Cosa vorresti fosse diverso nella tua vita?

L’amica Dupont (http://dupont651.wordpress.com/) ha assegnato un “premio” (anche) al mio blog. Ora, notoriamente a me non piacciono i “premi” sui blog, li trovo una perdita di tempo con l’unico merito di far conoscere qualche blog magari interessante. Però questo ha una formula interessante, o perlomeno che può essere resa interessante ponendo domande interessanti 😛 L’unica cosa che onestamente cambierei è il nome “premio”… magari “iniziativa”, che dite? 😀 In ogni caso la formula prevede, come di rito, di nominare il blogger che ha “premiato” e nominare a propria volta altri blog e blogger. Inoltre di solito viene chiesto qualcos’altro, che è poi la parte che può essere interessante. In questo caso si tratta di rispondere a 10 domande e farne 10 a propria volta (non le stesse, o almeno non necessariamente!).

Ecco… salto a piè pari tutto il resto e semplicemente porrò a chi legge dieci domande, dopo aver risposto a quelle che mi sono state poste (bé, almeno questo lo devo ;-)). Ci penserò un pò, in modo di non farvi domande scontate e che incuriosiscano per primo me stesso. Tuttavia, poiché saranno domande “pesanti”, almeno così io credo, ve le porrò una per volta dilazionandole nel tempo.

Intanto queste sono le mie risposte alle domande di Dupont.

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1 – C’è un blog che ti piace in modo particolare? (quale?)

Bé, questa non è una domanda che mi piace, perché di blog interessanti ne conosco molti e nominarne uno vorrebbe dire fare torto agli altri. In questo momento ho 84 blog che seguo (anni fa avevo superato i mille, ma era davvero troppo dispersivo); di questi, oltre il 40% li ritengo davvero interessanti. Ecco perché non mi sembra il caso di nominarne uno in particolare 🙂

2 – A cosa non rinunceresti per niente al mondo?

Alla mia famiglia. Lady Wolf, il fido Tom, il pacioccone e testardo Julius (non che Tom in quanto a testardaggine sia da meno), la simpaticissima e tenera Numa, la decana Sissi (Tom è un cane, gli altri tre sono gatti) e i pesci tutti 😀

3 – Hai un sogno nel cassetto, se sì, puoi dirmi quale?

Immagino che tu voglia intendere qualcosa di concreto da realizzare, altrimenti ti direi poter invecchiare con mia moglie (notoriamente sono un po’ pessimista sul fatto di arrivare alla vecchiaia :-P). Una casa vicino a boschi e mare con un lavoro che permetta sia a me che a Lady Wolf di vivere dignitosamente passando più tempo assieme, sia tra noi due che con i nostri adorati animaletti 🙂

4 – Dove sei nata/o?

In casa 🙂 Esattamente nella cucina (almeno così mi disse mia madre) dell’appartamento di un palazzo che da’ sulla piazza principale di Sestri Ponente, una delle più popolose delegazioni di Genova.

5 – In quale città abiti?

In un paesino sempre in provincia di Genova, distante davvero pochi chilometri.

6 – C’è un viaggio che desidereresti intensamente fare?

Immagino tu intenda viaggi di piacere… Non particolarmente. Avendo cane e gatti (e pesci), allontanarsi tanto o per tanti giorni non si può. Mi piacerebbe comunque riuscire a vedere i posti natali di mio papà (in Sicilia, dove non sono mai stato), e poi tanti altri viaggetti brevi, parchi dell’Abruzzo, tornare sulle colline toscane, o nei grandi laghi del nord… ad esempio Lady Wolf deve ancora vedere quello di Como 😉

7 – Cosa non perdoneresti mai ad un’amica/o?

Oh, bé… se un amico cercasse di mettermi i bastoni tra le ruote in famiglia… oltre che a smettere di essere mio amico rischierebbe qualcosa di più eheheh 😀

8 – Quando hai aperto il blog lo hai fatto per un motivo particolare?

Sì, venivo da anni di forum dove ero molto “gettonato” – ogni nuovo thread (lì i post si chiamano così) raccoglieva sempre centinaia di commenti – ma dove avevo avuto qualche “scontro” di troppo ed avevo anche un po’ esaurito l’originalità di argomenti e risposte, per cui cercavo uno spazio mio e che non fosse limitato alle parole.

9 – Hai mai dovuto bloccare qualcuno dei tuoi commentatori perché offensivo o volgare?

“Bloccare” no, rarissime volte ho cancellato qualche commento, mai il suo commentatore. Ma di solito non faccio nemmeno questo.

10 – Sei felice?

Ragionevolmente o, meglio, “compatibilmente” 🙂 Con cosa? Bé, col fatto di avere un lavoro tiranno (e vale sia per me che per Lady Wolf) che mi costringe a non poter stare in famiglia quanto vorrei.

