Il nulla è tutto – Sri Nisargadatta Maharaj

E’ tanto che non “recensisco” (tra virgolette, perché le mie sono lungi dall’essere vere recensioni) un libro, non perché non legga, ma perché non sempre trovo cose che mi ispirino la condivisione.
“Il nulla è tutto” è una raccolta di discorsi inediti di Sri Nisargadatta Maharaj, un maestro spirituale di Advaita Vedanta, una forma di Induismo che mi piace molto.
Si usa dire che, poiché la verità non può che essere la stessa, le basi delle grandi religioni sono comuni, sono le diverse tradizioni culturali che ne rendono la forma apparentemente diversa. Bene, sebbene questo modo di vedere le cose sia intrigante, non mi trova molto d’accordo. Ciò che è spesso simile è casomai il “metodo”, non la filosofia che sta dietro le diverse religioni. Prendiamo Dio. Per i Cristiani Dio è un essere individuato che tutto ha creato e guidato secondo la sua volontà. Noi possiamo solo affidarci a lui e pregarlo affinché ci redima e salvi (perfino su quanto possiamo fare di nostro, attraverso retto comportamento e opere di bene, c’è poi discordanza all’interno delle stesse correnti cristiane). Non le conosco molto, ma credo che anche Ebraismo e Islam abbiano questa visione. Per il Buddhismo, l’Induismo e il Taoismo, Dio non è un essere individuato, non è un essere pensante che ha voluto il creato e che guida con intenzione, Dio è coscienza universale, è tutto e tutto permea. Quel che c’è, non è una “creazione voluta o donata”, è una “semplice” manifestazione della coscienza universale stessa. Io faccio l’esempio, non so quanto corretto, è una personalissima metafora, dell’acqua in un catino, un’acqua che per suo stesso modo di essere non può che aumentare nel tempo. Ad un certo punto, l’acqua trabocca dal catino e “dona” sé stessa all’esterno: non lo fa come atto di volontà, lo fa perché è sua natura farlo (nota: questi concetti che pensiamo essere nati e presenti solo in Oriente, trovano riscontro anche in un pensiero occidentale ormai antico, ma da cui, qualcuno dice, sono nate anche le confessioni occidentali, vedere Plotino). Noi stessi siamo parte di Dio. Tuttavia i metodi per “percepire” Dio sono comuni: la meditazione e la preghiera, ad esempio, sfruttano il superamento del pensiero e dell’ego arrivando alla trascendenza da sé stessi e perciò, in qualche modo, alla percezione – non mentale! – di quel Qualcosa che tutto è e tutto permea.
Detto questo, Nisargadatta, almeno in questo libro, è di quanto più vicino ci possa essere… all’ateismo occidentale 😀 Infatti, a suo dire, fenomeni come la reincarnazione o la rinascita, sono semplici illusioni del nostro io che non può ammettere di scomparire con la morte. Attenzione però: quello che chiamiamo il nostro io, non siamo noi, noi siamo eterni e immortali essendo parte della Coscienza universale. La Coscienza universale però assomiglia tanto, nel pensiero di Nisargadatta, all’energia che tutto è e tutto permea (anche per la Scienza). Quindi non vi è alcun conflitto, visto che entrambe le “filosofie” sostengono che nulla si crea e nulla si distrugge: noi siamo fatti di atomi, di energia, e atomi ed energia continueranno ad esistere anche dopo la nostra morte o, se volete, la coscienza universale continuerà ad esistere anche quando quella individuale non ci sarà più.
La Salvezza di Nisargadatta perciò non è certo la rinascita del corpo o della mente, ma piuttosto il fatto di riconoscere, assolutamente nel corso dell’attuale vita, che noi siamo coscienza universale, non corpo, mente o coscienza individuale (che pure è fondamentale perché è l’elemento che ci permette di percepire la coscienza universale). E che pertanto siamo eterni e immortali.
Questo è sorprendentemente vicino al modo di pensare che avevo molti anni or sono (e che penso molti tra noi hanno, ad esempio ho scoperto recentemente in una intervista che anche Vasco Rossi ha questo concetto della morte 😀 ). Il vero nocciolo della faccenda è che di fatto noi ci riconosciamo, ci identifichiamo, nel nostro io individuale e sapere che “dopo” saremo sì coscienza universale, ma senza più percezione della nostra individualità, di cosa siamo stati (o abbiamo pensato di essere stati) nonché memorie di cosa abbiamo fatto in questa vita… non pare poi essere così allettante, non è vero? 😀
Questo suppongo accada perché pochi in realtà arrivano a percepire sé stessi (o perlomeno sostengono di farlo) come Coscienza universale. Altrimenti, in fondo, l’io sarebbe anche sacrificabile. Con buona pace di cosa siamo stati o abbiamo creduto di essere in questa vita. Non sorprende che per Nisargadatta questa vita e questa “forma umana” siano fondamentalmente una mera rottura di scatole senza alcun costrutto (anche qui, grande differenza con la stragrande maggioranza dei maestri, per i quali, in forma un po’ consolatoria secondo me, siamo tutti qui per “imparare”).

Il gatto a fianco al libro è Jones, quella sullo sfondo è Numa, anche chiamata affettuosamente… NisardaGatta 😀

Paranormale: raccontate la vostra esperienza

Rieccomi! Ci sono ancora 🙂

Prima di tutto una buona notizia. Giusto un anno fa’ scrivevo un post dedicato alla difficile situazione lavorativa dell’Italia: Lady Wolf aveva appena lasciato il suo posto di lavoro perché insostenibile e, in un’epoca nella quale per i datori di lavoro un dipendente può essere trattato come si vuole “tanto un altro posto non lo trova”, a molti tale scelta sembrò quantomeno azzardata. C’è voluto tempo ma a ottobre Lady Wolf è tornata a lavorare, seppure per una sostituzione maternità e, proprio a gennaio, esattamente un anno dopo, è stata chiamata per un lavoro nel suo settore, a tempo indeterminato, proprio nella cittadina dove abitiamo (aveva mandato il suo curriculum più di un anno fa’ e ormai non ci pensava nemmeno più): niente più mezzi pubblici, niente più precarietà (OK, oggi non si sa mai, ma insomma… almeno per un po’ 😉 ) e… Tom e i mici saranno davvero contenti, ben due ore in pausa pranzo con la loro “mamma bipede” con libero accesso al parco per il primo e al giardino per i secondi! 😉

E adesso veniamo al tema del post. L’ho recuperato da febbraio 2008, qui trovate il link al post originale con i commenti dell’epoca: Paranormale: raccontate la vostra esperienza

Otto anni dopo, potrei raccontare diversi altri eventi “particolari” che mi sono accaduti, qualcuno l’ho già raccontato quà e là nel blog: la luce della cucina che si è spenta da sola il giorno in cui mio fratello è stato trovato morto (non era mai capitato prima e non è mai più capitato), la radio che trasmette “See you again” esattamente la prima volta che siamo passati in auto davanti all’uscita autostradale del paese dove nacque Julius, dopo la sua  morte, e così via.

