Paranormale: raccontate la vostra esperienza

Rieccomi! Ci sono ancora 🙂

Prima di tutto una buona notizia. Giusto un anno fa’ scrivevo un post dedicato alla difficile situazione lavorativa dell’Italia: Lady Wolf aveva appena lasciato il suo posto di lavoro perché insostenibile e, in un’epoca nella quale per i datori di lavoro un dipendente può essere trattato come si vuole “tanto un altro posto non lo trova”, a molti tale scelta sembrò quantomeno azzardata. C’è voluto tempo ma a ottobre Lady Wolf è tornata a lavorare, seppure per una sostituzione maternità e, proprio a gennaio, esattamente un anno dopo, è stata chiamata per un lavoro nel suo settore, a tempo indeterminato, proprio nella cittadina dove abitiamo (aveva mandato il suo curriculum più di un anno fa’ e ormai non ci pensava nemmeno più): niente più mezzi pubblici, niente più precarietà (OK, oggi non si sa mai, ma insomma… almeno per un po’ 😉 ) e… Tom e i mici saranno davvero contenti, ben due ore in pausa pranzo con la loro “mamma bipede” con libero accesso al parco per il primo e al giardino per i secondi! 😉

E adesso veniamo al tema del post. L’ho recuperato da febbraio 2008, qui trovate il link al post originale con i commenti dell’epoca: Paranormale: raccontate la vostra esperienza

Otto anni dopo, potrei raccontare diversi altri eventi “particolari” che mi sono accaduti, qualcuno l’ho già raccontato quà e là nel blog: la luce della cucina che si è spenta da sola il giorno in cui mio fratello è stato trovato morto (non era mai capitato prima e non è mai più capitato), la radio che trasmette “See you again” esattamente la prima volta che siamo passati in auto davanti all’uscita autostradale del paese dove nacque Julius, dopo la sua  morte, e così via.

Casualità? Vediamo ciò che vogliamo vedere? O… c’è davvero qualcosa di più?

———-

cerchi nel granoCome ho scritto nel mio profilo, mi sono spesso definito il “ricercatore perfetto”: qualcuno che ha grande curiosità e che vorrebbe fortemente trovare “prove” di qualcosa che “viva” al di la’ dei cinque sensi, ma che, al contempo, ha un nocciolo scettico che non è mai riuscito a eliminare. Quel nocciolo scettico, per un “ricercatore”, non è una maledizione (magari per chi vorrebbe semplicemente “credere”, si, invece…), è anzi indispensabile per l’oggettività del riscontro, altrimenti si correrebbe il rischio di credere a qualunque cosa venga propinata.
Diciamo che se mi vedrete scrivere “miracolo!!!“, bé… è probabile che davvero di miracolo si tratti! 😉

sfera di cristalloLa mia esperienza su Internet si è mantenuta sulla stessa falsariga; già da anni infatti ho notato che esistono siti “propagandistici” e poco obiettivi da ambo i lati: chi trova spiegazioni esoteriche ardite per spiegare il più piccolo degli eventi e chi, spesso con teorie ancora più incredibili, cercano solo di smontare i primi. Non ci credete? Provate ad andare sul sito del Cicap: alcune delle loro teorie “scientifiche” appaiono più balzane che ammettere l’esistenza di qualcosa che è al di là dei nostri sensi.

Prima di tutto, pero’, cos’è un fenomeno “paranormale”?
Bene, è evidentemente qualcosa che non può essere ritenuto “normale”, non è vero? 🙂 Ma “normale” per chi? Usando quali parametri? Non era forse incredibile immaginare le forze elettromagnetiche prima che queste fossero riconosciute e dimostrate? Eppure, ovviamente, esistevano già in natura, non è così? Per non parlare della Relatività o della Meccanica Quantistica…
E allora, perché non ammettere che possa esistere qualcosa a cui la scienza non è ancora riuscita ad arrivare?

La scienza degli uomini non è, curiosamente, come le loro leggi: per la legge – almeno nei paesi cosiddetti “civili” – la colpevolezza deve essere provata, ma se non lo è non vuol dire che ci sia innocenza, possono semplicemente mancare le prove dimostranti che essa sia tale.
Eppure, per la scienza, una cosa per essere vera deve essere dimostrata, e se non lo è, allora non è vera.

Non è curioso?

Questa pero’ non deve essere una buona ragione per credere a tutto…

CorvoEsempio 1: Premessa: le teorie animiste dicono che quando una persona muore, la sua anima ci mette tre mesi (mi pare…) per poter tornare a manifestarsi nel mondo come spirito.
Qualche mese dopo la morte di mio papà, iniziai a percepire uno strano suono in camera mia. Ogni volta che andavo a dormire… sentivo distintamente un rumore metallico, una sorta di “tlang!”, come se quell’asticella di metallo usata per tenere ferma una finestra aperta, sbattesse ogni volta contro il muro. Controllai tutto più e più volte: finestre aperte o chiuse, correnti d’aria, oggetti fuori dalla finestra che potessero produrre un rumore simile… tutto!
Ma non trovai nessuna spiegazione razionale… apparentemente.
Passarono i mesi e quasi mi convinsi che quello fosse un segnale di mio papà, una sorta di “buonanotte” prima della nanna 🙂
Divenne un suono amico e familiare.
Solo un anno e mezzo dopo, capii all’improvviso – chissà per quale strano collegamento mentale – che quel rumore era dovuto alla lampadina al neon che era vicina al mio letto: pochi minuti dopo che la lampadina veniva spenta, essa produceva quel rumore (un relè interno, forse?). Probabilmente gli addetti alla fabbricazione di tali lampadine sono perfettamente a conoscenza di questa cosa, ma tra gli altri… chi l’avrebbe detto? 🙂

gatto neroEsempio 2: Sempre anni fa’, direi una decina, considerando che ero in possesso del mio primo telefono cellulare, ero pronto per dormire. Ero già a letto e stavo per spegnere la luce. Improvvisamente mi voltai di scatto verso il telefono cellulare che era posato nel suo caricabatteria da tavolo a due-tre metri da me.
Sapevo che sarebbe squillato.
Non ricevevo mai telefonate a quell’ora ma… qualcosa mi costrinse ad aspettarmi quella chiamata. Pochi secondi dopo, il telefono squillò: era una mia amica che aveva subito un tentativo di stupro e che mi pregava di andarla a recuperare perché era scappata a piedi dalla casa in cui aveva subito il tentativo di violenza.
So che i telefoni cellulari GSM usano frequenze “sensibili” ad altri elettrodomestici (avente presente i classici disturbi a radio, televisioni… ?), ma quella sera… era già davvero tutto spento.

