Il controllo della mente

Bene, direi che il tempo corre e che la mia latitanza è stata fin troppo lunga 🙂

Stasera, mentre facevo yoga, mi sono soffermato su quanto la mia mente sia stata labile in questi ultimi anni. Un tempo sapevo fermare i miei pensieri, seppure per il lasso di tempo di una breve meditazione, ora non ci riesco più, forse non lo ritengo più così importante di come lo ritenevo un tempo, eppure non è così, e lo so.

Noi pensiamo che la meditazione sia una azione fine a sé stessa, con un inizio e una fine, con dei vantaggi, certo, ma pur sempre una azione fine a sé stessa. Per i buddisti la meditazione, il controllo della mente – anche per pochi minuti – è solo l’inizio di un processo che dovrebbe permettere di controllare, di cogliere, il cambiamento degli stati mentali e, se è il caso, bloccarli. E non solo durante la meditazione, ma anche in tutti gli altri momenti della vita. La meditazione è… un esercizio, un mezzo per capire come funziona la mente e controllarla il più possibile.

Non vi è errore in questo, non è una cosa che impedisce di vivere la propria vita, di vivere le emozioni, cosa che in fondo è ciò che teme l’uomo occidentale di queste pratiche, ma è qualcosa che permette di discernere le emozioni stesse, rifiutandole se sbagliate, lasciandole fluire in piena libertà se giuste. Questo è meraviglioso. Può voler dire, ad esempio, controllare la paura eppure… servirsene ugualmente. Se una persona ha paura, direte, può essere giusto che ce l’abbia, perché la paura può essere un campanello d’allarme capace anche di salvare la vita. Ma una volta che si sia colta la causa della paura, e che si sia consapevoli della reazione da avere, la paura diventa inutile, bloccante, un germe capace di uccidere ogni azione difensiva. La paura, all’inizio alleata, può diventare facilmente una nemica. Ecco, il controllo della mente può controllarla, prendendo atto della causa che la provoca e sopprimendola quando non serve più. Ovvero, generalmente, pochi minuti dopo che è sorta.

La paura è solo uno dei tantissimi esempi che si potrebbero portare, non avere il controllo della propria mente è forse la cosa più deleteria e con maggiori conseguenze che possiamo fare a noi stessi; ma saperlo razionalmente non basta, sappiamo tutti che quando la paura si è trasformata in panico riprendere in mano la situazione è quasi impossibile. Ecco perché esistono pratiche come la meditazione: esse, se accompagnate dalla consapevolezza, dal sapere a cosa servono, permettono a poco a poco di controllare il proprio stato mentale, di capire come funziona, le sue variazioni, e di riprenderne le redini in mano.

Non serve meditare 24 ore al giorno, per noi non sarebbe possibile. Serve capire come funziona la mente, cogliere i segni di una variazione dello stato mentale che sta per sorgere, e, se è il caso, fermarla.

Buon ferragosto a tutti 🙂

 

Equilibrio

Secondo lo yoga, per restare in equilibrio quando si sostiene una posizione precaria è bene fissare un punto sul pavimento distante da noi all’incirca un metro e mezzo: guardare troppo vicino farà perdere l’equilibrio; guardare troppo distante, magari all’orizzonte, non sarà di aiuto per stabilizzarsi.
Ciò è vero anche quando si guida: quando si è spaventati o preoccupati, ad esempio perché si sta sorpassando un TIR, perché si entra in una galleria o perché si deve fare un tratto di strada in retromarcia in una strada stretta, l’errore più comune è guardare nelle immediate vicinanze dell’auto. L’auto tende sempre ad andare dove si guarda, quindi meglio guardare sempre avanti a noi, nella direzione dove vogliamo andare e non negli immediati pressi del mezzo. Ma anche guardare troppo distante potrebbe creare problemi, poiché la strada potrebbe non essere sufficientemente rettilinea. La buona e saggia “via di mezzo” del Budda può essere d’aiuto anche in questo caso.
Avete mai provato a sistemare un quadro in modo che sia dritto, o una panca in palestra affinché sia correttamente posizionata davanti ad un attrezzo? Allora vi sarete probabilmente accorti che è meglio distanziarsi un poco per capire se il quadro è dritto o la panca allineata.
Così è la nostra vita, sono le nostre attività e le relazioni col prossimo. Giusto è goderne appieno, ma quando si tratta di sceglierle o direzionarle, meglio sarà guardarle dalla giusta distanza, non troppo vicini, non troppo distanti. Poi si sarà di nuovo liberi di riavvicinarsi ad esse.

