Bene, inseriamo un’altra storiella Zen 🙂
Per il prossimo post sono indeciso… non so se tornare ad un breve racconto (è tanto che non ne scrivo e avrei una certa trametta in mente ;-)) oppure se… tentare nientemeno che una mia autobiografia, necessariamente in piĂą puntate, che partirebbe dalla mia infanzia… Il problema è che mi porterebbe via tanto tempo e non vorrei poi doverla lasciare in sospeso… Voi che suggerite? 🙂
E ora la storiella…
================
Un tempo, in Giappone, per macinare il grano i contadini usavano una mola che un cavallo faceva ruotare. Il cavallo girava in tondo incessantemente, lungo tutto l’arco del giorno, cercando di afferrare una carota che gli pendeva davanti; solo al calar della sera l’animale riusciva a mangiar la carota.
E’, questa, l’immagine fedele della nostra civiltĂ .
da “La Tazza e il Bastone, Storie Zen”
================
Commento di Wolfghost: non c’è molto da commentare a riguardo di questa storiella, anche noi abbiamo una nota massima che richiama la “carota” per cui il significato ci è evidente. Però… non lasciamolo passare senza soffermarcisi sopra perchĂ© ci sembra banale, ragioniamoci un po’. Passiamo tutta la vita a inseguire qualcosa che crediamo essere fondamentale, possono essere i soldi, una bella casa di proprietĂ , una famiglia “di rango”, un’auto di lusso, una vacanza esotica all’anno, una posizione, ma non ci rendiamo conto che quasi tutte queste nostre mire sono qualcosa a cui siamo stati indirizzati dalla societĂ perchĂ© esse fanno parte del “sistema” e, inseguendole, entriamo di fatto a far parte del sistema stesso. Cosa accadrebbe se iniziassimo a non inseguire queste cose e ci soffermassimo invece su valori come la spiritualitĂ , l’amicizia, l’amore vero (non l’attaccamento), la conoscenza, la natura? Succederebbe che noi saremmo probabilmente piĂą sereni e anche piĂą “realizzati”, poichĂ© ognuna delle cose elencate prima, una volta raggiunte, non ci danno piĂą nulla e dobbiamo sempre ripartire ad inseguire qualcos’altro, queste cose invece sono un processo in divenire che ci “riempie” giĂ nel momento in cui le inseguiamo. E il “sistema”? BĂ©… se ne avrebbe certamente “a male”, ci chiamerebbe emarginati, folli, utopisti, sognatori, perchĂ© se fossimo in tanti ad essere così… lui vacillerebbe e, alla fine, probabilmente collasserebbe su sĂ© stesso.