Potrei elencare tanti altri “piccoli” avvenimenti (e qualcuno grande…) che non sono mai riuscito a spiegare col buon senso. Ciò non vuol dire dover credere necessariamente all’aldilà purtroppo: ci possono essere spiegazioni comunque paranormali ma che non hanno bisogno di tirare in ballo la vita dopo la morte.
Quello della vita dopo la morte è il passo più difficile, perché di importanza capitale; per questo è più difficile crederci per chi non ha una “fede donata”: ammettere che esista la telepatia può non cambiarmi la vita; essere sicuro che non finirò assieme alla morte del mio corpo… è davvero altra cosa e… sì, potrebbe farlo.

Un esempio. Avrete tutti (ok… “quasi” tutti! 😛 ) sentito parlare dei fenomeni poltergeist, ovvero di quei rumori “impossibili” e quegli oggetti che si spostano e volano per le camere apparentemente da soli. Bene, essi sono spesso citati come prova dell’esistenza degli spiriti. Ma esiste una teoria, altrettanto “possibile” (o “impossibile”, secondo il Cicap 😀 ), che li spiegherebbe con l’energia telecinetica (la telecinesi è la capacità, volontaria o non volontaria, di spostare gli oggetti con la sola forza del pensiero); in effetti la grande maggioranza dei casi raccolti accade in case dove ci sono adolescenti, tipicamente irrequieti, e con perciò una grande e “disordinata” energia mentale. Non è “prova”, no, ma può essere già un indizio…
Sempre di fenomeno paranormale si tratterebbe. Ma mentre l’esistenza degli spiriti dimostrerebbe la vita dopo la morte… la telecinesi è ben lunga dal farlo.

Ma adesso, signori e signore, tocca a voi!!! Vi esorto a raccontare le vostre esperienze, con dovizia di particolari, se possibile! Sarò un opinionista (giudice non mi piace) severissimo… ma, prometto, possibilista! 😉

albero e luna

Pubblicità

Scienza, Universo, e l’arroganza della “specie eletta”

Da secoli, ormai si può dire da migliaia di anni, l’uomo si è autoproclamato come “specie eletta”. L’uomo è colui per cui l’universo intero è stato creato, colui che può usare e abusare di qualunque altro oggetto o forma di vita con cui venga in contatto, poiché gliene è stato dato il diritto da Dio in persona. Per difendere questa posizione, egli tira in ballo le sacre scritture o dati pseudoscientifici che ne dimostrerebbero la superiorità sul resto del creato tutto. Perché “pseudoscientifici”? Perché basati esclusivamente su quel minimo di conoscenze scientifiche spesso superate e estremamente incomplete eppure citate come, appunto, fossero la Bibbia. Peccato che oggi proprio la scienza ci dice ogni giorno di più quanto siamo trascurabili nell’universo e quanto poco sappiamo di come esso, e noi stessi, funzioniamo.

Provate a chiedere allo “uomo della strada” se l’universo è fermo o si sta espandendo. Ci sarà chi, pomposamente, vi dirà che al momento si sta espandendo ma che la velocità con cui lo fa sta via via diminuendo e, un giorno, inizierà a contrarsi fino a tornare ad implodere in un unico punto. Questa convinzione era un punto fermo della cosmologia fino a qualche decennio fa e si basava sulla logica: lo studio dei colori delle stelle diceva – e dice ancora – che le altre galassie si stanno tutte allontanando dalla nostra, dunque l’universo si sta espandendo; la logica faceva supporre che la massa delle galassie stesse, più numerose nella parte interna dell’universo che alle estremità, avrebbe un giorno invertito il processo grazie alla loro forza di gravità che avrebbe prima rallentato il processo di espansione e poi avrebbe iniziato quello della contrazione. Ma oggi, quello che l’uomo dava ormai per scontato, si è dimostrato falso. Con sorpresa ci si è accorti che l’universo non solo non sta rallentando, ma sta addirittura accelerando la sua espansione, ogni giorno di più.  Perché? Perché evidentemente non è vero che c’è più massa verso il suo centro rispetto alle periferie. Ciò è stato dimostrato quasi casualmente dallo studio delle galassie.

Ci si immaginava che le galassie, che sono ammassi di innumerevoli stelle, si comportassero come il nostro sistema solare: il punto centrale, con grande massa e perciò grande forza di gravità, si muovesse con relativa lentezza, mentre la periferia, molto meno ricca di materia, ruotasse di conseguenza molto più velocemente. Bé, l’osservazione dimostrò sorprendemente che così non era: tutto ciò che è in una galassia si muove alla medesima velocità 😮 Com’è possibile? L’unica spiegazione plausibile è che non è vero che il centro delle galassie contiene maggiore materia della sua periferia e abbia perciò maggiore forza di gravità. C’è insomma qualcosa in più delle sole stelle e pianeti, qualcosa in più della materia visibile. Da questa e da altre osservazioni sono nate le teorie della “materia oscura”, materia che non si vede ma c’è, e della “energia oscura”, qualcosa che non si vede ma c’è allo stesso modo. La materia oscura non si sa cosa sia ma gli scienziati hanno qualche supposizione. L’energia oscura… bé, non sia ha nemmeno idea di cosa sia, ma si sa che esiste per gli effetti che provoca.

Ecco perché l’universo esiste e rallenta: la materia oscura ha permesso alle galassie di consendarsi e non disperdersi, l’energia oscura di creare una forza di repulsione che si rafforza sempre più e che allontana la materia dal centro sempre più velocemente.

La cosa sconvolgente è che l’energia oscura costituisce grande parte dell’Universo, diciamo il 70%, la materia oscura un altro 25% e la materia convenzionale, quella che noi conosciamo, meno del 5%. La materia che noi vediamo, di cui pensiamo sia fatto l’universo e noi stessi, è… trascurabile nel mezzo di qualcosa che non capiamo.