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Il blog cambia rotta…

Julius accanto al PCRieccoci così alla solita ora tarda, ormai è da troppo tempo che mi ritrovo a scrivere in piena notte e la stanchezza e il sonno iniziano a farsi pesanti. Perfino Julius, qua al mio fianco, inizia ad avere gli occhietti pesanti e sembra chiedermi “Ma che ci fai ancora in piedi?” 😛 Per fortuna tra poco avrò qualche giorno di festa e, seppure con qualche impegno già preso, spero di poter riposarmi un po’ 🙂
Come ho spesso avvisato, sia qui che sui blog amici, è un periodo molto intenso per me lavorativamente parlando, e tra l’altro arriva al termine di una serie di anni difficili, a tratti drammatici.
La mia vita è sempre stata un po’ ciclica: a periodi intensi, vissuti perennemente di corsa con grande profusione di tempo ed energie, se ne alternano altri che, apparentemente, mi servono per recuperare; periodi nei quali sento la necessità di ritrovare la calma, la serenità e, magari, qualche risposta ad antiche domande mai completamente risolte.
Non è un caso se proprio in questo periodo avverto un forte richiamo a pratiche che furono, molto tempo fa, un po’ i miei primi amori, come la meditazione e lo yoga, mentre andare in palestra – ad esempio – mi diventa alquanto pesante.
Ho profuso molto anche nel mondo dei blog, sia sul mio che “altrove”, e non vi nascondo che a volte ho proprio sentito di esagerare. I contatti si sono moltiplicati, sono divenuti centinaia, e tenerli è diventato sempre più difficile e oneroso anche per la concomitanza del boom lavorativo, sia in termini di impegno che temporali.
A volte mi interrogo sulla mia scelta di ampliare il numero dei contatti, piuttosto che mantenerne solo alcuni. Perché averne tanti, alla fine, significa o avere tanto tempo a disposizione, ed io non l’ho più, oppure non riuscire più a seguire nemmeno quelli maggiormente affini. E questo un po’ dispiace, ovviamente.
Tuttavia l’idea iniziale prevedeva l’intenzione di rendere il mio pensiero il più possibile aperto, in modo da avere la massima condivisione e il maggior numero di punti di vista possibile. In un certo senso è difficile capire se tale scelta sia più egoista o altruista. Molte persone si sono via via offese per questo, ma molte di più non sarebbero mai arrivate qua, e sono dell’avviso che è il cambiamento, il rinnovamento, la vera fonte della crescita. La “parola” che farà traboccare il vaso, che ci spingerà verso il definitivo cambiamento, può arrivare da chiunque ed anzi, in genere, io l’ho sempre ricevuta da chi non mi aspettavo o da chi nemmeno conoscevo.
Alla fine, comunque, è davvero difficile trovare la famosa “via di mezzo”.
Però ora sono stanco, ho desiderio di ridirezionare le mie vele verso temi più “intimistici”, un po’ come in fondo avevo anche scritto nel profilo di “Wolfghost” 🙂 Non ho nemmeno bisogno, infatti, di chiudere il blog – come va di moda fare – e aprirne un altro: mi basta riscoprire lo spirito con cui lo aprì nel settembre 2007. I miei post cambieranno, in corrispondenza di un cambiamento che è già in atto nella realtà (niente di drammatico: tutti cambiamo, la differenza è esserne o meno consapevoli). E, se avrò almeno un poco di tempo, cambierà probabilmente anche il template (ma questo non è importante).

Senza scordare l’impegno ulteriore preso al momento di fondare il blog parallelo www.adottauncucciolo.net che voglio, anch’esso, si evolva, non parlando più solo di adozioni ma anche riportando post informativi e, quando è il caso, di denuncia. Ricordo che al blog Adotta un Cucciolo chiunque può chiedere di partecipare, se ha acqua da portare in favore dei nostri piccoli amici animali.

Io non trattengo nessuno. Non mi sono mai offeso se qualcuno ha preferito “voltarsi altrove”, anche questo fa parte della visione pluralistica della condivisione. Magari è potuto dispiacermi, questo sì, ma fa parte del percorso. Spero onestamente che nessuno si offenderà se sarò meno presente, soprattutto “altrove”, come d’altronde, per necessità, è già avvenuto.
Ma… bé, voi non potete vedermi, ma ho appena dato un’alzata di spalle, perché, alla fine, se fare contenti gli altri significa rendere scontenti sé stessi… non è nemmeno più una vera scelta.
E se qualcuno non capisce… onestamente non so cosa farci. Il blog sta virando.

Come diceva un mio vecchio amico… Buona Vita a tutti, e – per chi ci sarà – a presto 🙂

Wolfghost

Cambio di rotta

 

L’esperienza del teatro

Ieri ho partecipato ad una dimostrazione teatrale tenuta dalla compagnia “Waltersteiner” (http://www.waltersteiner.it) in pubblico.
Non sono un attore, ne’ ho le conoscenze del settore che sarebbero necessarie per esprimermi “tecnicamente” sul lavoro fatto; sto solo seguendo, per scopi di crescita personale, uno dei corsi che ciclicamente tengono e che chiamano “laboratori di ricerca”.

waltersteiner Cio’ che mi preme, e’ rilevare l’aspetto psicologico e umano di tale esperienza, valida proprio perche’ arriva da un “principiante”; spesso, chi e’ dentro le cose da tempo, chi e’ cresciuto dentro di esse a poco a poco, perde la visione dello sforzo e dei risultati che sta’ ottenendo, sforzo e risultati che appaiono invece evidenti a chi li segue da poco tempo.

