L’umorismo nell’arte del vivere – da un post di Donnaflora1968

Spesso ho scritto sull’importanza dell’ironia e, ancor di piu’, dell’autoironia, e anche sull’impatto positivo che hanno sulla qualita’ della nostra vita cose come il sorriso o il pensiero positivo. Tuttavia, se non erro (inizio ad essere qua da troppo tempo :-D), non avevo mai dedicato un post all’umorismo e all’impatto che ha nella vita, per cui, quando me lo sono ritrovato bello e pronto, mi sono detto “be’, questo lo devo postare anche da me!” ;-).

Per chi non lo conoscesse, consiglio vivamente il blog di Donnafloraricomincio a vivere“, e’ davvero ricco e spazia dalle storie di personaggi storici e opere, alle segnalazioni di canzoni e musiche, per finire con saggi personali e di “terze parti” (ovvero tratti da articoli) 🙂
Diciamo che il suo blog ha, soggettivamente e non oggettivamente, un solo difetto: e’ cosi’ prolifico che, per il mio modo di essere presente sul web, finisco per perdermi certamente qualcosa di buono 😐 Ma d’altronde se pubblicasse con i miei ritmi… finirebbe probabilmente per addormentarsi! 😀

E adesso il post sull’umorismo… 😉


L’umorismo nell’arte del vivere

bimbo

Gli angeli volano alto… perché si prendono alla leggera!

L’umorismo insegna a non identificarsi con un’idea stereotipata di sé, ma a riconoscere la propria identità più complessa, a cogliere le proprie contraddizioni e a sorridere di sé. E’ un’arte quella di imparare a vivere dosando nelle giuste proporzioni serietà e umorismo. La vita è una cosa seria, certo chi lo negherebbe mai, eppure maestri di tutti i tempi e di tutte le tradizioni accennano spesso, con un sorriso che sembra celare molto più di quanto esprime, al fatto che la vita è un gioco.
E anche il gioco è una cosa seria, provate a chiederlo ai bambini! Solo un paradosso può spiegare in profondità la natura di un esperienza così ricca come quella della vita, di cui siamo protagonisti e spettatori, per invitarci a trovare il giusto equilibrio.
E maestri di vita si rivelano questa volta i bambini che vivono pienamente un loro gioco, che siano nel ruolo delle “guardie”, che siano nel ruolo dei “ladri”, che facciano il “medico” o il “paziente”, in cui l’importante non è essere da una parte o dall’altra, l’importante è giocare a fondo la propria parte, recitarla bene, immedesimandovici con passione, senza però mai dimenticare che quello è solo il ruolo che si sta momentaneamente giocando, la propria vera identità e un’altra.
E’ lo stesso invito posto da grandi psicologi e filosofi. Il dottor Roberto Assagioli ha sempre posto una grande enfasi , nell’ambito del percorso di crescita personale, sul metodo della sdrammatizzazione e dell’umorismo.
“Molte persone, ha scritto, sono solite prendere la vita, le situazioni, le persone, con eccessiva serietà; esse tendono a prendere tutto in tragico. Per liberarsi dovrebbero coltivare un atteggiamento, più sciolto, più sereno, più impersonale.
Si tratta di apprendere a vedere dall’alto la commedia umana, senza troppo parteciparvi emotivamente; di considerare la vita del mondo come una rappresentazione teatrale in cui ognuno recita la propria parte. Questa va recitata nel miglior modo, ma senza identificarsi del tutto col personaggio che si impersona”.
La nostra vera identità non va ricercata nell’ “abito” che portiamo e neppure nell’intestazione del biglietto da visita o nell’entità del conto in banca, perché le cose veramente importanti della vita, della nostra vita personale, riguardano ben altro, riguardano affetti, emozioni, talenti più o meno sviluppati, valori e ideali, sogni e speranze. Queste sono le cose reali, le cose veramente importanti nella vita, l’ascolto e il rispetto delle quali determinano anche il grado di salute fisica e psichica, e questo è quello che forse già sappiamo ma che molto spesso dimentichiamo, soffrendo in modo esagerato per cose che sono poi facilmente ridimensionabili di fronte alle grandi questioni dell’esistenza. Ed è qui che l’umorismo si rivela a sua volta grande maestro perché aiuta a ridare giuste proporzioni ai diversi aspetti della realtà.
Il filosofo Hermann Keyserling aveva affermato, a questo proposito: “Osservando e vivendo la vita in modo ampio ed elevato si vede che essa ha dei lati seri, duri, dolorosi, ma anche degli aspetti lieti, lievi, luminosi e anche degli aspetti comici, buffi. Questi costituiscono il giusto contrappeso ed equilibramento di quelli. L’arte di vivere consiste nell’alternare opportunamente i diversi elementi e atteggiamenti; e il farlo è in nostro potere più di quanto si creda”. Troppa serietà denota anche troppa rigidità, incapacità di percepire il mondo nei suoi molteplici aspetti, nei diversi punti di vista, tra i quali ce ne sarà sempre uno che permetterà di sorridere. Per saper sorridere di se stessi occorre una grande apertura mentale e fiducia in se stessi, per non perdere la propria identità anche se per un momento si perde la propria dignità; per trovare la sfumatura umoristica anche nella tragedia occorre una grande fiducia nella vita che non è mai veramente “contro di noi” anche quando gli eventi sembrano dimostrare il contrario.
C’è sempre una possibilità di vedere le cose anche in un altro modo, e a volte è anche l’assurdità di questo tentativo che fa sorridere, che fa ridere. E la realtà diventa allora più sopportabile, anche solo per il benefico effetto della risata.
Saper ridere può essere segno di grande maturità, ma bisogna fare una distinzione.
Vi è una differenza radicale tra comicità, nel senso di derisione, e umorismo.
La prima è antagonistica, aggressiva, spesso crudele; invece il secondo è pervaso di indulgenza, di bontà, di comprensione. Consiste nel veder dall’alto, nella loro vera luce e nelle loro giuste proporzioni le debolezze umane.
E il vero umorista sorride soprattutto di se stesso.

