Meditazione: il sorriso interiore

meditazionePrima di tutto una premessa doverosa: io, come quasi tutti, non invento nulla, elaboro solamente quanto gia’ esistente mettendolo in una forma che sento a me piu’ congeniale.
Sulla meditazione e sul training autogeno e’ stato detto e scritto di tutto e di piu’ e si possono gia’ trovare un’infinita’ di varianti e versioni.
Facciamo subito chiarezza su un paio di punti: il training autogeno e la visualizzazione creativa sono in buona sostanza rivisitazioni, utilizzate dalla moderna psicologia, delle antiche tecniche di meditazione e concentrazione: se qualcuno ve le millanta come “novita’ della moderna scienza”, non dategli retta 🙂 Inoltre, personalmente concordo con Osho quando dice che la meditazione e’ una e una sola, ovvero la sospensione del pensiero cosciente; tutte le altre, compresa quella che propongo io, sono solo metodi per arrivare alla meditazione, oppure sono tecniche di concentrazione che possono si’ essere propedeutiche alla meditazione, ma anche avere altro scopo. Pensate che Osho stesso scrisse (o meglio fece scrivere, lui non scriveva nulla 😉 ) il “libro arancione”: un libro con “cento” meditazioni affinche’ ognuno potesse trovarvi quella a lui piu’ congeniale. In realta’ le meditazioni (o meglio, i metodi di meditazione) non erano cento: l’elevato numero serve solo a indicare che ognuno puo’ avere un metodo piu’ adatto a lui, magari diverso da quello di tutti gli altri.
Convinto di avervi confuso abbastanza, vado a descrivervi la mia “meditazione del sorriso interiore” 🙂

posizione del lotoPreparate una musica di sottofondo adeguata. L’ideale sarebbe una musica ripetitiva, ipnotica. Personalmente al momento uso una musica con canto buddista, ma puo’ essere anche musica classica, new age o ambient (la terminologia lascia poi il tempo che trova). Spesso lo scopo della musica e’ solo quello di aiutare le prime fasi della concentrazione, coprendo anche eventuali modesti rumori ambientali.
Mettetevi in posizione comoda. Di nuovo l’ideale sarebbe la “posizione del loto” (cercate su Internet, senno’ qua allungo troppo il post), poiche’ mantiene il busto ben eretto ed e’ (molto) difficile assopirsi; tuttavia, poiche’ e’ difficile e scomoda (o addirittura dolorosa) per noi occidentali, a meno che non si sia gia’ praticata con lo yoga, ci si puo’ anche accomodare in “semi-loto” (una gamba sull’altra, di nuovo cercate su Internet) magari aiutandosi, in caso di difficolta’, con un cuscino sotto i glutei. Potreste anche mettervi in savasana (la “posizione del cadavere” eheheh), che sostanzialmente significa coricarvi per terra su una superficie non troppo molle, tuttavia cosi’ e’ facile assopirsi, che non e’ esattamente cio’ che vi state proponendo… a meno che non soffriate di insonnia 😀

candelaGli occhi possono essere chiusi (io preferisco cosi’) o aperti, nel qual caso dovrebbero fissare un punto a un metro – un metro mezzo – di distanza. Schiena dritta ma rilassata (l’equilibrio tra le due cose e’ essenziale: sforzarvi troppo di rimanere dritti non e’ buona cosa, dovete semplicemente provare e riprovare con piccoli spostamenti finche’ non vi sentite naturalmente a vostro agio). Braccia abbandonate: una sopra l’altra davanti a voi (mani con i palmi rivolti verso l’alto e poggiate sulle caviglie sovrapposte, se siete in loto o semi-loto) oppure “a prendere” le ginocchia (palmi verso l’alto, se ce la fate, io non ce la faccio e poggio le palme sulle ginocchia).

Iniziate a rilassarvi, non e’ un esame e cosi’ non deve sembrarvi, non c’e’ un voto: migliorerete normalmente nel tempo. Aiuta fare qualche respiro profondo: ad ogni espirazione abbandonate i muscoli sempre di piu’. Il training autogeno aiuta a “sentire” i muscoli, cosi’ da farvi accorgere di come, anche quando credete di essere rilassati, in realta’ siete in stato di tensione; lo stesso si puo’ fare ovviamente con la meditazione: portate, se volete, l’attenzione ai vostri muscoli, passandoli in rassegna dalla sommita’ del capo ed arrivando infine alle dita dei piedi. Rilassate tutto con pazienza 🙂

