La voce del mare – un racconto di Poetikando

Sono in ritardo  😐 : oggi mi sono accorto di avere ben quattro post “in coda” (in realtà, “in mente”). Per ben tre di essi mi avvarrò di splendi scritti di altri blogger, un altro invece deriva da un aforisma di un poeta che tutti abbiamo studiato a scuola. Considerando che la prossima settimana sarò a Stoccolma per motivi di lavoro, ci metterò un po’ di tempo, anche perché ognuno di questi scritti vale davvero e merita di restare visibile almeno qualche giorno,

Ma vediamo il primo…

 


 

LA VOCE DEL MARE

by poetikando

Blog: poetika

 

 

mare_tempestoso

“Poi non è che la vita vada come tu te la immagini.

Fa la sua strada, e tu la tua.

Ma non sono la stessa strada”

( “Oceano mare” )

Anni che non vedevo il mare, forse secoli… Ma sono qui adesso, ormai vecchio, a guardarlo, respirarlo, sentirlo davvero. Siamo soli – io e la voce inestinguibile del mare- mai placata in me, mai perduta. Mi chiama. Le onde sventrano gli scogli e le gocce mi si frantumano sul viso, minuscoli specchi di cielo, di pianto liberato. Ho voglia di pensarmi così, nella mia immensa solitudine…

Da ragazzo venivo spesso alla spiaggia per dare del cibo ai gabbiani, e anche oggi ho portato del pane. Mi siedo sul bordo di un vecchio peschereccio abbandonato e sono invisibile, assente. Il maestrale soffia forte, il sale brucia gli occhi, il freddo è un ferro arroventato, che dissolve il dolore prima ancora che sia.

Avverto un fruscio alle spalle: un gabbiano mi si avvicina esitante; sorrido e gli offro le mie ultime briciole. Ci scambiamo uno sguardo, almeno così pare a me e ai miei occhi stanchi. Una lacrima gli scivola lenta sul bianco piumaggio. Che tenerezza, che follia…

Ecco, ora, è arrivato il momento. Quella è la lacrima che mai mi è sgorgata dal cuore; è il pianto che mi ha negato la vita; è il dono mancato dell’ essere fragile – e libero – dentro.

Lo so, è soltanto la mia fantasia. Ma che uomo sono mai stato? Prigioniero di un’esistenza che non ha avuto il tempo – il coraggio – di fare concessioni all’amore, alla vita, al destino…

L’avevo scordato il mare, come un accordo stonato. L‘avevo scordato il mio nome. Lo perdo ogni giorno e ogni giorno lo cerco. E’ sempre un inizio, inizio e mai fine. E’ che il mare è un moto incostante dell’anima – alta e bassa marea – ce l’hai dentro e non fuori di te, come la vita.

La vita…

Che se adesso dovessi raccontarne una – la mia ? – non saprei nemmeno cosa inventare. Ho alle spalle nove mesi di paradiso, novant’anni all’inferno e di fronte nove giorni nel limbo. Ma non sento niente, non ho niente da dire. So che devo morire, non è una grande scoperta: lo sanno tutti ancor prima di nascere. E non mi scorre davanti il film del mio viaggio, non un solo fotogramma. Di memoria ne ho poca, pochi ricordi da ricordare .

Ma se potessi scegliere… mare rinascerei, mare per vivermi fino in fondo l’abisso, per perdermi e naufragare. Mai più aggrappato a scalcinate e sicure pareti. Mai più schiavo di una vita apparente. Avrei sale negli occhi e brividi audaci sulla pelle bagnata. Soffrirei, sentirei, sentirei… tutto quello che mi sono affannato a evitare, da sempre, ancor prima di essere .

Tra partenza e traguardo è una linea finita e imperfetta, il nostro limitato orizzonte? Non guardarmi così! Vola via, via!

Ed allora comincio a sognare, a ricostruire il passato che ancora non ho. Che non ho. Mi regalo una storia.

Sono nato una sera d’agosto, e le ombre d’autunno già spingevano, inquiete. Mia madre piangeva, mio padre taceva; il vento soffiava.

Sono cresciuto respirando l’inverno sul mare, le sue assenze, i ritorni, il presente. Mi facevano male.

Ho amato una donna, una sola, ché l’amore non passa due volte, e impazzivo nel suo ventre puro come un’onda d’azzurro assoluto.

Non ho ho avuto un lavoro, una casa. La mia anima abita il vento. E al vento ho affidato il mio cuore, affinché lo portasse lontano, lontano…

Ho viaggiato sulle strade più impervie, ho venduto il mio ruolo nel mondo per un pezzo di cielo. E non sono pentito.