(da ” Essere” M. Danon)

gatto e scimmia

Sopravvissuto

Il titolo di questo scritto di Dave Windsor sarebbe stato “Hai più tempo di quanto immagini!”, ma, come potrete leggere, Dave è un sopravvissuto al cancro (ai polmoni), e poi il suo scritto coinvolge non solo il tempo, ma molti altri argomenti, per cui ho preferito usare il titolo che avete visto.
Ormai sono tante le persone che sopravvivono a questo male che voglio chiamare “temibile”, più che “terribile”; sono certo che molte di loro potrebbero scrivere le stesse cose di Dave e cose ancora più importanti. Mi piacerebbe però che la loro testimonianza potesse non solo dare speranza ad altri malati, ma spingere anche chi malato non è ad accorgersi di certe cose che, forse, da’ per scontato o sulle quali magari non si è mai fermato a riflettere…
Ed ora la parola allo scritto di Dave 🙂


HAI PIU’ TEMPO DI QUANTO IMMAGINI!
di Dave Windsor

Mi e’ capitato parecchie volte di constatare che non abbiamo abbastanza ore in una giornata per completare tutti i compiti a cui dobbiamo attendere. Ci portiamo il “lavoro” a casa. Dopo tutto, siamo la personificazione di cio’ che facciamo. Creiamo una fantasia. Ci scontriamo contro la realta’. Pensiamo a giochi complessi, idee promozionali, lottiamo con le tasse da pagare, sviluppiamo idee originali, e altro ancora. Messa in modo semplice, le nostre menti sono tassate oltre ogni possibile immaginazione. Gli amici che sanno che lavoro in una radio dicono: “Deve essere folle stare “accesi” per tutto il tempo!”
Bene… era cosi’ per me una volta, ma ora non piu’. Sono un sopravvissuto ad un tumore. Il cancro e’ stato il mio piu’ grande insegnante. Essere un sopravvissuto mi ha insegnato piu’ cose riguardo alla vita di quante non ne potessi immaginare.
Una cosa in particolare che mi sovviene e’ come tu tratti la persona piu’ importante della tua vita. Te stesso. Cosa intendo dire? Serve avere la giusta attitudine. Se non sei felice per cio’ che stai facendo, allora devi scoprire perche’ non sei felice. Tutti abbiamo delle pressioni da soddisfare. Cosa ti rende diverso rispetto agli altri? Se non ami ogni giorno, allora devi scoprire questo per prima cosa.
Fai per prima cosa cio’ che e’ difficile. Se ci riesci, il resto e’ facile. L’ “universo” mantiene un equilibrio nelle cose e se sei sbilanciato l'”universo” te lo fara’ sapere. Ed e’ dura, quando succede. Allora cosa e’ che ti ha preoccupato di recente? Attacca la cosa che ti sta preoccupando di piu’. Ti sta assorbendo energie preziose. Quando la tua macchina funziona male, la porti dal meccanico. Fai lo stesso con la tua persona!
Tu hai piu’ tempo di quanto tu possa immaginare. Puo’ sembrarti di non avere abbastanza tempo per completare i compiti che ti vengono affidati, ma se diventi cosciente del valore di un secondo, minuto, ora, giorno, settimana… allora potrai capire quanto tempo hai davvero a disposizione. Quando riesci a realizzarlo ti sembrera’ stupefacente.
