Vivere non è peccato

VIVERE NON E’ PECCATO
di Paulo Coelho

rabbinoIl rabbino Elimelekh aveva compiuto una bella predicazione, e ora stava per fare ritorno nella sua terra natale. Per rendergli omaggio e dimostrargli la gratitudine, i fedeli decisero di seguire la carrozza di Elimelekh fino all’uscita dalla città.
A un certo momento, il rabbino fermò la carrozza, chiese al cocchiere di proseguire senza di lui e si affiancò al popolo.
“Un bell’esempio di umiltà”, disse uno degli uomini accanto a lui.
“Non c’è nessuna umiltà nel mio gesto, ma un po’ di intelligenza – rispose Elimelekh -. Voi, qua fuori, state facendo esercizio, cantando, bevendo vino, fraternizzando gli uni con gli altri, incontrando nuovi amici, e tutto a causa di un vecchio rabbino che è venuto a parlarvi dell’arte di vivere. Lasciamo, allora, che le teorie proseguano su quella carrozza, perché io voglio partecipare all’azione”.


Commento di Wolfghost: intorno ai 18 anni iniziai un percorso psico-spirituale, chiamiamolo così, fatto principalmente di libri e teorie. Fu in quel periodo che scoprì e praticai lo yoga e la meditazione e diventai vegetariano, ma soprattutto divoravo una grande quantità di libri che andavano dalla psicologia ai testi esoterici, passando per l’allora neonata New Age.
Certo, riguardando oggi la mia libreria mi accorgo che alcuni di quei testi rimangono preziose perle, mentre altri – soprattutto quelli New Age – mi appaiono adesso banali e scontati… ma ogni cosa ha il suo tempo, perfino i libri che si leggono: è l’accoppiata “livello del lettore – libro” ad essere importante, e non il libro in sé.
In ogni caso, diversi anni più avanti iniziai a percepire nuovamente il profondo senso di insoddisfazione che mi aveva da principio spinto verso quella ricerca.
Dopo lunghe – e piuttosto travagliate 😀 – riflessioni, mi accorsi che, preso dalla teoria, mi ero letteralmente dimenticato di vivere 😛
Buttai allora momentaneamente a mare (in senso metaforico naturalmente) libri & C. e mi immersi nella vita.

Al di là che certe lezioni si possono apprendere solo attraverso la pratica, è solo vivendo nella quotidianità che si ha davvero modo di mettere in pratica ciò che si è appreso dai libri e dalla ricerca interiore, sebbene a volte possiamo non essere coscienti di stare utilizzando qualcosa che avevamo imparato in precedenza.
Ci si accorge insomma che la non-applicazione dello studio, attraverso la sua utilizzazione nella vita reale, rende lo studio stesso inutile. Anche se la conoscenza ha, va da sé, anche un proprio valore e piacere intrinseco.

Il successo nella vita

“Ha raggiunto il successo chi ha vissuto bene, ha riso spesso ed ha molto amato; chi si è conquistato il rispetto delle persone intelligenti e l’amore dei bambini piccoli; chi ha riempito il suo spazio e ha adempiuto ai suoi doveri; chi ha lasciato il mondo meglio di come l’abbia trovato, sia per mezzo di una pianta più curata, una perfetta poesia, od un’anima riscattata; chi non ha mai mancato di apprezzare le bellezze della terra o evitato di esprimerlo; chi ha sempre cercato il meglio negli altri e ha dato loro il meglio che aveva; colui la cui vita è stata un’inspirazione; la cui memoria è una benedizione.”
Mrs. Stanley
Lincoln Sentinel, 30 Nov. 1905

E così abbiamo salutato l’alba di un nuovo anno, il 2011! 🙂 Pensateci un attimo… non sembra quasi una data da vecchio libro o film di fantascienza? 😐 Sembrava così lontana nel… secolo scorso (gulp! :-P), è invece ci siamo arrivati 🙂
Gli auguri di inizio d’anno, così come i famosi “buoni propositi” del medesimo periodo, assomigliano tanto ai nostri sogni di bambino, non trovate? 😉 Vero, forse sono un poco meno “grandi”, ma a volte, almeno per numero, sono altrettanto irrealistici 😀