La mia vita è impronta su sabbia: la consegno alle onde del mare. Perché vivere è un istante perfetto, crudele. E’ qualcosa che va cancellato, perchè mai si ripeta, perchè mai muoia dentro, su una spiaggia sbagliata. Ma che resti in eterno, solamente nel cuore.

E’ poesia sulle ali del sogno e nessuno può portarcela via.

Gabbiano a Saint Malo, Bretagna, FranciaOra resto a guardare la lacrima, che leggera ti imperla le piume e mi sembra un gioiello prezioso – un regalo impagabile – anche questa tristezza. So che la vita che mi sono inventato è qualcosa di grande, l’ essenza più vera di me. Più distante da me…

E’ sangue, è carne, è anima e spazio: un volo impossibile.

E’ il pianto che mi è stato negato, il dono che non ho saputo apprezzare, la libertà di essere fragile dentro – e infinito – come la voce armoniosa e violenta del mare.

Daniela Cattani Rusich

 

 


 

Commento di Wolfghost: questo splendido scritto di Daniela (Poetika) mi ha richiamato alla mente un mio post di qualche tempo fa (La paga della vita) incentrato sull’aforisma di Eric Butterworth che potete leggere nell’immagine di chiusura. Anche se nel testo di Daniela ci sono spunti per diversi altri argomenti.

Pensiamo spesso che alla fine della vita si tirino un po’ le somme di come si è vissuto: è stata una vita ben spesa? Abbiamo lasciato qualcosa di importante? O, al contrario, l’abbiamo sprecata?

 

Per quello che è la mia esperienza (indiretta, per fortuna! ;-))… non è quasi mai così: di solito alla “fine” la gente pensa a molte cose, ma non al passato: non tira affatto le somme.

Eppure siamo portati a crederlo… forse perché in realtà a tirare le somme siamo noi, adesso, in corso d’opera. Ma siccome ammetterlo potrebbe voler dire buttare tutto a mare e ricominciare da zero, preferiamo fare gli gnorri, pensando che va bene così, che ci sarà sempre tempo.

 

Tranne poi accorgerci che abbiamo imparato sì, che “la vita che ci siamo inventati è qualcosa di grande”, ma che “questo dono non l’abbiamo saputo apprezzare“.

Siamo portati a credere che un giorno ci guarderemo indietro e ci accorgeremo di tutto ciò che sbadatamente abbiamo lasciato perdere lungo il cammino.

 

Meglio sarebbe che quel giorno fosse oggi, affinché almeno ciò che c’è ancora nel nostro domani possa essere colto.

 

Butterworth

 

 


 

Sorridi :)

sorriso
“Fai che il tuo sorriso
non sia mai solo una risposta alla Vita
ma, piuttosto, la tua proposta”

 


Ho trovato davvero illuminante e profondo questo aforisma di Paola che, come solo concetti profondi concentrati in poche parole sanno fare, sa esprimere una importante verità con grande potenza.

Di solito siamo portati a pensare che sorridiamo quando qualcosa ci fa sorridere, in altre parole… siamo schiavi di cosa ci accade attorno. Eppure credo che molti di noi sanno che, come cosa c’è fuori può modificare il nostro stato d’animo, così il nostro stato d’animo può modificare come esperiamo la nostra realtà e, in ultimo, perfino la realtà stessa. Come diceva Hermann Hesse – non solo grande scrittore, ma anche profondo conoscitore dell’esoterismo sia occidentale che orientale – “Nulla è dentro, nulla è fuori, perché ciò che è dentro è fuori”.

JuliusLo so, lo so, a volte la vita è così dura che riuscire a sorridere ed avere un atteggiamento sereno è quasi impossibile. Potrei dirvi “eppure c’è chi l’ha fatto”, ma noi siamo persone normali, con capacità normali, e quando siamo schiacciati da avvenimenti più grossi di noi andiamo necessariamente in crisi. Altro che sorridere, a volte possiamo solo aggrapparci all’istinto di sopravvivenza.

Ma qui il messaggio non è “sorridi sempre e comunque”, è “cerca, ogni volta che puoi, di sdrammatizzare, di ricordare a te stesso che finché hai vita davanti puoi sempre rincominciare, puoi continuare ad apprezzare i tramonti, i fiori, la sensazione dell’aria che entra ed esce dai polmoni, il sorriso dei bambini, le peripezie di un micino”.

La mia vita non è stata facile, soprattutto dal primo gennaio 2003 in poi, ma sono sempre riuscito a trovare la forza di reagire e, anche se magari non subito, di fare ciò che andava fatto. “Ottimo” direte. E invece no, perché troppo spesso la sensazione di pesantezza che sentivo era opprimente, quasi insopportabile. Ciò che mi mancava è proprio ciò di cui parla Paola nel suo aforisma: l’acutezza di capire che un sorriso non è una reazione, ma una proposta, la costanza di ricordarmelo, e la forza di farlo ogni volta che avrei potuto.