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Ed ora ecco la prima delle mie dieci domande per chiunque voglia rispondere 🙂 Le prossime ve le porrò nel tempo inframmezzandole con gli altri post.

1. Cosa vorresti fosse diverso nella tua vita e cosa servirebbe affinché ciò avvenisse?

 

Dipendenze Affettive (estratto da uno scritto di Piero Priorini)

Il seguente post, un estratto di un articolo di Piero Priorini, psicologo romano, l’ho pubblicato per la prima volta sul mio blog il 20 ottobre 2007, qui potete trovare il post originale con i commenti dell’epoca: Dipendenze Affettive (estratto da uno scritto di Piero Priorini)

Incredibilmente, solo oggi, a distanza di pìù di sei anni, ho scoperto che Priorini ha un suo sito (http://www.pieropriorini.it/) nel quale si possono trovare i collegamenti alla sua pagina facebook, al suo blog e a numerosi suoi articoli, compreso questo che, quindi, potete anche leggere nella sua interezza (qui: Dipendenze Affettive).Magari può interessarvi 🙂

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[…] Alcune domande fondamentali che ho imparato a rivolgere a coloro che si rivolgono a me per curare una supposta ferita d’amore, sono quelle relative alla descrizione del proprio compagno e delle esperienze vissute insieme. Quasi sempre c’è incompatibilità d’anima, mancanza di rispetto, progettualità diverse se non addirittura opposte, bisogni e desideri che non possono essere condivisi. E scarsi, se non assenti, sono stati i momenti di comunione profonda e di soddisfazione reciproca.

Perché allora continuare?

Perché tormentarsi nella speranza che le cose possano cambiare quando il supposto cambiamento è stato solo desiderato, sognato, immaginato ma mai sperimentato come possibile?

Perché non poter chiudere e allontanarsi, magari tra mille turbamenti, ma con la consapevolezza di una fine che era inevitabile per il rispetto di entrambi?

Perché restare sul posto, immobili… spesso indifferenti agli insulti e agli oltraggi… amplificando il proprio dolore a dismisura in una sorta di delirio sacrificale il cui orrore è pari solo alla sua inutilità?

E – soprattutto – perché questo stato di cose sembra non avere mai fine? Non essere limitato entro un ragionevole lasso di tempo entro il quale valutare le effettive opportunità di cambiamento…

Una osservazione superficiale potrebbe far ritenere il fenomeno dovuto alla minore capacità degli uomini e delle donne moderni di sopportare qualunque tipo di frustrazione, e di stabilire perciò dei legami di dipendenza non essendo semplicemente in grado di accettare il rifiuto di sé.

Ma non è così. Anzi… si potrebbe affermare addirittura il contrario: e cioè che la dipendenza si stabilisce appunto perché c’è il rifiuto. Se non ci fosse, quasi sempre il supposto amore finirebbe in un lasso di tempo incredibilmente breve.

Per quanto paradossale possa sembrare, la dipendenza si alimenta del rifiuto, della negazione di sé, del dolore implicito nelle difficoltà e cresce in proporzione inversa alla loro irrisolvibilità.

Quello che seduce è la lotta.

Quello che incatena – per usare le parole della psichiatra milanese Marta Selvini Palazzoli – è l’Ibris, cioè a dire la ingiustificata, assurda, sconsiderata presunzione di farcela. La presunzione di riuscire prima o poi nella vita a farsi amare da chi proprio non vuole saperne. O, secondo una serie di specifiche variabili, di riuscire a curare chi non può o non vuole essere curato, di salvare chi non può o non vuole essere salvato.

Ma ancora una volta, contrariamente a quello che può ritenere il buon senso comune, questa compulsione ad oltranza che spinge gli affettivo-dipendenti a permanere nella proprie inutili battaglie, non è determinata da una sorta di masochismo psichico. Non è il piacere per le proprie sofferenze che motiva tutte queste persone, bensì proprio l’opposto: la speranza inconsapevole di saturare una vecchia ferita. Di guarire da un male antico.

Perché il rifiuto, l’abbandono, la svalutazione di sé, l’umiliazione, hanno già fatto parte della loro vita emotiva; in un modo o nell’altro sono state queste le esperienze cruciali che hanno caratterizzato il delicato periodo formativo della loro personalità. Che ne è stata segnata!

In un’epoca in cui l’autonomia emotiva e la piena coscienza non potevano ancora essersi formate ci sono state laceranti esperienze di rifiuto e di abbandono da parte di uno o di entrambi i genitori, come conseguenza delle quali i bambini sono cresciuti in una sorta di anestesia che nasconde però sia l’ambivalenza dolore-rabbia per il mancato riconoscimento d’amore, sia l’atroce dubbio di non valere poi tanto e di dover fare di tutto per essere migliori.

La crescita copre la ferita… ma la lascia insanata.

