Se questi sono uomini! Che vergogna!

Stasera avevo pronto un brevissimo racconto, ma prima di pubblicarlo ho messo alcuni annunci su adottauncucciolo e… uno di questi mi ha letteralmente sconvolto e schifato!

Capiamoci: so anche io che ci sono persone e bambini che muoiono nel mondo tra l’indifferenza di molti (in qualche modo ho anche parlato di loro qua: Davvero l’intervento armato non serve mai?), non sto certo sostenendo che gli animali siano piu’ importanti, ma quando leggo certe cose… giuro, ringrazino questi signori che al potere non ci sono io, altrimenti li’ ci sarebbe gia’ l’esercito, altro che storie!
Anche questi per me dovrebbero essere considerati crimini contro l’umanita’, perche’ l’umanita’ tutta, di fronte a questo schifo, viene colpita e ridicolizzata nei suoi valori primari.

Chi sostiene di far parte del genere umano, non puo’ non provare un motto di disgusto e orrore…



SCEMPIO in Prov di CATANIA-MADRI AVVELENATE, CUCCIOLI ORFANI

CHIEDO AIUTO A TUTTI VOI, CHIEDO AIUTO ALLE ASSOCIAZIONI E AI PRIVATI, ANTONELLA,SIMONA E LE ALTRE POCHE VOLONTARIE CHE OPERANO A CATANIA E MESSINA NON RIESCONO PIU’ A GESTIRE DA SOLE LA SITUAZIONE.
FINO A IERI POMERIGGIO ERANO QUATTRO LE CUCCIOLATE RIMASTE ORFANE… OGGI IL NUMERO E’ GIA’ CRESCIUTO.
CHIUNQUE VOLESSE AIUTARLE, METTENDOSI UNA MANO SUL CUORE LO FACCIA SUBITO.
ADULTI E CUCCIOLI MASSACRATI DA PERSONE CHE NON SONO DEGNE DI ESSERE CHIAMATI UOMINI.
E’ UNA VERA E PROPRIA GUERRA DOVE LE VITTIME NON HANNO VOCE.
SENZA L’AIUTO DI TUTTI VOI SONO ANIMALI MORTI.

SI CERCANO STALLI PROVVISORI, SI CERCANO ASSOCIAZIONI CHE ANCORA UNA VOLTA ABBIANO LA FORZA DI AIUTARLE.
NON VOLTATE LE SPALLE, NON SPERATE CHE TANTO CI SARA’ QUALCUN ALTRO AD AIUTARLI…
OGNI CANE RECUPERATO E’ UN CANE CHE CONTINUERA’ A VIVERE.

PER AIUTI ,PROPOSTE, OFFERTE DI STALLO:
MIAOMIAO79@HOTMAIL.IT
TEL.347.7038074

GRAZIE PER TUTTO CIO’ CHE RIUSCIRETE A FARE.

GIOVANNA


In allegato le foto dello scempio avvenuto a Catania questo weekend.

Di seguito uno degli articoli sull’argomento, pubblicato su un giornale locale.
Si sta procedendo a tutte le azioni del caso.

Giro le foto per far sapere a tutti di questa VERGOGNA !!!!…sperando che non ci saranno altre vittime….si parla di circa cinquanta morti.

Chiedo AIUTO per i pochi superstiti….PER FAVORE offriteci STALLI per non farli finire cosi’….si tratta sia di adulti, ma molto spaventati….anche non si e’ riusciti ancora a prenderli, che di cuccioli indifesi …..HANNO LE ORE CONTATE…lo spazio e’ disseminato di veleno.

Grazie,

per info o proposte o aiuti chiamate 347/7038074 oppure miaomiao79@hotmail.it

 



LA SICILIA CATANIA

1 MARZO 2009

Soltanto nella giornata di ieri scoperte 10 uccisioni
«A Pedara stanno avvelenando tutti i cani randagi»

