Eccomi di nuovo in partenza, seppure per pochi giorni 🙂 Tra poche ore iniziero’ il viaggio verso Budapest. Si’, lo so, non e’ che sia un viaggio lungo in realta’, ma… Genova non ha un gran numero di voli, cosi’ mi tocca raggiungere Milano in auto e partire da li’ 😦
Prima di lasciarvi (non so se su avro’ l’occasione di connettermi, altrimenti ci si rilegge venerdi’), volevo lasciarvi una breve considerazione sul ruolo della paura 😐
Quando scrivo che la mia principale battaglia e’ quella contro la paura, in molti si affrettano a dire che la paura ha pero’ un ruolo importante, a volte fondamentale: essa infatti ci puo’ preservare da incidenti o a spingerci ad agire quando esiteremmo per pigrizia.
Distinguamo, sono due eventi diversi.
Quando un auto perde il controllo e ci viene adosso, se agiamo di istinto e ci buttiamo di lato non e’ esattamente per paura: e’ per istinto, appunto 😉 La dimostrazione sta nel fatto che non abbiamo nemmeno il tempo di aver paura; la paura arriva solo successivamente, quando ci rendiamo conto di quanto avvenuto. Quando abbiamo il tempo di aver paura… essa in genere non serve davvero: se siamo su un aereo e esso inizia a comportarsi in maniera strana, la paura – peraltro umana – non ci servira’ a nulla. Se siamo in auto e teniamo una velocita’ eccessiva… la paura ci puo’ spingere a frenare, a moderare la velocita’, ma in realta’ non ci sarebbe bisogno della paura se non fossimo… sciocchi. Non e’ necessario aver paura per capire che in un punto pericoloso la velocita’ va moderata, non e’ cosi’?
Quando abbiamo un disturbo, possiamo esitare ad andare dal medico, la paura di aver qualcosa che nel tempo puo’ peggiorare, pero’, puo’ effettivamente spingerci a muoverci. Tuttavia sappiamo che in molte persone la paura gioca un ruolo opposto: nel timore che gli venga diagnosticato qualcosa… esse preferiscono non andare dal medico. In realta’, di nuovo, non e’ tanto la paura l’ago della bilancia, o meglio non dovrebbe esserlo: l’ago della bilancia dovrebbe essere la nostra consapevolezza di quanto ci sta accadendo e la nostra determinazione nel fare cio’ che va fatto.
Anche quando il nostro lavoro e’ in pericolo il discorso non cambia: una persona accorta, che inizia a “guardarsi attorno” alla ricerca di una possibile soluzione lavorativa, non e’ accorta perche’ ha paura, e’ accorta perche’ si rende conto che, se non si muove, “domani” puo’ trovarsi a mal partito.
Come spiegavo in un vecchio post (Il controllo della paura e delle emozioni – L’amigdala), la paura, oggi, serve davvero a poco… e spesso ci rovina la qualita’ della vita. Se infatti ci sono tanti eventi brutti che possono essere li’, dietro l’angolo ad aspettarci, un conto e’ operare un’attivita’ di prevenzione (che peraltro non da comunque mai la sicurezza di evitare l’ostacolo), un altro e’ vivere nel timore costante che quell’evento possa capitare davvero: questo mina la qualita’ della nostra vita a prescindere che quell’evento capiti davvero oppure no. E comunque raramente e’ utile a prevenirlo.
E adesso vi saluto e… mi preparo 🙂 Ah… la foto e’ presa da Internet: come ogni buona trasferta di lavoro, avro’ ben poco tempo per scattarne di mie! 😦
Arrivederci! Anzi… a rileggerci! 🙂


Ormai parecchi anni fa’, avevo un capo ufficio che per svariati motivi non era molto ben voluto. Quello principale era che, oltre a fare tanto straordinario lui stesso (ognuno è libero di far quel che vuole), dava per scontato che lo facessero anche i dipendenti 😉
Bé… credo che, metaforicamente parlando (non fatelo mentre guidate veramente), avesse proprio ragione: spesso facciamo più fatica a “guidare con il freno tirato”, perché abbiamo deciso che ciò che stiamo facendo non ci piace e lo facciamo perciò controvoglia, che a decidere di buttarci nell’impresa anima e cuore.
Mettere impegno nella decisione
Che la nostra vita sia un buon governo, con le camere che si ritirano per compiere la loro scelta, con una legge nella quale quella decisione viene trasformata, con un controllo perfino severo perche’ quella legge venga seguita.

Mi sono nel tempo convinto che la causa spesso risiede nella reale “appetibilità” dell’obiettivo: se esso non genera entusiasmo, se non fa sognare, se non fa venire l’acquolina in bocca al solo pensarci… allora non avrà sufficiente forza per spazzare via la nostra inerzia, e il nostro viaggio si arenerà nei fondali della pigrizia e al vento contrario degli alibi.




Reinquardare la propria situazione in un’ottica positiva, di sfida se vogliamo, ma mai di sconfitta definitiva, è la base su cui costruire il proprio futuro. La sfida passa attraverso il potere della scelta, l’azione, la determinazione. Come scrisse qualcuno sul mio stesso blog, ormai diversi mesi fa, “l’immobilismo diventa colpevolezza”.