Quando poi, nella vita adulta, si presenta una situazione simbolicamente simile a quella precedentemente vissuta è come se fosse colta al volo l’occasione di ritualizzarla per tentare di sanare il passato attraverso il presente. L’intento dell’inconscio non è sciocco né tanto meno auto-distruttivo. Piuttosto è ingenuo nel suo presumere di poter dimostrare una volta per tutte la propria disponibilità affettiva e il proprio valore, di conquistare (curare o sanare) l’essere tanto amato ma mai conquistato, e di venir così risarcito di tutto l’amore mancato.

Quasi mai l’Altro è visto per quello che è (spesso un egoista chiuso su se stesso, o un nevrotico senza speranza o un approfittatore senza scrupoli); piuttosto è immaginato come sarebbe qualora si lasciasse finalmente amare e con amore ricambiasse tanta dedizione. È di questa immagine, evocata come per incantamento nello specchio magico dell’inconscio, che il dipendente si innamora; senza accorgersi minimamente che dietro tale mascheramento occhieggia il volto del genitore che l’ha tradito.

L’ulteriore e ultimo paradosso consiste nel fatto che il rituale simbolico è percepito tanto più significativo – e dunque tanto più coercitivo – quanto più l’Altro si presenta affettivamente poco disponibile e non del tutto conquistabile, così come mai raggiunto e mai conquistato è stato l’adulto abbandonico. Non a caso la maggioranza degli affettivo-dipendenti confessa spontaneamente di non aver provato quasi mai attrazione verso Altri che, pur avendo tutti i requisiti per essere desiderabili, hanno commesso l’errore di testimoniare un gratuito affetto nei loro confronti. Come se la gratuità, appunto, avesse il potere di soffocare il loro desiderio, che solo nella morbosità della difficoltà e del rifiuto viene invece percepito e riconosciuto. In sostanza, più che di una immaturità cognitiva ed emozionale del dipendente, si tratta di una distorsione patologica della sua vita affettiva, ricalcata sull’impronta distorta impressa dal modello di relazionale primario.

Fermo restando che in qualunque relazione possono esserci brevi dolorosi momenti di mancata comprensione e incompatibilità, l’essenza dell’amore dovrebbe consistere nel piacere e nella gioia di condividere con un altro essere umano il mistero della propria vita. La dipendenza affettiva, al contrario, è caratterizzata da una tensione di incomprensioni e di ostilità, magari inconsce ma costanti, e dal ristagno dell’anima in condizioni quanto più dolorose e difficoltose… pena la fine dell’incantamento e la ricerca di una nuova relazione ancora più penosa e priva di speranza, in una coazione a ripetere pressoché infinita.

Piero Priorini

Data astrale 17.440

Oggi sono rientrato al lavoro. Grandi cambiamenti: un incarico diverso (e “sfidante”, come oggi amano dire invece di “adesso sono tutti c… tuoi!”) e desiderio ricorrente di cambiare vita. Adesso che ci penso… forse le due cose non sono poi così slegate tra loro 😉

Quante volte io e Lady Wolf ci siamo interrogati sul significato di una vita passata per lo più in ufficio, lontano da posti, persone, animali del cuore. Vero, il lavoro dovrebbe servire a pagarsi vitto, alloggio e qualche piccolo agio, ma… a quale prezzo a volte? Allora ogni tanto ci lanciamo l’un l’altra qualche idea per una futura “exit strategy” che ci permetta di spendere più tempo tutti assieme 🙂

Certo, lavorare, ma in un modo diverso, in un posto diverso. Con più rischi? Può darsi. O forse no… con l’aria che tira nelle aziende…

Quando sono andato in ferie, prima di Natale, ho promesso a Tomino che sarei stato due settimane con lui, credo sia stato contento 🙂 O magari si è stancato tanto che oggi pomeriggio, quando è uscita anche Lady Wolf, ha fatto festa! Peccato che non abbiamo acceso le telecamerine! 😀 Quest’anno va per i dieci anni, inizia ad essere una bella età per un cane, anche se quelli di piccola taglia vivono più a lungo. Diciamo che arriverà per Luglio all’equivalente dei 56 umani 😉 In questa foto comunque non si trova a casa ma in Corsica, un po’ di anni fa’… dite che gli piacerebbe tornarci? 🙂

Ai gatti abbiamo fatto un bel regalo di Natale, un nuovo tiragraffi gigante, o, come lo chiamano adesso, una palestra per gatti 🙂 Certo… Sissi non ci và, non che non potrebbe visto che Julius pesa solo un paio di chili in meno, ma ormai non è più abituata a saltare… se non sul suo adorato divano o sulla poltrona. Lei quest’anno va per gli undici anni… l’equivalente, se ricordo bene, dei 61 umani… che strano pensare che sia già una over 60 😛

Julius andrà per i 6, l’equivalente di 41 umani, e Numetta 5, ovvero 37 equivalenti… supererà Lady Wolf, anche se solo verso fine anno, che così sarà la più giovane della casa… pesci esclusi naturalmente 😉 Io invece arriverò a 48 (almeno spero :-P)… siamo tutti piuttosto coetanei insomma, o forse mi piace pensarlo 😉

Anno nuovo, storia vecchia – ha ancora senso leggere la stampa?