I pmano apertaensieri… lasciateli “andare”, semplicemente. La “sospensione del pensiero” ha un fascino anche un po’ folkloristico, ma in realta’ – contrariamente a quanto si crede – non e’ importante “non pensare”, cosa che nessuno o quasi riesce a fare ed e’ dunque fonte di frustrazione; l’importante e’ “non prestare attenzione” ai pensieri che sorgono. State ad osservare i pensieri: non potete essere osservatori e pensatori allo stesso tempo, se siete in grado di riconoscere un vostro pensiero questo non potra’ che scomparire. I vostri pensieri saranno come nuvole in una giornata ventosa: appariranno, transiteranno velocemente nel cielo della vostra mente, e in breve spariranno “dall’altro parte” 🙂
Soprattutto non prendetevela se le prime volte vi scoprirete a pensare del piu’ o del meno (magari proprio a riguardo dei risultati che state ottenendo nella vostra meditazione :-D): la fretta, il desiderio di riuscire presto, e’ uno degli ostacoli maggiori. Qualcuno ha detto “Si dice ‘partite in quarta’, ma e’ una sciocchezza: avete mai provato a partire davvero in quarta? Vi si spegne il motore!” 😉

Quando vi sentite sufficientemente tranquilli e “centrati”… sorridete, semplicemente 🙂 Ovviamente non importa l’ampiezza del sorriso, basta un abbozzo: e’ l’idea che state sorridendo ad essere importante.
Sorridete e sentitetivi bene 🙂 Sembra una sciocchezza dire “sentiti bene”, ma provate: vi stupirete di quanto funzioni 😉
A questo punto “allargate il sorriso” ad ogni parte del vostro corpo, con l’immaginazione ovviamente. Immaginate che ogni cellula del vostro corpo inizi a sorridere allo stesso modo delle vostre labbra. Ogni cellula, ogni organo e muscolo sorride e sta bene, cosi’ come state voi. Il benessere pervade il vostro corpo e la vostra mente.

Adesso allargate ancora di piu’ il sorriso: immaginate cha cali, come una dolce onda, su tutte le creature a voi care, a partire da quelle vicine e arrivando a quelle piu’ distanti, non importa dove essi si trovino in realta’. Immaginate che grazie a quest’onda di sorriso tutti ritrovano salute, serenita’, voglia di vivere 🙂

Ora allargate il vostro bel pensieroDelfini a tutte le creature della terra, al mondo intero. Immaginate che la vostra onda benefica ricopra ormai tutta la terra e che tutte le sue creature ne traggono giovamento: persone, animali, piante.
Andate anche piu’ in la’, se volete, comprendendo l’universo intero e il regno di chi non e’ piu’ nella nostra dimensione. Ricordate che nella vostra mente non avete limiti.

Potra’ sfiorarvi il dubbio che mandare “pensiero positivo” al vostro corpo possa avere senso, mentre immaginare di mandarlo al ti fuori di esso non lo abbia. Ma non e’ cosi’. Gia’ il solo pensiero di aiutare gli altri, portando l’attenzione fuori da voi stessi, trascendendo il vostro abituale egoismo, vi aiutera’ a stare bene. In un certo senso e’ un trucco: pensare al bene degli altri, vi aiuta a smettere di pensare a voi stessi e ai vostri problemi. E vi dara’ forza e serenita’ 🙂 Se poi davvero aiuta anche gli altri, soprattutto coloro che non sono a voi vicini, questo non lo so, ma non e’ cosi’ importante 😀 E’ bello comunque crederlo.