Julius e SissiIl “sorriso” è la capacità di sdrammatizzare, di ricordare che la vita è bella e sei ancora vivo, che chi non c’è più ha comunque vissuto o, se l’ha fatto troppo poco, non significa comunque che devi pagarne te lo scotto a vita.
Un atteggiamento positivo, ironico – soprattutto autoironico – il riuscire a percepire “leggerezza” anche in situazioni pesanti, ma senza per questo cadere nel fatalismo, è la chiave per agire e reagire nel migliore dei modi.

Perché quando riesci a sorridere alla vita, la vita sorride a te. Perché tu sei la tua vita.

E quando semplicemente non sarà umano riuscirci… bé, almeno sarai contento di non aver sprecato tutte le occasioni precedenti che avrai avuto, per riuscire a farlo.

 

Sissi e JuliusLa prima immagine è tratta anche essa dal blog di Flameonair, le altre sono foto dei miei gatti Julius e Sissi)… che c’entrano? Bé, non vi fanno sorridere? 🙂

 

Sorpresa – una poesia di Aicha77

E torniamo a pubblicare qualcosa di visto nei vostri bellissimi blog e che mi ha particolarmente colpito 🙂

Stavolta si tratta di una poesia di Aicha77, tratta dal suo blog ovatta ed acciaio

 


 

                                      Sorpresa

                              by: Aicha77
                        Blog: ovatta ed acciaio


Vago con la mente verso non so quali luoghi.
I miei piedi mi spingono al cammino. Ignoro la meta.

L’orizzonte è lontano e l’anima mia
in nessun pellegrino s’imbatte.
Sono sola con l’odore del mare che mi violenta le narici.

Nulla e nessuno testimonierà il mio passaggio.
Sbiadite si sono anche le mie orme
repentinamente spazzate via dalle memorie del luogo.

Urlo contro il cielo ma nessuno mi ascolta.
“Dove sono tutti? Dov’è finito il Mondo?”
Solo il silenzio. Il mare. L’infrangersi delle onde….

Un luccichio improvviso calamita il mio sguardo.

Correre è l’unica azione che mi è concessa di fare,
afferrare la luce è l’unico pensiero.

Giungo alla meta affondando in ginocchio.
Mai vista cosa più bella, mai apprezzato tesoro più prezioso.
La stringo, la tengo forte legata al cuore…
È la mia vita!

Aicha77

 



Cosa mi ha colpito in particolare… a parte lo stile e le parole della poesia, della quale Aicha si schernisce (“So che come scritto non ha nulla a che vedere con i frammenti di poesia pura che spesso ho letto nei vostri blog”, scrive nel suo post 😉 ), ma che io trovo invece ottime, e’ il senso intrinseco della poesia a colpirmi: quella reale sorpresa – che forse diversi tra voi hanno sperimentato al pari di lei – che si prova quando improvvisamente ci si rende conto che, nonostante il senso di immane solitudine, forse in mezzo a mille difficolta’, paure e ansie, si e’… vivi! 😮 La vita, questa cosa cosi’ misteriosa e potente da rendere la materia consapevole di se’ stessa, pulsa dentro di noi, noi… siamo, esistiamo, ed e’ qualcosa che non ha prezzo, che nessuna difficolta’ o solitudine, in quell’istante, possono minimamente scalfire. Qualcosa che e’ speranza… no! Certezza! Un punto dal quale si puo’ sempre ricominciare, sempre! Fino a quando c’e’ vita.

Qualcosa che e’ difficile esprimere a parole… ma Aicha c’e’ riuscita benissimo.

Foresta

 

Il potere della scelta

bivioMettere impegno nella decisione
di Paolo Coelho

Carlos Castañeda dice: “Il grande potere dell’essere umano sta nella sua capacità di prendere decisioni.” Ogni decisione che prendiamo ci permette di modificare il futuro e il passato.
Scegliere, però, significa impegnarsi. Quando si compie una scelta, ci si deve ricordare che il cammino da percorrere sarà molto diverso da quello immaginato. Scegliere significa dire: “Bene, io so dove voglio arrivare.” Da quel momento in poi, bisogna prestare attenzione al mondo, perché una decisione scatena una serie di eventi inaspettati.
Impegnati con la tua decisione, sia essa nel campo affettivo, professionale o spirituale. Tutto ciò di cui la tua decisione ha bisogno è la tua volontà di andare avanti. Del resto, essa stessa ti prenderà per mano e ti mostrerà il cammino migliore.