Mi sono chiesto spesso quale sia il significato della parola “successo”, intendo al di là del suo significato più ovvio di “riuscita in ciò che si fa”. Cos’è che ci fa sentire persone “di successo”? 😐 Per alcuni è la notorietà, l’esser famosi. Per altri è il denaro. Per altri ancora è il potere. Soprattutto penso sia la prima, la notorietà. Perché in fondo i più cercano di aver denaro o potere per poter poi “apparire”, per essere… additati dagli altri. Non è così? 😐 Certo, poi ci sono altri motivi, come la sicurezza o il benessere, ma credo che il desiderio di “spiccare” in mezzo agli altri sia quallo che la “faccia da padrone”, almeno fino ad una certa età.
Il desiderio di notorietà è piuttosto subdolo, variano molto i mezzi attraverso cui attuarlo. Si va dai veri e proprio atti illegali fino alle opere di bene. Molti infatti, seppure nel loro piccolo, usano un altruismo di facciata per sentirsi dei benefattori, per ricevere i riconoscimenti altrui.
Poi ci sono altre strade. C’è lo sport, la scienza, la medicina. La spiritualità perfino, con tutti coloro che si servono dei loro insegnamenti al fine di sentirsi al centro dell’attenzione, di sentirsi dei “santoni”, degli “illuminati”, più che aiutare davvero gli altri ad elevarsi ed a soffrire meno grazie alla conoscenza.
Sì, probabilmente il desiderio di notorietà è qualcosa che, almeno in parte, è insito nell’uomo.

Ma cos’è per voi il successo? O meglio, cos’è che vale la pena di inseguire e ottenere? Credo che la risposta vari molto da persona a persona, ma anche a seconda dei vari periodi ed età che una stessa persona attraversa.
Io mi trovo ormai in sintonia con buona parte del pensiero espresso da Mrs. Stanley, nel citato articolo del Sentinel, anche se non proprio con tutto.
Forse possiamo pensare che solo lasciando tracce clamorose e indelebili, avremo vissuto davvero con successo. Solo lasciando pezzi come quelli di Wagner, o scoperte clamorose come quelle di Newton, o trionfi militari come Giulio Cesare, o “numeri” di conquiste come quelli di Casanova, saremo ricordati e così potremo, in fin di vita, pensare di aver vissuto una “buona vita”. Ma… io credo che si ricordino le gesta, non le persone.
Sappiamo cosa ha fatto Cesare, ma conosciamo davvero chi era Cesare? Per quanto i libri ci parlino di Wagner, possiamo davvero dire di ricordarci di lui perfino non avendolo mai conosciuto personalmente? No. Noi ci ricordiamo di un nome e di eventi legati a quel nome. Ma del vero Wagner, di Newton, di Cesare o di Casanova nessuno ricorda qualcosa, perchè nessuno – oggi – può veramente dire di conoscerli.
Allora forse non è poi così importante lasciare del proprio passaggio qualche segno che finisca nei libri di storia. Tanto al massimo verranno ricordate quelle gesta, e non noi.

Bé, per me “successo” nella vita è “andarsene” con la sensazione di aver vissuto davvero, il non essersi “nascosti” per timore di sbagliare o di fallire, il sapere di esserci stato quando si poteva fare qualcosa per qualcuno, l’aver agito quando si doveva e poteva. Perfino se sappiamo che presto o tardi chi abbiamo aiutato, o chi avrà comunque tratto giovamento dal nostro lavoro, non si ricorderà più di noi, e forse nemmeno noi ci ricorderemo di lui e di ciò che abbiamo fatto.

Certo, ognuno commette errori, siamo esseri umani. Sicuramente non dobbiamo colpevolizzarci se qualche volta non abbiamo fatto ciò che potevamo o dovevamo fare. Ma qui parlo più di una “tendenza” che di singoli eventi.
Successo è… un atteggiamento, un modo di vivere, piuttosto che un risultato o l’ottenimento di un obiettivo. E’ lottare finché è ragionevole farlo, senza tirarsi indietro o risparmiarsi, al di là del risultato reale che poi si otterrà.

Davvero, come dice lo Zen, la strada è la ricompensa. Perché in fondo nella vita non c’è un fine, se non la vita stessa.

vittoria

Buon Natale! Chi puo’ pensi che… Il meglio deve ancora venire! ;-)

Ed è arrivato il momento degli auguri, almeno quelli di Buon Natale ma penso anche quelli di buon anno 🙂
Salvo contrattempi (gravi :-D) degli ultimi giorni, anche quest’anno ce l’abbiamo fatta! 😉
Sono felice di dire che il 2010 è stato uno dei miei anni migliori, forse il migliore in assoluto. Chissà… che sia una sorta di indennizzo per un decennio altrimenti difficile? 😐 In realtà chi mi conosce sa che non credo al Destino, ma un piccolo premio dovuto all’aver resistito in momenti critici, all’aver compiuto scelte senza le quali quest’anno non avrebbe mai potuto esserci, e aver pagato il prezzo di risalire la china… bé… sì, quello puo’ esistere. Diciamo solo che assomiglia più ad un premio di produzione che ad una tredicesima o una vincita al lotto 😀