E non è finita qua. Tra le teorie cosmologiche, sono sempre di più quelle che parlano di “multiverso”. Cos’è? E’ l’assieme di più universi. Sì, perché cosa ci fa credere che il nostro universo sia il solo possibile? La’ fuori potrebbero essercene a migliaia, a miliardi, che esistono contemporaneamente in spazi-tempo differenti. C’è la teoria delle “stringhe”, stringhe di “energia” che scorrono nello spazio; due di queste stringhe si sarebbero “urtate” e il risultato sarebbe stato quello di creare “un po’ di confusione” sulla loro superficie. Cos’è questa confusione? Il Big Bang, la nascita del nostro insignificante universo 😀

Insomma, nel medioevo l’uomo si era autoconvinto di essere al centro dell’universo, oggi sappiamo che il nostro pianeta è solo uno di quelli che ruota intorno ad una piccola stella della via lattea, la nostra galassia, dove ci sono milioni e miloni di altre stelle e, certamente, milioni di altri pianeti. La nostra galassia è solo una delle innumerevoli galassie che compongono l’universo che, a sua volta, è solo uno dei, probabili, milioni di universi che esistono. E chissà quanta “roba” c’è ancora che non comprendiamo e nemmeno immaginiamo che esista. La materia è una parte trascurabile dell’universo. Dunque lo siamo anche noi, o almeno, lo è il nostro corpo. Attorno a noi, in questo momento, c’è molto, molto, di più… solo che non siamo in grado di percepirlo.

Tutto questo per dire di quanto poco conosce oggi l’uomo. Possiamo dire che conosce molto di più di quanto conoscesse nel passato, ma tutto questo lo ha portato a comprendere che soprattutto sa di non sapere.

Chi ancora vuol credere di essere la specie eletta… faccia.

C.G. Jung e la spiritualità necessaria

Dopo 15-20 anni dalla prima lettura, ho da un po’ finito la rilettura del libro di Carl Gustav Jung “Ricordi, sogni, riflessioni” . E’ un bellissimo libro, una autobiografia più emozionale e psicologica che storica del grande psichiatra svizzero. Avevo deciso di soprassedere, ovvero di non pubblicare un post su questo libro poiché tratta di così tanti argomenti che sarebbe improponibile farne un riassunto in un post. Tuttavia vi posso scrivere dell’aspetto che, più di ogni altro, mi ha colpito in questa rilettura e che, molto probabilmente, non è affatto il medesimo di quelli che fecero lo stesso vent’anni fa’. D’altronde nella vita si cambia, non c’è dubbio, e sarebbe molto strano se in un libro del genere un giovane di venticinque anni trovasse interesse nelle stesse cose che colpiscono un uomo di quarantesette. Ho deciso di scriverne anche perché mi è già capitato di citare questo aspetto commentando post in diversi blog amici; credo dunque che potrebbe essere interesse di molte persone. L’avviso che voglio dare è che è già passato qualche tempo dal termine di tale rilettura e non citerò dunque Jung, non mi ricorderei le sue parole, di nuovo sarebbe impossibile ricordarsene dopo un libro del genere; il mio sarà piuttosto un mio personalissimo riassunto o, ancora più esattamente, il riassunto di cosa di esso è diventato “mio”, proprio dopo lunga riflessione.

Jung fu un discepolo, per così dire, di Sigmund Freud. Freud fu suo amico e mentore, ma il rapporto andò via via deteriorandosi a causa della divergenza di visioni che i due avevano della vita, della sessualità, della spiritualità. In estrema sintesi, Jung, pur riconoscendone la genialità, arrivò a non sopportare più la chiusura mentale di Freud che metteva al centro delle problematiche della psicologia umana la sessualità facendo derivare da essa, o per meglio dire da problematiche ad essa legate, tutto, anche la spiritualità, di fatto negandola. Jung invece sentiva che nell’animo umano c’era qualcosa che inevitabilmente verso la spitiualità lo spingeva, qualcosa di innato, di archetipo, che non poteva essere zittito per sempre senza causare quel senso di non-appartenenza, di vuoto interiore, che molti di noi conoscono e che solitamente attribuiscono, cercando di darsene spiegazione razionale, ad altre cause. Via via poi che queste altre cause vengono risolte – se vengono risolte – un’altra causa, un altro capro espiatorio, viene trovato. E così via, senza risolvere mai definitivamente nulla e con anzi un crescente senso di frustrazione che aumenta sempre più l’angoscia del vivere.

Secondo Jung, la spiritualità è una componente indissolubile dell’uomo ed è proprio la sua negazione a gettarlo nello sconforto, nella disperazione. Addirittura pare di capire che per lui poco importava se l’oggetto della spiritualità fosse reale o meno, vero o falso: non seguirlo voleva comunque dire condannarsi ad una vita infelice.

Oggi viviamo in un periodo storico illuminista-materialista dove la spiritualità viene vista come superstizione dai più. Eppure proprio la scienza ci dice ed ammette che per moltissimi aspetti, dal microcosmo al macrocosmo, sappiamo di non sapere. Scoperte del secolo scorso, come la meccanica quantistica, ci dicono che nulla è come noi la vediamo, ma abbiamo preferito relegare queste ed altre scoperte in un ambito puramente scientifico, astratto dalla nostra vita che è rimasta materialista. Ci è stato insegnato qualcosa che ogni volta che tentiamo di credere ci dice “No, non è possibile, ti stai mentendo” per cui molti di noi non riescono più a ricollegarsi alla loro parte spirituale.

Eppure, a pensarci bene, Jung aveva ragione: che sia vera o falsa, quella corrente spirituale ci farebbe vivere meglio. Ci darebbe senso, eliminerebbe paure altrimenti inaffrontabili. Ci renderebbe più agevole affrontare i problemi e i drammi. Cosa cambia, in fondo, “dopo”?

Credo che la spiritualità sia effettivamente un archetipo, qualcosa che è in noi. Qualcosa che, dopo centinaia di migliaia di anni di riti e miti, non si può eliminare con un colpo di spugna come la scienza materialista vorrebbe. Che questo archetipo porti in sé una verità o sia solo il frutto di una favola raccontata da millenni, esso ci chiama e non vuole restare inascoltato. Per questo il non seguirlo, per Jung, ci crea un tormento inestinguibile.

Un’alternativa e’ possibile?

L’altro giorno riflettevo sulla pubblicita’: elettrodomestici, cellulari (pardon… smartphone!), rasoi, automobili… Sembrerebbe, a quanto dicono, che se non hai un certo modello di auto o certe prestazioni o comfort, non sei nessuno, sei obsoleto, superato, non hai futuro. Insomma, ancora si cerca di fare di queste cose uno status symbol. E pare che per i produttori funzioni, se e’ vero che i beni di lusso sono in continua crescita mentre noi, povera grande maggioranza, non abbiamo nemmeno di che pagarci il carburante.

Ho come il sospetto che in fondo “chi puo’” sia quasi contento della crisi: mette ancora piu’ divario tra lui e gli “altri”.