Tratta gli altri come vorresti essere trattato! Se pianti erbacce nell’orto, non aspettarti di raccogliere patate. E’ nella natura delle cose. Se tratti la gente come degli scarti, otterrai PARECCHIO concime in cambio. Non credermi, provaci!
Non dare la colpa ad altri per i tuoi problemi! Questa e’ la scusa piu’ usata nel mondo. Se hai un problema, per prima cosa te lo sei creato per imparare una lezione. Il tuo mondo e’ un grosso specchio della tua esistenza. Cosa ti stanno urlando che tu non riesci ad ascoltare?
Non accusarti per i tuoi problemi! Eh? Quante volte ti sei detto “Sono stato uno stupido!” Devi capire che tu sei “perfetto” cosi’ come sei. Non hai bisogno di niente altro. Se non sai come creare un vaccino per l’AIDS e’ perche’ sei stupido vero? Nossignore, e’ solo che non hai la capacita’ necessaria per fare una scoperta del genere.
La tua vita non e’ molto diversa. Che tipo di capacita’ ti servono?
Tutte queste cose riguardano la vita di ogni giorno. Come sopravvissuto ad un tumore posso dirti che sono criticamente importanti, e poco importanti allo stesso tempo. Se non sei gentile con te stesso, non potrai esserlo nei riguardi degli altri. Se non ti ami incondizionatamente, non puoi amare gli altri. Se non hai tempo per te stesso, non potrai averne per gli altri.
E… Tu hai piu’ tempo di quanto immagini!

orologio

La favola di Acaro – di Massimo Gramellini

Mi spiace un po’ ridurre a tre giorni la permanenza del post dedicato al mio adorato Julius 😀 ma facendo due calcoli, visto anche che nel fine settimana potrei avere difficolta’ a postare, anticipo ad oggi il post successivo 🙂
Si tratta di una breve fiaba scritta da Massimo Gramellini ripubblicata sul blog Aria da zeroschemigh 😉 Anche la foto che chiude il post l’ho tratta da li’.

Prima la fiaba, poi un breve commento…


La favola di Acaro
Massimo Gramellini

Acaro era un bambino affamato di vita. Ogni mattina a colazione mangiava due libri, uno salato e uno dolce. Il libro salato aveva la copertina scura e raccontava tutto il male del mondo. I suoi ingredienti erano le tragedie, i soprusi, le crudeltà. Il libro dolce, invece, aveva la copertina chiara e sapeva di miele. Parlava di sogni, di amore, delle antiche verità che l’uomo aveva dimenticato. Acaro cresceva sano e sereno. Ma una mattina non trovò più sulla tavola la razione quotidiana di pagine al miele. Per diventare adulto è dei libri scuri che hai bisogno, gli spiegarono i genitori […] Perciò acaro incominciò a mangiare soltanto il male […] L’umore era sempre basso, e rassegnati i pensieri […] Una mattina in cui rovistava in soffitta alla ricerca di qualche sapore che li impressionasse il palato, vide brillare una copertina chiara. Apparteneva a uno dei suoi vecchi libri. Ricominciò a sgranocchiarlo e, frase dopo frase, il suo viso riprese colore. Fu così che Acaro imparò a digerire la vita. Perché i libri scuri ti insegnano ad affrontarla. Ma solo quelli chiari ti ricordano che è trasformabile dai sogni”…