Il 2011 difficilmente sarà altezza, nubi all’orizzonte già si intravvedono per molti di noi, ma… proprio per questo, per me, per voi, per chi ha passato momenti difficili e chi ancora c’è dentro, voglio dedicare un pezzo del Luciano nazionale 😉

LigabueIeri infatti io e mia moglie siamo stati al concerto genovese di Ligabue (da cui le due foto) 🙂 ed assieme a pezzi che già conoscevo bene (e purtroppo ad alcuni tra i miei preferiti che… non ha eseguito :-() ne ho scoperto di nuovi che già avevo orecchiato ma non davvero ascoltato bene.

Così, con un pizzico di preoccupazione per le mie povere orecchie (sono fresco di otite :-P), ho scoperto il brano che da il titolo al post: Il meglio deve ancora venire.
In realtà è stata anche la preparazione, l’introduzione di Ligabue al brano, a farmi incuriosire bene e salire il mio livello di attenzione  😉 Infatti Ligabue, come immagino essere costume dei suoi concerti, ha introdotto il “momento predicozzo di Ligabue” 😀 che in questo caso era indirizzato a tutte le persone che attraversano momenti di difficoltà, che hanno la tentazione di lasciarsi andare, che tendono a concentrarsi sulle difficoltà del momento presente, a fermarsi alle lamentele, tendendo perciò a pensare che un futuro migliore non possa esistere.

Ligabue salutiLigabue ha esortato queste persone a non cadere in questa facile trappola, ma a pensare che un futuro migliore non solo passa esserci, ma ci sarà effettivamente e, casomai, a come adoperarsi nel presente affinché cio’ possa avvenire. Perché la speranza, l’adoperarsi per un futuro decente, rende anche il nostro presente già decente, cosa che non sarebbe possibile se passassimo il tempo solo a lamentarci delle nostre condizioni attuali.

E a chi ha il dubbio che nonostante questo modo di pensare il domani potrebbe essere deludente – e per qualcuno così sarà, perché la vita non segue sempre il percorso che noi vorremmo farle fare – dice… bé, meglio restare delusi solo allora, che rovinarci la vita già adesso pensando che così potrebbe andare.

Non è perciò un modo semplicistico di dire “andrà meglio” con tanto di pacca sulla spalla, ma piuttosto un consiglio attivo: convinciti che il meglio debba ancora venire, e ti sarà più facile pensare ed agire affinché un futuro migliore abbia la massima possibilità di poter nascere…

 

300.000 visite su Wolfghost! :-D

festeggiamentoFinalmente il mio blog c’e’ arrivato a trecentomila visite!  😀 Era tempo che tenevo sotto controllo il contatore per poter festeggiare al momento giusto!  😉 A dire il vero la data fatidica e’ stata ieri, ma volevo lasciare un altro po’ di spazio alla splendida favola di Mecan 🙂

E’ tempo di considerazioni dunque 😐

Sono passati tre anni e qualche mese da quando aprii questo blog. Se e’ vero che per il mondo di Internet tre anni sono davvero tanti, nella vita di una persona non e’ scontato che sia cosi’… ma per quanto mi riguarda cosi’ e’ effettivamente stato: la mia vita in questo lasso di tempo e’ radicalmente cambiata, cosi’ come del resto ha fatto con continuita’ nel corso dell’intero ultimo decennio.
Il mio non e’ proprio il classico blog-diario, lo sapete, pero’ molti degli argomenti che via via affrontavo non erano scelti a caso ma rispettavano, o meglio “rispecchiavano”, il periodo che stavo passando. Per cui rileggendoli mi e’ comunque facile ricordare di come stavo e di com’era la situazione attorno a me allora 😐

Sono contento della mia vita adesso, sono grato per ogni giorno in piu’ che mi e’ concesso di esser qua e viverla 🙂 E, guardandomi indietro, sono ben cosciente che essa e’ stata si’ frutto del caso – e’ inevitabile – ma anche che non avrebbe potuto esserlo se non avessi fatto alcune scelte senza le quali adesso sarebbe ben diversa… forse drammaticamente diversa 😦

Non so se chiamare “coraggio” cio’ che mi spinse a percorrere certe strade piuttosto che altre, forse in realta’ ero solo cosciente che una reale alternativa non esisteva, ma… il mio consiglio a tutti voi e’ sincero quando vi dico: se sapete che una vostra scelta e’ in grado di cambiare in meglio tutta la vostra vita, be’… fatela, anche se dovete assumervi qualche rischio. Perche’ un giorno potrebbe accadervi di guardare come e’ la vostra vita e di chi o cosa avete attorno a voi… e di benedire quella scelta che in tempi piu’ o meno remoti avete fatto 🙂