Un tempo pensavo che comunque questo sistema funzionasse: le grandi innovazioni, cosi’ utili non solo per le comodita’, ma per la stessa sopravvivenza, come le scoperte scientifiche in campo medico, avvengono per lo piu’ grazie al clima esasperato di concorrenza e competizione. E’ per il business che le aziende, quelle farmaceutiche per rimanere nel settore medicale, fanno ricerca, e la concorrenza li stimola a fare meglio.

Pero’… mi sto adesso rendendo conto che qualcosa non va’… Non importa se questo modo di agire e di pensare ha portato finora frutti, non e’ che se qualcosa funziona allora vuol dire che e’ giusta e che non si possa fare meglio… C’e’ qualcosa di sbagliato a monte. Sembra che il mondo, buona ultima ad accodarsi la Cina (ma non era ultra-comunista?), decida di funzionare solo se di mezzo ci sono i soldi e il potere… Dove sono finiti valori come la compassione, l’altruismo, o anche solo un desiderio di benessere che sia sano e non volonta’ di “apparire piu’ degli altri”?

Oggi ci dicono che possiamo sopravvivere solo se la nostra economia continua a crescere, se i consumi continuano a crescere e le persone a spendere sempre di piu’. Dobbiamo produrre sempre di piu’… senno’ c’e’ la crisi e sono guai. Ma io mi chiedo… perche’ quanto producevamo dieci anni fa’ ora non e’ piu’ sufficiente? Perche’ se continuassimo a produrre la stessa quantita’ di oggetti e servizi l’occupazione diminuirebbe e saremmo destinati a finire tutti in mezzo ad una strada?

E’ tutto il modello che, pur non essendo un economista o forse proprio per questo, mi sembra evidentemente fallace. Non si puo’ “produrre sempre di piu’ per sempre”, e’ una follia, e mi pare anche una “follia evidente”. Eppure siamo tutti terrorizzati che questo modello non funzioni piu’.

Io credo che il crollo del sistema potrebbe invece un domani essere il nuovo inizio di una societa’ basata su principi e valori piu’ umani, non piu’ basata sull’apparire ma sul vivere. Certo, per noi adesso sarebbe tragico, probabilmente in molti non faremmo una bella fine, anche se lo spirito di adattamento dell’uomo puo’ far miracoli, ma forse per chi sta crescendo ora, per le nuove generazioni, potrebbe essere un toccasana… Sempre che, ed e’ questo il vero quesito, al crollo segua la costruzione di un modello nuovo e non il tentativo di rattoppare quello vecchio per poi riprendere a farlo funzionare.

Qui non si tratta di socialismo, di comunismo e nemmeno di una particolare rivoluzione spirituale (leggi “New Age”). Qui si tratta di capire che forse e’ da troppo tempo che ci facciamo prendere per i fondelli, che ci facciamo imporre – come se fosse l’unico possibile – un modello che, per quanto mi riguarda, e’ gia’ sopravvissuto fin troppo a lungo, un modello dove gode non chi ha di piu’, che gia’ sarebbe opinabile, ma chi, per questo, si permette di guardare gli altri dall’alto in basso.

La ricerca non deve smettere perche’ non e’ piu’ fondata sul guadagno (che poi… mi sembra che sia proprio uno dei settori piu’ colpiti quando c’e’ da tagliare): c’e il desiderio di vincere il malessere, di debellare le malattie, di guarire il prossimo e salvare chi e’ in difficolta’. Di avere condizioni di vita accettabili… per tutti. Riusciamo ad immaginare un mondo dove i laboratori di tutto il pianeta collaborino scambiando informazioni immediate, invece di competere per “arrivare primi” rivelando percio’ solo i risultati ormai raggiunti? Io scommetto che oggi ci sarebbero meno armi, meno malattie incurabili e molta piu’ umanita’.

E se questo non e’ sufficiente, se davvero ci sentiamo realizzati solo quando abbiamo piu’ del vicino… be’, noi e il pianeta abbiamo poco da stare allegri.

 

Miracoli

Ho preferito chiamare il post “miracoli” piuttosto che presentarlo come pura recensione del libro di Margherita Enrico “Un miracolo nella mia vita” poiché so già che inevitabilmente scriverò più sul tema dei miracoli che sul libro in sé, ma non credo che l’autrice se ne avrà a male  🙂

copertina un miracolo nella mia vitaComunque, prima due parole sul libro. Intanto ho scoperto che l’autrice è mia corregionale, cioè ligure, infatti diversi dei miracoli riportati nel libro sono avvenuti qua. Ma il libro ne cita tanti altri, avvenuti un po’ ovunque, a partire da località per così dire “canoniche”, come Lourdes e Medjugorje, a “posti dietro l’angolo”. L’autrice stessa cita un miracolo avvenuto nella sua famiglia ad opera di Giovanni Paolo II. L’accezione del termine “miracolo” è per lei precisa, ed è quella della chiesa cattolica: un miracolo non e’ solo una guarigione inspiegabile, ma deve essere legata alla fede in Dio della persona che lo richiede. In altre parole, una guarigione inspiegabile di un ateo o di un credente in un’altra professione religiosa, non e’ un miracolo, per quanto straordinaria essa sia. Inoltre un “miracolo” deve essere immediato: una guarigione straordinaria avvenuta seppure in pochi giorni, non è un miracolo.

Che si sia d’accordo o meno, questo serve almeno a spiegare perché, a fronte di innumerevoli guarigioni straordinarie, ad esempio a Lourdes, i miracoli “certificati” siano davvero pochi.

copertina guarigioni straordinarieDevo dire che ho iniziato da pochi giorni la lettura di un altro paio di libri, uno dei quali di nuovo sui “miracoli”, qui però chiamati più genericamente “guarigioni straordinarie” (che e’ poi anche il titolo del libro). In effetti devo dire che la sensazione che nasce dalla lettura di questi libri e altre testimonianze, e’ che spesso fede – non necessariamente nel Dio cristiano – e guarigione straordinaria siano effettivamente legati, tuttavia esistono anche casi di atei convinti che l’hanno ottenuta, quindi tali eventi non sarebbero esclusiva dei fedeli, né tantomeno di quelli della sola Chiesa Cattolica. Mi sono chiesto anzi se i miracoli cattolici non siano semplicemente un sottoinsieme dei miracoli religiosi, che a loro volta sono forse solo un sottoinsieme di… miracoli che, per qualche ragione, accadono.