Casualità? Vediamo ciò che vogliamo vedere? O… c’è davvero qualcosa di più?

———-

cerchi nel granoCome ho scritto nel mio profilo, mi sono spesso definito il “ricercatore perfetto”: qualcuno che ha grande curiosità e che vorrebbe fortemente trovare “prove” di qualcosa che “viva” al di la’ dei cinque sensi, ma che, al contempo, ha un nocciolo scettico che non è mai riuscito a eliminare. Quel nocciolo scettico, per un “ricercatore”, non è una maledizione (magari per chi vorrebbe semplicemente “credere”, si, invece…), è anzi indispensabile per l’oggettività del riscontro, altrimenti si correrebbe il rischio di credere a qualunque cosa venga propinata.
Diciamo che se mi vedrete scrivere “miracolo!!!“, bé… è probabile che davvero di miracolo si tratti! 😉

sfera di cristalloLa mia esperienza su Internet si è mantenuta sulla stessa falsariga; già da anni infatti ho notato che esistono siti “propagandistici” e poco obiettivi da ambo i lati: chi trova spiegazioni esoteriche ardite per spiegare il più piccolo degli eventi e chi, spesso con teorie ancora più incredibili, cercano solo di smontare i primi. Non ci credete? Provate ad andare sul sito del Cicap: alcune delle loro teorie “scientifiche” appaiono più balzane che ammettere l’esistenza di qualcosa che è al di là dei nostri sensi.

Prima di tutto, pero’, cos’è un fenomeno “paranormale”?
Bene, è evidentemente qualcosa che non può essere ritenuto “normale”, non è vero? 🙂 Ma “normale” per chi? Usando quali parametri? Non era forse incredibile immaginare le forze elettromagnetiche prima che queste fossero riconosciute e dimostrate? Eppure, ovviamente, esistevano già in natura, non è così? Per non parlare della Relatività o della Meccanica Quantistica…
E allora, perché non ammettere che possa esistere qualcosa a cui la scienza non è ancora riuscita ad arrivare?

La scienza degli uomini non è, curiosamente, come le loro leggi: per la legge – almeno nei paesi cosiddetti “civili” – la colpevolezza deve essere provata, ma se non lo è non vuol dire che ci sia innocenza, possono semplicemente mancare le prove dimostranti che essa sia tale.
Eppure, per la scienza, una cosa per essere vera deve essere dimostrata, e se non lo è, allora non è vera.

Non è curioso?

Questa pero’ non deve essere una buona ragione per credere a tutto…

CorvoEsempio 1: Premessa: le teorie animiste dicono che quando una persona muore, la sua anima ci mette tre mesi (mi pare…) per poter tornare a manifestarsi nel mondo come spirito.
Qualche mese dopo la morte di mio papà, iniziai a percepire uno strano suono in camera mia. Ogni volta che andavo a dormire… sentivo distintamente un rumore metallico, una sorta di “tlang!”, come se quell’asticella di metallo usata per tenere ferma una finestra aperta, sbattesse ogni volta contro il muro. Controllai tutto più e più volte: finestre aperte o chiuse, correnti d’aria, oggetti fuori dalla finestra che potessero produrre un rumore simile… tutto!
Ma non trovai nessuna spiegazione razionale… apparentemente.
Passarono i mesi e quasi mi convinsi che quello fosse un segnale di mio papà, una sorta di “buonanotte” prima della nanna 🙂
Divenne un suono amico e familiare.
Solo un anno e mezzo dopo, capii all’improvviso – chissà per quale strano collegamento mentale – che quel rumore era dovuto alla lampadina al neon che era vicina al mio letto: pochi minuti dopo che la lampadina veniva spenta, essa produceva quel rumore (un relè interno, forse?). Probabilmente gli addetti alla fabbricazione di tali lampadine sono perfettamente a conoscenza di questa cosa, ma tra gli altri… chi l’avrebbe detto? 🙂

gatto neroEsempio 2: Sempre anni fa’, direi una decina, considerando che ero in possesso del mio primo telefono cellulare, ero pronto per dormire. Ero già a letto e stavo per spegnere la luce. Improvvisamente mi voltai di scatto verso il telefono cellulare che era posato nel suo caricabatteria da tavolo a due-tre metri da me.
Sapevo che sarebbe squillato.
Non ricevevo mai telefonate a quell’ora ma… qualcosa mi costrinse ad aspettarmi quella chiamata. Pochi secondi dopo, il telefono squillò: era una mia amica che aveva subito un tentativo di stupro e che mi pregava di andarla a recuperare perché era scappata a piedi dalla casa in cui aveva subito il tentativo di violenza.
So che i telefoni cellulari GSM usano frequenze “sensibili” ad altri elettrodomestici (avente presente i classici disturbi a radio, televisioni… ?), ma quella sera… era già davvero tutto spento.

Potrei elencare tanti altri “piccoli” avvenimenti (e qualcuno grande…) che non sono mai riuscito a spiegare col buon senso. Ciò non vuol dire dover credere necessariamente all’aldilà purtroppo: ci possono essere spiegazioni comunque paranormali ma che non hanno bisogno di tirare in ballo la vita dopo la morte.
Quello della vita dopo la morte è il passo più difficile, perché di importanza capitale; per questo è più difficile crederci per chi non ha una “fede donata”: ammettere che esista la telepatia può non cambiarmi la vita; essere sicuro che non finirò assieme alla morte del mio corpo… è davvero altra cosa e… sì, potrebbe farlo.

Un esempio. Avrete tutti (ok… “quasi” tutti! 😛 ) sentito parlare dei fenomeni poltergeist, ovvero di quei rumori “impossibili” e quegli oggetti che si spostano e volano per le camere apparentemente da soli. Bene, essi sono spesso citati come prova dell’esistenza degli spiriti. Ma esiste una teoria, altrettanto “possibile” (o “impossibile”, secondo il Cicap 😀 ), che li spiegherebbe con l’energia telecinetica (la telecinesi è la capacità, volontaria o non volontaria, di spostare gli oggetti con la sola forza del pensiero); in effetti la grande maggioranza dei casi raccolti accade in case dove ci sono adolescenti, tipicamente irrequieti, e con perciò una grande e “disordinata” energia mentale. Non è “prova”, no, ma può essere già un indizio…
Sempre di fenomeno paranormale si tratterebbe. Ma mentre l’esistenza degli spiriti dimostrerebbe la vita dopo la morte… la telecinesi è ben lunga dal farlo.