Giovanna Quasimodo

Pedara (CT) – In tutto il territorio di Pedara, da Tardaria fino al confine con Nicolosi, da tre settimane è in atto una vera e propria strage di cani randagi, animali inoffensivi e accuditi dai volontari della Lega Nazionale del cane e da alcune altre associazioni che operano in difesa dei diritti degli animali nella zona.. Solo nella giornata di ieri i «cadaveri» ritrovati sono stati dieci e tra questi c’erano alcune cagne che stavano allattando i loro cuccioli.
Tra gli animali morti, anche alcune femmine che erano state sterilizzate dai veterinari dell’Asl in virtù di una convenzione stilata tra la Lega e il Comune di Pedara. Grazie a questa convenzione, per arginare il fenomeno del randagismo, vengono sterilizzate in media una/due cagne a settimana.
Bava e sangue che fuoriescono dalla bocca di questi poveri animali trovati senza vita tradiscono inequivocabilmente la causa mortis: l’avvelenamento, appunto; tuttavia, prima di presentare una denuncia circostanziata (affinché la denuncia stessa venga presa in considerazione dalle forze dell’ordine e dalla Procura della repubblica), i volontari presenteranno sia il rapporto sanitario di un veterinario sia le risultante dell’autopsia che sarà eseguita su alcuni corpi dagli specialisti dell’Istituto zooprofilattico di
Catania.
Qualche giorno fa, nei pressi del Centro cuore Morgagni di Pedara alcune persona hanno fatto una scoperta molto macabra: in una cassetta di legno, piena di pezzi di carne avvelenati, c’era una cucciolata di cagnolini morti, che sono stati fotografati per corredare in maniera più precisa la denuncia che si sta approntando.
Evitando di ricorrere ad argomentazioni pietistiche o di contenuto etico, che pure sono valide, occorre fare presente che atti di crudeltà di questo tipo sono intollerabili e indegni di un Paese che si dica civile e vanno combattuti e perseguiti così come impone la Legge.. E tutte le forze dell’ordine sono abilitate, anzi obbligate, a intervenire nel caso di denuncia o segnalazione, così come avviene per qualsiasi altro reato.

cani avvelenati

Davvero l’intervento armato non serve mai?

Questa è una domanda che mi faccio spesso, da tempo ormai. Tanto tempo…
Oggi già mi era venuta l’idea di mettere nero su bianco i miei pensieri, sapendo che ne sarebbe potuto risultare un post scomodo; poi, l’amica Leatitti mi ha inoltrato questa e-mail…

teschiSOMALIA: LA RAGAZZA LAPIDATA A MORTE AVEVA 13 ANNI, RIVELA AMNESTY
INTERNATIONAL

Contrariamente a quanto riferito da precedenti resoconti di stampa, la ragazza giudicata ‘colpevole’ di adulterio e lapidata a morte la scorsa settimana in Somalia aveva 13 e non 23 anni.

Aisha Ibrahim Duhulow e’ stata uccisa lunedi’ 27 ottobre da un gruppo di 50 uomini che l’ha lapidata a morte. L’esecuzione e’ avvenuta all’interno di uno stadio della citta’ meridionale di Chisimaio, di fronte a un migliaio di spettatori. Alcuni dei giornalisti locali, che avevano parlato di una donna di 23 anni, hanno raccontato ad Amnesty International di essere stati tratti in inganno dall’aspetto fisico della ragazza.

Aisha Ibrahim Duhulow era arrivata a Chisimaio tre mesi fa, proveniente dal campo profughi di Hagardeer, in Kenya. Nella citta’ portuale somala, Aisha Ibrahim Duhulow era stata stuprata da tre uomini e si era rivolta ai miliziani di ‘al Shabab’, che controllano la zona, per ottenere giustizia.
La sua denuncia aveva ottenuto come risultato l’arresto, l’accusa di adulterio e la lapidazione. Nessuno dei tre stupratori e’ stato arrestato.

Un uomo, che si e’ qualificato come lo sceicco Hayakalah, ha dichiarato a Radio Shabelle, un’emittente somala: ‘Lei stessa ha fornito le prove, ha confessato ufficialmente la sua colpevolezza e ci ha detto che era contenta di andare incontro alla punizione della legge islamica’.

Secondo i testimoni oculari raggiunti da Amnesty International, invece, Aisha Ibrahim Duhulow ha lottato contro i suoi carnefici ed e’ stata trascinata a forza nello stadio. Qui la ragazza e’ stata interrata e i 50 uomini addetti all’esecuzione hanno iniziato a colpirla, usando le pietre appena scaricate da un camion. A un certo punto, e’ stato chiesto ad alcune infermiere di verificare se la ragazza fosse ancora viva; fatto
cio’, la lapidazione e’ ripresa fino alla morte della ragazza.