Commento di Wolfghost: Abbiamo parlato dell’importanza di scegliere un buon obiettivo, esso deve essere raggiungibile, non deve creare danni a se’ stessi o ad altri (persone care soprattutto), deve essere “importante”, stimolante. Abbiamo detto che poi occorre determinazione per raggiungerlo, o almeno per provare seriamente a farlo. Ma… manca ancora l’anello di congiunzione, quello che, se la scelta dell’obiettivo e’ la meta e la determinazione e’ la benzina, potrebbe definirsi come la chiave del motorino d’avviamento. Perche’ quello e’ spesso il momento in cui ci perdiamo. La differenza tra i classici “buoni propositi” e il successo (o almeno l’avventura per raggiungerlo), sta proprio qua: partire per davvero.

Bisogna prendere l’abitudine a perseguire l’obiettivo scelto, a tenere fede alla decisione presa.
Possiamo pensarci quanto vogliamo, sceglierlo con cura, ma quando alla fine prendiamo la nostra decisione, abbiamo preso un impegno con noi stessi e la vita. E’ di fondamentale importanza non sgarrare, altrimenti cadremo in un circolo vizioso senza fine fatto di “buoni propositi”… e sappiamo tutti come essi vanno a finire, non e’ vero?

riunioneChe la nostra vita sia un buon governo, con le camere che si ritirano per compiere la loro scelta, con una legge nella quale quella decisione viene trasformata, con un controllo perfino severo perche’ quella legge venga seguita.
Poi un giorno, se proprio si rivelera’ un errore, il nostro parlamento potra’ tornare a riunirsi e decidere di porvi fine, ma fino ad allora ogni reticenza per pigrizia o timore, non dovra’ piu’ esistere.

Vi sembra troppo rigido? Messa cosi’ forse, ma seppure senza bisogno di uno “schema figurato” di questo tipo, e’ cosi’ che si muove chi “vince”: esso sa che nel momento in cui prende una decisione, deve muoversi affinche’ quella decisione venga davvero perseguita. Anzi, non ha nemmeno bisogno di pensarci: lo fa e basta. Ma chi non e’ abituato, ha spesso bisogno di “regole figurate” per riuscire a partire.

Poche cose hanno piu’ potere sulla nostra mente, sulle nostre convinzioni, sulla fiducia che nutriamo sui nostri mezzi, sulla nostra autostima, che il notare che diamo seguito alle nostre decisioni. E’ un processo che si autorafforza, dandoci ancora piu’ spinta a prendere altre decisioni che saranno frenate da inerzie e timori sempre meno forti, sempre piu’ facili da superare.

Il successo, di qualunque campo si stia parlando, e’ fatto di abitudine a seguire le decisioni prese.

… perche’ non creare un vero e proprio “quaderno delle decisioni”? Un quaderno dove cio’ che viene scritto verra’ inderogabilmente seguito, inderogabilmente! Ma, dobbiamo essere coscienti che se decideremo di usarlo, sara’ un’autentica sfida a noi stessi: dovremo pensarci bene prima di scrivere su di esso una intenzione, perche’ poi… indietro non si deve tornare 😉

Chi vuol provare? 🙂  Un consiglio: iniziate con qualcosa di semplice, di facilmente raggiungibile, e poi, via via, crescete in “importanza della decisione”. Questo perche’ “il successo genera il successo”: e’ un modo per accrescere la fiducia nella vostra capacita’ di tenere fede alle decisioni prese, preparandovi alle sfide piu’ importanti 😉
Rendetevi forti nella vostra autostima, prima di affrontare le onde piu’ alte.

block notes

 

Modestia

Impara dagli errori fatti dagli altri.
Non vivrai mai abbastanza
per farli tutti da solo.
– Eleonor Roosvelt –


EinsteinLa creatività, l’inventiva, la genialità, sono doti che ognuno di noi vorrebbe avere.

Ci sono persone che non sono capaci di intraprendere alcuna azione se prima non sono corroborati dall’approvazione altrui. Costoro possono perdere occasioni anche importanti per cercare un eccesso di sicurezza. Si muovono solo se sono certe del risultato, quindi… quasi mai. Sognano di intraprendere azioni, di ribaltare il mondo, dicono “vedrete di cosa sono capace!”. Ma le loro intenzioni rimangono sempre allo stato di idee, sono sogni che non si trasformano mai in azione.
 
Ma è frequente anche l’opposto. Ci sono persone che agiscono sempre e solo di testa propria, sentendo di avere immancabilmente l’idea giusta, pensando di essere infallibili. Mio padre, ad esempio, soleva dire: “Non sono io ad avere sempre ragione: siete voi che avete sempre torto!” 😉

Non ci credete? Un classico esempio: quante persone ascoltano una frase detta da un amico senza dargli alcun peso, per poi magari leggere una massima quasi identica detta da una famosa personalità (se poi è trapassata è anche meglio :-P) e allora, magicamente, quelle stesse parole diventano degne di essere lette o ascoltate?
Pensateci, magari è successo anche a voi!