Ma adesso, signori e signore, tocca a voi!!! Vi esorto a raccontare le vostre esperienze, con dovizia di particolari, se possibile! Sarò un opinionista (giudice non mi piace) severissimo… ma, prometto, possibilista! 😉

albero e luna

Esoterismo: La Tavola di Smeraldo, il principio dell’Alchimia

Stasera ripesco uno dei miei post passati preferiti, era fine gennaio 2008 e parlavo nientemeno che di alchimia 🙂 Forse oggi cambierei qualcosa, aggiungendo – con ogni probabilità – un paragrafetto sulla meccanica quantistica, ad esempio 😀 Ma già com’è non mi dispiace ancora oggi, e allora…

Qui trovate il link all’originale con tutti i commenti dell’epoca: Esoterismo: La Tavola di Smeraldo, il principio dell’Alchimia

==================

Uno dei testi più famosi dell’esoterismo, più precisamente dell’ermetismo (che, non me ne vogliano i puristi, definirei “alchimia occidentale”), è la Tavola di Smeraldo, attribuita ad una figura mitica – forse HermesTrismegistusnemmeno esistita nella realtà – di nome Ermete Trismegisto (“Hermes il tre volte grande”, poiché padrone dei segreti sapienziali che coinvolgevano corpo, mente e spirito) che, mentre la tradizione toccava varie civiltà, fu di volta in volta egizio, greco (il nome “Ermete Trismegisto” gli venne assegnato qua), arabo, romano, influenzando anche la Qabbalah ebraica. In pratica ogni civiltà occidentale e mediorientale ebbe un Dio o comunque una figura sapienziale che rappresentava Ermete.
A quando risale la Tavola di Smeraldo? Ovviamente nessuno lo sa’ con certezza, ma tradizione vuole che Ermete fosse contemporaneo di Mosé; egli incise le parole su una lastra di smeraldo usando la punta di un diamante, la moglie di Abramo (Sara) rinvenne poi la lastra nella sua tomba…

Ecco la traduzione della Tavola (tratta da Wikipedia, così come la foto di Ermete):

“È vero senza menzogna, certo e verissimo.

Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una. E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento. Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre, il Vento l’ha portata nel suo grembo, la Terra è la sua nutrice. Il padre di tutto, il fine di tutto il mondo è qui. La sua forza o potenza è intera se essa è convertita in terra. Separerai la Terra dal Fuoco, il sottile dallo spesso dolcemente e con grande industria. Sale dalla Terra al Cielo e nuovamente discende in Terra e riceve la forza delle cose superiori e inferiori. Con questo mezzo avrai la gloria di tutto il mondo e per mezzo di ciò l’oscurità fuggirà da te. È la forza forte di ogni forza: perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida. Così è stato creato il mondo. Da ciò saranno e deriveranno meravigliosi adattamenti, il cui metodo è qui. È perciò che sono stato chiamato Ermete Trismegisto, avendo le tre parti della filosofia di tutto il mondo.
Ciò che ho detto dell’operazione del Sole è compiuto e terminato.”

Le prime parole sono quelle che, personalmente, mi hanno sempre colpito maggiormente: “Ciò che è in basso” siamo noi e il nostro mondo materiale, “ciò che è in alto” è il mondo non manifesto, lo Spirito, e si comportano nello stesso modo perché così è la legge della cosa unica (chiamatelo Dio, Natura, Universo, Energia, come vi pare…). Ecco allora che ciascuno di noi, in potenza, ha Dio dentro di sé e può muovere le montagne con la forza della sua fede, può fare le stesse cose che fece Gesù e cose ancora più grandi (è lui stesso ad averlo detto, non è vero?); Gesù citò perfino la potenza insita in un singolo granello di senape e la fisica moderna ci ha dimostrato – in maniera anche drammatica – la potenza presente nei singoli atomi, sfruttando proprio questa unicità materia-energia, secondo il principio che esse sono solo due… punti di vista di “una cosa unica” (!).

Ecco perché, oggi, molte correnti spirituali tendono ad identificare lo Spirito con l’Energia.

candelaDi fatto la materia, noi, saremmo solo la “precipitazione” dello Spirito, dell’Energia”, in “agglomerati pesanti”, ma sempre da essa costituita. Ecco perciò il reale tentativo dell’Alchimia, ripresa e studiata perfino da Jung per la sua psicologia – intrisa, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, di spiritualità – di ripulire la materia dai suoi elementi pesanti (il “piombo alchemico”) per ritrovarne lo spirito puro (lo “oro alchemico”), e infine portarlo – stavolta consapevolmente – sul piano materiale, ottenendo la “immortalità” (dell’anima o del corpo? Qualcuno sostiene che qualche alchimista si rese fisicamente immortale, forse è troppo 😀 ma l’influenza della mente sul corpo è sempre più riconosciuta…).

Jung intuì la pregevolezza del lavoro degli alchimisti, capì che l’eliminazione degli “elementi pesanti” era soprattutto un processo mentale di eliminazione delle sovrastrutture psichiche, degli scarabocchi scritti sul foglio bianco di una spiritualità in noi altrimenti congenita; gli alchimisti si servivano talvolta di metafore “materiali” (piombo, oro, sole, fuoco…) per nascondere precise operazioni di pulizia mentale aventi fine di ritrovare lo spirito puro. Non è, attenzione, solamente un ritorno allo stato primordiale di bambino o animale, ma un’operazione avente lo scopo di ritrovare lo spirito originale avendone stavolta consapevolezza e dunque potendone direzionare l’incommensurabile forza. Cosa che bambini e animali non fanno…

Bé, potrei continuare per ore, ma temo di dovermi proprio fermare, cosa dite? 😀

Alba sui monti

L’anima nell’Advaita Vedanta

Il commento al post di Mister Loto “L’età dell’anima” mi ha dato modo di riepilogare le mie personalissime credenze che riguardano questo argomento.

Dovete sapere che sto leggendo assieme a Lady Wolf (poverina, ho coinvolto anche lei in queste amene letture :-D) un libro di Ramesh S. Balsekar, scomparso nel 2009 all’età di 92 anni, che trovo molto interessante: si tratta di “La verità definitiva – un’esposizione organica dell’advaita vedanta”.

Ora, quando troviamo un libro interessante è perché in genere ci rispecchiamo in esso o in parte di esso, e infatti ho ritrovato in questo libro diverse delle credenze, forse sarebbe meglio dire ipotesi, che ho via via accumulato nel passare degli anni e del “filosofeggiare” sugli argomenti del senso della vita e della morte.

Non abbiamo ancora finito il libro, anche perché non è proprio un libretto leggero e scorrevole, ed è possibile che integrerò questo post con una sorta di recensione più avanti (ma potrei anche ritenere quanto scritto qua sufficiente); intanto colgo l’occasione di intavolare il discorso riguardante le nostre credenze in fatto di anima riportando qua, opportunamente riarrangiato e ampliato, il mio commento sul post citato in precedenza.