Quando volete, aprite gli occhi e… siate soddisfatti: la meditazione e’ finita 😉

sorriso

Il buddismo tibetano – conclusioni

Per chiudere un ciclo di post dove spesso ho parlato di questo argomento, volevo raccontare brevemente cosa mi ha persolmente colpito di questa particolare religione.
E’ indicativo che già scrivere “religione” per descrivere il buddismo tibetano, mi fa un po’ storcere il naso. In effetti questo buddismo è più un “metodo” per controllare la propria mente e liberarsi da tutte le sofferenze, piuttosto che una religione. Tant’e’ vero che i lama sparsi per il mondo non cercano di fare proselitismo, ma solo di insegnare tale metodo al puro scopo di portare sollievo a tutti gli “esseri senzienti”: ciascuno è comunque libero di restare fedele alla religione di appartenenza ed anzi a volte, per motivi culturali, è addirittura consigliato.
Ovviamente è tutt’altro che facile spiegare tale metodo. Esso si basa sulla credenza che ogni sofferenza derivi dall’identificazione con il proprio “io psicologico”. Secondo i lama tibetani, noi siamo ospiti nell’involucro che chiamiamo corpo, ma siamo molto di più, e quando il corpo muore continuamo ad esistere. Già di per sé questa credenza sarebbe di grande sollievo, ma non è tutto qua. Un aspetto curioso è infatti che la rinascita non è un fatto positivo per i buddisti: rinascere significa infatti tornare a soffrire, perché il corpo inevitabilmente è caduco e prima o poi si ammala e muore. Il loro massimo è arrivare a non rinascere di più, o, meglio (e qui il buddismo tibetano si discosta da altre forme di buddismo) rinascere – pur potendo evitarlo – per propria scelta, solo per tornare ad aiutare tutti gli esseri che ancora soffrono.
E oltre al discorso del corpo, c’è anche di più. Nel corso di questa e di altre vite, ci siamo identificati con una figura psicologica che ha caratteristiche ben precise e al quale abbiamo dato il nome “io”. Allora soffriamo quando tale “io” viene ferito, offeso, non ottiene ciò che desidera. Ma tale identificazione è errata. Noi non solo non siamo il nostro corpo, ma non siamo nemmeno l’io psicologico che abbiamo via via costruito, e quando lo smascheriamo smettiamo di soffrire.
Queste sono le credenze.
Il “metodo” passa attraverso il riconoscimento dell’illusorietà dell’identificazione con il corpo (ne siamo solo ospiti) e con quello che chiamo “io psicologico” (è solo una nostra costruzione). La meditazione è il metodo. Essa non è “sedersi e non fare nulla”, ma osservare attentamente come lavora la propria mente, arrivando a vedere che tale lavorio è fine a sé stesso, ovvero che dietro non c’è nulla di concreto: solo idee preconcette alle quali abbiamo finito per credere dopo anni e forse secoli.
Questo non vuol dire che “non siamo nulla”, ma che ciò che siamo non è ciò con cui ci siamo identificati.
La cosa se vogliamo più curiosa è che… la parte più difficile è trovare cosa siamo; infatti per i Lama tibetani (così come per il “Budda storico”) “cosa siamo” – già ora, ma anche nell’aldilà – è qualcosa che è inutile spiegare a parole (e forse impossibile): lo si “percepisce” naturalmente attraverso l’illuminazione a cui porta la meditazione. Quindi sarebbe inutile, ed anzi fuorviante, parlarne 🙂

“Per innumerevoli vite ho vagato
cercando invano il costruttore di questa casa.
Doloroso invero è continuare a rinascere.
Oh, costruttore!

Ora ti ho trovato.
Non costruirai più questa casa.

Tutte le tue assi sono rotte,
La trave di colmo è spezzata.
La mia mente ha raggiunto la libertà suprema
Estinto è ogni desiderio”.
(Buddha)

Coast

Realta’ e Illusione nel pensiero buddista tibetano

ALBEROUn altro interessante concetto del pensiero buddista tibetano (non preoccupatevi, non ho intenzione di tediarvi con questi argomenti ancora a lungo :-P) e’ la differenza tra realta’ e illusione.

In occidente siamo convinti che per il buddismo tutto sia illusione: tutti siamo immersi in una sorta di stato di sogno e una realta’ vera e tangibile, unica per tutti, non possa esistere.

Questo concetto ci ha dato del buddismo una visione nichilista che ha spaventato molti, dato che il vuoto fa decisamente paura.

Invece per il buddismo tibetano la realta’ esiste eccome, solo che noi normalmente non la vediamo perche’ abbiamo di tutto cio’ che ci circonda una visione distorta, mediata dai filtri del nostro Io.

Una pietra esiste. Il dolore fisico esiste, cosi come il piacere. Pero’ noi aggiungiamo a ogni cosa e percezione “significati” che sono solo nella nostra mente.

Pensiamo ad un essere vivente fatto di legno, foglie e radici; un essere unico, diverso da ogni altro. Noi gli appioppiamo il nome “albero”, e con questo smettiamo di considere veramente quell’essere vivente: entriamo nel mondo dell’illusione, quell’essere non sara’ piu’ quello che e’ veramente, ognuno di noi lo percepira’ in modo tutto suo, diverso da ogni altro, applicando ad esso i filtri personali del nome “albero”; ad esempio, a seconda delle esperienze passate, esso ci dara’ una sensazione positiva, negativa o neutra. Insomma, quel nostro albero non e’ piu’ l’albero in questione, ma solo una nostra personale rappresentazione.