Senza contare che so di avere anche qualche affezionato lettore che non si perde una mia “puntata”! Opsss… eccone qua uno!! 😀

Julius al PC

Foglie in un piccolo bosco – un racconto di Mecan

Oggi torno a pubblicare post di altri blogger, questo è un racconto della simpaticissima Mecan1, blog Semplicemente Mecan 🙂 Mecan è una persona di grande cuore, da anni si batte per salvare la vita di animali abbandonati o in difficoltà, spesso scontrandosi contro l’indifferenza di persone e istituzioni 😦
Questo suo racconto mi è piaciuto molto, racconta di due vite sostanzialmente simili, vissute fianco a fianco, ma che divengono diverse – e molto – a causa del diverso stato d’animo con il quale i protagonisti vivono.
Mi piacerebbe identificarmi con la Foglia d’Ulivo… ma ammetto che spesso mi ritrovo maggiormente nella Foglia di Roverella 😀


FOGLIE IN UN PICCOLO BOSCO
by
Mecan1
Blog: Semplicemente Mecan

foto di Alessandro Santulli, dal sito picasaweb.google.comEra autunno, in un piccolo Bosco di grandi Roverelle inframezzate da vecchi Alberi di Ulivo. Le giornate erano sempre più corte e buie, ogni tanto pioveva, e l’ erba, che in estate si era tutta seccata lasciando brulla la terra, ora era ricresciuta, in una morbida e verdissima coltre, come in primavera.
Un giorno, mentre il cielo grigio si preparava per un acquazzone, una Foglia di Roverella, ormai vecchia e stanca per il duro lavoro svolto in quell’ anno, disse all’ amica Foglia d’ Ulivo, che invece era ancora verde e forte come all’ inizio della stagione:
-Ho paura che anche oggi pioverà…- E mentre lo diceva, sembrava proprio che fosse colta da grande sconforto. Era triste, pareva infreddolita (aveva cominciato ad accartocciarsi), e, soprattutto, sembrava che avesse tanta paura. L’ amica Foglia d’ Ulivo (erano state sempre una accanto all’ altra, perché le fronde dei loro grandi Alberi, ormai erano arrivate a toccarsi), che invece era sempre di buon umore e ottimista nei confronti della vita, cercò allora di tranquillizzarla e di tirarla un po’ su. Così le disse:
-Coraggio Amica mia! Ne abbiamo passati tanti di temporali insieme… Vedrai, passeremo anche questo senza difficoltà. Poi, mi stavo annoiando con tutto questo sole, un po’ d’ acqua non può che farci bene, ci laverà via la polvere e gli escrementi degli Uccelli e ci rinvigorirà. Fidati, andrà tutto bene! Guarda me, se ti viene il panico, ti sorriderò come sempre.-
Detto questo, si guardarono con affetto e aspettarono l’ acqua. Infatti, poco dopo, ecco il primo lampo e, con il suo fragoroso tuono, arrivò quasi subito anche la pioggia.
-Uhaooo! Evvivaaaaa! Viva la pioggia! Sorridi Amica mia, questa è Vita!- Disse la Foglia d’ Ulivo con tono allegro, rassicurante e incoraggiante. Così, pure la triste e spaventata Foglia di Roverella, sentendosi meglio, riuscì ad apprezzare quell’ incredibile scrosciata d’ acqua. Aveva ragione la Foglia d’ Ulivo, una bella lavata ci voleva proprio!
Passato il temporale, tutte le foglie apparivano più belle, lucenti e morbide, proprio come se l’ acqua avesse ridato loro vigore e giovinezza.
-Lo sai?- Disse la Foglia di Roverella: -Avevi ragione tu, ora mi sento molto meglio, non ho neanche più freddo. D’ ora in poi, cercherò di fare come fai tu, e scaccerò via i cattivi pensieri.-
-Bene! Brava!- Rispose sorridente la Foglia d’ Ulivo: -Ne sono molto contenta.-
Purtroppo però la Foglia di Roverella, era una di quelle foglie nate per invecchiare presto, così la sua tristezza, la sua angoscia e il suo scoraggiamento, continuarono ad affiorare sempre più di frequente. Non lo faceva apposta, non voleva essere triste, non voleva scoraggiarsi, né tanto meno voleva angosciare la sua amica, ma era più forte di lei, la tristezza ormai la “attanagliava”, la raggrinziva e la ingialliva ogni giorno di più. Così la sua amica Foglia d’ Ulivo, con tanta pazienza e tanto amore, ogni volta la rincuorava e, nei momenti peggiori, in silenzio la sfiorava delicatamente per farle sentire che lei era lì e non l’ avrebbe mai lasciata sola.
Così passarono i giorni e le varie intemperie che porta l’ autunno: vento, pioggia, freddo, si alternarono a brevi sprazzi di sole tiepido, ma le due amiche continuarono a resistere, superando insieme ogni capriccio del tempo. Finché…, era già novembre inoltrato, mentre le due Foglie, cullate dolcemente da una leggera brezza pomeridiana, si sorridevano fiduciose e sicure l’ una dell’ altra, all’ improvviso, il picciolo che teneva la Foglia d’ Ulivo attaccata al suo ramo, si ruppe e la piccola cadde volteggiando inesorabilmente nel vuoto. Mentre cadeva, con un sorriso un po’ smarrito, continuava a fissare la sua amica Foglia di Roverella, che tanto aveva temuto quella fine, e che invece si trovava ancora lassù appesa al suo ramo.
-Nooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!- Gridò con dolore quest’ultima:
-Noooooooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!- Gridò ancora.
Grazie alla Foglia d’ Ulivo era riuscita a vivere un po’ meglio, solo grazie a lei era riuscita a sorridere di più alla vita, e solo per lei viveva. Eccola quella fine, ma non era affatto come si aspettava, era molto più dolorosa e terribile, perché aveva colpito la sua Amica, ed ora restava da sola attaccata al suo ramo. Era insopportabile quel dolore, e disperatamente la faceva star male. Perché quella sorte che tanto aveva temuto per se stessa, era ora toccata prima alla sua Amica? Perché proprio a lei, che era così felice di vivere? Non era giusto, non se lo spiegava, non si dava pace. Così, triste, tristissima, per quella così cattiva e inaspettata sorte, si accartocciò a forza, si seccò tutta e diventò marrone, ma il suo picciolo non si ruppe lo stesso. Nonostante tutto, continuò a restare saldamente attaccato al suo ramo. Ora voleva solo raggiungere a tutti i costi, la sua cara Foglia d’ Ulivo, che giaceva a terra proprio sotto di lei. Adesso sì, che desiderava il vento, la pioggia, le bufere più tremende… Voleva solo staccarsi da quell’ odioso ramo, voleva morire, farla davvero finita.
Ma né il Vento, né le Piogge, né le Bufere, riuscirono a strapparla da quel dannato ramo. Vide tante sue sorelle cadere, e sperava che arrivasse finalmente il suo turno, ma no, lei no… Continuava a stare ben attaccata lassù. Cos’ era, quella? Forse una punizione per non aver saputo apprezzare di più la vita, quando poteva godersela come le aveva sempre insegnato la sua Amica Foglia d’ Ulivo? Per aver avuto così tanta paura di perderla, da non riuscire più a viverla serenamente? Ora aveva capito quanto era stata stupida ad angosciarsi, ora sìììììììììì!
Ormai però, era troppo tardi, e la sua tristezza era diventata davvero enorme e incontenibile, non capiva perché continuasse a stare appesa lassù e provava solo una forte rabbia disperata.
Intanto l’ Inverno era quasi terminato e, ai primi di marzo, la Primavera era già alle porte. Come mai lei, vecchia e triste, era rimasta da sola su quella grande Quercia e non era ancora caduta giù come le altre foglie? Che strano arcano era mai quello?……
Quando si accorse però, che le gemme delle sue giovani sorelline si stavano gonfiando e cominciò a sentirle rumoreggiare allegramente, pronte a venir fuori col primo sole tiepido della Primavera, capì tutto: capì finalmente perché, per così tanto tempo, era rimasta attaccata al suo ramo.
L’ Albero a cui apparteneva infatti, l’ aveva “trattenuta” perché voleva che lei raccontasse, alle sue giovani e inesperte sorelline, la sua triste storia. Doveva insegnare loro ad apprezzare le piccole grandi gioie della vita, senza angosciarsi mai per il domani, perché tanto non si può mai sapere in anticipo cosa ci aspetta. Bisogna vivere con serenità il presente, bisogna vivere la vita senza crearsi troppi problemi, perché il tempo passa, e non aspetta le nostre paure, non si ferma per le nostre angosce. Perciò, se siamo “con lui”, bene! Ma se non ci siamo, peggio per noi, perché non tornerà più indietro.
Tutte le sue giovani sorelline rimasero quiete ad ascoltarla in silenzio, e quando ebbe finito, le sorrisero dolcemente con gratitudine, pronte più che mai, ad iniziare con coraggio la loro (per quanto breve), splendida e importantissima esistenza.
Anche sulla vecchia Foglia di Roverella, ormai secchissima e completamente aggrinzita, spuntò di nuovo il sorriso e, mentre cercava di stiracchiarsi un po’ per fare omaggio di un sorriso anche alla sua Amica Foglia d’ Ulivo, che ormai da mesi, giaceva inerme sotto di lei, ecco risuonare quasi impercettibile, il tanto sospirato “tac”….
Il suo picciolo finalmente si ruppe, fu libera di lasciarsi andare dolcemente verso il basso, e di adagiarsi vicino alla sua grande e carissima Amica Foglia d’ Ulivo. Sorrise accanto a lei, e finalmente trovò la sua pace.
E così le grandi Querce Roverelle, ogni anno a fine stagione, trattengono sui loro rami, fino alla primavera successiva, alcune foglie vecchie e ormai completamente rinsecchite, perché forse vogliono davvero che queste insegnino alle loro giovani sorelline, appena spuntate, ad apprezzare al meglio la vita che sarà loro concessa. Perché, anche se è breve, irta di pericoli e di difficoltà, merita sempre e comunque di essere vissuta appieno e con tanta gioiosa serenità.