Ma da dove viene questa sicurezza? Certamente ciò che sappiamo non è nostra invenzione, al massimo è nostra elaborazione, parte da dati appresi nel passare degli anni. Abbiamo imparato da altri. E poiché ogni invenzione e scoperta è stata immancabilmente preceduta da molteplici errori e abbagli, abbiamo imparato soprattutto dagli errori di chi ci ha preceduto. Nessuno ha mai inventato qualcosa da zero, aveva sempre una informazione di base su cui costruire.

gatto che si specchiaE allora, quale arroganza ci permette di sostenere che non abbiamo bisogno di ascoltare gli altri, di non avere più nulla da apprendere da altre persone? Per quanto noi possiamo saperne, c’è sempre qualcuno che sa qualcosa in più di noi. Almeno c’è qualcuno che sa qualcosa che noi non sappiamo, che forse ci è solo sfuggito, ma c’è. Un qualcosa che può essere determinante, che può fare la differenza tra vittoria e sconfitta, forse addirittura tra vita e morte. E quel prezioso input magari non arriva da un maestro illuminato, di qualunque campo si stia parlando, forse è sulla bocca di chi non ti aspetteresti mai essere capace di darti un’informazione così importante.

Errare è umano, la paura di sbagliare non ci deve bloccare. Ma ben altra cosa è pretendere di sapere tutto, di avere tutti i dati e le capacità per fare a meno di chiunque, rifiutando a priori il confronto, i consigli, gli aiuti, perfino da chi è titolato a saperne di più.

La mancanza di modestia e l’arroganza possono provocare danni incalcolabili.

Cerchiamo di non dimenticarlo mai.

cuccioli

 

La tua vita – Una poesia di Flameonair

Dopo il racconto di Quelcherestadime, è la volta di questa poesia di Paola, alias flameonair, tratta dal suo omonimo blog flameonair. E’ in piena sintonia con il mio modo di pensare e, mi piacerebbe dire, con il mio stile di vita. Diciamo che mi piacerebbe arrivarci 🙂

 


 

La tua vita
by: flameonair
Blog: flameonair.splinder.com

 

Sfoglia la tua vita,

piano, assaporandola,

annusane il profumo di terra bagnata,

ridi forte se ti va.

Annega nel suo sapore

nuovo, ad occhi chiusi,

tutte le tue malinconie

scoprirai un’altra parte di te

E distogli i tuoi occhi

da quel pavimento nudo e freddo,

voltati verso le voci che chiamano

giusto te, proprio te

che non ci credi piu’.

Perché

questa vita

è tutto il tuo domani.

(flameonair)



Nella tua subcoscienza dimorano note inconciliabili che ti costringono alla dissonanza. Ma perché volgi lo sguardo a ciò che è morto? Perché ti occupi di defunti?
<< Lascia che i morti sotterrino i loro morti >>, e volgiti, o Magnifico, al Bello del presente che cerca svelamento.
Se resisti a quel sibilo di cembalo discorde che affonda nella macina del tempo, hai vinto la discrepanza, per cui ti riuscira’ facile intonarti sulla nota cristallina del grande Musico.

Raphael, da “La Triplice Via del Fuoco”

 

panorama dalla Madonna della Guardia (GE)

 

La chiave di svolta: il “pilota automatico”

L’espressione “il pilota automatico” è stata da me associata alla condizione mentale di determinazione diversi mesi fa. Molte persone trovano questa associazione curiosa, a diverse di loro proprio non piace, forse per la parolina “automatico” che magari rende l’idea di una condizione poco umanizzata.

 

 

pilota automaticoIl “pilota automatico” de “l’aereo più pazzo del mondo”.

 

Ma cosa voglio dire con l’espressione “mettere il pilota automatico”?

Capita nella vita di attraversare periodi molto difficili, periodi in cui magari si è messi davvero a dura prova.

In genere, a quasi tutto c’è soluzione, ma spesso è una soluzione difficile da attuare perché richiede grande determinazione, richiede di essere portata avanti senza esitazioni, di non essere continuamente rimandata.
Quando sappiamo di dover far cambiare direzione alla nostra barca, ci riempiamo di dubbi, è comprensibile: sono decisioni molto “pesanti”, che lasceranno strascichi e segni molto a lungo, forse per il resto della nostra vita. Quindi è normale avere dubbi e timori. Il problema è che noi siamo portati ad avere dubbi anche quando sappiamo di aver preso la decisione più giusta. Decidiamo di andare in una certa direzione, sappiamo che è l’unica cosa da fare, ma quando si avvicina il momento nel quale attuare la svolta… i dubbi ci riassalgono e tutto è rimesso in gioco, possiamo arrivare a dirci “ma che stai facendo? Questa è una sciocchezza, torna indietro!”.