l’Ultima riga delle favole

massimo gramellini


Commento di Wolfghost: La penso esattamente cosi’. E’ un altro modo di dire cio’ che ripeto da tempo, a volte imbattendomi in qualcuno che non ci crede: da tutto si puo’ imparare, sia dalle cose cattive che da quelle buone. Cio’ che conta e’ lo spirito, il desiderio di migliorarsi o comunque di imparare; a volte perfino solo la curiosita’, il voler capire… in ogni caso cio’ che chiamo “vivere con gli occhi aperti”, senza rifiutare cocciutamente e arrogantemente ogni cosa si discosti dal nostro abituale modo di vivere, cosa peraltro umana ma… utopistica: per quanto si protegga il proprio orticello, prima o poi qualcosa interverra’ a turbarne la quiete. Non possiamo rifiutare di cambiare, ma possiamo cercare il piu’ possibile di guidare il cambiamento, o almeno di imparare da esso.
Non e’ necessario macerarsi sempre nel dolore per crescere. Certo, il dolore puo’ essere un grande insegnante a volte, ma non e’ il solo, e bisogna tenere a mente che se si accetta di crescere solo attraverso di lui… il prezzo da pagare e’ molto alto.

ponte sul mare

Rispettare le età della vita – con uno scritto di W. Timothy Gallway

rosaQuando piantiamo una rosa, notiamo che rimane assopita per lungo tempo nel seno della terra, ma nessuno osa criticarla, dicendo “non ha radici profonde”, “manca di entusiasmo nel suo rapporto con la campagna”. Al contrario, la curiamo pazientemente, con acqua e concime.
Quando germoglia la nuova piantina, nessuno pensa di condannarla perché fragile, immatura, incapace di rallegrarci immediatamente con le rose che stiamo aspettando. Al contrario: ci meravigliamo per il processo della nascita delle foglie, seguito dai boccioli e, il giorno in cui spuntano i fiori, il nostro cuore si riempie di gioia.
Eppure, la rosa è rosa dal momento in cui mettiamo la talea nel terreno fino all’istante in cui, trascorso il suo periodo di splendore, finisce per appassire e muore. A ogni stadio che attraversa – talea, germoglio, bocciolo, fiore – esprime il meglio di sé.
Anche noi, nella nostra crescita e nel nostro continuo mutamento, passiamo per vari stadi: dovremmo imparare a riconoscerli, prima di criticare la lentezza dei nostri cambiamenti.

W. Timothy Gallway


Commento di Wolfghost: quanti di noi non sono stati o non sono capaci di accettare le diverse fasi della propria vita? A partire dai ragazzi, dagli adolescenti, che non vedono l’ora di crescere per poter essere indipendenti, per finire a chi si vede entrare negli “anta” o arrivare all’anzianità e alla vecchiaia, chi, insomma, non sa invecchiare.
A parte che l’alternativa all’invecchiamento è ben peggiore, comunque l’avanzare dell’età è qualcosa che, almeno ancora per queste generazioni, non si può evitare, quindi meglio accoglierla con ciò che di buono ha da portare e… dimenticare ciò che di buono si porta purtroppo via.
Ogni età ha le sue cose buone e le sue difficoltà da superare. La vecchiaia porta acciacchi a volte molto dolorosi e apre la strada, purtroppo, a malattie serie. Porta però saggezza e “libertà” dalle necessità delle età precedenti; una… lentezza che permette di godersi le piccole cose che la vita offre. La gioventù, come a volte i passaggi d’età importanti, porta confusione, difficoltà psicologiche nella ricerca della propria strada e dimensione, ma anche la possibilità di costruire il proprio futuro con le proprie scelte e, naturalmente, l’energie per farlo.
I passaggi intermedi, per così chiamarli, non sono da meno: ognuno di essi porta profondi cambiamenti nelle nostre vite, cambiamenti che spesso non sono semplici ne facili da accettare e sostenerle. Ma per chi vuole vedere, esso porta anche il ricordo dei successi ottenuti e la responsabilità delle scelte che ancora si devono affrontare.
Bisogna avere comprensione e rispetto per tutte le fasi della vita, anche perché, sperabilmente, ognuno di noi sarà presto o tardi tenuto ad affrontarle tutte.

alberi

Il coraggio di essere se stessi – un pensiero di Giorgio Ceredi

Con grande piacere voglio condividere questo pensiero di Giorgio Ceredi che l’amica Donnaflora1968 ha proposto sul suo blog poco tempo fa. Il blog di Donnaflora, Ricomincio a vivere, è ben frequentato, ma molti dei nostri amici di blog non sono in comune, per cui credo che molti tra voi non abbiano avuto occasione di leggere questo splendido pezzo…


