I giorni perduti – di Dino Buzzati

Eccomi finalmente con un nuovo post :-)>, purtroppo e’ un periodo davvero intenso e il tempo libero e’ quello che e’ 😦

Il post e’ un testo di Dino Buzzati che ho trovato sul blog Cinechiacchiere non solo, di egle1967 🙂
Ora il testo, seguira’ un mio commento 😉


I GIORNI PERDUTI – DINO BUZZATI

scaricatoreQualche giorno dopo aver preso possesso della sontuosa villa, Ernest Kazirra, rincasando, avvistò da lontano un uomo che con una cassa sulle spalle usciva da una porticina secondaria del muro di cinta e caricava la cassa su di un camion.
Non fece in tempo a raggiungerlo prima che fosse partito. Allora lo inseguì in auto. E il camion fece una lunga strada, fino all’estrema periferia della città, fermandosi sul ciglio di un vallone.
Kazirra scese dall’auto e andò a vedere. Lo sconosciuto scaricò la cassa dal camion e, fatti pochi passi, la scaraventò nel dirupo che era colmo di migliaia e migliaia di altre cassi uguali.
Si avvicinò all’uomo e gli chiese: –Ti ho visto portar fuori quella cassa dal mio parco. Cosa c’era dentro? E cosa sono tutte queste casse?
Quello lo guardò è sorrise: –Ne ho ancora sul camion, da buttare. Non sai? Sono i giorni.
–Che giorni?
–I giorni tuoi.
–I miei giorni?
–i tuoi giorni perduti. I giorni che hai perso. Li aspettavi, vero? Sono venuti. Che ne hai fatto? Guardali, intatti, ancora gonfi. E adesso?
Kazirra guardò. Formavano un mucchio immenso. Scese giù per la scarpata e ne aprì uno.
C’era dentro una strada d’autunno, e in fondo Graziella, la sua fidanzata, che se n’andava per sempre. E lui neppure la chiamava.
Ne aprì un secondo e c’era dentro una camera d’ospedale, e sul letto suo fratello Giosuè che stava male e lo aspettava. Ma lui era in giro per affari.
Ne aprì un terzo. Al cancelletto della vecchia misera casa stava Duk, il fedele mastino, che lo aspettava da due anni, ridotto pelle e ossa. E lui non si sognava di tornare.
Si sentì prendere da una certa cosa qui, alla bocca dello stomaco. Lo scaricatore stava dritto sul ciglio del vallone, immobile come un giustiziere.
–Signore! – gridò Kazirra. –Mi ascolti. Lasci che mi porti via almeno questi tre giorni. La supplico. Almeno questi tre. Io sono ricco. Le darò tutto quello che vuole.
Lo scaricatore fece un gesto con la destra, come per indicare un punto irraggiungibile, come per dire che era troppo tardi e che nessun rimedio era più possibile. Poi svanì nell’aria, e all’istante scomparve anche il gigantesco cumulo delle casse misteriose. E l’ombra della notte scendeva.


Commento di Wolfghost: Ognuno di noi ha casse piene di giorni perduti, e’ inutile negarlo. Per la maggior parte di essi e’ bene non tormentarsi: sono stati atti davvero involontari, oppure scelte necessarie che non avevano vera alternativa. O addirittura “errori di gioventu’ ” che, si badi bene, possono capitare anche a 80 anni 😀 (ricordo a tal proposito un goal da quasi metacampo che subi’ Dino Zoff a fine carriera: lui segui’ la palla a braccia aperte, come dire “e’ fuori, e’ fuori”… invece era dentro :-D; quando venne intervistato dichiaro’ autoironicamente che era stato un errore di gioventu’, appunto :-P). Tutti sbagliamo, tutti prendiamo troppo alla leggera faccende che piu’ tardi torneranno a popolare i nostri incubi. Io ad esempio non sono esente da pensieri del tipo “Potevo fare di piu’ “, riferiti ai miei genitori in particolare (ma anche al mio gatto Kit, leggete qua: Un po’ di Wolf… Kit: incontro con la morte.), pur sapendo oggettivamente che sacrificare l’intera mia vita di allora non sarebbe stato giusto nemmeno per loro.
Pero’ ci sono cose che potevamo fare… e invece sono rimaste li’, incompiute. Cose che magari ci sembravano innocenti ma che hanno ferito qualcuno, qualcuno che magari nemmeno ricorda… ma ricordiamo noi.
Volete sapere una mia piccola storia personale che “sa di poco conto”, ma che non sono mai riuscito a sepellire e ciclicamente torna fuori? 😐 Essa riguarda un Wolfghost che adesso, qualche decennio dopo, non approvo…
Dovete sapere che erano gli albori dei siti di incontro online. Non erano certo come quelli di oggi (anzi, quelli di oggi manco li conosco, diciamo di “ieri” ;-)), si trattava di siti di solo testo, altro che facebook o Meetic (esiste ancora Meetic, vero? :-|).
Il mio primo approccio con questo genere di incontri online fu con una ragazza della mia citta’ che pero’ aspetto’ molti mesi prima di accettare di incontrarmi dal vivo. Io, che allora ero novello di questo genere di esperienze (che peraltro protrassi per pochi anni in tutto), accettai un “rapporto epistolare” che inizio’ con brevi messaggi per arrivare a lunghe e-mail. Sulla carta eravamo perfetti: stessi interessi, medesimo “sentire”. Ovviamente finimmo per idealizzarci l’un l’altro, per credere che quella sarebbe stata la storia “giusta” 🙂
Altrettanto ovviamente, quando finalmente ci incontrammo dopo mesi e mesi di e-mail (e da un certo punto in poi anche di telefonate)… non mi piacque  😦 ed io sapevo che non ci sarebbe stato modo di superare la cosa grazie a “affinita’ elettive”: non e’ che cercassi chissa’ cosa, ma se una donna non mi piaceva, non mi piaceva, c’era poco da girarci attorno.
In buona fede, ma un po’ arrogantemente, pensai che fosse meglio staccarla subito, per evitare che continuasse a farsi sogni ad occhi aperti, e, poco elegantemente, mi inventai il classico “ritorno della ex” 😦
Be’, non ci crederete, ma non ho mai dimenticato il suo ultimo sms dove mi scriveva che aveva un forte raffreddore accompagnandolo con una emoticon triste (questa:  ” :-(”  ). Sono certo che lei manco si ricorda di me a vent’anni di distanza, ma io… si’, me ne ricordo ancora. In particolare quell’emoticon triste.
Da allora imparai a non tagliare piu’ a quel modo, in nessuna occasione. Imparai a non credere che esiste solo il bianco e il nero nei rapporti umani, e che se una cosa non va per un verso, allora non deve andare per forza da nessuna parte. Ad essere sincero ed aperto e… se l’altro capisce e accetta un rapporto diverso (di amicizia in quel caso), bene, altrimenti ci si allontana consensualmente, senza rimpianti, ne’ rimorsi…