Anche se pare che il numero delle guarigioni inspiegabili sia molto più alto di quanto dichiarato dalla medicina ufficiale (in un rapporto di almeno 10 a 1), vuoi per il motivo citato sopra, vuoi perché la medicina ufficiale tende a giudicarli troppo rari per prenderli in considerazione, si parla comunque di percentuali basse: una su svariate migliaia. La domanda è a questo punto: vale la pena di indagare su di essi nella speranza di capirne i meccanismi e riprodurli, oppure è tempo, energia e speranza spesi male?

L’autrice è ottimista, sostenendo che chiunque “chieda” con fede può ottenere il miracolo. Il punto è che per quanti miracoli siano avvenuti, molti e molti di più non l’hanno fatto. Si ha un bel dire che ci sono motivi dietro, in particolare il “non saper chiedere” o il non avere abbastanza fede; chi stabilisce quanta è la fede necessaria o la forza con cui credere? Troppo facile addurre questi motivi per spiegare la non riuscita della richiesta.

Eppure una cosa è certa: i miracoli accadono, nessuno lo può negare. Quindi appare sbagliata anche la posizione della scienza di, semplicemente, dare un’alzata di spalle di fronte a questi incredibili fenomeni.

La domanda che pongo a voi non è quindi se credete o meno nei miracoli, ma piuttosto se credete che i miracoli siano in qualche modo replicabili, se è giusto avere speranza in essi o se non converrebbe, piuttosto, trovare il modo di mettersi il cuore in pace, quale che sia la sorte che si ha davanti. Che, tra parentesi, pare essere una condizione nella quale, secondo i buddisti tibetani, il miracolo puo’ anche presentarsi inaspettato… Che sia anche questo un altro semplice sottoinsieme di qualcosa che, per quanto raro, capita un po’ ovunque e in ogni tempo?

goccia

La ragazza con la valigia colorata – I motivi dell’omosessualita’

Finalmente posso riprendere la scaletta dei blog che avevo in mente 🙂
La prima idea per un nuovo post mi venne in mente leggendo il seguente racconto di anneheche sul suo omonimo blog che, per i pochi che ancora non lo conoscono, si puo’ trovare qua: anneheche blog
E’ un post un po’ datato (come scrivevo sono un po’ in ritardo :-P) e in molti lo avrete gia’ letto: chi vuole puo’ saltare direttamente al mio sottostante commento…

… dimenticavo! Anneheche ha anche scritto il seguito, chi vuole lo puo’ trovare qui: LA RAGAZZA CON LA VALIGIA COLORATA 2



LA RAGAZZA CON LA VALIGIA COLORATA – di anneheche

ragazza
Poi arrivò la ragazza con la valigia colorata.
Avevo visto solo una sua foto: era bella, capelli bruni, gambe atletiche; camminava scalza sulla spiaggia e indossava dei pantaloncini corti di jeans.
Però conoscevo piuttosto bene la sua anima. Prima di incontrarci ci eravamo scambiati una quantità di e-mail, e avevamo parlato più volte al telefono. Da quel punto di vista sapevo cosa aspettarmi. In quanto al resto, esisteva un’incognita.
Da quanto avevo appreso di lei, Loredana possedeva un mondo interiore ricchissimo. Lo avrei paragonato alle stagioni: poteva essere calda come l’estate, dolcemente nostalgica come l’autunno, gelida come l’inverno, spensierata e gioiosa come la primavera. Nella sua vita, aveva sperimentato l’appagamento dell’amore, la trasgressione dei sensi e la solitudine dell’abbandono. Era stata investita dalla tramontana, bagnata dalla pioggia, e riscaldata dal sole: non necessariamente in quest’ordine.
Con me si era dimostrata franca e aperta. Se devo essere sincero io un po’ meno, molto meno.
Ma quel giorno ciò che contava era incontrarla. Mi sentivo ansioso, tuttavia anche impaziente di vederla, di percepire una presenza reale, di parlarle guardandola negli occhi. Era da molto tempo che non mi succedeva.
Le andai incontro.
Loredana mi abbracciò.
C’era stato un momento, proprio mentre veniva annunciato l’arrivo del treno, in cui avevo pensato di andarmene. Avrei lasciato la stazione, sarei salito in macchina e sarei tornato a casa. Loredana non sapeva dove abitavo, il mio numero di telefono era riservato e avrei spento il cellulare. Per lei sarebbe stata una grande delusione: aveva speso un sacco di soldi per prenotare l’albergo e comprare il biglietto. Si era sobbarcata un viaggio di molte ore. Mi avrebbe aspettato invano, poi avrebbe compreso.
Ma fu solo l’idea di un istante: in realtà, desideravo conoscerla. Più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Quella mattina, mentre bevevo il caffè, avevo ascoltato i Led Zeppelin. Era un triplo cd dal vivo che avevo appena acquistato. Quando volevo sognare mettevo nel lettore un disco dei Jethro Tull; se, invece, avevo bisogno di una scarica di adrenalina optavo per il gruppo di Jimmy Page. E ciò che mi aveva spinto a incontrare Loredana era proprio il bisogno di adrenalina.
Un gioco perverso?
No. Nel modo più assoluto. Era qualcosa di diverso, di molto più profondo; lei mi aveva colpito veramente: in caso contrario, non mi sarei esposto in quel modo. Perché immaginavo quello che sarebbe potuto accadere, e sebbene mi augurassi di non arrivare a quel punto, non ignoravo che forse era proprio quello che lei desiderava.
Io so come mettere a proprio agio la gente: è un mio dono innato. So affascinare le donne, dato che riesco a essere galante senza risultare mai invadente; riesco a intromettermi in una discussione fra perfetti sconosciuti, e un istante dopo tutti penseranno di conoscermi da una vita; faccio ridere i bambini; e in un momento posso conquistare la fiducia di un cane, oppure persuadere il vigile più intransigente a levarmi una multa. In realtà, non sono molto interessato alle persone: ma mi diverto a dimostrarmi superiore a loro. A scuola studiavo poco, tuttavia prendevo voti altissimi perché ci so fare.
Con Loredana funzionò subito, e non solo perché io volevo che funzionasse, ma per il semplice motivo che ero realmente attratto da lei.
Avevo capito che era una persona speciale. Lo avevo capito immediatamente. Fin dalla prima telefonata.
Trascorremmo quattro giorni stupendi. Le mostrai la mia città, visitammo musei e chiese, cenammo sempre nello stesso ristorantino, un locale delizioso dove servivano il miglior caciucco di Livorno; e soprattutto parlammo.
Era inevitabile che prima di partire lei volesse vedere la mia casa.
Quando la feci accomodare sul divano, si strinse a me. Sapevo che sarebbe successo. E stranamente non restai indifferente al profumo del suo corpo, al suo abbraccio morbido. Intuii che stava per baciarmi.
Fu allora che le raccontai tutto.
Le parlai di Paolo.
Al telefono non avevo taciuto per viltà. Se fossi stato sposato e non glielo avessi detto, il mio comportamento sarebbe stato peggiore, in quanto avrebbe dimostrato che nutrivo intenti lascivi o che comunque ero pronto a tradire due donne contemporaneamente. Ma Paolo era morto da tre anni, e dopo di lui non c’era stato nessun altro. E nemmeno prima, visto che mi ero innamorato di lui in seconda liceo. Inizialmente non mi aveva corrisposto; mi considerava il suo migliore amico, e frequentava la più bella ragazza della classe. Ma troppe furono le ore che passammo assieme a studiare, troppi i libri che ci scambiammo, troppo forte l’intesa che, giorno dopo giorno, venne a crearsi fra noi. Paolo era intelligente, bello e sensibile. Biondo con gli occhi chiari lui, bruno con gli occhi grigi io; piccolo e mingherlino l’uno, forte e muscoloso l’altro. Quante volte lo difesi e quante volte feci a botte per lui! Benché all’epoca non fosse (ancora) omosessuale, aveva un aspetto fine e delicato che dava fastidio ai bulli della scuola. Stava con Silvana, ma questo non gli evitava il sarcasmo feroce di cui siamo capaci noi toscani.
Quando finimmo a letto, lui si innamorò di me. Io lo amavo già da sempre.
Loredana mi ascoltava in silenzio. Notai che non si era scostata. Non scorsi alcun segno di delusione o di fastidio. Era possibile che fosse sconcertata, ma non lo diede a vedere.
Quando finii di parlare, si accese una sigaretta. “Non sei mai stato con una donna?”
Scossi la testa.
“Perché hai voluto conoscermi?” La sua voce era dolce. Non c’era traccia di risentimento. La guardai. Era bella; mi rendevo conto di desiderarla, ma avevo paura. Temevo che il contatto con il suo corpo mi disgustasse. “Perché”, risposi lentamente, “tu gli assomigli. Non fisicamente, intendo…” Lasciai in sospeso quelle parole, rendendomi conto che erano stupide. Mi sforzai di farle capire quello che provavo, di aprirmi veramente. Infine, dissi la cosa che al momento mi sembrava più giusta. “Io amavo Paolo perché era lui, e ora credo, penso, di amare te. Siete così simili, guasi foste fratello e sorella: la stessa sensibilità. i medesimi tormenti dell’anima, il bisogno di essere capiti, protetti, difesi da tutto quello che c’è di orribile là fuori.” Indicai la finestra spalancata sul mare. Le stelle rilucevano nella notte e la luna splendeva, un lieve vento disegnava forme fantastiche sull’acqua scura. “Quello è bello.”, dissi. “Il mondo è bello. Però, esistono anche l’invidia e la cattiveria, l’ignoranza e la violenza più ottusa.”
Trassi un profondo respiro. “Io… ti aspettavo da quando è morto Paolo.”
Non mi chiese come era successo.
Mi baciò sulla bocca.
Fui sul punto di ritrarmi, ma dopo un istante ricambiai il bacio. All’inizio con dolcezza, poi in modo quasi selvaggio, disperato. La sua lingua era morbida, calda. Si staccò da me e incominciò a spogliarsi.
Io rimasi incantato a guardarla.