Un re andò nel suo giardino e trovò alcuni alberi e delle piante morenti. Diversi fiori erano già appassiti. La quercia disse che stava morendo perché non poteva essere alta come il pino. Osservando il pino il re lo trovò sofferente perché si riteneva incapace di produrre grappoli come la vite. E la vite credeva di morire perché non riusciva a fiorire come la rosa. Infine scoprì una pianta, la viola, fresca e vivace come sempre. Il re, piacevolmente sorpreso, le chiese: “Perchè tu stai così bene mentre gli altri soffrono?” La viola rispose: “Mi è sembrato scontato che quando mi hai piantato tu desiderassi una viola. Se avessi voluto una quercia, un pino o una rosa avresti piantato quelle. Allora ho pensato. Visto e considerato che non posso vivere diversamente cercherò di essere me stessa al meglio possibile.

“In cerca di ricompense, che a volte si schiudono come boccioli e a volte si nascondono come cristalli nelle pietre. Il viaggio è difficile e talvolta l’eroe si siede sfiduciato, con la testa tra le mani. Ma l’eco che stava inseguendo, prima o poi, ricompare. E la forza ritorna nei pensieri, come vento fresco nell’afa, e gli occhi puntano una nuova meta, al di là della soglia, dove si vede, in lontananza, una luce…”

Superare la paura di non essere come gli altri ci vogliono e provare a schiudere la nostra musica interiore; cos’è, in fondo, tutto questo se non un cammino verso la vita e la libertà?
(Giorgio Ceredi)

foglieChiudo con il commento che lasciai sul blog di Donnaflora: Molto bello questo estratto  😉 Aggiungo che, oltre il coraggio, ci vuole anche l’intelligenza di essere sé stessi, capendo proprio ciò che è espresso nel testo: che ognuno di noi è perfetto di per sé, gli altri ci possono servire da stimolo, mai come oggetto di invidia  🙂

Equilibrio

Secondo lo yoga, per restare in equilibrio quando si sostiene una posizione precaria è bene fissare un punto sul pavimento distante da noi all’incirca un metro e mezzo: guardare troppo vicino farà perdere l’equilibrio; guardare troppo distante, magari all’orizzonte, non sarà di aiuto per stabilizzarsi.
Ciò è vero anche quando si guida: quando si è spaventati o preoccupati, ad esempio perché si sta sorpassando un TIR, perché si entra in una galleria o perché si deve fare un tratto di strada in retromarcia in una strada stretta, l’errore più comune è guardare nelle immediate vicinanze dell’auto. L’auto tende sempre ad andare dove si guarda, quindi meglio guardare sempre avanti a noi, nella direzione dove vogliamo andare e non negli immediati pressi del mezzo. Ma anche guardare troppo distante potrebbe creare problemi, poiché la strada potrebbe non essere sufficientemente rettilinea. La buona e saggia “via di mezzo” del Budda può essere d’aiuto anche in questo caso.
Avete mai provato a sistemare un quadro in modo che sia dritto, o una panca in palestra affinché sia correttamente posizionata davanti ad un attrezzo? Allora vi sarete probabilmente accorti che è meglio distanziarsi un poco per capire se il quadro è dritto o la panca allineata.
Così è la nostra vita, sono le nostre attività e le relazioni col prossimo. Giusto è goderne appieno, ma quando si tratta di sceglierle o direzionarle, meglio sarà guardarle dalla giusta distanza, non troppo vicini, non troppo distanti. Poi si sarà di nuovo liberi di riavvicinarsi ad esse.