Premetto che ho probabilmente sentito meno l’emozione rispetto a molti degli altri “allievi” (termine che mi fa’ un po’ sorridere, ma non ne trovo altri :-)) grazie al fatto che, per motivi di lavoro, ho gia’ dovuto tenere diverse presentazioni tecniche – tra l’altro in lingua diversa dalla mia – davanti a platee anche numerose (100 e piu’ invitati da tutto il mondo); esperienza ovviamente molto diversa, ma che comunque serve “a formarsi” nell’impatto col pubblico. In particolare riporto la frase di un’altra allieva che, alla fine di una delle performance, ha esclamato con evidente piacere “Oh! I primi applausi della mia vita!” 😉

teatro Intanto una premessa: perche’ alcuni mesi fa’ scelsi di fare questo corso? Be’… volevo investire su qualcosa che ampliasse i miei orizzonti, sia in termini di nuove conoscenze che di crescita personale, per cui mi “guardai attorno” e, insieme ad altre possibilita’, trovai e valutai questo corso.
Avendone saltato la presentazione, chiesi ed ottenni di poter assistere al primo giorno in qualita’ di osservatore, proprio al fine di decidere se iscrivermi o meno. Bastarono 5 minuti per farmi propendere per il “si”. Trovai e trovo tuttora affascinante quanto questo lavoro peschi nell’animo umano, lavorando sulla consapevolezza dei gesti, del respiro, sull’apertura e la fiducia nelle altre persone, sul necessario lavoro di destrutturazione di quelle immense “sovrastrutture mentali” che in ognuno di noi si formano e aumentano via via che gli anni passano. Rimasi colpito da quanto pertinente fosse questo lavoro con certi concetti di consapevolezza e attenzione che avevo gia’ trovato in pratiche come lo Yoga, la Meditazione o nelle moderne forme di psicologia come la PNL, sia da un punto di vista mentale che fisico (perche’, guardate… tornare a “svincolare” i muscoli dalla stretta mentale e’ tutt’altro che facile!).

Il gruppo della Waltersteiner e’ molto compatto, c’e’ un grande spirito d’unione tra di loro. Soprattutto colpisce la professionalita’ unita alla grande passione verso questo lavoro, che, tra l’altro, e’ necessariamente un “secondo” lavoro (tra virgolette perche’ in termini di impegno e’ probabilmente il “primo” per molti di loro). In prossimita’ delle loro performance e spettacoli, non esistono sere, non esistono domeniche, ma non c’e’ un vero “sacrificio” – non nei termini di “sofferente impegno” con cui di solito lo si intende – perche’ fanno cio’ che amano fare.
Tanto per citare un episodio, ieri mi hanno colpito le parole di una delle attrici, Elena, che raccontava di quanto fosse dispiaciuta per non aver potuto partecipare alla dimostrazione a causa di un lieve infortunio nelle prove della settimana precedente e di come fosse gia’ protesa e ansiosa di recuperare il prima possibile per essere presente nella seguente. Non sono state tanto le parole (“questa e’ la mia vita”, diceva con grande partecipazione), quanto l’atteggiamento, a dimostrarne con evidenza la veridicita’.

Io spesso parlo di determinazione, amo citare le parole di Anthony Robbins quando sostiene che non ha mai visto nessuno arrivare al successo trascinandosi stancamente (di qualunque campo si stia parlando). E non parlo di successo in termini di fama, quanto piuttosto di successo nel riuscire a fare, a vivere, cio’ che si vuol fare e vivere. Quanti di noi dicono “mi piacerebbe…” ma poi concretamente non fanno nulla per trasformare le proprie aspirazioni in realta’?

clementedavid La determinazione e la passione – unita, e guardate che e’ rarissimo da trovare quando c’e’ passione, alla mancanza di competizione tra loro – sono proprio cio’ che piu’ del resto mi ha colpito nel loro gruppo, a partire dai fondatori del gruppo – Clemente e David (nelle due foto qua a lato) – che nel 2001 decisero di provare a realizzare quello che per loro era solo un’idea o, forse, un sogno.

Per ora mi fermo qua, perche’ ognuno di loro ha personalita’ e caratteristiche cosi’ peculiari che dovrei perlarne per pagine e pagine…

Personalmente, a parte la lezione del loro impegno che e’ poi cio’ che mi ha colpito principalmente, sto traendo da questa esperienza l’opportunita’ di mettere in pratica conoscenze che altrimenti sarebbero forse rimaste al solo livello teorico, nonche’, ovviamente, impararne di nuove. Mettersi in gioco, in qualche modo, e’ sempre importante, altrimenti non si potra’ mai davvero sapere qualcosa di concreto su se’ stessi, poiche’ solo dall’obiettivita’ dell’esperienza si puo’ avere un’idea oggettiva di come siamo fatti. Nell’isolamento della nostra mente possiamo raccontarci tutto e il contrario di tutto senza tema di essere smentiti, potendo arrivare infine a crederci molto diversi da come siamo in realta’ .
E’ solo “portandosi fuori da se’ stessi”, mettendosi in gioco, che si puo’ davvero conoscere il proprio valore e continuare a crescere.

foto del gruppo degli attori della Walter Steiner
I persiani