Ci sono stati dei periodi dove, per un motivo o per l’altro, mi interessavo poco a cosa succedeva al di fuori della mia sfera personale. Magari avevo così poco tempo da non riuscire nemmeno a seguire un telegiornale o comprare un giornale, oppure avevo interessi che preferivo largamente agli stessi. Oggi c’è la stampa online, molti quotidiani pubblicano anche sul web dove, però, esistono anche altre fonti di informazione così da poter avere una pluralità di visioni. “Bene”, direte voi. E invece no, perché la pluralità di informazione permette, almeno a chi vuole, di scorgere la propaganda che la stampa odierna offre, a volte con fini nascosti, a volte per il solo piacere dello scoop o di cavalcare facilmente l’onda del momento e trovare il proprio angolino di celebrità… il panorama è davvero desolante.

A solo titolo di esempio, avrete sentito sicuramente parlare di quella povera ragazza, affetta da diverse malattie rare, che è stata insultata e minacciata sul web per aver dichiarato il suo appoggio alla sperimentazione animale. Bene (si fa per dire), è evidente che non si fa, che chi ha fatto ciò dovrebbe vergognarsi e farsi un esame di coscienza, e chi addirittura è arrivato alle minacce dovrebbe essere perseguito legalmente. Penso che ogni persona equilibrata sia d’accordo con questo e non disquisisco neanche il fatto che l’accaduto sia stato sottolineato dalla stampa, accade per fatti di gravità molto inferiori. Però si da il caso che proprio in questo periodo si stia discutendo di modificare le leggi sulla sperimentazione stessa: gli animalisti si sono mossi in tutta Europa con raccolte di firme perché ciò accada e, ovviamente, si sta muovendo anche chi la pensa diversamente, ognuna delle due parti mostra i propri dati. Siamo in un paese supposto democratico, quindi è giusto che sia così. Peccato che su gran parte della stampa nazionale il succitato fatto non sia stato riportato solo con la giusta condanna per chi ha insultato e minacciato, ma è cavalcato da giorni a giorni a favore della sperimentazione a volte con argomentazioni francamente penose quando non ilari. Se si vuole il parere di esperti, su entrambi i fronti, ce n’è a bizzeffe da trovare e riportare: di balzane argomentazioni di parte – ma sbandierate come fossero l’unica “etica corrente” – onestamente non ne sentivo la mancanza e le trovo molto scorrette quando si trovano sulla stampa pubblica.

Sono francamente stanco di questi continui tentativi di manipolazione. Questo è solo l’ultimo. Ricordo quelli, continui, contro l’eutanasia ad esempio, dove attacchi della stessa violenza venivano portati a chi faceva quella scelta… ma lì nessuno obiettava, nessuno denunciava. Almeno non sulla stampa pubblica.

Un tempo stavo alla larga dalle teorie complottiste che vedevano un disegno manipolatorio ovunque, e ancora non sono convinto che vedano sempre bene, per me la verità è ancora più squallida: non solo ci sono lobby che spingono, ci sono anche giornalisti che desiderano mettersi in evidenza e poiché, nonostante l’informazione non manchi, l’italiano medio ancora tende a prendere per buono quello che la stampa pubblica dice con zero senso critico… ahimé, ci riescono pure.

Voglio sottolineare che questo mio post non è oggi una presa di posizione pro o contro la sperimentazione animale, anche se la mia posizione è nota, ma è piuttosto una nota di sdegno nel vedere come ogni cosa, anche la più grave, venga strumentalizzata senza alcun rispetto né per il lettore né per l’argomento trattato.

Credo che quest’anno avrò di meglio da fare che perdere il mio tempo leggendo, o guardando, spazzatura.

Passaggio nell’oscurità

Bene, anche il Natale 2013 è andato 🙂 Nel rinnovarvi l’augurio per il nuovo anno, ormai alle porte, vi ripropongo questo scritto pubblicato originariamente il 14 ottobre 2007 (qui trovate il post originale: Passaggio nell’oscurità).

Un caro saluto a tutti 🙂

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passaggio nellAnche per la giornata più bella, radiosa e piena di luce, arriva il tramonto, e con esso, l’oscurità.

Di quella notte si puo’ avere paura, perché non si sà quanto durerà, si puo’ perfino arrivare a temere che non terminerà mai. Più piena di luce è stata la giornata precedente, più buia e lunga apparirà la notte.