Quando la riaccompagnai alla stazione, sapevo che sarebbe tornata.
E sapevo anche un’altra cosa.
Che questa volta non sarebbe più ripartita.


Commento di Wolfghost: lo spunto da questo bel racconto della Anneheche nazionale, mi serve, come si sarà intuito, per affrontare un quesito che, ho scoperto, non incuriosisce solo me ma anche molti scienziati… e da tanto tempo, pure! 😉 Ovvero i motivi dell’omosessualità.
Perché proprio questo racconto? Be’, forse per il cambiamento del protagonista che passa da un rapporto omosessuale ad uno eterosessuale e che, dunque, incuriosisce ancora di piu’: quello di Anneheche e’ un racconto, ma nella realta’ non e’ un caso infrequente, come non lo e’ l’opposto, ovvero il passaggio da un rapporto etero a uno omo.

La domanda è di per sé semplice. Dato ormai per scontato che l’omosessualità è ben presente in natura (oltre che nella storia millenaria dell’umanità recente) e che ormai nessun esperto si azzarda più a considerarla un’anomalia ma piuttosto una “modalità alternativa”, quel che gli esperti (e io) si chiedono ormai da tempo è: ma perché la Natura, che non fa mai nulla per caso, ha creato questo modello di sessualità e convivenza “alternativa”, visto che non ha utilità ai fini della procreazione? Certo, a meno di non fermarsi a “l’amore non conosce confini”, che pero’ non esclude di per se’ motivazione “pratiche”.

Alcuni di questi scienziati pensano adesso di aver trovato una possibile spiegazione: essa risiederebbe nella funzione sociale che tale modello comportamentale ha, piuttosto che sulla sua funzione riproduttiva. Dice Nathan W. Bailey dall’Università della California a Riverside (citato in un articolo di Le Scienze che potete trovare qua: Il significato evolutivo del comportamento omosessuale):
“I comportamenti omosessuali sono dispiegati in modo flessibile in una varietà di circostanze, per esempio come tattica riproduttiva alternativa [ovviamente non vale per l’uomo e per le specie “maggiori”, N.d.R.], come strategia di ibridamento cooperativo, come facilitatori dei legami sociali o come mediatori di conflitti intrasessuali. Una volta che questa flessibilità si è stabilita, diventa in sé e per sé una forza selettiva che può dirigere la selezione su altri aspetti della fisiologia, della storia della vita, del comportamento sociale e anche della morfologia”.
Bailey insomma sostiene che gli omosessuali aggiungono una funzione sociale capace, almeno in certi casi, di modificare il percorso evolutivo della società nella quale si trovano.
Cito ancora l’articolo de Le Scienze: “Per esempio, gli studi sugli albatros di Laysan hanno scoperto che circa un terzo delle coppie di albatros erano femmina-femmina. Gli autori sottolineano che queste coppie avevano un maggiore successo nell’allevare i piccoli rispetto alle femmine non in coppia. Pertanto questo tipo di coppia può avere significative conseguenze evolutive nel cambiamento delle dinamiche all’interno della popolazione”.
Insomma, è un modo anche questo di ricordare che il fine ultimo della Natura è l’evoluzione e non unicamente la procreazione che ne è solo uno degli aspetti. Anche la sopravvivenza delle specie ha la sua importanza, e – almeno nel caso degli albatros – questo spiegherebbe perché la Natura vede di buon occhio la… cooperazione femminile nell’allevamento dei piccoli.
Senza contare, mi viene in mente quale effetto collaterale, che nel frattempo i maschi di albatros potrebbero proseguire nella loro opera di… inseminazione delle femmine, dando alla stessa procreazione, e dunque alla specie, ancora maggiori probabilità di evoluzione e sopravvivenza.
Ehi… non dico che questo dovrebbe valere anche per gli uomini, eh! Personalmente sono per la monogamia! 😀