Questo vale per ogni cosa. Allora, il concetto buddista, non e’ che nulla esiste veramente, ma semplicemente che la realta’ normalmente ci sfugge.

La meditazione e’ il metodo principe che loro usano per entrare in contatto con la realta’, facendo cadere il velo dell’illusione. Meditando e’ possibile capire quanto la nostra percezione ci impedisca di vedere la realta’; infatti, almeno per i buddisti tibetani, “meditazione” non e’ solo sedersi nella posizione del loto e smettere di pensare, ma un vero e proprio metodo di riflessione, in stato di calma assoluta, che permette di capire i normali meccanismi illusori di cui solitamente siamo vittime 🙂

La seguente storiella e’ in realta’ Zen, ma ovviamente molti concetti base sono simili nelle varie correnti buddiste 🙂

La Brocca-

broccaIl maestro Pai-chang voleva scegliere un monaco cui affidare l’incarico di aprire un nuovo monastero. Convocò i suoi discepoli, pose una brocca sul pavimento e disse loro: “Sceglierò chi saprà descrivere questa brocca senza nominarla”. “È un vaso di forma rotondeggiante, con un manico e un becco” rispose il più colto dei suoi allievi. “È un recipiente di colore grigio e serve per contenere acqua o altri liquidi” disse un altro. “Non è uno zoccolo” intervenne un terzo più spiritosamente. Gli altri monaci non dissero nulla, perché erano convinti di non poter escogitare definizioni migliori. “Non c’è nessun altro?” domandò il maestro. Allora si alzò Kuei-shan, che nel monastero era un semplice inserviente. Egli prese la brocca in mano e la mostò a tutti senza dire nulla. Pai-chang dichiarò: “Kuei-shan sarà l’abate del nuovo monastero”.

Visualizzazione Creativa e meditazione.‏

La “visualizzazione creativa” e’ una tecnica relativamente recente usata a fini terapeutici o per migliorare se’ stessi. Ad esempio, una persona timida puo’ immaginare, in stato di rilassamento profondo, di non avere difficolta’ ad approcciare il prossimo; dopo un buon numero di ripetizioni teoria vuole che la sua mente si “auto-condizioni” ad agire automaticamente davvero in quel modo, liberando cosi’ la persona dalla timidezza.
Ma come spesso accade, le “scoperte moderne” non inventano nulla, semplicemente riscoprono cio’ che gia’ esisteva appioppandogli un nuovo nome.
Tecniche simili alla visualizzazione creativa esistono da sempre, sia in occidente che in oriente. Anche la preghiera (nella quale ci si concentra su una icona, fisica o immaginata) e la meditazione ne sono esempi: la “visualizzazione creativa” e’ usata dalle religioni, dalla spiritualita’ e nelle pratiche di magia (intesa in senso lato) da millenni.

I punti fondamentali sono sempre gli stessi:
– costanza e ripetitivita’ (la mente ha bisogno di ripetizioni per scambiare le visualizzazioni per realta’ e comportarsi percio’ di conseguenza);
– rilassamento profondo (spesso indotto anche dalla ripetitivita’ delle parole/mantra);
– fiducia (nel risultato);
– precisione della visualizzazione, intesa nel senso ampio del termine: immagini, suoni, sensazioni (piu’ cio’ che si visualizza e’ preciso, piu’ la mente deve essere concentrata su di esso; piu’ e’ concentrata, piu’ rapido sara’ l’apprendimento).

Apparentemente e’ dunque il metodo a contare, piu’ dello “oggetto visualizzato”. Pero’ il metodo si appoggia alla mente, ed e’ attraverso la mente che tutto si materializza. Un tempo dicevo che perfino Dio ha bisogno della chimica di questo mondo per apparirci; dunque c’e’ poi tanta differenza tra metodo e oggetto?