‘Questa ragazza e’ andata incontro a una morte orribile, ordinata dai gruppi armati di opposizione che controllano Chisimaio: un altro degli oltraggi ai diritti umani perpetrato dai protagonisti del conflitto somalo, che dimostra ancora una volta l’importanza che la comunita’ internazionale agisca, attraverso una Commissione internazionale d’inchiesta’ – ha dichiarato Amnesty International.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 3 novembre 2008

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia – Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 – cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it

Questo mi ha riportato in mente altre terribili notizie in recenti anni passati…



teschiUNO stadio di calcio in Afghanistan. Gente sulle gradinate, una folla che grida e inneggia. A chi, verso cosa? Non c’è una partita in programma, non ce ne sono mai qui. Non si vede bene: le immagini oscillano, tremano, si offuscano e a tratti si ciecano. Eppure d’improvviso si fa chiaro, troppo chiaro quello che sta per accadere: tre donne col burqa, la veste che copre e nasconde interamente le afghane, entrano sul campo a bordo di un camioncino. Un uomo armato, col turbante, ne strattona una giù, la fa inginocchiare al limite dell’area di rigore. Si vede di nuovo pochissimo, forse la donna gira il busto, come a guardare cos’è quella cosa fredda puntata alla nuca. Nessuna cerimonia, parte un colpo. Davanti a lei, sulla traiettoria di tiro, si alza una nuvoletta di polvere provocata dal proiettile che le ha attraversato la testa. La donna muore e si accascia. La folla esulta, si piega e si arcua per catturare una migliore visione della scena: il corpo della donna è in terra, il burqa azzurro si tinge velocemente di rosso sangue.

È questo uno dei più scioccanti filmati di una esecuzione pubblica che l’Occidente abbia mai visto in tv. Forse il migliore, se così si può dire, documento delle atrocità perpetrate dai Taliban. È solo una piccola parte di uno sconcertante documentario che dura un’ora e che va sotto il nome di “Dietro il velo” e che la Cnn sta trasmettendo in queste ore. Girato dalla giornalista di origine afgana della Bbc, Saira Shah, che lo scorso anno ha viaggiato clandestinamente in Afghanistan.

(ALESSANDRA RETICO, Repubblica.it, Ottobre 2001)



teschiLO STERMINIO Più di 100 mila curdi uccisi con il gas nervino e i veleni Atto d’ accusa II, lo sterminio dei curdi. Il raìs ne ha fatti uccidere, tra il 1987 e il 1988, non meno di centomila e deportati altre migliaia. Dovevano essere puniti per il loro irredentismo, perché collaboravano con l’ Iran, perché rappresentavano una spina nel fianco in una regione ricca d’ acqua e petrolio. L’ esercito ha cancellato i loro villaggi, distrutto i pozzi, avvelenato i campi. Non c’ è un curdo che possa dimenticare una parola: anfal. E’ un termine che autorizza il saccheggio dei beni degli infedeli, usato dal potere per battezzare la campagna anti-curda. Saddam ha utilizzato l’ intero arsenale a sua disposizione ed ha impiegato i separatisti come cavie per un’ arma terribile: il gas nervino. Ad Halabja sono stati gasati 5 mila civili inermi, un’ operazione gestita dal cugino del dittatore, Alì Hassan Al Majid. Da quel giorno sarà conosciuto come «il chimico». Human Rights Watch riporta un commento agghiacciante del criminale: «Li ucciderò tutti con le armi chimiche. Chi dirà qualcosa? La comunità internazionale? Che vadano a farsi fottere».

(Olimpio Guido, Corriere della Sera, Dicembre 2003 – è solo un piccolissimo estratto delle atrocità di Saddam Hussein contro l’umanità, potete leggere il resto qua: archiviostorico.corriere.it)

 



teschiIl massacro di Srebrenica fu un genocidio e crimine di guerra, consistito nel massacro di migliaia di musulmani bosniaci nel luglio 1995 da parte delle truppe serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladić nella zona protetta di Srebrenica che si trovava al momento sotto la tutela delle Nazioni Unite.

È considerato uno dei più sanguinosi stermini di massa avvenuti in Europa dai tempi della seconda guerra mondiale: secondo fonti ufficiali le vittime del massacro furono circa 7.800, sebbene alcune associazioni per gli scomparsi e le famiglie delle vittime affermino che furono oltre 10.000.