Ecco… sebbene i dubbi siano leciti e sani quando si deve prendere una decisione importante, smettono di esserlo quando la decisione è stata presa ed ha basi concrete, ovvero quando, semplicemente, la vicinanza del momento in cui dovremo stravolgere la nostra vita ci spaventa. Questi non sono più dubbi da “sana riflessione”, bensì “dubbi da paura”.

E qui entra in scena il “pilota automatico”, ovvero la ferma decisione – che si prende una volta e basta – di compiere quell’azione; non importano i dubbi che ci coglieranno, non importano le paure e i timori che verranno: la decisione è stata presa e l’azione sarà compiuta. Quando dubbi e paure saliranno inevitabilmente alla superficie, li si vivrà per quelli che sono: timori infondati del momento che si avvicina; pertanto senza permettergli più di rimandare ulteriormente quell’azione.

Credo che la vita, oltre a richiedere determinazione, richieda anche flessibilità, perché le condizioni che la circondano possono mutare suggerendoci di cambiare strada. Non dobbiamo continuare ciecamente sulla strada scelta “perché ormai è stata scelta”: se riconosciamo che non ci sta portando dove volevamo, dobbiamo essere pronti a cambiarla nuovamente. Ma questo è ovviamente subordinato all’aver apportato effettivamente il cambio di rotta che avevamo deciso. Non è possibile che lo preceda, altrimenti vuol dire che anch’essa è una pregiudiziale non fondata, dettata solo dalla paura.

Camion trasloco Un esempio chiarirà i possibili dubbi: se io, per qualsivoglia motivo, non posso più vivere in un determinato luogo, si farà sempre più spazio nella mia mente l’idea di trasferirmi altrove. Ad un certo punto tale decisione scioglierà i dubbi – leciti – che l’hanno anticipata: saprò in definitiva che devo trasferirmi. Mentre il momento di trasferirmi si avvicina, la paura dettata dal salto che sto per compiere si presenterà sotto forma di dubbio. Questo dubbio non è un dubbio “sano”, costruttivo, non poggia su nulla al di fuori della paura, quindi di esso non si deve tenere conto.
Compio il salto e mi ritrovo in un altro luogo. Qui posso trovarmi finalmente bene, ma potrebbe anche succedere di scoprire di essere caduto dalla padella alla brace, ovvero di trovarmi ancora peggio. In questo caso il dubbio di cambiare la decisione presa la volta precedente, ha di nuovo senso, il che non significa che quella decisione fu sbagliata, ma che evidentemente un’altra decisione adesso si impone. Continuare a stare nella brace perché ormai così si era deciso, sarebbe altrettanto dannoso che l’aver continuato a stare nella padella.
In ogni caso, quello che conta è l’aver agito: se le cose non vanno come si sperava, si cambierà di nuovo, ma almeno si sarà evitata la resa ad una vita fatta di rassegnazione e forse disperazione.

Alla strada giusta non si arriva rimanendo fermi.

strada

Ognuno è artefice del proprio destino

crolloNessuno sfugge all’imprevedibilità degli eventi e della vita. Ci sono persone che nascono e vivono in ambienti degradati, in situazioni quasi insostenibili. Gente che deve affrontare ogni tipo di difficoltà, da quelle finanziarie a quelle di salute. Rovesci di ogni genere, non predicibili, non evitabili, intralciano la nostra vita e il nostro cammino. Tutto questo potrebbe portarci a sentirci vittime predestinate di un ineluttabile destino a noi avverso.

Cosa significa allora essere artefici del proprio destino? Immagino che a volte sentirselo dire, in momenti di estrema difficoltà che ci si trova a vivere indipendentemente dalle proprie scelte e dal proprio valore, possa in qualche modo urtare, quasi a sentirsi presi in giro.

Ma “Essere artefici del proprio destino”, è la differenza che passa tra chi perde e non si rialza, e chi invece considera quella sconfitta come la perdita di una battaglia, ma non della guerra.

 

“Non sono mai stato povero – solo in ristrettezze economiche.

Essere poveri e’ uno stato mentale.

Essere in ristrettezze e’ solo una situazione temporanea.”

Mike Todd – Produttore di Broadway

mattoniReinquardare la propria situazione in un’ottica positiva, di sfida se vogliamo, ma mai di sconfitta definitiva, è la base su cui costruire il proprio futuro. La sfida passa attraverso il potere della scelta, l’azione, la determinazione. Come scrisse qualcuno sul mio stesso blog, ormai diversi mesi fa, “l’immobilismo diventa colpevolezza”.