Se non vi addormentate o se proprio non avete altro da fare… buona lettura! 😛

——————————-

Vi dirò… nel corso della mia vita credo di aver cambiato più volte idea su questi argomenti, così non prendete per “fisso” quel che scriverò, poiché può essere che “domani” la penserò diversamente.

Premetto che un tempo pensavo che l’anima pur non avendo una fine avesse avuto un inizio probabilmente molte vite lontano nel tempo, così da avere a volte la sensazione di “sapere già” gran parte di ciò di cui si fa esperienza in questa vita e da spiegare, proprio grazie alla “datazione” dell’anima, le notevoli differenze tra una persona e l’altra nonostante vissuti magari simili. Non avete mai la sensazione di “saperne” più di quanto, in base a questa unica vita, vi aspettereste di sapere?

Tuttavia già da qualche anno questa convinzione è venuta un po’ a vacillare. Mi sono accorto infatti che esperienze singole di grande impatto, ma anche apparentemente non così serie ma ripetute nel tempo, possono condizionare lo sviluppo di un bambino o un ragazzo al punto da far successivamente differire la sua psicologia e le sue convinzioni rispetto a coetanei, o perfino fratelli, immersi in contesti sociali simili. La sensazione di “sapere” non fa, a rigore, differenza: basta poco, essere un po’ più introversi e riflessivi ad esempio, per prendere una piega molto diversa rispetto ad altre persone. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, la nostra mente apprende e si evolve: non dobbiamo sottovalutare quanto abbiamo appreso, soprattutto inconsciamente, nel corso di anni e anni.

Quindi, diciamo, in questa fase iniziai ad interrogarmi sull’esistenza o meno dell’anima.

Lo sviluppo odierno è più vicino invece a certe credenze dell’induismo (vedi advaita vedanta) o del primo buddhismo: la nostra anima potrebbe essere identificata con la coscienza personale, che, secondo tali credenze, sarebbe “solo” una manifestazione di quella universale. In altre parole, noi non solo non saremmo il nostro corpo, ma non saremmo nemmeno il nostro “io” e neppure la nostra anima come abitualmente la intendiamo 😀 Corpo, mente e coscienza individuale non sarebbero altro che “manifestazioni” della coscienza universale e, in quanto tali, non esisterebbero: sarebbero solo “solidificazioni” destinate a sciogliersi come sale nel mare o, più precisamente, come onde nell’oceano.

Questo ovviamente spiegherebbe molte cose. Spiegherebbe perché la nostra coscienza saprebbe più di quanto ci aspetteremmo di sapere dalla personale esperienza in questa vita (in realtà “pesca” dalla coscienza universale, che poi è… lei stessa :p un po’ come la storia della Trinità). Spiegherebbe perché a volte ci sentiamo quasi degli estranei a noi stessi, come ospiti di un corpo e perfino di un io. Spiegherebbe infine perché non riusciamo a “risolvere” la nostra sofferenza disidentificandoci dal nostro corpo, in particolare se non riusciamo a disidentificarci anche dal nostro io: così facendo, infatti, invece di risolvere la frattura tra “noi” e il “tutto”, la ampliamo ancora di più aumentando ancora di più l’identificazione con un io che non esiste, tra l’altro a scapito di un corpo che, poverino, viene trattato dall’io come fosse un contenitore da buttare una volta usato, con tutta la somatizzazione che ciò comporta. Pensateci un attimo: spesso ci diciamo “Io non sono questo corpo, sono di più”, ma quasi mai ci riferiamo anche al pensiero razionale che dal corpo, dal cervello, è prodotto. Ciò che abbiamo imparato nella nostra vita ci ha portato a costruire una “persona psicologica” con la quale ci siamo via via identificati: siamo forti in questo o quello, siamo fragili in quell’altro, abbiamo questa e quella caratteristica… Ma tutte queste sono “cose” prodotte dal nostro pensiero razionale, sono “oggetti” al pari delle parti del nostro corpo o di ciò che ne è “fuori”. Quando diciamo “io non sono il mio corpo”, di solito crediamo di dire “sono il mio pensiero, che è di più”, ma il pensiero è prodotto dal cervello, non possiamo separarlo dal corpo. Non è questo pensiero l’anima, altrimenti morirebbe con il nostro corpo. Non siete d’accordo?

Insomma, non esisterebbe il corpo, l’io e nemmeno l’anima intesa come coscienza individuale. Esisterebbe però una coscienza, se preferite un’anima, universale, una coscienza alla quale a rigore… non ritorneremo, perché non ce ne siamo mai staccati veramente. L’abbiamo semplicemente dimenticata identificandoci con la coscienza individuale, con l’io.

La domanda successiva a questo punto solitamente è: che fine facciamo alla nostra morte? Scompariamo in questa Coscienza Universale? Se perdiamo la percezione di noi stessi non sembra comunque una cosa molto positiva…

Ebbene la risposta di queste filosofie è semplice: niente si perde… perché non c’è mai stato :p Se fossimo capaci di liberarci dalla percezione del nostro io illusorio, non temeremmo più di perderlo: perché temere di perdere qualcosa che avremmo riconosciuto non esistere?

Due parole ancora sul termine “non esistere”. Secondo l’Advaita Vedanta, il Buddhismo ed altre filosofie soprattutto orientali, “non esistere” non significa “non esserci”, questa è una interpretazione occidentale, una distorsione del vero significato. Significa “esserci considerandosi distinti, entità a sé stanti che vivono e muoiono, che nascono dal nulla e muoiono nel nulla”, credere di essere separati dal “resto”, con una vita “separata”. Come un’onda che si rammaricasse della sua breve vita in attesa di scomparire nel mare… che lei stessa è. Questa è l’illusione: identificarsi con l’onda piuttosto che riconoscere di essere una parte del mare.

La saggezza degli antichi

Anche se oggi pomeriggio mi sembra finalmente di iniziare a stare un po’ meglio (ma si sa che certe forme influenzali prediligono la sera, quindi non festeggio ancora ;-)), sono ancora troppo “bollito” per scrivere post complessi. Mi limiterò perciò a riportare una breve riflessione che feci qualche giorno fa’ a proposito dell’uso che i nostri progenitori facevano del loro tempo e… cervello 😛

Continuando la lettura di “Reincarnazione, l’anello mancante del cristianesimo” si vengono a scoprire quali e quante correnti filosofiche e spirituali c’erano duemila e più anni fa’, con dibattiti a volte anche feroci e che – ahimé – hanno portato anche a qualche “spiacevole conseguenza”.