Dove si puo’ arrivare tramite queste tecniche? Beh, difficile dirlo. Il Buddha divenne illuminato riuscendo cosi’ a sfuggire al ciclo di morte-rinascita (che per l’induismo era negativo, perche’ la vita e la morte sono cariche di sofferenza); oggi magari i piu’ si limitano a usarle per migliorare se’ stessi, anche se c’e’ chi sostiene che sia possibile liberarsi da malattie o ottenere vantaggi materiali apparentemente venuti dal nulla…

buddha

Il blog cambia rotta…

Julius accanto al PCRieccoci così alla solita ora tarda, ormai è da troppo tempo che mi ritrovo a scrivere in piena notte e la stanchezza e il sonno iniziano a farsi pesanti. Perfino Julius, qua al mio fianco, inizia ad avere gli occhietti pesanti e sembra chiedermi “Ma che ci fai ancora in piedi?” 😛 Per fortuna tra poco avrò qualche giorno di festa e, seppure con qualche impegno già preso, spero di poter riposarmi un po’ 🙂
Come ho spesso avvisato, sia qui che sui blog amici, è un periodo molto intenso per me lavorativamente parlando, e tra l’altro arriva al termine di una serie di anni difficili, a tratti drammatici.
La mia vita è sempre stata un po’ ciclica: a periodi intensi, vissuti perennemente di corsa con grande profusione di tempo ed energie, se ne alternano altri che, apparentemente, mi servono per recuperare; periodi nei quali sento la necessità di ritrovare la calma, la serenità e, magari, qualche risposta ad antiche domande mai completamente risolte.
Non è un caso se proprio in questo periodo avverto un forte richiamo a pratiche che furono, molto tempo fa, un po’ i miei primi amori, come la meditazione e lo yoga, mentre andare in palestra – ad esempio – mi diventa alquanto pesante.
Ho profuso molto anche nel mondo dei blog, sia sul mio che “altrove”, e non vi nascondo che a volte ho proprio sentito di esagerare. I contatti si sono moltiplicati, sono divenuti centinaia, e tenerli è diventato sempre più difficile e oneroso anche per la concomitanza del boom lavorativo, sia in termini di impegno che temporali.
A volte mi interrogo sulla mia scelta di ampliare il numero dei contatti, piuttosto che mantenerne solo alcuni. Perché averne tanti, alla fine, significa o avere tanto tempo a disposizione, ed io non l’ho più, oppure non riuscire più a seguire nemmeno quelli maggiormente affini. E questo un po’ dispiace, ovviamente.
Tuttavia l’idea iniziale prevedeva l’intenzione di rendere il mio pensiero il più possibile aperto, in modo da avere la massima condivisione e il maggior numero di punti di vista possibile. In un certo senso è difficile capire se tale scelta sia più egoista o altruista. Molte persone si sono via via offese per questo, ma molte di più non sarebbero mai arrivate qua, e sono dell’avviso che è il cambiamento, il rinnovamento, la vera fonte della crescita. La “parola” che farà traboccare il vaso, che ci spingerà verso il definitivo cambiamento, può arrivare da chiunque ed anzi, in genere, io l’ho sempre ricevuta da chi non mi aspettavo o da chi nemmeno conoscevo.
Alla fine, comunque, è davvero difficile trovare la famosa “via di mezzo”.
Però ora sono stanco, ho desiderio di ridirezionare le mie vele verso temi più “intimistici”, un po’ come in fondo avevo anche scritto nel profilo di “Wolfghost” 🙂 Non ho nemmeno bisogno, infatti, di chiudere il blog – come va di moda fare – e aprirne un altro: mi basta riscoprire lo spirito con cui lo aprì nel settembre 2007. I miei post cambieranno, in corrispondenza di un cambiamento che è già in atto nella realtà (niente di drammatico: tutti cambiamo, la differenza è esserne o meno consapevoli). E, se avrò almeno un poco di tempo, cambierà probabilmente anche il template (ma questo non è importante).

Senza scordare l’impegno ulteriore preso al momento di fondare il blog parallelo www.adottauncucciolo.net che voglio, anch’esso, si evolva, non parlando più solo di adozioni ma anche riportando post informativi e, quando è il caso, di denuncia. Ricordo che al blog Adotta un Cucciolo chiunque può chiedere di partecipare, se ha acqua da portare in favore dei nostri piccoli amici animali.

Io non trattengo nessuno. Non mi sono mai offeso se qualcuno ha preferito “voltarsi altrove”, anche questo fa parte della visione pluralistica della condivisione. Magari è potuto dispiacermi, questo sì, ma fa parte del percorso. Spero onestamente che nessuno si offenderà se sarò meno presente, soprattutto “altrove”, come d’altronde, per necessità, è già avvenuto.
Ma… bé, voi non potete vedermi, ma ho appena dato un’alzata di spalle, perché, alla fine, se fare contenti gli altri significa rendere scontenti sé stessi… non è nemmeno più una vera scelta.
E se qualcuno non capisce… onestamente non so cosa farci. Il blog sta virando.