Non dimenticando uno dei miei aforismi preferiti – che recita “L’uomo impiega una vita per capire che non tutto va’ capito”  😉 , ovvero che tutto sommato la spiegazione “l’amore non conosce confini” potrebbe bastarci e avanzarci – vi lascio con la domanda: la spiegazione data da Bailey e soci (al di la’ dello specifico esempio degli albatros), vi sembra verosimile? 😐

albatro

 

Dio

Mi piace riportare qua, come nuovo post, un commento che ho lasciato sul blog capehorn.splinder.com/, dell’omologo proprietario, in occasione di un suo accorato e molto profondo post sul tragico evento dell’ultimo terremoto. Vi invito tutti a leggere anche tale post.

occhio-DioPotremmo scrivere mesi sull’argomento “dio”, anni anzi. D’altronde lo fanno da millenni senza arrivare ad una conclusione univoca, perche’ dovremmo arrivarci noi?

Io posso solo dire quale e’ il mio personale concetto di Dio oggi, senza nessuna pretesa che tale visione sia condivisa da altri, e in che cosa sbaglia chi si chiede “dov’e’ Lui'” quando capita qualche tragedia personale o collettiva. D’altronde perfino io ho scritto “oggi” perche’ ho cambiato gia’ idea diverse volte lungo il mio percorso e, spero, ancora la cambiero’ in futuro. Perche’ in fondo… mi piacerebbe credere in un Dio che sia piu’… umano e benevolo, una sorta di papa’ o di mamma, insomma 🙂

Parco nel verde della foschia mattutinaDio oggi per me e’ l’Universo, la Natura, l’Energia che tutto pervade e tutto forma. Da li’ veniamo, di essa siamo costituiti, ad essa torneremo. In fondo non vedo una grossa spaccatura con le varie antiche scritture sparse in ogni parte del mondo, ne’ con l’idea alla quale la scienza, a poco a poco, si sta avvicinando.

In questa visione Dio non e’ “personale”, non e’ “umano”, non e’ nemmeno benevolo o malevolo.

Dio e’, e basta. A lui, la Natura, interessa solo una cosa: l’evoluzione di se’ stesso, ovvero dell’universo e di cio’ che lo compone. In quest’ottica, i singoli componenti sono “sacrificabili” in nome dell’evoluzione dei sistemi piu’ grandi.

L’ho scritto molte volte: se non esistesse la morte… come potremmo esistere noi? Come avrebbe potuto, e come potrebbe, svilupparsi l’evoluzione? Le prime cellule sarebbero durate per sempre, sarebbe rimaste sempre uguali. Solo attraverso la loro riproduzione e morte, le nuove cellule, un pochino migliori, avrebbero potuto prenderne il posto.

Se non fossero esistiti i terremoti, il pianeta non solo non avrebbe la forma che ha, ma probabilmente nemmeno esisterebbe. La terra non e’ sempre stata cosi’, all’inizio era ben diversa, una palla di fuoco in cui la vita non avrebbe mai potuto esistere. Essa si e’ evoluta, e anche i terremoti hanno fatto parte della sua evoluzione… a discapito di chi la abitava.

cappella_sistinaQual e’ allora l’errore dell’uomo, un errore che si perpetua da migliaia di anni? Semplice: credere di essere la creatura per cui l’universo tutto e’ stato creato. Una visione spropositatamente egocentrica, di una ingenuita’ che definire infantile dovrebbe far sorridere di tenerezza 🙂

Eppure ce la propinano ancora oggi, continuamente.

Certo che l’uomo puo’ prendersela con Dio allora: e’ reo di averlo creato e poi abbandonato.

Ma se mettiamo l’uomo nella posizione che gli spetta… tutto torna: un essere semplicemente sacrificabile. Come tutto il resto che c’e’ al mondo.

Ma almeno un vantaggio l’uomo ce l’ha: ha la consapevolezza di se’ stesso, di cosa sta attorno a lui. L’uomo puo’ capire le leggi che regolano l’universo, o meglio, che l’universo stesso ha creato lungo la sua evoluzione.

Cosi’ facendo, forse, puo’ arrivare molto, molto lontano.

indiano_pellerossaGli Antichi, di qualunque parte del mondo fossero, non facevano l’errore dell’uomo “moderno”: essi temevano la Natura, essi non pensavano di essere superiori alle altre creature, ma di essere semplicemente parte di loro.

L’Antico aveva rispetto per la Madre Terra, timore di cio’ che vedeva accadere attorno a lui, si sentiva – giustamente – piccolo e insignificante. Ma tale visione lo rendeva piu’ grande degli egocentrici uomini moderni. Perche’ comportava umilta’, non superbia. Perche’ lo portava ad essere CON la Natura, non a volerla sfruttare e dominare in un delirio di onnipotenza.

Quando vedo certe alte figure religiose e ascolto le loro parole… be’, mi viene in mente Qualcuno che disse “perdonali, perche’ non sanno quello che fanno.”

Paradossale, eh? Loro che dovrebbero esserne i rappresentanti 😉

Si narra che per il mondo vaghi ancora oggi qualche antico alchimista che, scoperta la “pietra filosofale”, divenne immortale. Be’… se cosi’ fosse, non ci sarebbe riuscito perche’ “fu miracolato”, ma perche’ capi’ “come funziona Dio”.

E in fondo e’ cio’ che anche la scienza e le genuine correnti spirituali si propongono di fare.