Ad esempio, voi avreste immaginato che in buona parte del medio oriente era ampiamente diffusa la filosofia greca, al punto che diversi testi sacri furono scritti proprio in quella lingua? 😮 E sapevate che in occidente arrivavano… missionari buddhisti dall’estremo oriente? 😛 Oggi pensiamo alle nostre belle metropoli, ampiamente multirazziali, ma all’epoca c’erano città dove i foresti andavano per la maggiore e si respirava aria “internazionale” (vedi, ad esempio, Alessandria… quella in Egitto, naturalmente! :-P). Inevitabilmente le culture e le usanze si mescolavano, influenzandosi a vicenda. L’uso che l’autrice del libro fa’ di questi fatti, è tentare di capire da dove Gesù potesse aver preso ispirazione per le sue credenze e i suoi insegnamenti, poiché ella non ritiene che… “arrivassero dallo Spirito Santo”, ovvero che fossero apprese, arricchite forse, ma non “importate nel mondo” di sana pianta. Al di là di credere o meno in questa tesi, che parte necessariamente dall’idea di un Gesù “uomo illuminato” – al pari di Buddha per intenderci – piuttosto che a Gesù come “figlio di Dio” onniscente di suo, in questo modo si spiegano anche tante sorprese nel ritrovare radici comuni un po’ in tutte le culture. Queste influenze reciproche sono – comunque – storia, non immaginazione.

E’ incredibile scoprire il fermento che c’era in quel periodo storico! Non si conta il numero di correnti filosofico-spirituali “serie” e organizzate con dibattiti che farebbero impallidire i talk show moderni 😉

Forse il punto è proprio nella estrema concretezza che mettiamo oggi nelle cose. Non c’è più posto o quasi per una spiritualità o una filosofia vera, perfino queste oggi sono per lo più mezzi per altri obiettivi. Insomma, onestamente quante persone conoscete che fanno ricerca solo per il piacere di farla, che pregano o meditano non solo per ottenere una grazia, oppure che studiano per tentare di capire e non per superare un esame?

Certo, i tempi cambiano, e con loro cambiano le priorità. Il risultato pero’ è che qualcosa di importante viene via via perso nel tempo…

Miracoli

Ho preferito chiamare il post “miracoli” piuttosto che presentarlo come pura recensione del libro di Margherita Enrico “Un miracolo nella mia vita” poiché so già che inevitabilmente scriverò più sul tema dei miracoli che sul libro in sé, ma non credo che l’autrice se ne avrà a male  🙂

copertina un miracolo nella mia vitaComunque, prima due parole sul libro. Intanto ho scoperto che l’autrice è mia corregionale, cioè ligure, infatti diversi dei miracoli riportati nel libro sono avvenuti qua. Ma il libro ne cita tanti altri, avvenuti un po’ ovunque, a partire da località per così dire “canoniche”, come Lourdes e Medjugorje, a “posti dietro l’angolo”. L’autrice stessa cita un miracolo avvenuto nella sua famiglia ad opera di Giovanni Paolo II. L’accezione del termine “miracolo” è per lei precisa, ed è quella della chiesa cattolica: un miracolo non e’ solo una guarigione inspiegabile, ma deve essere legata alla fede in Dio della persona che lo richiede. In altre parole, una guarigione inspiegabile di un ateo o di un credente in un’altra professione religiosa, non e’ un miracolo, per quanto straordinaria essa sia. Inoltre un “miracolo” deve essere immediato: una guarigione straordinaria avvenuta seppure in pochi giorni, non è un miracolo.

Che si sia d’accordo o meno, questo serve almeno a spiegare perché, a fronte di innumerevoli guarigioni straordinarie, ad esempio a Lourdes, i miracoli “certificati” siano davvero pochi.

copertina guarigioni straordinarieDevo dire che ho iniziato da pochi giorni la lettura di un altro paio di libri, uno dei quali di nuovo sui “miracoli”, qui però chiamati più genericamente “guarigioni straordinarie” (che e’ poi anche il titolo del libro). In effetti devo dire che la sensazione che nasce dalla lettura di questi libri e altre testimonianze, e’ che spesso fede – non necessariamente nel Dio cristiano – e guarigione straordinaria siano effettivamente legati, tuttavia esistono anche casi di atei convinti che l’hanno ottenuta, quindi tali eventi non sarebbero esclusiva dei fedeli, né tantomeno di quelli della sola Chiesa Cattolica. Mi sono chiesto anzi se i miracoli cattolici non siano semplicemente un sottoinsieme dei miracoli religiosi, che a loro volta sono forse solo un sottoinsieme di… miracoli che, per qualche ragione, accadono.

Anche se pare che il numero delle guarigioni inspiegabili sia molto più alto di quanto dichiarato dalla medicina ufficiale (in un rapporto di almeno 10 a 1), vuoi per il motivo citato sopra, vuoi perché la medicina ufficiale tende a giudicarli troppo rari per prenderli in considerazione, si parla comunque di percentuali basse: una su svariate migliaia. La domanda è a questo punto: vale la pena di indagare su di essi nella speranza di capirne i meccanismi e riprodurli, oppure è tempo, energia e speranza spesi male?

L’autrice è ottimista, sostenendo che chiunque “chieda” con fede può ottenere il miracolo. Il punto è che per quanti miracoli siano avvenuti, molti e molti di più non l’hanno fatto. Si ha un bel dire che ci sono motivi dietro, in particolare il “non saper chiedere” o il non avere abbastanza fede; chi stabilisce quanta è la fede necessaria o la forza con cui credere? Troppo facile addurre questi motivi per spiegare la non riuscita della richiesta.

Eppure una cosa è certa: i miracoli accadono, nessuno lo può negare. Quindi appare sbagliata anche la posizione della scienza di, semplicemente, dare un’alzata di spalle di fronte a questi incredibili fenomeni.

La domanda che pongo a voi non è quindi se credete o meno nei miracoli, ma piuttosto se credete che i miracoli siano in qualche modo replicabili, se è giusto avere speranza in essi o se non converrebbe, piuttosto, trovare il modo di mettersi il cuore in pace, quale che sia la sorte che si ha davanti. Che, tra parentesi, pare essere una condizione nella quale, secondo i buddisti tibetani, il miracolo puo’ anche presentarsi inaspettato… Che sia anche questo un altro semplice sottoinsieme di qualcosa che, per quanto raro, capita un po’ ovunque e in ogni tempo?

goccia

Scetticismo e paura di credere

Sono stato per lunghi anni, da quando ne avevo 18 fino ai 37, un “ricercatore dell’anima”, incuriosito tanto dall’esoterismo quanto dalla psicologia del profondo, affascinato in particolar modo quando scoprivo in essi percorsi paralleli, ma sempre con un nocciolo scettico che mi impediva di cadere preda di facili entusiasmi. In seguito a disavventure sentimentali, lutti e momenti difficili, ho avuto la mia pausa, durata quasi 4 anni. Adesso, a poco a poco, quella sete di conoscenza, quella voglia di chiudere il cerchio, si stanno di nuovo facendo strada…

Così scrivevo nel mio profilo nel “lontano” settembre 2007, in procinto di aprire il mio blog 🙂

Spesso sono stato accusato, anche qui su Splinder, di essere una specie di miscredente, colpevole di non credere ciecamente a tutti i fenomeni paranormali, ai miracoli, alle convinzioni altrui riguardo alla fede, alla vita dopo la morte, al destino, ad un… ordine superiore precostituito.
Insomma, accusato di “non comprare a scatola chiusa” 😐

Queste persone però non si rendono conto che lo scetticismo non solo non è una scelta, ma certamente non è nemmeno la soluzione più “facile”. Al contrario.
Per chi “crede”, tutto è più facile: la vita ha un senso, perfino quando ci crolla addosso e tutto va male. Perfino la morte, se la fede è vera, non fa paura e non mette angoscia: essa è solo un passaggio.