I terribili fatti avvenuti a Srebrenica in quei giorni sono considerati tra i più orribili e controversi della storia europea recente e diedero una svolta decisiva al successivo andamento della guerra in Jugoslavia. Il Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia (ICTY) istituito presso le Nazioni Unite ha accusato, alla luce dei fatti di Srebrenica, Mladić e altri ufficiali serbi di diversi crimini di guerra tra cui il genocidio, la persecuzione e la deportazione. Gran parte di coloro cui è stata attribuita la principale responsabilità della strage, siano essi militari o uomini politici, è tuttora latitante.

Un video che mostrerebbe l'”evidenza dei fatti” fu trovato in possesso di Natasha Kandic, un abitante del luogo, e ritrasmesso dai media e utilizzato come prova nel processo contro Slobodan Milošević alla corte Internazionale dell’Aja.

[…]

Durante i fatti di Srebrenica, i 600 caschi blu dell’ONU, le tre compagnie olandesi Dutchbat I, II e III, non intervennero: motivi e circostanze non sono ancora stati del tutto chiariti.

La posizione ufficiale è che le truppe ONU fossero scarsamente armate e non potessero far fronte da sole alle forze di Mladić. Si sostiene, inoltre, che le vie di comunicazione tra Srebrenica, Sarajevo e Zagabria non fossero ottimali, causando ritardi e intoppi nelle decisioni.

Quando i serbi si avvicinarono all’enclave di Srebrenica, il colonnello Karremans diede l’allarme e chiese un intervento aereo di supporto il 6 e l’8 luglio 1995, oltre ad altre due volte nel fatidico 11 luglio. Le prime due volte il generale Nicolaï a Sarajevo rifiutò di inoltrare la richiesta al generale Janvier nel quartier generale dell’ONU a Zagabria perché le richieste non erano conformi agli accordi sulle richieste di intervento aereo. Non si trattava ancora, infatti, di atti di guerra con battaglie a fuoco. L’11 luglio, quando i carri armati serbi erano penetrati nella città, Nicolaï inoltrò la domanda di rinforzi a Janvier, che inizialmente rifiutò. La seconda richiesta dell’11 luglio fu onorata ma gli aerei (F-16) che stavano già circolando da ore in attesa dell’ordine di attaccare avevano nel frattempo ricevuto ordine di tornare alle loro basi in Italia per potersi rifornire di carburante.

Alla fine, solo due F-16 olandesi procedettero ad un attacco aereo, praticamente senza alcun effetto. Un gruppo di aerei americani apparentemente non fu in grado di trovare la strada. Nel frattempo l’enclave era già caduta e l’attacco aereo fu cancellato per ordine dell’ONU, su richiesta del ministro Voorhoeve, perché i militari serbi minacciavano di massacrare i caschi blu dell’ONU di Dutchbat.

(Wikipedia)



teschiCongo, lo spettro di un nuovo genocidio
Un milione e 600 mila profughi nella giungla senza acqua né cibo. Imperversano le violenze dell’Esercito del Signore

DAL NOSTRO INVIATO
NAIROBI – Lo spettro di un altro genocidio si aggira per il Congo orientale. Un milione e seicentomila profughi vagano nella giungla senza cibo e senza acqua pulita. Nei prossimi giorni dopo aver mangiato le ultime provviste rimaste rischiano di morire. Già in numerose famiglie hanno dovuto seppellire i più deboli, vecchi e bambini.

NON SOLO GOMA – La catastrofe umanitaria non è solo a Goma, circondata dalle forze del generale ribelle Laurent Nkunda. E’ in fiamme anche il nord, il triangolo dove si incontrano le frontiere di Uganda Sudan e Congo. In quell’aera ha colpito il Lord Resistance Army, letteralmente Esercito di Liberazione del Signore, un gruppo ribelli ugandesi famoso per la sua ferocia.