In quella notte qualcuno puo’ offrirci un piccolo lume, un filo di luce, una speranza, un ricordo di possibilità. Dobbiamo essere grati a queste persone che forse nemmeno si rendono conto del grande potere che ha avuto quel loro piccolo gesto durante la nostra crisi.

Quella notte puo’ in realtà celare un grande potere, puo’ permetterci di riflettere avvolti nella coperta della nostra anima, di ritrovare una consapevolezza che avevamo perso abbagliati dalla luce di quelle giornate. Talvolta solo l’oscurità ha il potere di costringerci a guardare in faccia i nostri fantasmi, di rivalutare le nostre credenze, di reindirizzare i nostri sogni e intenzioni.

Dei passaggi oscuri sarebbe sempre meglio fare a meno, lo so. Eppure, se sappiamo usarli costruttivamente, essi possono essere la chiave per costruire un domani nel quale essere in grado di godere appieno delle giornate di luce ed imparando, nel contempo, ad usare l’illuminazione della consapevolezza affinché eventuali notti future non siano mai più così buie.

Passeggiata di Nervi“Se mi cerchi, la mia casa non è più qui. E’ sui campi e la sabbia, al punto di partenza, dove quelli che sbagliano hanno il coraggio di pagare, e quelli che non hanno nulla da dare sono almeno onesti. Lo sai, la mia casa non è più qui. Adesso vivo dove quelli che sono veri non sono chiamati pazzi, dove non si beve per dimenticare, dove semplicemente se ti fermi, riparti. Se mi cerchi nella mia vecchia casa, dove stavo lentamente morendo, pagando per errori che non erano miei, tra mura dipinte con finzione, chiedendo ad occhi che mai guardavano dentro i miei per paura di scoprire se avevo ragione oppure torto, se mi cerchi nella casa dei miei vecchi affetti e valori, dove venivo ricattato con scuse e niente più, dove colpa e disgusto mangiavano nel mio cuore e nella mia mente… dovresti sapere che non mi ci troverai, perché adesso appartengo al vento ed all’estate, ad un posto dove cos’è stato è stato, dove non c’è niente da vendere, da comprare o da rubare. Se mi cerchi, la mia casa non è più lì. Sono in viaggio verso il maestrale.”
(Libera traduzione del testo di un anonimo inglese tratto da “La Quarta Via”)

foto mie: passaggio tra caruggi a Triora e panorama dalla passeggiata Garibaldi a Nervi (Genova)

Auguri natalizi e, forse, di buon anno :-)

Bene, è ragionevole pensare che ormai vedrò anche questo Natale e l’alba dell’anno nuovo cosa che inizio a dare come probabile solo a pochi giorni dagli stessi 😀 E’ stato un periodo con tanti impegni, nel quale sul blog mio e altrui sono stato poco presente, credo di essere vicino al minimo storico 😐 Ad ogni modo volevo almeno augurarvi un sereno Natale e un felice anno nuovo, anche se spero di pubblicare nuovamente qualcosa prima della fine del 2013 🙂

Questi siamo io e Tom, in una vetta sull’Alta Via dei monti liguri di fronte all’orizzonte del nuovo anno… 🙂

Il Coraggio (di William Penn Patrick)