In effetti tante volte ho pensato che mi avrebbe fatto comodo – e molto – non avere questo “nocciolo scettico”; tutta la mia vita sarebbe stata più semplice, tutte le difficoltà più sopportabili.

Come se non bastasse, notate che “essere scettici” non significa “non credere”, ma semplicemente avere dei dubbi, dubbi che possono essere più o meno “sani” a seconda del bene e del male che apportano, a sé stessi e agli altri.
E’ mia convinzione che la fede, come ho scritto, non sia una scelta, non si può “decidere” di credere. Sarebbe troppo facile, ed anche illusorio. In un certo senso possiamo dire che parte del mio scetticismo è determinato proprio dalla paura che nasce dall’idea di credere in qualcosa che, più tardi, possa scoprire essere falsa.

Molti anni fa, mio padre, che fu credente per tutta la vita e che a quel tempo aveva ormai varcato la soglia dell’anzianità, stava guardando l’ennesimo film pasquale sulla vita di Gesù. Ad un certo punto la sua espressione divenne seria e greve. Ci guardò, a me ad uno dei miei fratelli, e disse “Ma… e se ci avesse preso in giro tutti quanti?” 😀
Simpatico episodio, vero? 🙂 Simpatico, ma… voi cosa fareste se davvero, verso la fine della vostra vita, vi accorgeste che ciò che avete creduto, magari per “dogma” e non per vera fede, è falso o può esserlo? Non avete un’altra vita… e tutta quella che avete l’avete passata con una convinzione che adesso vi accorgete essere erronea 😮 Vero, almeno avete vissuto con serenità fino a quel giorno. Però la scoperta sarebbe “tosta”…

E’ facile “voler credere”. La vita è dura. Ci sono la malattia e la morte. Ci sono episodi talmente racappriccianti, come la morte per malattia di un bimbo, una calamità naturale che falcia migliaia di vite in un colpo solo, la perdita dei nostri cari, che hanno l’effetto di accrescere enormemente il nostro desiderio di aggrapparci ad una speranza, di avere una risposta.
Ecco, questo io mi sono sempre rifiutato di fare: credere per dogma, oppure farlo per consolazione.
Se un giorno crederò, quel giorno la mia fede sarà genuina.
Ma per ora ho solo dubbi. E mi va bene così, perché, come ho sempre scritto, “sono meglio mille dubbi che una sola, pericolosa, certezza”.

Lungi da me l’idea di togliere la speranza a chi ce l’ha. So, anche per esperienza personale, che chi “crede davvero” continuerà a farlo, non cambierà certo idea per questo post o per qualcos’altro che ho scritto. Anzi… mi viene il dubbio che chi mi ha attaccato in passato non fosse in realtà così saldo nelle sue convinzioni. Per questo mi ha attaccato: perché ha rifiutato l’idea di qualcosa che potesse mettere in dubbio ciò in cui vuole assolutamente credere. Chi è sicuro non teme il confronto. Anzi lo usa perché vuole che la sua fede possa “contagiare” gli altri. Non credete? In fondo molti tra voi hanno fatto proprio così.

Non sono un esponente del CICAP o simili: non respingo, a priori, nessuna ipotesi. Ne’ tento di far cambiare opinione a chi esprime la sua. Io non attacco mai la vera fede, anzi, sinceramente, la invidio.
Ma… i miei dubbi vanno rispettati quanto la fede di chi ce l’ha 🙂
Altrimenti torniamo dritti al medioevo e all’inquisizione.

inquisizione

Nelle mani del destino – Il potere della convinzione – la morte.

– Nelle mani del destino –

 

Testa o croceUn grande guerriero giapponese che si chiamava Nobunaga decise di attaccare il nemico sebbene il suo esercito fosse numericamente soltanto un decimo di quello avversario. Lui sapeva che avrebbe vinto, ma i suoi soldati erano dubbiosi.
Durante la marcia si fermò a fin tempio shintoista e disse ai suoi uomini: “Dopo aver visitato il tempio butterò una moneta. Se viene testa vinceremo, se viene croce perderemo. Siamo nelle mani del destino”.
Nobunaga entrò nel tempio e pregò in silenzio. Uscì e gettò una moneta. Venne testa. I suoi soldati erano così impazienti di battersi che vinsero la battaglia senza difficoltà.
“Nessuno può cambiare il destino” disse a Nobunaga il suo aiutante dopo la battaglia.
“No davvero” disse Nobunaga, mostrandogli una moneta che aveva testa su tutt’e due le facce.

Non possiamo cambiare certi aspetti del destino, ma, per quanto riguarda le nostre scelte e il nostro impegno, tutto dipende da noi. È vero che i condizionamenti ci sono stati per lo più instillati dagli altri, ma è anche vero che, da un certo punto in avanti, da quando cioé ne diventiamo consapevoli, saremo noi a decidere come affrontarli, se accettarli o liberarcene. In meditazione si fa affidamento sulla propria forza interiore (jiriki). È ad essa che si fa appello per risolvere i problemi.



Commento di Wolfghost: volevo continuare il tema trattato negli ultimi post. Una osservazione che mi viene spesso posta (stavolta da Capehorn), è che non sempre possiamo costruire il nostro futuro come vorremmo che fosse: a volte le circostanze si frappongono – anche pesantemente – tra noi e l’obiettivo, apparentemente portandoci ineluttabilmente a mancarlo.

Nella storia raccontata, l’esercito di Nobunaga avrebbe anche potuto perdere la battaglia ma certamente, grazie al potere della convinzione nelle proprie possibilità che Nobunaga – in questo caso grazie ad un artificio che ricorda la famosa favola del sasso magico che ci raccontavano da bambini – diede loro, esso attinse al massimo della propria forza e con ciò si diede il massimo delle probabilità di riuscire a vincere. E non è cosa da poco, pur se la certezza non è di questo mondo (su questo argomento tra l’altro scrissi anche uno dei primi post su Splinder, eccolo qua: Il potere della convinzione).

Di più: anche se avessero perso, la qualità della risposta alla sconfitta avrebbe determinato l’esito delle sorti dell’intera guerra o, almeno, l’attitudine mentale ad accettare la sconfitta serenamente, anziché macerarsi sull’esito della stessa, cosa che avrebbe avuto ripercussioni sulla loro vita futura, immediata o lontana che fosse.

