Questo articolo che ripropongo è del 19 Aprile 2008. Il 19 Aprile incidentalmente era il compleanno di uno dei miei due fratelli, morto 3 anni fa. All’epoca di questo post compiva 47 anni. E’ stato strano ritrovare questo post e questa data.
Comunque, questo appena passato è stato un periodo di cambiamenti lavorativi. Lady Wolf, con grande coraggio, ha lasciato il suo lavoro a tempo pieno, indeterminato e vicino a casa, per tornare ad un lavoro part time, in sostituzione maternità – dunque con futuro incerto – e distante da casa, con treno più metropolitana da prendere ogni mattina. L’ha fatto perché il lavoro era stressante, con un responsabile colpevolmente poco presente, ma soprattutto per una questione di dignità personale, perché assunta con condizioni più negative rispetto al contratto precedente e comunicate quando ormai non aveva più possibilità di tirarsi indietro.
Io invece ho cambiato reparto all’interno della stessa azienda, una multinazione estera che negli ultimi anni ha ridotto costantemente il personale. Formalmente per adesso ho le stesse incombenze e lo stesso ruolo che avevo prima, ma è molto probabile che le cose cambieranno nel giro di poco tempo. E’ da vedere in che modo. Ho lavorato molto in questi ultimi anni per questo ruolo, anche le sere e nei weekend. Sapere che probabilmente andrà tutto in fumo mi è dispiaciuto, almeno inizialmente, ma, come molti sicuramente sosterrebbero, poteva anche andare peggio. Forse. Perché le conseguenze di un evento sul futuro sono spesso imprevedibili e non si sa mai cosa sia meglio e cosa sia peggio.
Venendo al tema del post, credo oggi non solo che quanto scrissi ormai 10 anni fa sia vero, ma che lo sia in ogni campo, non solo in quello relazionale. Lo è nel lavoro, nella salute, nelle proprie passioni. Lo è nella vita.
La nostra mente è estremamente malleabile, apprende dalle circostanze e ricorda e ripropone. Il nostro inconscio ci condiziona molto più di quanto pensiamo. La malleabilità che ci danneggia però è la stessa che puo’ potenzialmente aiutarci, perché noi siamo potenzialmente in grado di sfruttarla per ricondizionare la nostra mente, anche se non è facile. Prima di tutto perché non crediamo che lo sia, non immaginiamo nemmeno che possa esserlo. E’ come possiamo cambiare qualcosa se nemmeno sappiamo che qualcosa da cambiare c’è?
Ed ecco il link al post originale con i commenti dell’epoca: Il ricordo del dolore
A volte capita di conoscere persone con le quali si stabilisce un rapporto superficiale, forse per mancanza di vero interesse da parte di almeno uno dei due, forse per problemi oggettivi che impediscono una conoscenza più profonda e radicata. Eppure, quando quel seppur fievole rapporto si interrompe, si soffre in maniera francamente poco comprensibile per la scarsa base che quel rapporto aveva.
E’ mia convinzione che in questi casi si è in presenza di un “ricordo del dolore”, ricordo emotivo, fisico quasi, della sofferenza di una importante relazione precedente, se non di qualcosa di ancora più antico.
E’ come quando basta sentire due note per andare automaticamente con la mente ad una canzone che si conosce… per poi scoprire magari che quelle due note sono di una canzone completamente diversa. Ma ormai la frittata è fatta e la sofferenza è stata evocata. Ci si ritrova in balia così di un dolore che non ha quasi motivo di esistere, magari con reazioni emotive esagerate, spropositate rispetto al reale contesto, reazioni che a volte possono creare danno o acuire una situazione già difficile di per sé.
Se è vero che si parla con evidenza di reazioni inconsce, delle quali è dunque difficile controllare l’insorgenza, è anche vero che capire da dove esse vengano, ovvero da qualcosa che non facendone parte non ha ragione di esistere nel nostro presente, contribuisce non poco a ristabilire un controllo che è andato misteriosamente perso.
L’amigdala è la parte più antica del nostro cervello. E’ una parte che abbiamo in comune perfino con i serpenti ed i rettili in generale.
Purtroppo pero’ l’uomo ha una sorta di “masochismo innato” che deve in qualche modo mantenere :-P, ha finito allora per aggiungere all’elenco di pericoli concreti altre voci sulle quali i nostri avi si sarebbero fatti grasse risate: le paure – spesso infondate – di tradimenti del partner, i timori di fare brutta figura, un esame da superare, un approccio da tentare, un litigio per cause futili, un colloquio con un superiore.
Così noi, sull’onda dello stato emotivo alterato, ci ritroviamo a compiere azioni che in situazione di calma non faremmo. Azioni magari sproporzionate – come quella della signorina qua a lato 😉 – delle quali spesso ci potremmo pentire!
Bene, il 2016 ormai è iniziato. Un saluto dai nostri animalotti (manca Sissi… lei non si schioda dal suo divano 😀 ).
La mente può essere meravigliosa, ma allo stesso tempo anche il nostro peggior nemico. Ci crea un’infinità di problemi. A volte vorrei che fosse come una dentiera, che si può togliere e lasciare tutta la notte sul comodino. Almeno, potremmo avere un po’ di tregua dalle sue noiose e spossanti divagazioni. Siamo così in balia delle mente che perfino quando sentiamo che gli insegnamenti spirituali fanno risuonare una corda dentro di noi, e ci toccano più di ogni altra esperienza, continuamo ugualmente ad esitare, per una sorta di radicata ed inspiegabile diffidenza. Prima o poi, però, dobbiamo smetterla di diffidare; dobbiamo lasciar andare i dubbi e i sospetti, che in teoria dovrebbero proteggerci ma non lo fanno mai, e finiscono col danneggiarci anche più di ciò da cui dovrebbero difenderci.
Mi venne così in mente un altro episodio. Ero in vacanza a Maiorca con degli amici ai tempi dell’università. Una sera, sulla passeggiata che condiceva al mare, decidemmo di cimentarci in uno di quei giochi che simulano la pallacanestro: ti arriva una palla dopo l’altra e devi riuscire a centrare il canestro. Io ero l’ultimo ad effettuare la prova. Non avevo mai giocato a basket in precedenza quindi non mi aspettavo di fare bella figura. Comunque iniziai e… il primo pallone si infilò perfettamente, e dopo di quello un altro e altri quattro consecutivamente! I miei amici erano stupefatti e, ovviamente, vista la fascia di età, anche palesemente invidiosi. Immagino di essermi esaltato e… inutile dirvi che non ho messo più dentro una palla che fosse una! 😀
In questo periodo, stiamo leggendo un interessante libro scritto da Valerie O’Farrell, studiosa di una psicologia un po’ particolare: quella canina 😛 Il libro si intitola “Cani ribelli” ed è interessante non solo perché ci aiuta a capire un po’ di più il nostro Tom facendoci scoprire cose sorprendenti, ma anche per le numerose analogie e richiami alla psicologia nostra, quella umana. Anche se, si badi bene, tentare di capire i cani sul metro nostro è uno degli errori più frequenti: ci sono molte differenze ma… anche alcune analogie 😉 Tra queste ce n’è una che parla delle fobie. Ve ne riporto un estratto.



E’ inutile saper risolvere problemi logici quando l’emotività ci gioca un brutto tiro e andiamo nel pallone: qualunque sia il Q.I. non saremo in grado di risolvere granché. Non a caso libri e teorie come “l’intelligenza emotiva” di Daniel Goleman, hanno avuto grande successo in un recente passato: un elevato Q.I., a fronte di una scarsa capacità di controllo emotivo, non serve a nulla o quasi.