fuga colomba

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65 pensieri su “I giorni perduti – di Dino Buzzati

  1. Credo anche io che ognuno ne abbia a vagonate di giorni perduti Forse è inevitabile… da giovani, un po' meno da meno giovani, quando, si spera, che l'esperienza ci abbia insegnato qualcosa
    eheheh non lo so Happy Chi puo' dirlo? Magari portava avanti diversi "rapporti virtuali" oltre il mio, o forse nemmeno io le ero andato a genio di persona, chissà!

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  2. Per non avere giorni perduti…bisognerebbe essere perfetti… e nessuno in quanto essere umano lo è…L' importante é ammettere i propri errori o mancanze e cercare di non ripeterli…Buon pomeriggio!
    p.s.
    grazie per il commento che hai lasciato da Happy per la mia intervista
    Ciao Wolf

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  3. Assolutamente, è un po' come ho scritto proprio nell'ultimo commento qua sopra prima del tuo (a Happysummer)… prova a dargli un'occhiata
    Non ringraziarmi per quel commento, l'ho scritto perché lo pensavo!

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  4. Il compito della scrittura è di evocare riflessioni e ricordi. E tu mi fai pensare con questo aprlare del tempo, al mio tempo, a Proust e a quella che può essere la mia Dadeleine che mi restituirà l'interezza del tempo perduto. Ciao, Elinora

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  5. Io non credo esistano "giorni perduti" stiamo vivendo esattamente quello che  possiamo vivere e questo vale anche pr il passato,se alcuni giorni-periodi-situazioni ci sembrano  sprecate è perchè non riusciamo a vedere la trama  sottostante la nostra esistenza,vediamo solo quello che ci sarebbe piaciuto in quel limitato periodo di tempo ,ma se ci si prende la briga di osservere una fetta più ampia del nostro passato ecco che i "giorni perduti" appaiono ineliminabili tessere di un mosaico più ampio.
    Qual'è il problema? Che il mosaico non lo vediamo mai completo…o forse è una fortuna……………….

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  6. Certo, è incontestabile che cio' che siamo oggi è il frutto di ogni cosa che c'è successa in passato, perfino dei "giorni perduti". Ma… chi puo' dire se oggi non potremmo essere migliori se avessimo fatto scelte diverse? Personalmente credo anche io che ognuno faccia – di massima – cio' che in quel determinato momento sente di dover fare, ma non vorrei che questa fosse una scusa per allontanarci dalle nostra responsabilità, poiché suona troppo come un "faccio quel che mi pare, tanto si vede che è destino". Credo nella responsabilità dei nostri passi, e pertanto nella responsibilizzazione: se è vero che in un determinato periodo possiamo fare solo una determinata cosa, e dunque non pare essere una vera scelta, è tuttavia vero che a quel punto siamo arrivati anche in base ai nostri pensieri, parole ed azioni precedenti, quindi… è comunque dovuto – almeno in parte – a scelte nostre, seppure precedenti – e apparentemente non concomitanti – con quel momento.
    Un caro saluto

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