Scegliamo la strada da seguire, iniziamo con il primo passo, insistiamo, e se proprio le cose non vanno, cambiamo strada, ma rifiutiamoci di stare fermi in una situazione di stagnazione che non può portare a nulla di buono.

Ogni scelta importante richiede coraggio, forza, volontà di rompere una routine che, per quanto difficile, troviamo rassicurante. Spesso richiede un sacrificio che pochi sono davvero pronti ad affrontare.

Giriamo al positivo un famoso detto popolare: non sappiamo cosa ci sarà domani, ma sappiamo ciò che possiamo lasciare oggi.

Castello di Chambord, Francia

La paga della vita

ButterworthAnni fa prendevo le figure che mi piacevano e le univo a massime che mi colpivano particolarmente ottenendo così lo “sfondo del periodo”. Esso poi campeggiava sul PC dell’ufficio a lungo, in modo da averlo davanti agli occhi per un lasso di tempo sufficiente da assimilarlo.

Questo è uno di quelli…

Ricordo una frase di Anthony Robbins che diceva “la vita ha questo di strano: se non volete che il meglio, alla fine il meglio è cio’ che otterrete”.

E’ vero: pensiamo che c’entri molto la fortuna, il caso, e indubbiamente ci sono vite così fortunate o così sfortunate da sfidare la causalità. Eppure perfino all’interno di una vita piena di eventi fortunati o sfortunati, c’è gente depressa o, al contrario, che riesce ad essere felice ugualmente.
E c’è gente che riesce ad ottenere cose impensabili nelle condizioni dalle quali era partita.

Questo post è un invito a non ritrovarci, un giorno, ad avere il profondo rammarico di Butterworth quando capisce che la misera paga che ha ottenuto è, in fondo, esattamente ciò che ha chiesto realmente. Troppe volte ci arrabbiamo con la vita perché vorremmo di più ma non siamo davvero disposti a impegnarci, cambiare o lottare, per averlo.

Non si “chiede” alla vita con le parole, ma attraverso l’azione.

E se forse è vero che non tutti avranno ciò che davvero hanno “chiesto”, almeno non avranno il rimpianto di Eric. Perché accorgersi troppo tardi che se solo si fosse voluto davvero, si sarebbe ottenuto, è peggio che aver voluto, combattuto e perso.

Ricerca spirituale e Vita

Da una nuova iscritta di Splinder, mi e’ arrivato il seguente messaggio che ho ritoccato qua e la, togliendo dati personali e tentando un riassunto. Spero che il risultato sia consono allo spirito del messaggio originale.

“Sono sempre stata una persona molto riflessiva, che si fa anche molte domande. Questo mio lato si è mostrato ancora di più quando ho dovuto affrontare una serie di problemi di salute. Da questa cosa è iniziata la mia ricerca spirituale. Nei primi tempi mi sono affidata, dietro altrui consigli, a libri che ho letto con attenzione lasciando perdere i miei interessi personali. Tuttavia in tutto questo sento una certa forzatura; pur interessandomi la materia di ricerca interiore e spirituale mi piacerebbe avere una visione più ampia e sapere, magari visto che anche tu hai intrapreso questo percorso quali testi hai iniziato a leggere, come ti poni nei confronti della realtà del mondo esterno, visto che tutto deve passare attraverso l’esperienza come dicono i grandi Maestri ad esempio Aivanhov, altrimenti tutto questo studiare non serve a nulla.”

tibetSono assolutamente in sintonia con quanto scritto nelle ultime righe dello scritto della nostra amica: ogni insegnamento, per divenire tale a tutti gli effetti, deve passare attraverso l’esperienza. Anzi, se l’esperienza – cercata o meno che sia &nd9ash; puo’ divenire insegnamento; il puro studio teorico, senza esperienza, no: esso lascia il tempo che trova. Infatti ogni grande maestro che si rispetti ammonisce a non prendere il suo insegnamento pedissequamente, per oro colato, bensi’ a “viverlo” a “sentirlo sulla propria pelle”.
La teoria e’ allora inutile? No. Diciamo che e’… propedeutica 🙂
Un buon insegnamento scritto si impara due volte: la prima volta con la mente, come informazione puramente mnemonica; la seconda… quando ci si accorge di stare vivendolo.
Naturalmente chi ha scritto libri di un certo spessore non e’ uno stupido, afferma generalmente cose importanti e incontrovertibili. Il problema e’ che fondamentalmente la vera conoscenza non puo’ essere trasmessa a parole, puo’ solo essere appresa esperendola sulla propria pelle. Quando questo avviene… ti guardi indietro, e ti ricordi le parole che avevi letto come se le “vedessi” solo ora per la prima volta. Il loro significato “mnemonico” e’ ovviamente il medesimo, ma stavolta le ha capite ed apprese “col cuore”.
Notate che qualcosa di simile avviene spesso con i genitori apprensivi: essi credono di poter risparmiare ogni errore ai loro figli tramite il loro insegnamento; ma cio’ non e possibile, perche’ certe cose si imparano solo attraverso l’esperienza personale.