posizione dell

Grandi avvenimenti e cambiamento

Si dice che solo i grandi avvenimenti possono dare il via ad un sostanziale cambiamento, eppure ognuno di noi ha attorno a se’ esempi che dimostrano che non sempre e’ cosi’. Ci sono persone che – non importa se e’ stato positivo o negativo – non colgono nell’avvenimento alcuna “occasione” per cambiare: magari hanno un periodo di riflessione, ma presto o tardi tornano sempre alla vita ed al modo di pensare precedenti.
Ci sono invece persone che scorgono occasioni di cambiamento anche in piccole cose, in piccoli avvenimenti che ai piu’ passerebbero inosservati.
La differenza tra queste due categorie di persone e’ solo il fatto di essere o meno pronte a cambiare: chi e’ pronto a farlo non ha bisogno di un vero segnale dall’esterno, gli bastera’ poco per fare quel passo che sente di volere, o dovere fare, ed anche un minimo evento funzionera’ come agente catalizzatore.
Aggiungo che non solo le persone sono diverse, ma perfino ognuno di noi e’ diverso nel corso delle varie fasi della propria vita. Possiamo avere periodi, generalmente seguenti ad una lunga fase di stabilita’, dove cambiare ci risulta particolarmente difficile. Altri nel quali cambiamo continuamente, a volte apparendo perfino frenetici nel nostro desiderio di cambiare.
Ci fu un periodo dove la mia vita fu vicina ad un “punto di rottura”. Dovevo necessariamente agire, altrimenti avrei fortemente rischiato di cadere in un vortice senza ritorno. Pero’ non mi muovevo, restando pericolosamente vicino a quel punto di non ritorno.
Qualcuno in quel periodo mi disse (anzi scrisse) “l’immobilismo diventa colpevolezza”. Pur non riferendosi espressamente a me o alla mia situazione, questa semplice frase, caduta nel momento perfetto, ebbe per me un effetto catartico estremamente potente e… finalmente mi decisi a compiere i passi che sapevo di dover compiere.
Probabilmente in una fase diversa della mia vita quella frase avrebbe avuto la stessa importanza di molte altre e l’avrei in breve dimenticata.

Purtroppo, anche se in fondo e’ proprio la parte bella dell’essere vivi, siamo per lo piu’ esseri emozionali, esseri che riescono ad agire o reagire solo cavalcando l’onda di emozioni forti. Sarebbe molto meglio sfruttare maggiormente le nostre capacita’ logiche: quasi sempre sappiamo cosa andrebbe fatto, eppure spesso non riusciamo a farlo fino a quando non siamo obbligati dalle circostanze.
Con il rischio che sia troppo tardi.

indeciso

Sfide

In attesa di riprendere il racconto che avevo iniziato (“L’ultima sfida”… a proposito, lancio un sondaggio: secondo voi lo riprendero’ davvero prima o poi? :-D), volevo parlare di quello che ritengo essere un modo di affrontare la vita, ovvero prendendo i suoi imprevisti e i nostri impegni, grandi o piccoli che siano, come sfide.

In genere sono due i principali fattori per cui le nostre vite finiscono per arenarsi: la paura e la pigrizia.

A volte temiamo cio’ che dobbiamo affrontare e tendiamo percio’ a rifuggire da esso, pur sapendo che prima o poi ci verra’ presentato il conto. Cio’ che ho imparato nel corso della vita e’ che, molto spesso, piu’ tardi arriva il conto, piu’ salato esso e’. Ecco perche’ ritengo che bisognerebbe sempre affrontare, senza rimandare ad un domani che di solito non e’ mai “domani”, quel qualcosa che sappiamo dover affrontare.
Mi sembra gia’ di sentire qualcuno pensare “eh, ma non sempre e’ meglio anticipare l’azione!”, ed e’ vero. Ma io qui non parlo necessariamente di “azione”: “affrontare un problema” puo’ significare anche decidere che il momento di affrontarlo non e’ ancora giunto, che ci sara’ un istante piu’ propizio. Cio’, tuttavia, non deve assolutamente essere fatto per evitare di affrontare il problema stesso, ma sulla base di indicazioni reali, pratiche, precise e tangibili.
Non si affronta invece il problema quando lo si lascia in sospeso, quando una reale decisione non viene presa ma perennemente rimandata, forse sperando che nel tempo si risolva da solo.

Simile e’ l’effetto della nostra accidia. C’e’ qualcosa che dobbiamo fare ma gia’ l’idea di doverci buttare in quel qualcosa, un lavoro ad esempio, ci stanca. Immaginiamo quel problema come fosse un’immensa montagna da scalare, una montagna che ci sfianchera’, ci togliera’ energie, tempo, vita. In realta’ pero’ quel lavoro va fatto, c’e’ poco da dire: affrontarlo stancamente non fara’ altro che prolungarlo, trasformandolo in una lenta agonia frammista di noia e preoccupazione. Ogni giorno che ci separa dal suo termine, invece di essere vissuto come un sollievo per l’avvicinarsi della meta, ci stanca ancora di piu’. Non se ne puo’ davvero piu’.