Come diceva un mio vecchio amico… Buona Vita a tutti, e – per chi ci sarà – a presto 🙂

Wolfghost

Cambio di rotta

 

Non si può aiutare chi non vuole essere aiutato

giumentaLA GIUMENTA MORTA DI STANCHEZZA
di Paulo Coelho

Nasrudin decise di cercare nuove tecniche di meditazione. Bardò la sua giumenta e iniziò un pellegrinaggio per il mondo: andò in India, in Cina, in Mongolia, conversò con tutti i grandi maestri, ma non ne ricavò nulla.
Sentì dire che c’era un saggio nel Nepal: si recò fin laggiù, ma mentre stava salendo sulla montagna per incontrarlo, la sua giumenta morì per la stanchezza. Nasrudin la seppellì in quello stesso luogo, e pianse di tristezza.
Passò un uomo e disse: “Questa dev’essere la tomba di un santo, e voi eravate suo discepolo. Sicuramente, state piangendo la sua morte”.
“No, è solo la tomba della mia giumenta, che è morta di stanchezza”.
“Non ci credo – disse il passante -. Nessuno piange per una giumenta morta. Questo dev’essere un luogo santo, dove accadono i miracoli, e voi state tentando di nasconderlo”.
Per quanto Nasrudin discutesse, non servì a niente. L’uomo si recò al paese vicino, raccontò a tutti la storia di un grande maestro che operava guarigioni sulla sua tomba, e ben presto cominciarono a sopraggiungere i pellegrini. A poco a poco, la notizia della scoperta del Saggio dal Lutto Silenzioso si diffuse per tutto il Nepal – e sul luogo accorsero moltitudini di persone.
Vi giunse anche un uomo ricco, che ritenne di essere stato ricompensato e perciò fece costruire un imponente monumento nel punto in cui Nasrudin aveva seppellito il “suo maestro”. Visto l’accaduto, Nasrudin decise di lasciare le cose come stavano. Ma imparò una volta per tutte che, quando qualcuno vuole credere a una menzogna, nessuno lo convincerà del contrario.

 



Commento di Wolfghost: Almeno 15 anni fa frequentai un gruppo che faceva pratiche di meditazione. Si trovavano in una bella e ampia casa con tanto di terrazzo e praticavano in particolare la “Meditazione Dinamica” di Osho, che consiste in una danza sfrenata di quindici minuti, nella quale ci si può muovere e gridare come si vuole, per poi – quando la musica “vivace” finisce e inizia quella tranquilla – lasciarsi cadere a terra e, sfruttando il fatto di aver scaricato le energie, entrare facilmente in meditazione. Poi c’era il periodo della condivisione, nella quale ognuno diceva cosa aveva provato, e infine si cenava tutti assieme con ciò che ognuno aveva portato dalla propria casa.
Mi resi ben presto conto che, come spesso avviene, per diverse di queste persone la meditazione era solo un pretesto per fare gruppo, e ciò a poco a poco mi allontanò, ma alcuni di loro erano davvero dotati di profonda e bella spiritualità.
In quel periodo ero in difficoltà, una persona a cui tenevo molto si trovava in grave crisi, io ne percepivo la disperazione ma per quanti sforzi facessi per aiutarla, essa continuava ad andare dritta verso il suo baratro.
Chiesi l’opinione della persona spiritualmente più dotata del gruppo ma, invece di udire parole di comprensione verso quella persona, come mi aspettavo, ascoltai una lezione destinata a diventare tra le più importanti della mia vita, una lezione di poche parole, detta con un’improvvisa serietà che lasciava trasparire, senza ombra di dubbio, essere di chi aveva dovuto impararla tristemente sulla sua pelle. La lezione era “Non si può aiutare chi non vuole essere aiutato”.
Non importa quanto bene potrebbero fare le nostre parole se venissero ascoltate, per chi, nella sua testa, si rifiuta o non è in grado di mettere in discussione, le proprie idee.

senza uscita

 

Vivere qui e ora

La lettura di un post sull’interessante blog di chokurei2, mi da’ lo spunto per parlare del famoso “Vivere qui e ora”.

“Vivere qui e ora” è uno dei passaggi esoterici più antichi e più difficili da comprendere in tutta la sua profondità, forse proprio perché apparentemente estremamente banale.

orologio Come ho già scritto spesso, noi siamo il nostro passato, e il nostro presente determina il nostro futuro, soprattutto in una società basata sul tempo come quella in cui viviamo.
Come è possibile allora non pensare al passato e non agire in prospettiva futura? Sembra una utopia, non è vero?