Qual è la differenza tra una squadra che vince un campionato ed una che arriva seconda? Spesso non risiede nel fatto di non perdere mai, cosa che capita molto raramente, ma piuttosto in quello di recuperare fiducia il prima possibile dopo la sconfitta stessa. La squadra che riesce, torna presto al successo; quella che non lo fa, ci mette più tempo e il divario di punti potrebbe divenire incolmabile.

Ma prendiamo l’esempio più estremo: la vicinanza della morte. Apparentemente tutto è perso, non c’è più futuro, salvo quello più immediato. Eppure la qualità degli ultimi tempi è molto importante: ho visto persone spegnersi serenamente, altre essere tormentate dall’angoscia, e non vi nascondo che l’impatto su di me è stato profondo in entrambi i casi. Ricordo il resoconto di psicologi che aiutano persone ormai in fase terminale ad affrontare quello che chiamiamo “ultimo viaggio”. Essi dicevano che alcune di queste persone riuscivano a trovare una serenità tale da… imparare perfino in quell’ultimo periodo della loro vita e insegnarlo – di conseguenza – a chi era loro vicino.
So che potrebbe apparire una magra consolazione, ma ricordiamoci che la morte è l’unica cosa (assieme alla nascita, altrimenti non saremmo qua a discuterne) che prima o poi tocca tutti e della quale presto o tardi dovremo prendere coscienza e non potremo più fingere che non ci riguardi.
Le grandi religioni del mondo, ma anche ogni corrente spirituale che si rispetti, hanno tradizioni e studi che accompagnano la persona che sta morendo all’atto finale. Certo, molte lo fanno, almeno in apparenza, con la promessa di ottenere in questo modo il passaggio verso una dimensione più elevata, ma in ogni caso la serenità con la quale chi si affida ad esse affronta la morte è qualcosa di assolutamente impagabile, e oserei dire, una delle lezioni più importanti della vita stessa. Forse perfino la più importante, altro che “magra consolazione”. Quello che fanno quegli psicologi è una sorta di “spiritualità agnostica”, o perfino atea, non importa, perché il loro aiuto è indipendente dall’esistenza dell’aldilà.

Ecco perché sono sempre più convinto che la nostra risposta agli eventi che il caso pone lungo il nostro cammino, fa sempre la differenza, perfino quando tutto sembra perso.

mano luce

Illusione e realtà – Sulle filosofie orientali

Castello di sabbiaPare un assurdo,

eppure è esattamente vero che,

essendo tutto il reale un nulla,

non v’è altro di reale né di sostanza al mondo

che le illusioni.

(Giacomo Leopardi)

Quando lessi per la prima volta queste parole, pensai che fossero del “solito” Buddha o di qualche santone Indù, fui sorpreso invece di constatare che erano di un poeta tutto nostrano 🙂

Sono parole forti e importanti, perché mettono il dito proprio su quella che in occidente è sentito essere il punto oscuro del buddismo, dell’induismo e, in generale, delle correnti spirituali orientali (taoismo incluso): il loro presunto nichilismo.

La teoria dell’impermanenza buddista, quella induista (per chi non lo sapesse, il buddismo deriva dall’induismo, in contrapposizione con le tre grandi religioni che derivano dalla Bibbia: ebraismo, cristianesimo, islamismo) che parla di maya, ovvero dell’illusione che ci circonda, appaiono all’occhio di chi si avvicina per la prima volta a queste “filosofie”, francamente un po’ deludenti. “Tutto è illusione”, “niente è reale”, “tutto finisce”, “nulla dura per sempre”… in una cultura dove siamo stati portati a cercare la sicurezza, ad avere punti fermi o – come canterebbe Battiato – un centro di gravità permanente, pensieri come questi appaiono inaccettabili.

angelo e diavolo sexyNemmeno l’aldilà “aiuta”: il concetto di aldilà definitivo, alla fine del ciclo (molto lungo eh!! ;-)) di morti e rinascite, che hanno questi insegnamenti, non suona così apprezzabile per noi: raggiungiamo il Nirvana, cioé… il nulla 😮 o, al massimo, l’annullamento totale del nostro “io” con “l’annegamento” nell’Uno primordiale (che insomma… non suona poi come una grande consolazione, visto che la nostra personalità, la nostra “coscienza”, non c’è più, e allora… chi ci sarebbe a godere di questa riunione con “Dio”?). La leggenda dice che il Buddha “storico”, quello realmente vissuto, non rispose mai alle domande che riguardavano la vita dopo la morte: che esistesse o meno, era per lui ininfluente, dato che era la “liberazione totale” quella a cui mirava, non un’eventuale rinascita. Le preoccupazioni dei suoi fedeli al riguardo dell’eventuale sopravvivenza dell’anima o rinascita del corpo, erano solo… distrazioni da evitare 😐

Mi tenterebbe quasi di più il paradiso musulmano, con le 7 (erano 7 o sbaglio?) vergini ad attendermi ;-), o almeno quello cristiano dove non solo l’Io risorge, ma perfino il corpo fisico.

Eppure è proprio nel riconoscimento dell’illusorietà di ciò che ci circonda che si trova il fascino e l’attrattiva di tali “filosofie”: se si riconosce che tutto è sì illusione, ma che non esiste altra realtà all’infuori dell’illusione stessa… allora siamo liberi. Liberi davvero.

Liberi dalla paura, perché non abbiamo nulla da perdere, dato che tutto ciò che abbiamo è illusione, perfino la vita. Mentre molte grandi religioni invece, anche se non dal principio, usano proprio la paura (dell’inferno e della morte) per “guidare” i loro fedeli. O, forse, per controllarli.

Liberi di essere ciò che vogliamo, dato che qualunque cosa scegliamo di essere è… vera o falsa esattamente allo stesso modo di qualunque altra possibile scelta. Per non parlare “della fine fisica”, che in ogni caso ci aspetta tutti e cancella tutto.

Perché dunque non essere ciò che vogliamo essere? Perché dunque la paura?

Perfino la vita e la morte assumono un significato diverso: esse non esistono, non sono mai esistite. Come tutto il resto. Perché averne timore?

La libertà è la vera conquista di queste “filosofie”.

“Che pensiero meraviglioso una vita senza paura! Superare la paura: questa è la beatitudine, questa la redenzione.

Si ha paura di migliaia di cose, del dolore, dei giudizi, del proprio cuore; si ha paura del sonno, del risveglio, paura della solitudine, del freddo, della follia, della morte. Specialmente di quest’ultima, della morte. Ma sono tutte maschere, travestimenti.

In realtà c’è una sola paura: quella di lasciarsi cadere, di fare quel passo verso l’ignoto lontano da ogni sicurezza possibile… c’è una sola arte, una sola dottrina, un solo mistero: lasciarsi cadere, non opporsi recalcitrando alla volontà di Dio, non aggrapparsi a niente, né al bene né al male. Allora si è redenti, liberi dalla sofferenza, liberi dalla paura.”

