (a parer loro) dalla vita e dal prossimo? Invece di essere felici e soddisfatti per il fatto stesso di fare del bene, si sentono avvelenati per non averne ottenuto indietro almeno altrettanto.
I nostri nonni (e forse genitori, per i meno giovani) appendevano targhe in legno nelle loro case che dicevano “Fai il bene… e poi scordalo”; che volevano dire? Proprio questo: non e’ vero bene se ci si aspetta un “ritorno”.
E questo vale in tutto: amore, rispetto, fortuna, salute, conoscenza (intesa in senso spirituale). Chi si butta nella spiritualita’ per darsi un tono da santone, non cerca davvero la spiritualita’, e chi lo incontra non trovera’ saggezza nei suoi occhi.
Nel dare stesso e’ insita la soddisfazione e la gioia. Che poi, agendo in tale modo, generalmente si ottenga anche, dovremmo considerarlo solo “effetto collaterale”, e non obiettivo.


fai il bene