Faccio un esempio: se tu vuoi comprare una casa, dovrai per forza fare un’azione di pianificazione, ovvero una proiezione nel futuro. Altrimenti farai un disastro. Così devi agire per tante cose, alcune complesse, altre banali; perfino per fissare un semplice appuntamento devi pianificare pensando al futuro. Addirittura perfino per decidere l’ora a cui puntare la sveglia!  😀

Qualunque nostra decisione odierna, poi, siamo in grado di prenderla grazie alla nostra esperienza, pratica o teorica che sia. Ovvero grazie al nostro passato. Bisogna liberarci dei condizionamenti passati, è vero, ma altra cosa è ricordare consapevolmente: nel passato possono esserci infatti preziose risorse, esempi di vita che possono aiutarci a prendere una importante decisione nel nostro presente.

E allora come fanno tanti maestri spirituali a sostenere che si deve (e si possa) vivere nel presente? 😮

La verità, per me, è che “vivere nel qui e ora” non significa necessariamente non pensare a passato e futuro, ma essere “semplicemente” consapevoli di starlo facendo. Essere sempre consapevoli.

meditazione Se tu siedi e non pensi a nulla, stai meditando. Se tu siedi e ti “perdi” nella musica che ascolti, stai meditando. Se tu siedi e ti perdi nel lavoro che stai compiendo, stai vivendo nel qui e ora. Se ti siedi (ma puoi anche stare in piedi, eh! ;-)) e ti perdi nella pianificazione di un evento futuro, ad esempio l’acquisto della casa… stai meditando, sei nel “qui e ora”, perfino se stai pensando al futuro.

“La consapevolezza del momento presente” è “vivere qua e ora”, perfino se il momento presente è ricordo necessario del passato o proiezione indispensabile nel futuro.

“La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati a fare altri progetti”, scriveva Anthony De Mello. Sembra in contrasto con quanto ho appena affermato, non è vero? Ma poni l’attenzione sulla parolina “altri”, “altri progetti”… se il progetto è indispensabile al proseguo della vita, allora esso stesso ne fa’ parte, per questo ho scritto “ricordo necessario” o “proiezione indispensabile”; non è un “altro” progetto. Fa parte del progetto stesso della tua vita.

“Altro progetto” è quando, non essendo consapevole di cosa stai combinando… non combini nulla, né nulla porti a termine, poiché permetti alla tua mente di saltare di palo in frasca, di non avere un minimo di concentrazione, di essere preda di qualunque foglia che cada nel giro di 100 metri o, peggio, del continuo frullare della tua testa.

Se stai camminando per strada e hai il dubbio che una persona che ti ha appena incrociato forse ti ha salutato (ma chissà chi diavolo era)… allora forse non stai vivendo nel presente. Certamente non ne sei consapevole.

goccia

L’esperienza del teatro

Ieri ho partecipato ad una dimostrazione teatrale tenuta dalla compagnia “Waltersteiner” (http://www.waltersteiner.it) in pubblico.
Non sono un attore, ne’ ho le conoscenze del settore che sarebbero necessarie per esprimermi “tecnicamente” sul lavoro fatto; sto solo seguendo, per scopi di crescita personale, uno dei corsi che ciclicamente tengono e che chiamano “laboratori di ricerca”.

waltersteiner Cio’ che mi preme, e’ rilevare l’aspetto psicologico e umano di tale esperienza, valida proprio perche’ arriva da un “principiante”; spesso, chi e’ dentro le cose da tempo, chi e’ cresciuto dentro di esse a poco a poco, perde la visione dello sforzo e dei risultati che sta’ ottenendo, sforzo e risultati che appaiono invece evidenti a chi li segue da poco tempo.

Premetto che ho probabilmente sentito meno l’emozione rispetto a molti degli altri “allievi” (termine che mi fa’ un po’ sorridere, ma non ne trovo altri :-)) grazie al fatto che, per motivi di lavoro, ho gia’ dovuto tenere diverse presentazioni tecniche – tra l’altro in lingua diversa dalla mia – davanti a platee anche numerose (100 e piu’ invitati da tutto il mondo); esperienza ovviamente molto diversa, ma che comunque serve “a formarsi” nell’impatto col pubblico. In particolare riporto la frase di un’altra allieva che, alla fine di una delle performance, ha esclamato con evidente piacere “Oh! I primi applausi della mia vita!” 😉