FINE
Mecan, autunno 2002

dal sito piante-e-arbusti.itFoto: in alto a sinistra, di Alessandro Santulli, dal sito picasaweb.google.com; in basso a chiusura, dal sito piante-e-arbusti.it.

Il lupo e il filosofo

Il lupo e il filosofoRiprendo e concludo l’argomento introdotto nel post “A testa alta…” dove avevo riportato un brano rappresentativo del libro “Il lupo e il filosofo” di Mark Rowlands.
A dire la verita’ ho finito il libro da un paio di settimana ormai, ma prima di riparlarne volevo lasciarne sedimentare i contenuti e raccoglierne le impressioni. Credo infatti che l’importanza di un libro stia in cosa lascia in ognuno dei suoi lettori, e questo e’ spesso piu’ personale e soggettivo di quanto si creda comunemente. Quanto letto, infatti, colpisce laddove il lettore e’ piu’ “vulnerabile” ed e’ proprio li’ che viene metabolizzato e diventa parte del lettore stesso che lo fa suo, spesso esprimendolo successivamente come fosse farina del suo sacco senza nemmeno rendersi conto di enunciare “solo” una personale rielaborazione di quanto gia’ scritto da qualcun altro  🙂
Dico spesso che quasi mai nessuno inventa davvero qualcosa di completamente nuovo… ma forse perfino questo e’ gia’ stato detto da qualcun altro che ho letto o sentito parecchio tempo fa 😐 😀

Tutto questo cappello per mettere per cosi’ dire le mani avanti, in modo da far capire che cio’ che scrivero’ e’ solo cio’ che piu’ e’ rimasto a me e che forse, almeno in parte, ho gia’ rielaborato. Ognuno di voi, leggendolo, potra’ avere o aver avuto una visione diversa, in accordo al suo personale sentire e forse ai suoi bisogni.

Lo spunto di riflessione che Brenin, il lupo, offre al filosofo riguarda la vita e la morte, e parte dalla domanda “Cosa ha tolto veramente la morte a Brenin?”.

Come molti sapranno, Epicuro sosteneva che avere paura della morte e’ assurdo, poiche’ finche’ ci siamo noi non c’e’ lei, e quando c’e’ lei non ci siamo noi. Dunque perche’ temerla? Tuttavia, sostiene Rowlands, tutti noi o quasi “sentiamo” che qualcosa non ci convince nella dichiarazione di Epicuro, e cerca di capirne il perche’.
Il lupo – come tutti gli animali – non sembra preoccuparsi troppo della vicinanza della morte e neppure esserne affranto. Solo alcuni animali cambiano “volutamente” i propri comportamenti, come ad esempio cercarsi un luogo dove lasciare la vita, ma cio’ avviene quando davvero la morte e’ ormai dietro l’angolo. Ecco da dove nasce allora la domanda di Rowlands: mentre lui ammette che, nonostante tutta la sua filosofia, sarebbe atterrito dalla conoscenza di essere prossimo alla morte, apparentemente la morte non ha presa sul lupo. Davvero per il lupo la frase di Epicuro puo’ essere adatta: il lupo vive finche’ puo’, pur nelle limitazioni alle quali la malattia lo costringe, noi smettiamo (quasi tutti) di vivere come vivevamo prima, iniziando una nuova fase che e’ di fatto un’attesa di cio’ che sappiamo essere ineluttabile.
Tra l’altro, a ben vedere, questa appare essere anche in generale la piu’ grande differenza tra noi e il resto degli animali: la consapevolezza della morte che spesso ci impedisce di vivere davvero fino in fondo molte esperienze.