Vivere in questo modo, con questo lento e penoso trascinamento, e’ davvero un non vivere, un concentrare tutta la nostra vita nei soli momenti di “hobby”, magari pochi e mal vissuti, visto che gia’ pensiamo che finiranno…

Imparare a vivere entrambe le situazioni come fossero sfide da vincere, da’ certamente una carica ed una vitalita’ in piu’, che vivere nella continua ricerca di evitarle.

Spesso scopriremo che cio’ che ci faceva paura non e’ poi cosi’ brutto, e che comunque il solo fatto di esserci mossi, di aver avuto il coraggio di uscire finalmente dalla nostra tana, ci avra’ liberato dall’angoscia e dato forza e convinzione nelle nostre possibilita’.

Altrettanto spesso, il buttarci nell’azione ci fara’ uscire dalle pastoie della noia e della preoccupazione, che a volte sembrano proprio nutrirsi della nostra vitalita’, lasciandoci senza forze.

E’ possibile considerare tutto come un’eccitante sfida, piuttosto che come un pesante dovere? Certo, e’ solo questione di rappresentazioni mentali. Sfidare se’ stessi, dimostrando che si puo’ essere migliori, e’ sempre possibile 🙂

P.S.: visto la figuraccia fatta quest’anno, fatemi rappresentare il post sulle “sfide” ricordando questa splendida partita 😀 Ehm… io comunque avevo solo 4 anni, eh! 😛

Scetticismo e paura di credere

Sono stato per lunghi anni, da quando ne avevo 18 fino ai 37, un “ricercatore dell’anima”, incuriosito tanto dall’esoterismo quanto dalla psicologia del profondo, affascinato in particolar modo quando scoprivo in essi percorsi paralleli, ma sempre con un nocciolo scettico che mi impediva di cadere preda di facili entusiasmi. In seguito a disavventure sentimentali, lutti e momenti difficili, ho avuto la mia pausa, durata quasi 4 anni. Adesso, a poco a poco, quella sete di conoscenza, quella voglia di chiudere il cerchio, si stanno di nuovo facendo strada…

Così scrivevo nel mio profilo nel “lontano” settembre 2007, in procinto di aprire il mio blog 🙂

Spesso sono stato accusato, anche qui su Splinder, di essere una specie di miscredente, colpevole di non credere ciecamente a tutti i fenomeni paranormali, ai miracoli, alle convinzioni altrui riguardo alla fede, alla vita dopo la morte, al destino, ad un… ordine superiore precostituito.
Insomma, accusato di “non comprare a scatola chiusa” 😐

Queste persone però non si rendono conto che lo scetticismo non solo non è una scelta, ma certamente non è nemmeno la soluzione più “facile”. Al contrario.
Per chi “crede”, tutto è più facile: la vita ha un senso, perfino quando ci crolla addosso e tutto va male. Perfino la morte, se la fede è vera, non fa paura e non mette angoscia: essa è solo un passaggio.

In effetti tante volte ho pensato che mi avrebbe fatto comodo – e molto – non avere questo “nocciolo scettico”; tutta la mia vita sarebbe stata più semplice, tutte le difficoltà più sopportabili.

Come se non bastasse, notate che “essere scettici” non significa “non credere”, ma semplicemente avere dei dubbi, dubbi che possono essere più o meno “sani” a seconda del bene e del male che apportano, a sé stessi e agli altri.
E’ mia convinzione che la fede, come ho scritto, non sia una scelta, non si può “decidere” di credere. Sarebbe troppo facile, ed anche illusorio. In un certo senso possiamo dire che parte del mio scetticismo è determinato proprio dalla paura che nasce dall’idea di credere in qualcosa che, più tardi, possa scoprire essere falsa.