siddhartaIl libro che piu’ di ogni altro rappresenta il mio pensiero su questo argomento, e’ il bellissimo Siddharta di Hermann Hesse. Immergersi nella teoria, senza fare esperienza – esperienza “vera”, di vita, non meditazioni, pratiche yoga o quant’altro – lascia un senso di vuoto o, peggio, di frustrazione, perche’ si sente che ci si sta impegnando tanto per ottenere poco.
Il protagonista del libro abbandona i suoi studi e le pratiche ad esso collegate perche’ sente che “manca qualcosa”, qualcosa senza il quale non potrebbe mai arrivare la’ dove si e’ prefissato di arrivare.
Questa cosa e’ la vita, e’ la sua esperienza.
Siddharta inizia un percorso di vita dove nulla gli manca: dall’esperienza amorosa a quella lavorativa.
Alla fine del suo percorso, che potremmo definire “naturale ma vissuto con gli occhi aperti”, Siddharta si “ritira” in un umile e tranquillo lavoro: il traghettatore su un fiume. Ma la saggezza che ha raggiunto diventa presto proverbiale venendo riconosciuta dalle persone con cui viene a contatto; cosi’ si sparge la voce del “maestro sul fiume”.

E’ stata utile a Siddharta la teoria da lui appresa per arrivare al suo stato finale? E’ probabile che la risposta sia “si”. Tutto lo e’ stato. La teoria e l’esperienza. Certamente mentre faceva esperienza, Siddharta trovava via via riscontro in cio’ che aveva precedentemente appreso. Ma solo allora esso diveniva reale parte di lui. Sua stessa essenza. Solo allora diveniva davvero utile.

Ci sono periodi della nostra vita, dove il richiamo alla nostra interiorita’, spesso dettato dalle nostre difficolta’ “esterne”, dal desiderio di capire cosa ci sta succedendo, e’ cosi’ forte che abbiamo bisogno di “nutrirci” di libri e lezioni positive, di qualcosa che ci aiuti a far chiarezza o, perlomeno, a ridarci un po’ di fiducia, superando cosi’ quei difficili momenti. Personalmente – ma sento che questa e’ anche storia della nostra amica, e’ anche storia di molti – superata la crisi, si “sente” che si deve tornare alla vita, la vita “normale”, quella “di tutti i giorni”, non necessariamente abbandonando la propria ricerca, ma evitando che sia “mutuamente esclusiva col resto della vita”. Il “ritorno alla vita” viene fatto nella consapevolezza, o almeno nella speranza, che stavolta la si vivra’ in maniera diversa. E’ la differenza tra il “vivere qui e ora” degli animali (ad esempio) e il “vivere qui e ora” delle persone “consapevoli”: il valore aggiunto e’ infatti la consapevolezza di cosa si sta facendo, del momento che si sta vivendo. E’ un “qui e ora” che si e’ scelto.
Si e’ insomma “tornati indietro”, agendo pero’ stavolta da “veri architetti della propria vita”.

“Le parole non colgono il significato segreto, tutto appare un po’ diverso quando lo si esprime, un po’ falsato, un po’ sciocco, sì, e anche questo è bene e mi piace moltissimo, anche con questo sono perfettamente d’accordo, che ciò che è tesoro e saggezza d’un uomo suoni sempre un po’ sciocco alle orecchie degli altri”
(Siddharta – citazione da Wikipedia)

 



NON BASTA RINUNCIARE
di Paulo Coelho

Conobbi la pittrice Myie Tamaki durante un seminario sull’Energia Femminile, a Kawaguciko, in Giappone. Le domandai quale fosse la sua religione.
“Non ho più religione”, rispose lei.
Notando la mia sorpresa, spiegò: “Sono stata educata a essere buddista. I monaci mi hanno insegnato che il cammino spirituale è una costante rinuncia: dobbiamo superare la nostra invidia, il nostro odio, le nostre angosce di fede, i nostri desideri”.
“Da tutto ciò sono riuscita a liberarmi, finché un giorno il mio cuore è rimasto vuoto: i peccati se n’erano andati via, ma anche la mia natura umana”.
“All’inizio ne ero contenta, ma ho capito che non condividevo più le gioie e le passioni delle persone che mi circondavano. È stato allora che ho abbandonato la religione: oggi ho i miei conflitti, i miei momenti di rabbia e di disperazione, ma so di essere di nuovo vicina agli uomini e, di conseguenza, vicina a Dio”.

torrente