La risposta di Rowlands sta nel tempo. Mentre infatti l’animale vive in maniera “ciclica”, come se ogni giorno rinascesse e finisse allo stesso modo di quelli che l’hanno preceduto, l’uomo vive su una “linea retta”, ovvero rivolto al passato o, soprattutto, proiettato al futuro; ogni cosa che fa, o quasi, e’ infatti proiettata ad ottenere qualcosa, che sia nel giro di poche ore, di mesi o di anni.
Ecco cosa toglie la morte a noi che non toglie agli animali: il futuro. E’ questo cio’ che noi non siamo capaci, per lo piu’, di accettare serenamente: non poter piu’ pensare di avere un futuro davanti; in questa ottica di “vita progettuale” tutto cio’ che abbiamo fatto nel passato o che facciamo nel presente diventa inutile, quando non una tragica presa in giro.

Rowlands non da vie di fuga, sarebbe troppo facile rifugiarsi nell’ormai usurato “carpe diem” o in qualche dottrina orientale del “vivere qua e adesso”, e la possibile credenza in una vita nell’aldila’ non rientra – volutamente – nella trattazione del libro e, immagino, nemmeno nel personale sentire dello scrittore. Lui da’ solo una spiegazione, non una ricetta per “uscirne”; forse perche’ sa bene che noi umani – nonostante tutta la nostra filosofia, o forse proprio a causa di quella – difficilmente potremmo davvero essere in grado di vivere completamente in maniera ciclica, cosi’ come appaiono fare quegli animali che possiamo solo continuare ad ammirare.

Mi viene da pensare che in fondo siamo sempre li’: al peccato di aver colto la mela dall’albero della conoscenza.

orme

Attenti ai ricordi

ATTENTI AI RICORDI (di Paulo Coelho)

panchinaArrivo a Madrid alle otto del mattino. Mi tratterrò solo alcune ore, perciò non vale la pena di telefonare agli amici, né di prendere qualche appuntamento. Decido di recarmi da solo nei luoghi che conosco, e finisco a fumarmi una sigaretta seduto su una panchina del parco Retiro.

“Sembra che non siate qui,” mi dice un vecchio, sedendosi accanto a me.
“Sono qui,” rispondo io. “Ma dodici anni fa, nel 1986. Seduto su questa stessa panchina con un amico pittore, Anastasio Ranchal. Stiamo guardando mia moglie, Christina, che ha bevuto un po’ troppo e fa finta di ballare il flamenco.”

“Ne approfitti,” dice il vecchio. “Ma non dimentichi che il ricordo è come il sale: la quantità giusta insaporisce il cibo, ma l’eccesso rovina la pietanza. Chi vive molto nel passato, finisce per non avere un presente da ricordare.”


Commento di Wolfghost: trovo perfetto questo breve brano di Coelho, dipinge in poche righe – ma bene – l’arte dell’equilibrio nel campo dei ricordi.

I ricordi fanno parte di noi, sono la vita che abbiamo vissuto e, un giorno, se saremo fortunati, saranno il motivo per cui avremo calcato questo palcoscenico. I ricordi servono per rammentarci da dove veniamo, per capire alcune difficoltà che abbiamo, per trovare la strada per arrivare dove vogliamo, o per resistere, e poi risollevarci, dalle difficoltà che incontriamo, ricordandoci di tutte le volte che noi o altri l’hanno fatto.

Ma i ricordi vanno usati con parsimonia, perché anche per loro c’è un giusto tempo. I ricordi che strappano un sorriso sono sempre ben accolti; quelli che creano malinconia e sofferenza vanno invece affrontati quando siamo forti e per un tempo limitato, altrimenti possono finire per soffocarci e per non farci apprezzare il presente che stiamo vivendo e impegnarci per il nostro futuro.