Continua la pubblicazione di alcuni post del passato che trovo ancora d’interesse 🙂 Questo, che ho pubblicato la prima volta il 10 ottobre del 2007 (qui trovate il post originale con i commenti dell’epoca: Il Coraggio (di William Penn Patrick)), è una vera e propria lode al coraggio. Il punto che oggi mi fa più riflettere è questo: “Gli uomini forti creano le circostanze che tornano utili ai loro bisogni e desideri”. In realtà credo che gli uomini forti TENTANO di creare le circostanze a loro utili, non sempre ci riescono. Tuttavia almeno ci provano, casa che molti di noi non fanno o non fanno più. Su tutto il resto concordo: il coraggio – che, è bene ribadirlo, non è esistente di per sé ma solo come risposta alla paura – è davvero una delle qualità che può cambiare il corso della vita di una persona. E concordo anche sul fatto che possa essere “allenato”, non è cioé una dote intrinseca: può essere acquisita e rafforzata. Anche su questo dovremmo riflettere attentamente…
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tigre
Perchè la vita della maggior parte degli uomini viene controllata da circostanze insignificanti e banali?
Mi sento rattristato quando osservo persone perdere le buone e grandi cose che sono a loro portata di mano e che potrebbero loro appartenere con “un solo piccolo atto di coraggio”!
L’uomo mediocre, ossia l’ “Uomo Medio”, è colui al quale mi riferisco.
E’ quello che ha così poca stima di se stesso da non potersi fidare delle proprie idee e dei propri giudizi, ma in sostanza deve contare su fonti d’appoggio esterne per le proprie decisioni.
Questo è l’uomo che viene guidato dalla massa.
Questo è l’uomo che accetta come verità tutto ciò che legge.
Questo è l’uomo che infine diventa uno tra la folla.
Questo è l’uomo che ottiene un certo successo solo quando viene trasportato sulla cresta dell’onda, generata da quei pochi individui che hanno spirito d’iniziativa eccezionale.
Questo è l’uomo che mantiene un atteggiamento positivo fintanto che si trova alla presenza d’individui positivi, ma se viene lasciato a se stesso si “sgonfia”.
Questo è l’uomo che vende la sua primogenitura (il diritto alle proprie idee) per paura di ciò che egli ritiene il suo vicinato potrà pensare.
Questo è l’uomo che si sente potente se è spalleggiato dall’azione della massa, ma che ha paura della propria ombra.
Questo è l’uomo gregario, che paventa la propria iniziativa. Leonessa, regina della giungla
Questo è l’uomo che nasconde le proprie azioni sotto ad un manto di nobiltà, dato che la sua disonestà gli impedisce di affrontare la verità e la realtà.
Questo è l’uomo che si sentirà tradito se la fortuna non si curerà di lui.
Questo è l’uomo che viene guidato dalle circostanze.
Gli uomini forti creano le circostanze che tornano utili ai loro bisogni e desideri.
Se tu sei un uomo che si lascia cogliere dalle circostanze, la miglior cura per questo male è il coraggio.
Il coraggio è la più bella fra tutte le espressioni umane.
Il coraggio, come lo immagino io, è un ‘atto di sfida alla paura’.
Noi abbiamo bisogno di coraggio solamente se abbiamo paura, il chè significa che dobbiamo essere coraggiosi quasi sempre, poichè abbiamo costantemente paura di qualche cosa.
Io ho scoperto che la paura recede quando si trova di fronte anche ad un benchè minimo atto di coraggio; non solo, ma – come avviene per un muscolo – il coraggio si rafforzerà se continueremo ad esercitarlo.
Il consiglio che do a me stesso è: “pratica le cose che temi e continua di questo passo fino a che non ti faranno più paura, solo allora sarai diventato padrone del tuo destino”.
Io ho esaminato le azioni sia di uomini grandi che piccoli, eppoi ho studiato questi stessi uomini.
Da questa indagine sono emerse parecchie differenze.
Tutte queste differenze che contano hanno alla loro base un unico fattore: il coraggio.
Il coraggio è quell’unico elemento che separa il debole dal forte, l’uomo di successo dall’uomo fallito, il grande dal mediocre.
Tutte le cose che desideri nella vita hanno un’unica impugnatura per afferrarle, che è forgiata per la mano dell’uomo di coraggio.
Avere paura significa essere vivi.
Combattere la paura significa essere uomini.
Un giorno qualcuno disse: “Preferirei morire in piedi che vivere in ginocchio”.
William Penn Patrick
Un timido leone

Etica e disinformazione, la solita RAI

Sabato scorso, in mattinata, ho assistito casualmente ad una trasmissione RAI che, al solito, mi ha lasciato alquanto interdetto. Eviterò di fare nomi e cognomi e perfino di dire il nome della trasmissione, limitandomi ad esporre brevemente l’oggetto del contendere e la conduzione del programma stesso.

Il tema era la vivisezione – il cui termine stesso è stato più volte contestato da chi sperimenta sugli animali… come se fosse questo ad essere importante. Gli invitati erano un eminente e anziano ricercatore pro-vivisezione, un… esperto di etica con tanto di cattedra, se non erro in una università romana, e una giovane biologa, unica sostenitrice tra gli invitati dei diritti degli animali. Naturalmente c’era anche il conduttore della trasmissione che si suppone dover essere super partes ma che super partes non era per nulla.

Qui non discuterò il tema in sé, anche se la mia posizione credo sia nota ai lettori di questo blog; voglio solo analizzare brevemente un servizio – estremamente costoso – per il quale ognuno di noi ogni anno versa una tassa che ormai ha davvero poco senso. E attenzione: io non parlo della correttezza di far pagare un servizio pubblico di utilità, cosa che avviene nei principali paesi europei, quanto della – non – opportunità di farlo per il livello del servizio che viene offerto in Italia.

Allora, in una discussione nella quale avrebbero dovuto essere garantite pari condizioni avevamo: un conduttore smaccatamente schierato, un eminente ricercatore pro-vivisezione e l’esperto di etica che tirava in ballo un’etica che non si capisce da chi sia stata stabilita. Dall’altra parte, questa biologa che, benché preparata, non aveva l’esperienza né per tenere testa all’aggressione verbale degli altri tre, né per essere credibile verso l’eminente ricercatore.