 

Ed ora scusatemi: vado orgogliosamente a ritirare la mia scomunica al Vaticano! 😛

 

Vaticano

Paranormale: raccontate la vostra esperienza

cerchi nel granoCome ho scritto nel mio profilo, mi sono spesso definito il “ricercatore perfetto”: qualcuno che ha grande curiosità e che vorrebbe fortemente trovare “prove” di qualcosa che “viva” al di la’ dei cinque sensi, ma che, al contempo, ha un nocciolo scettico che non è mai riuscito a eliminare. Quel nocciolo scettico, per un “ricercatore”, non è una maledizione (magari per chi vorrebbe semplicemente “credere”, si, invece…), è anzi indispensabile per l’oggettività del riscontro, altrimenti si correrebbe il rischio di credere a qualunque cosa venga propinata.
Diciamo che se mi vedrete scrivere “miracolo!!!“, bé… è probabile che davvero di miracolo si tratti! 😉

sfera di cristalloLa mia esperienza su Internet si è mantenuta sulla stessa falsariga; già da anni infatti ho notato che esistono siti “propagandistici” e poco obiettivi da ambo i lati: chi trova spiegazioni esoteriche ardite per spiegare il più piccolo degli eventi e chi, spesso con teorie ancora più incredibili, cercano solo di smontare i primi. Non ci credete? Provate ad andare sul sito del Cicap: alcune delle loro teorie “scientifiche” appaiono più balzane che ammettere l’esistenza di qualcosa che è al di là dei nostri sensi.

Prima di tutto, pero’, cos’è un fenomeno “paranormale”?
Bene, è evidentemente qualcosa che non può essere ritenuto “normale”, non è vero? 🙂 Ma “normale” per chi? Usando quali parametri? Non era forse incredibile immaginare le forze elettromagnetiche prima che queste fossero riconosciute e dimostrate? Eppure, ovviamente, esistevano già in natura, non è così? Per non parlare della Relatività o della Meccanica Quantistica…
E allora, perché non ammettere che possa esistere qualcosa a cui la scienza non è ancora riuscita ad arrivare?

La scienza degli uomini non è, curiosamente, come le loro leggi: per la legge – almeno nei paesi cosiddetti “civili” – la colpevolezza deve essere provata, ma se non lo è non vuol dire che ci sia innocenza, possono semplicemente mancare le prove dimostranti che essa sia tale.
Eppure, per la scienza, una cosa per essere vera deve essere dimostrata, e se non lo è, allora non è vera.

Non è curioso?

Questa pero’ non deve essere una buona ragione per credere a tutto…

CorvoEsempio 1: Premessa: le teorie animiste dicono che quando una persona muore, la sua anima ci mette tre mesi (mi pare…) per poter tornare a manifestarsi nel mondo come spirito.
Qualche mese dopo la morte di mio papà, iniziai a percepire uno strano suono in camera mia. Ogni volta che andavo a dormire… sentivo distintamente un rumore metallico, una sorta di “tlang!”, come se quell’asticella di metallo usata per tenere ferma una finestra aperta, sbattesse ogni volta contro il muro. Controllai tutto più e più volte: finestre aperte o chiuse, correnti d’aria, oggetti fuori dalla finestra che potessero produrre un rumore simile… tutto!
Ma non trovai nessuna spiegazione razionale… apparentemente.
Passarono i mesi e quasi mi convinsi che quello fosse un segnale di mio papà, una sorta di “buonanotte” prima della nanna 🙂
Divenne un suono amico e familiare.
Solo un anno e mezzo dopo, capii all’improvviso – chissà per quale strano collegamento mentale – che quel rumore era dovuto alla lampadina al neon che era vicina al mio letto: pochi minuti dopo che la lampadina veniva spenta, essa produceva quel rumore (un relè interno, forse?). Probabilmente gli addetti alla fabbricazione di tali lampadine sono perfettamente a conoscenza di questa cosa, ma tra gli altri… chi l’avrebbe detto?

gatto neroEsempio 2: Sempre anni fa’, direi una decina, considerando che ero in possesso del mio primo telefono cellulare, ero pronto per dormire. Ero già a letto e stavo per spegnere la luce. Improvvisamente mi voltai di scatto verso il telefono cellulare che era posato nel suo caricabatteria da tavolo a due-tre metri da me.
Sapevo che sarebbe squillato.
Non ricevevo mai telefonate a quell’ora ma… qualcosa mi costrinse ad aspettarmi quella chiamata. Pochi secondi dopo, il telefono squillò: era una mia amica che aveva subito un tentativo di stupro e che mi pregava di andarla a recuperare perché era scappata a piedi dalla casa in cui aveva subito il tentativo di violenza.
So che i telefoni cellulari GSM usano frequenze “sensibili” ad altri elettrodomestici (avente presente i classici disturbi a radio, televisioni… ?), ma quella sera… era già davvero tutto spento.

Potrei elencare tanti altri “piccoli” avvenimenti (e qualcuno grande…) che non sono mai riuscito a spiegare col buon senso. Ciò non vuol dire dover credere necessariamente all’aldilà purtroppo: ci possono essere spiegazioni comunque paranormali ma che non hanno bisogno di tirare in ballo la vita dopo la morte.
Quello della vita dopo la morte è il passo più difficile, perché di importanza capitale; per questo è più difficile crederci per chi non ha una “fede donata”: ammettere che esista la telepatia può non cambiarmi la vita; essere sicuro che non finirò assieme alla morte del mio corpo… è davvero altra cosa e… sì, potrebbe farlo.

Un esempio. Avrete tutti (ok… “quasi” tutti! :-P) sentito parlare dei fenomeni poltergeist, ovvero di quei rumori “impossibili” e quegli oggetti che si spostano e volano per le camere apparentemente da soli. Bene, essi sono spesso citati come prova dell’esistenza degli spiriti. Ma esiste una teoria, altrettanto “possibile” (o “impossibile”, secondo il Cicap :-D), che li spiegherebbe con l’energia telecinetica (la telecinesi è la capacità, volontaria o non volontaria, di spostare gli oggetti con la sola forza del pensiero); in effetti la grande maggioranza dei casi raccolti accade in case dove ci sono adolescenti, tipicamente irrequieti, e con perciò una grande e “disordinata” energia mentale. Non è “prova”, no, ma può essere già un indizio…
Sempre di fenomeno paranormale si tratterebbe. Ma mentre l’esistenza degli spiriti dimostrerebbe la vita dopo la morte… la telecinesi è ben lunga dal farlo.

Ma adesso, signori e signore, tocca a voi!!! Vi esorto a raccontare le vostre esperienze, con dovizia di particolari, se possibile! Sarò un opinionista (giudice non mi piace) severissimo… ma, prometto, possibilista! 😉

albero e luna