I ricordi sono davvero come il sale…

sale

A testa alta…

Stasera voglio riportarvi un brano tratto dal libro che sto leggendo, non aggiungerò commento, non credo sia necessario… 🙂

Il lupo e il filosofo“Ma se l’arte del lupo era qualcosa che non potevo emulare, sotto c’era qualcos’altro: una forza a cui potevo almeno tentare di avvicinarmi. La scimmia che sono è una creatura goffa e sgraziata specializzata in debolezza, una debolezza che crea negli altri e una debolezza da cui in ultima analisi è affetta. E’ questa debolezza che permette al male – al male morale – di prendere piede nel mondo. L’arte del lupo è fondata sulla sua forza.
Un giorno portai come al solito Brenin con me all’allenamento di rugby. Aveva circa due mesi ed era il periodo un cui aveva preso l’abitudine di tormentare Rugger, al quale non era per niente simpatico. Dopo un po’ Rugger perse la pazienza, afferrò Brenin per il collo e lo inchiodò a terra. Va ascritto a suo grande merito il fatto di essersi limitato a questo. avrebbe potuto spezzare il piccolo collo di Brenin come un ramoscello. Perfino un pit bull puo’ superare l’esame di Kundera. Ma è stata la reazione di Brenin quella che mi rimarrà per sempre dentro. La maggior parte dei cuccioli si sarebbe messa a guaire per lo shock e il terrore. Brenin ringhiò. E non era il brontolio di un cucciolo, ma un ringhio profondo, calmo e sonoro in contrasto con la sua tenera età. Questa è forza. Ed è questo che ho sempre cercato di portare con me e che spero di portare con me per sempre. In quanto scimmia, non sarò all’altezza, ma ho l’obbligo, l’obbligo morale, di non dimenticarlo mai e di emularlo per quanto mi è possibile […] nei miei momenti migliori sono un cucciolo di lupo e ringhio la mia sfida al pit bull che mi ha inchiodato a terra. Il mio ringhio è riconoscere il fatto che sta per arrivare il dolore, perché il dolore è la natura della vita. E’ ammettere che sono solo un cucciolo e che, in qualsiasi momento, il pit bull della vita puo’ spezzarmi il collo come un ramoscello. Ma è anche l’espressione della mia volontà di non cedere, succeda quel che succeda.”

Il lupo e il filosofo, Mark Rowlands

orme

Lavoro…

… anche a voi a volte viene voglia di mollare tutto e cercarvi una piccola attivita’ in qualche paesino di campagna? 😛

Sara’ che a seconda delle differenti stagioni della vita cambiano i desideri e gli obiettivi, ma non vi nascondo che questo pensiero si fa sempre piu’ strada nella mia mente 😐
Una casetta, magari con un piccolo giardino dove i gatti possano scorazzare liberi, qualche bel sentiero o torrente nei dintorni dove fare belle passeggiate con il cane (e moglie, naturalmente! eheheh). Un posto nel verde ma che non sia troppo distante da una grande citta’ (non si sa mai…), e con un – poniamo – piccolo negozio “di una volta” 😀

Niente capiufficio, compiti di dubbia utilita’ da svolgere, carriere (impossibili o quasi) da tentare, compromessi da adottare per andare sempre d’accordo, ore in macchina per arrivare… per non parlare di quando si deve partire, con la burocrazia da svolgere, il tempo nelle sale d’aspetto in aeroporto… 😦

Una vita a scorrimento lento e tranquillo, anziche’ sempre di corsa… 🙂

Uff… lo so, lo so, facile dirsi e difficile a farsi, ma… chissa’… lasciatemi sognare stasera… 😉

Compassione, Egoismo e… viaggio! :-D

corsicaEccoci di partenza per una breve vacanza in Corsica  🙂

Saremo di ritorno già venerdì ma non conoscendo le possibilità di connessione del posto dove risiederemo, preferisco farvi un bel saluto prima di partire 😀

Non volendo fare un mero post di servizio, vi lascio con questo breve racconto di Coelho, che, anche se solo metaforicamente, parla anch’esso di un viaggio… però quello della vita 😉 Un viaggio che parla di empatia e compassione o, al contrario, di egoismo e ipocrisia…

 


 

Un sacco di virtù, un sacco di difetti
di Paulo Coelho

In Gilberto de Nucci c’è una eccellente immagine riguardo al nostro comportamento. Secondo lui, gli uomini camminano sulla superficie della Terra in fila indiana, ciascuno trasportando un sacco davanti e un altro dietro. Nel sacco davanti, noi mettiamo le nostre qualità. Nel sacco di dietro, serbiamo tutti i nostri difetti.
Perciò, durante il viaggio della vita, teniamo gli occhi fissi sulle virtù che possediamo, legate al nostro petto. Nello stesso tempo, notiamo impietosamente, sulle spalle del compagno che ci sta davanti, tutti i difetti che egli possiede.
E ci riteniamo migliori di lui – senza capire che chi ci segue sta pensando la stessa cosa di noi.

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