Perché non è stato chiamato un, poniamo, Veronesi, da sempre contrario alla vivisezione? Perché il conduttore dimostrava perfino fastidio allorché parlava la biologa? Perché lo “esperto di etica” argomentava la sua posizione come se fosse quella ufficiale dell’umanità? L’etica cambia nel tempo, la storia ne è testimone. Basta pensare allo schiavismo, un tempo accettato e che oggi, per fortuna, non lo è più. Chi è costui per venirci a dire che è etico sperimentare sugli animali se serve per migliorare la salute dell’uomo? Veronesi è vegetariano per scelta etica, a suo stesso dire, piuttosto che per motivi salutistici. Secondo il buddhismo tutti gli esseri senzienti, dotati d’intelletto, vanno rispettati e difesi, non solo l’uomo. Io non dico, qua, cosa è giusto o sbagliato, chi ha ragione o torto, ma non trovo accettabile che questo “esperto” esca dalla sua bella università e ci venga a dire che l’etica corretta è la sua perché così sta scritto su qualche libro. E’ il popolo, sono le usanze, la morale imperante a stabilire l’etica, non i libri. Ed oggi, come mai nel passato, questa etica, quella della gente comune, cambia in fretta.

Forse davvero gli anni che passano danno maggiore senso critico. Un tempo davo per scontato che i messaggi che ci dava la TV fossero corretti e che i contestatori fossero soltanto disturbatori della preziosa quiete pubblica. Oggi mi rendo conto sempre più che i servizi di stato – anche gli altri, va da sé, ma almeno quelli privati sono più comprensibili – ci propinano esattamente ciò che vogliono loro. Ci vogliono far credere ciò che per loro è più conveniente. Cercano da decenni di dirigere il pensiero delle masse. Questi personaggi dovrebbero essere mandati tutti a casa (scusate se assomiglio un po’ al mio concittadino Grillo stamattina), queste trasmissioni dovrebbero essere sostituite da trasmissioni libere, dove davvero ogni parte possa dire la sua. E soprattutto, scusate, questa RAI ha proprio toccato il fondo.

E continuamo ancora a pagare il canone con la scusa – loro – che oggi è una tassa di proprietà e non un tassa di servizio per la RAI. Come no.

da http://www.immaginidivertenti.org/

Mi è stato chiesto: dov’è l’errore di una vita non felice?

Questo post è stato pubblicato originariamente il 6 ottobre 2007, qui potete vederlo con tutti i commenti dell’epoca: http://www.wolfghost.com/2007/10/06/mi-e-stato-chiesto-dove-lerrore-di-una-vita-non-felice/

(foto mia: sole sul mar ligure – Cinque Terre)

Sole sul mar ligureNon necessariamente c’è “un errore”, nessun modo di vivere da certezza della felicità.

Quando le cose non vanno come noi vorremmo ne cerchiamo comprensibilmente le cause, fuori di noi o dentro di noi. Ma in realtà una vita non è fatta solo di volontà, non dipende solo da noi, non è del tutto vero che “ognuno è artefice del proprio destino”: c’è una componente casuale che contribuisce a determinare il corso della nostra esistenza.

Quando arriviamo ad un bivio del quale non si scorgono i proseguimenti delle strade dobbiamo operare una scelta. Facciamo del nostro meglio ma non abbiamo la sfera di cristallo e potremmo comunque scegliere una strada che non ci porterà dove vorremmo. Non è una colpa: siamo esseri straordinari ma sempre limitati, possiamo fare solo quel che è nelle nostre possibilità sperando che le nostre azioni portino i frutti desiderati.

E comunque, cosa ci avrebbe atteso sulla strada che non abbiamo scelto non possiamo davvero saperlo: è realmente inutile piangere sul latte versato, oltre che fonte di frustrazione.

Tutto cio’ che possiamo fare è metterci nella migliore condizione possibile affinché i miracoli accadano e… non desistere. Perché pur non avendo certezza, è meglio continuare a sperare e combattere, che arrendersi ed essere così sicuri che cio’ che ci avrebbe reso felici non arriverà mai…

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Commento di Wolfghost: Questo post sembra la logica prosecuzione di quello chiamato “Cinque minuti per Napoleone” pubblicato il mese scorso.

Nonostante tutta la nostra buona volontà e la nostra tenacia, dobbiamo accettare il fatto che la vita va da se’ e siamo in grado di influenzarla solo parzialmente. Attendersi che tutto e sempre vada bene, è un atteggiamento irrealistico e fonte di grande frustrazione. Dobbiamo sapere ciò che vogliamo, sapere cosa dovremo intraprendere per ottenerlo ed essere pronti a pagarne il relativo biglietto in termini di “lacrime e sangue”. Ma dobbiamo anche accettare il rischio che, nonostante tutto, potremmo non ottenerlo.