«SONO MOSTRI, NON UOMINI» - Un missionario ha scritto una lettera al Corriere della Sera. Eccola: «Gli uomini dell’LRA sono mostri non uomini. Mercoledi mattina, 17 settembre, è stata una giornata di violenze su numerosi villaggi della parrocchia di Duru. Scuole e mercato sono stati i luoghi presi di mira. Paura e tristezza sono nell’animo di tanta gente. Anche oggi le scuole sono chiuse». «Oggi – continua il documento – abbiamo cominciato in città a fare il censimento della gente scappata e rifugiatasi presso familiari o conoscenti. Parte della popolazione vicino alla frontiera sudanese è scappata in Sudan. Anche i nostri tre confratelli di Duru. Per radio ricetrasmittente e per sms abbiamo appreso che anche padre Mario Benedetti, settantenne, si è rifugiato in bici alla missione sudanese di Yambio, lontana 60 km da Duru, domenica sera. Chi scappa è gente della parrocchia confinante della Missione Duru e anche dei nostri villaggi più a est». «I guerriglieri LRA hanno ucciso alcuni adulti a sangue freddo con machete o scure o pugnale; hanno bruciato scuole e case e distrutto beni: moto, bici, bidoni pieni di olio di palma; hanno mostrato il loro volto e cosa vogliono. Hanno rapito un centinaio di alunni, degli insegnanti e alcuni adulti. Vogliono terra bruciata intorno a loro. Non vogliono che la popolazione li veda e possa dare informazioni alle nostre autorità civili e militari e della MONUC (la missione dell’ONU, ndr). Vogliono impadronirsi dei campi seminati. Mercoledi scorso LRA si è presentata al momento del mercato su più villaggi verso mezzogiorno o nel primo pomeriggio: i suoi uomini hanno razziato tutto e ammazzato i commercianti. I suoi capi di sentono braccati e isolati a livello internazionale. Non hanno i tradizionali appoggi palesi o nascosti di quando stavano in Uganda, sua patria. Il governo di Khartoum non li sostiene più. Kampala e Kinshasa sono contro». «LRA conta – si stima – circa 900 giovani uomini, nascosti nelle foreste nostre verso la frontiera. Sono presenti dal 2003. Hanno fucili e altre armi che conservano per attacchi militari. Per uccidere si servono soprattutto di machete. Il fucile fa rumore; il machete no».

(Massimo A. Alberizzi, Corriere.it, 03 novembre 2008… Sta succedendo adesso…)

 



logo_onuPotrei purtroppo andare avanti per ore e ore, per pagine e pagine. Potrei riparlarle dei genocidi commessi dal nazismo e che se in America avesse vinto il non-interventismo, forse sarebbero stati portati a compimento. Potremmo parlare dei campi di concentramento in Siberia, di cosa successe agli armeni e… a tanti, troppi altri. Ieri come oggi.

E adesso rifaccio la domanda… davvero l’intervento armato non serve mai? Davvero si può rimanere impassibili dicendo “sono questioni interne” o raccontandoci che non è vero nulla, che tutto viene inventato come scusa per scendere in guerra? Davvero possiamo girarci dall’altra parte sempre e comunque? Davvero pensiamo che con certi regimi si può dialogare, si può usare l’arte della diplomazia mentre migliaia e migliaia di persone, tra cui donne e bambini, vengono trucidate, seviziate, massacrate?

Io non sono filo-americano (né anti-americano), sia chiaro. Non dimentico cosa successe agli indiani d’america e nemmeno cosa è accaduto altrove. Vorrei anzi che l’Europa e le Nazioni Unite fossero in grado di camminare con le loro gambe. Ma in Europa e in Italia sentiamo ormai queste cose come se fossero lontane, distanti, come se da noi non potessero mai succedere (ma la Jugoslavia era dietro l’angolo…). Ci giriamo dall’altra parte, ci chiudiamo nei nostri orticelli trovando scuse su scuse per non guardare o per poter dire “non è colpa mia”.

Non mi è dato di sapere quali cose siano vere e quali siano false, non a me, non a voi, ma ad una comunità europea che sia forte, ad una ONU che fosse davvero in grado di fare ciò che è chiamata a fare, sì… potrebbe essere dato. Questo mi piacerebbe vedere nell’Europa: indipendenza, ma non protezionismo. Due passi dovremmo fare: imparare a camminare con le nostre gambe e… infine, metterci davvero in cammino, per conto nostro o con qualcuno solo quando la pensa come noi.
Senza paura di perdere chissà il “privilegio di esserne fuori”; privilegio che anzi, prima o poi, continuando così rischieremo davvero di perdere. Perché il mondo è più piccolo di quanto pensiamo.
unione europea