Hermann Hesse, “Aforismi”

nel cielo

Paranormale: raccontate la vostra esperienza

cerchi nel granoCome ho scritto nel mio profilo, mi sono spesso definito il “ricercatore perfetto”: qualcuno che ha grande curiosità e che vorrebbe fortemente trovare “prove” di qualcosa che “viva” al di la’ dei cinque sensi, ma che, al contempo, ha un nocciolo scettico che non è mai riuscito a eliminare. Quel nocciolo scettico, per un “ricercatore”, non è una maledizione (magari per chi vorrebbe semplicemente “credere”, si, invece…), è anzi indispensabile per l’oggettività del riscontro, altrimenti si correrebbe il rischio di credere a qualunque cosa venga propinata.
Diciamo che se mi vedrete scrivere “miracolo!!!“, bé… è probabile che davvero di miracolo si tratti! 😉

sfera di cristalloLa mia esperienza su Internet si è mantenuta sulla stessa falsariga; già da anni infatti ho notato che esistono siti “propagandistici” e poco obiettivi da ambo i lati: chi trova spiegazioni esoteriche ardite per spiegare il più piccolo degli eventi e chi, spesso con teorie ancora più incredibili, cercano solo di smontare i primi. Non ci credete? Provate ad andare sul sito del Cicap: alcune delle loro teorie “scientifiche” appaiono più balzane che ammettere l’esistenza di qualcosa che è al di là dei nostri sensi.

Prima di tutto, pero’, cos’è un fenomeno “paranormale”?
Bene, è evidentemente qualcosa che non può essere ritenuto “normale”, non è vero? 🙂 Ma “normale” per chi? Usando quali parametri? Non era forse incredibile immaginare le forze elettromagnetiche prima che queste fossero riconosciute e dimostrate? Eppure, ovviamente, esistevano già in natura, non è così? Per non parlare della Relatività o della Meccanica Quantistica…
E allora, perché non ammettere che possa esistere qualcosa a cui la scienza non è ancora riuscita ad arrivare?

La scienza degli uomini non è, curiosamente, come le loro leggi: per la legge – almeno nei paesi cosiddetti “civili” – la colpevolezza deve essere provata, ma se non lo è non vuol dire che ci sia innocenza, possono semplicemente mancare le prove dimostranti che essa sia tale.
Eppure, per la scienza, una cosa per essere vera deve essere dimostrata, e se non lo è, allora non è vera.

Non è curioso?

Questa pero’ non deve essere una buona ragione per credere a tutto…

CorvoEsempio 1: Premessa: le teorie animiste dicono che quando una persona muore, la sua anima ci mette tre mesi (mi pare…) per poter tornare a manifestarsi nel mondo come spirito.
Qualche mese dopo la morte di mio papà, iniziai a percepire uno strano suono in camera mia. Ogni volta che andavo a dormire… sentivo distintamente un rumore metallico, una sorta di “tlang!”, come se quell’asticella di metallo usata per tenere ferma una finestra aperta, sbattesse ogni volta contro il muro. Controllai tutto più e più volte: finestre aperte o chiuse, correnti d’aria, oggetti fuori dalla finestra che potessero produrre un rumore simile… tutto!
Ma non trovai nessuna spiegazione razionale… apparentemente.
Passarono i mesi e quasi mi convinsi che quello fosse un segnale di mio papà, una sorta di “buonanotte” prima della nanna 🙂
Divenne un suono amico e familiare.
Solo un anno e mezzo dopo, capii all’improvviso – chissà per quale strano collegamento mentale – che quel rumore era dovuto alla lampadina al neon che era vicina al mio letto: pochi minuti dopo che la lampadina veniva spenta, essa produceva quel rumore (un relè interno, forse?). Probabilmente gli addetti alla fabbricazione di tali lampadine sono perfettamente a conoscenza di questa cosa, ma tra gli altri… chi l’avrebbe detto?

gatto neroEsempio 2: Sempre anni fa’, direi una decina, considerando che ero in possesso del mio primo telefono cellulare, ero pronto per dormire. Ero già a letto e stavo per spegnere la luce. Improvvisamente mi voltai di scatto verso il telefono cellulare che era posato nel suo caricabatteria da tavolo a due-tre metri da me.
Sapevo che sarebbe squillato.
Non ricevevo mai telefonate a quell’ora ma… qualcosa mi costrinse ad aspettarmi quella chiamata. Pochi secondi dopo, il telefono squillò: era una mia amica che aveva subito un tentativo di stupro e che mi pregava di andarla a recuperare perché era scappata a piedi dalla casa in cui aveva subito il tentativo di violenza.
So che i telefoni cellulari GSM usano frequenze “sensibili” ad altri elettrodomestici (avente presente i classici disturbi a radio, televisioni… ?), ma quella sera… era già davvero tutto spento.

Potrei elencare tanti altri “piccoli” avvenimenti (e qualcuno grande…) che non sono mai riuscito a spiegare col buon senso. Ciò non vuol dire dover credere necessariamente all’aldilà purtroppo: ci possono essere spiegazioni comunque paranormali ma che non hanno bisogno di tirare in ballo la vita dopo la morte.
Quello della vita dopo la morte è il passo più difficile, perché di importanza capitale; per questo è più difficile crederci per chi non ha una “fede donata”: ammettere che esista la telepatia può non cambiarmi la vita; essere sicuro che non finirò assieme alla morte del mio corpo… è davvero altra cosa e… sì, potrebbe farlo.

Un esempio. Avrete tutti (ok… “quasi” tutti! :-P) sentito parlare dei fenomeni poltergeist, ovvero di quei rumori “impossibili” e quegli oggetti che si spostano e volano per le camere apparentemente da soli. Bene, essi sono spesso citati come prova dell’esistenza degli spiriti. Ma esiste una teoria, altrettanto “possibile” (o “impossibile”, secondo il Cicap :-D), che li spiegherebbe con l’energia telecinetica (la telecinesi è la capacità, volontaria o non volontaria, di spostare gli oggetti con la sola forza del pensiero); in effetti la grande maggioranza dei casi raccolti accade in case dove ci sono adolescenti, tipicamente irrequieti, e con perciò una grande e “disordinata” energia mentale. Non è “prova”, no, ma può essere già un indizio…
Sempre di fenomeno paranormale si tratterebbe. Ma mentre l’esistenza degli spiriti dimostrerebbe la vita dopo la morte… la telecinesi è ben lunga dal farlo.

Ma adesso, signori e signore, tocca a voi!!! Vi esorto a raccontare le vostre esperienze, con dovizia di particolari, se possibile! Sarò un opinionista (giudice non mi piace) severissimo… ma, prometto, possibilista! 😉

albero e luna