Quando qualcosa non va per il verso giusto dovremmo essere in grado di dirci “va bene, ci abbiamo provato, di più non potevamo fare” ed accettare il responso della vita.

Poi, forse, potremo trovare nuovi obiettivi da perseguire, o almeno essere in grado di apprezzare ciò che abbiamo o abbiamo avuto.

C.G. Jung e la spiritualità necessaria

Dopo 15-20 anni dalla prima lettura, ho da un po’ finito la rilettura del libro di Carl Gustav Jung “Ricordi, sogni, riflessioni” . E’ un bellissimo libro, una autobiografia più emozionale e psicologica che storica del grande psichiatra svizzero. Avevo deciso di soprassedere, ovvero di non pubblicare un post su questo libro poiché tratta di così tanti argomenti che sarebbe improponibile farne un riassunto in un post. Tuttavia vi posso scrivere dell’aspetto che, più di ogni altro, mi ha colpito in questa rilettura e che, molto probabilmente, non è affatto il medesimo di quelli che fecero lo stesso vent’anni fa’. D’altronde nella vita si cambia, non c’è dubbio, e sarebbe molto strano se in un libro del genere un giovane di venticinque anni trovasse interesse nelle stesse cose che colpiscono un uomo di quarantesette. Ho deciso di scriverne anche perché mi è già capitato di citare questo aspetto commentando post in diversi blog amici; credo dunque che potrebbe essere interesse di molte persone. L’avviso che voglio dare è che è già passato qualche tempo dal termine di tale rilettura e non citerò dunque Jung, non mi ricorderei le sue parole, di nuovo sarebbe impossibile ricordarsene dopo un libro del genere; il mio sarà piuttosto un mio personalissimo riassunto o, ancora più esattamente, il riassunto di cosa di esso è diventato “mio”, proprio dopo lunga riflessione.

Jung fu un discepolo, per così dire, di Sigmund Freud. Freud fu suo amico e mentore, ma il rapporto andò via via deteriorandosi a causa della divergenza di visioni che i due avevano della vita, della sessualità, della spiritualità. In estrema sintesi, Jung, pur riconoscendone la genialità, arrivò a non sopportare più la chiusura mentale di Freud che metteva al centro delle problematiche della psicologia umana la sessualità facendo derivare da essa, o per meglio dire da problematiche ad essa legate, tutto, anche la spiritualità, di fatto negandola. Jung invece sentiva che nell’animo umano c’era qualcosa che inevitabilmente verso la spitiualità lo spingeva, qualcosa di innato, di archetipo, che non poteva essere zittito per sempre senza causare quel senso di non-appartenenza, di vuoto interiore, che molti di noi conoscono e che solitamente attribuiscono, cercando di darsene spiegazione razionale, ad altre cause. Via via poi che queste altre cause vengono risolte – se vengono risolte – un’altra causa, un altro capro espiatorio, viene trovato. E così via, senza risolvere mai definitivamente nulla e con anzi un crescente senso di frustrazione che aumenta sempre più l’angoscia del vivere.

Secondo Jung, la spiritualità è una componente indissolubile dell’uomo ed è proprio la sua negazione a gettarlo nello sconforto, nella disperazione. Addirittura pare di capire che per lui poco importava se l’oggetto della spiritualità fosse reale o meno, vero o falso: non seguirlo voleva comunque dire condannarsi ad una vita infelice.

Oggi viviamo in un periodo storico illuminista-materialista dove la spiritualità viene vista come superstizione dai più. Eppure proprio la scienza ci dice ed ammette che per moltissimi aspetti, dal microcosmo al macrocosmo, sappiamo di non sapere. Scoperte del secolo scorso, come la meccanica quantistica, ci dicono che nulla è come noi la vediamo, ma abbiamo preferito relegare queste ed altre scoperte in un ambito puramente scientifico, astratto dalla nostra vita che è rimasta materialista. Ci è stato insegnato qualcosa che ogni volta che tentiamo di credere ci dice “No, non è possibile, ti stai mentendo” per cui molti di noi non riescono più a ricollegarsi alla loro parte spirituale.

Eppure, a pensarci bene, Jung aveva ragione: che sia vera o falsa, quella corrente spirituale ci farebbe vivere meglio. Ci darebbe senso, eliminerebbe paure altrimenti inaffrontabili. Ci renderebbe più agevole affrontare i problemi e i drammi. Cosa cambia, in fondo, “dopo”?

Credo che la spiritualità sia effettivamente un archetipo, qualcosa che è in noi. Qualcosa che, dopo centinaia di migliaia di anni di riti e miti, non si può eliminare con un colpo di spugna come la scienza materialista vorrebbe. Che questo archetipo porti in sé una verità o sia solo il frutto di una favola raccontata da millenni, esso ci chiama e non vuole restare inascoltato. Per questo il non seguirlo, per Jung, ci crea un tormento inestinguibile.