Molti anni fa, mio padre, che fu credente per tutta la vita e che a quel tempo aveva ormai varcato la soglia dell’anzianità, stava guardando l’ennesimo film pasquale sulla vita di Gesù. Ad un certo punto la sua espressione divenne seria e greve. Ci guardò, a me ad uno dei miei fratelli, e disse “Ma… e se ci avesse preso in giro tutti quanti?” 😀
Simpatico episodio, vero? 🙂 Simpatico, ma… voi cosa fareste se davvero, verso la fine della vostra vita, vi accorgeste che ciò che avete creduto, magari per “dogma” e non per vera fede, è falso o può esserlo? Non avete un’altra vita… e tutta quella che avete l’avete passata con una convinzione che adesso vi accorgete essere erronea 😮 Vero, almeno avete vissuto con serenità fino a quel giorno. Però la scoperta sarebbe “tosta”…

E’ facile “voler credere”. La vita è dura. Ci sono la malattia e la morte. Ci sono episodi talmente racappriccianti, come la morte per malattia di un bimbo, una calamità naturale che falcia migliaia di vite in un colpo solo, la perdita dei nostri cari, che hanno l’effetto di accrescere enormemente il nostro desiderio di aggrapparci ad una speranza, di avere una risposta.
Ecco, questo io mi sono sempre rifiutato di fare: credere per dogma, oppure farlo per consolazione.
Se un giorno crederò, quel giorno la mia fede sarà genuina.
Ma per ora ho solo dubbi. E mi va bene così, perché, come ho sempre scritto, “sono meglio mille dubbi che una sola, pericolosa, certezza”.

Lungi da me l’idea di togliere la speranza a chi ce l’ha. So, anche per esperienza personale, che chi “crede davvero” continuerà a farlo, non cambierà certo idea per questo post o per qualcos’altro che ho scritto. Anzi… mi viene il dubbio che chi mi ha attaccato in passato non fosse in realtà così saldo nelle sue convinzioni. Per questo mi ha attaccato: perché ha rifiutato l’idea di qualcosa che potesse mettere in dubbio ciò in cui vuole assolutamente credere. Chi è sicuro non teme il confronto. Anzi lo usa perché vuole che la sua fede possa “contagiare” gli altri. Non credete? In fondo molti tra voi hanno fatto proprio così.

Non sono un esponente del CICAP o simili: non respingo, a priori, nessuna ipotesi. Ne’ tento di far cambiare opinione a chi esprime la sua. Io non attacco mai la vera fede, anzi, sinceramente, la invidio.
Ma… i miei dubbi vanno rispettati quanto la fede di chi ce l’ha 🙂
Altrimenti torniamo dritti al medioevo e all’inquisizione.

inquisizione

Un giorno tutto questo non ci sarà più…

Numa e JuliusE’ un periodo davvero intenso, non riesco nemmeno a ritagliarmi le classiche pause da cinque minuti in ufficio e a casa… bé, i due (Julius e Numa) sono davvero uno spasso con le loro lotte in perfetto stile greco-romano per poterseli perdere! 😀

Sì, ammetto che un periodo piuttosto felice, e certamente so che va apprezzato pienamente, soprattutto dopo tanti momenti difficili e poco sereni che ho avuto, come tutti, nel mio passato.

Oggi mi è venuta un’immagine, collocata nel futuro, di come un giorno sarà questa casetta, ora così piena di vita… Un’immagine di lei, la casa, senza di me, senza di noi, magari con le ragnatele, spenta e grigia. E poi una nuova famiglia, nuovi inquilini, forse altri animaletti. Noi, tutti noi, io che scrivo, la mia compagna, i nostri adorati cucciolotti, voi tutti… non ci saremo più. Perché questa è la vita.
E prima di allora ci saranno state difficoltà, periodi pieni di nubi minacciose, di avversità da affrontare… so che ci saranno, e probabilmente nemmeno troppo distanti. Mi tornano in mente post che scrissi in momenti analoghi, come In attesa della tempesta, o Ritorno a casa

No, la mia non è incapacità di vivere il presente per il classico timore che possa svanire… anzi è il contrario: è l’apprezzarlo ancora di più nella consapevolezza che un giorno, inevitabilmente, finirà… in un modo o nell’altro. Allora mi potrà essere utile il ricordo dei momenti bui del mio passato che sarò riuscito a superare, grazie a scelte coraggiose, a reazioni importanti. Ma anche quando arriverà il momento in cui rialzarsi non sarà più possibile, questo non dovrà aver tolto il sale alle vita vissuta fino a quel momento, anzi… dovrà avergliene aggiunto.

“Il dolore di domani fa parte della felicità di oggi”, diceva Debra Winger a Anthony Hopkins in “Viaggio in Inghilterra”…