teatro Intanto una premessa: perche’ alcuni mesi fa’ scelsi di fare questo corso? Be’… volevo investire su qualcosa che ampliasse i miei orizzonti, sia in termini di nuove conoscenze che di crescita personale, per cui mi “guardai attorno” e, insieme ad altre possibilita’, trovai e valutai questo corso.
Avendone saltato la presentazione, chiesi ed ottenni di poter assistere al primo giorno in qualita’ di osservatore, proprio al fine di decidere se iscrivermi o meno. Bastarono 5 minuti per farmi propendere per il “si”. Trovai e trovo tuttora affascinante quanto questo lavoro peschi nell’animo umano, lavorando sulla consapevolezza dei gesti, del respiro, sull’apertura e la fiducia nelle altre persone, sul necessario lavoro di destrutturazione di quelle immense “sovrastrutture mentali” che in ognuno di noi si formano e aumentano via via che gli anni passano. Rimasi colpito da quanto pertinente fosse questo lavoro con certi concetti di consapevolezza e attenzione che avevo gia’ trovato in pratiche come lo Yoga, la Meditazione o nelle moderne forme di psicologia come la PNL, sia da un punto di vista mentale che fisico (perche’, guardate… tornare a “svincolare” i muscoli dalla stretta mentale e’ tutt’altro che facile!).

Il gruppo della Waltersteiner e’ molto compatto, c’e’ un grande spirito d’unione tra di loro. Soprattutto colpisce la professionalita’ unita alla grande passione verso questo lavoro, che, tra l’altro, e’ necessariamente un “secondo” lavoro (tra virgolette perche’ in termini di impegno e’ probabilmente il “primo” per molti di loro). In prossimita’ delle loro performance e spettacoli, non esistono sere, non esistono domeniche, ma non c’e’ un vero “sacrificio” – non nei termini di “sofferente impegno” con cui di solito lo si intende – perche’ fanno cio’ che amano fare.
Tanto per citare un episodio, ieri mi hanno colpito le parole di una delle attrici, Elena, che raccontava di quanto fosse dispiaciuta per non aver potuto partecipare alla dimostrazione a causa di un lieve infortunio nelle prove della settimana precedente e di come fosse gia’ protesa e ansiosa di recuperare il prima possibile per essere presente nella seguente. Non sono state tanto le parole (“questa e’ la mia vita”, diceva con grande partecipazione), quanto l’atteggiamento, a dimostrarne con evidenza la veridicita’.

Io spesso parlo di determinazione, amo citare le parole di Anthony Robbins quando sostiene che non ha mai visto nessuno arrivare al successo trascinandosi stancamente (di qualunque campo si stia parlando). E non parlo di successo in termini di fama, quanto piuttosto di successo nel riuscire a fare, a vivere, cio’ che si vuol fare e vivere. Quanti di noi dicono “mi piacerebbe…” ma poi concretamente non fanno nulla per trasformare le proprie aspirazioni in realta’?

clementedavid La determinazione e la passione – unita, e guardate che e’ rarissimo da trovare quando c’e’ passione, alla mancanza di competizione tra loro – sono proprio cio’ che piu’ del resto mi ha colpito nel loro gruppo, a partire dai fondatori del gruppo – Clemente e David (nelle due foto qua a lato) – che nel 2001 decisero di provare a realizzare quello che per loro era solo un’idea o, forse, un sogno.

Per ora mi fermo qua, perche’ ognuno di loro ha personalita’ e caratteristiche cosi’ peculiari che dovrei perlarne per pagine e pagine…

Personalmente, a parte la lezione del loro impegno che e’ poi cio’ che mi ha colpito principalmente, sto traendo da questa esperienza l’opportunita’ di mettere in pratica conoscenze che altrimenti sarebbero forse rimaste al solo livello teorico, nonche’, ovviamente, impararne di nuove. Mettersi in gioco, in qualche modo, e’ sempre importante, altrimenti non si potra’ mai davvero sapere qualcosa di concreto su se’ stessi, poiche’ solo dall’obiettivita’ dell’esperienza si puo’ avere un’idea oggettiva di come siamo fatti. Nell’isolamento della nostra mente possiamo raccontarci tutto e il contrario di tutto senza tema di essere smentiti, potendo arrivare infine a crederci molto diversi da come siamo in realta’ .
E’ solo “portandosi fuori da se’ stessi”, mettendosi in gioco, che si puo’ davvero conoscere il proprio valore e continuare a crescere.

foto del gruppo degli attori della Walter Steiner
I persiani