Ricerca spirituale e vita

Questo post risale a marzo 2008 (caspita… 9 anni fa ormai!), eravamo ancora in epoca Splinder. Che tempi! 🙂 Qua trovate il post originale, assieme ai commenti dell’epoca: Ricerca spirituale e vita

Lo ripropongo perché sempre attuale. Cambierei forse qualcosa qua e la, ma nel complesso lo ritengo ancora valido 🙂

Ne approfitto per farvi salutare dai due mici più giovani di casa Wolfghost: Junior a sinistra e Jones a destra 🙂

juniorjones

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Da una nuova iscritta di Splinder, mi e’ arrivato il seguente messaggio che ho ritoccato qua e la, togliendo dati personali e tentando un riassunto. Spero che il risultato sia consono allo spirito del messaggio originale.

“Sono sempre stata una persona molto riflessiva, che si fa anche molte domande. Questo mio lato si è mostrato ancora di più quando ho dovuto affrontare una serie di problemi di salute. Da questa cosa è iniziata la mia ricerca spirituale. Nei primi tempi mi sono affidata, dietro altrui consigli, a libri che ho letto con attenzione lasciando perdere i miei interessi personali. Tuttavia in tutto questo sento una certa forzatura; pur interessandomi la materia di ricerca interiore e spirituale mi piacerebbe avere una visione più ampia e sapere, magari visto che anche tu hai intrapreso questo percorso quali testi hai iniziato a leggere, come ti poni nei confronti della realtà del mondo esterno, visto che tutto deve passare attraverso l’esperienza come dicono i grandi Maestri ad esempio Aivanhov, altrimenti tutto questo studiare non serve a nulla.”

tibetSono assolutamente in sintonia con quanto scritto nelle ultime righe dello scritto della nostra amica: ogni insegnamento, per divenire tale a tutti gli effetti, deve passare attraverso l’esperienza. Anzi, se l’esperienza – cercata o meno che sia – puo’ divenire insegnamento, il puro studio teorico, senza esperienza, no: esso lascia il tempo che trova. Infatti ogni grande maestro che si rispetti ammonisce a non prendere il suo insegnamento pedissequamente, per oro colato, bensi’ a “viverlo” a “sentirlo sulla propria pelle”.
La teoria e’ allora inutile? No. Diciamo che e’… propedeutica 🙂
Un buon insegnamento scritto si impara due volte: la prima volta con la mente, come informazione puramente mnemonica; la seconda… quando ci si accorge di stare vivendolo.
Naturalmente chi ha scritto libri di un certo spessore non e’ uno stupido, afferma generalmente cose importanti e incontrovertibili. Il problema e’ che fondamentalmente la vera conoscenza non puo’ essere trasmessa a parole, puo’ solo essere appresa esperendola sulla propria pelle. Quando questo avviene… ti guardi indietro, e ti ricordi le parole che avevi letto come se le “vedessi” solo ora per la prima volta. Il loro significato “mnemonico” e’ ovviamente il medesimo, ma stavolta le ha capite ed apprese “col cuore”.
Notate che qualcosa di simile avviene spesso con i genitori apprensivi: essi credono di poter risparmiare ogni errore ai loro figli tramite il loro insegnamento; ma cio’ non e possibile, perche’ certe cose si imparano solo attraverso l’esperienza personale.

siddhartaIl libro che piu’ di ogni altro rappresenta il mio pensiero su questo argomento, e’ il bellissimo Siddharta di Hermann Hesse. Immergersi nella teoria, senza fare esperienza – esperienza “vera”, di vita, non meditazioni, pratiche yoga o quant’altro – lascia un senso di vuoto o, peggio, di frustrazione, perche’ si sente che ci si sta impegnando tanto per ottenere poco.
Il protagonista del libro abbandona i suoi studi e le pratiche ad esso collegate perche’ sente che “manca qualcosa”, qualcosa senza il quale non potrebbe mai arrivare la’ dove si e’ prefissato di arrivare.
Questa cosa e’ la vita, e’ la sua esperienza.
Siddharta inizia un percorso di vita dove nulla gli manca: dall’esperienza amorosa a quella lavorativa.
Alla fine del suo percorso, che potremmo definire “naturale ma vissuto con gli occhi aperti”, Siddharta si “ritira” in un umile e tranquillo lavoro: il traghettatore su un fiume. Ma la saggezza che ha raggiunto diventa presto proverbiale venendo riconosciuta dalle persone con cui viene a contatto; cosi’ si sparge la voce del “maestro sul fiume”.

E’ stata utile a Siddharta la teoria da lui appresa per arrivare al suo stato finale? E’ probabile che la risposta sia “si”. Tutto lo e’ stato. La teoria e l’esperienza. Certamente mentre faceva esperienza, Siddharta trovava via via riscontro in cio’ che aveva precedentemente appreso. Ma solo allora esso diveniva reale parte di lui. Sua stessa essenza. Solo allora diveniva davvero utile.

Ci sono periodi della nostra vita, dove il richiamo alla nostra interiorita’, spesso dettato dalle nostre difficolta’ “esterne”, dal desiderio di capire cosa ci sta succedendo, e’ cosi’ forte che abbiamo bisogno di “nutrirci” di libri e lezioni positive, di qualcosa che ci aiuti a far chiarezza o, perlomeno, a ridarci un po’ di fiducia, superando cosi’ quei difficili momenti. Personalmente – ma sento che questa e’ anche storia della nostra amica, e’ anche storia di molti – superata la crisi, si “sente” che si deve tornare alla vita, la vita “normale”, quella “di tutti i giorni”, non necessariamente abbandonando la propria ricerca, ma evitando che sia “mutuamente esclusiva col resto della vita”. Il “ritorno alla vita” viene fatto nella consapevolezza, o almeno nella speranza, che stavolta la si vivra’ in maniera diversa. E’ la differenza tra il “vivere qui e ora” degli animali (ad esempio) e il “vivere qui e ora” delle persone “consapevoli”: il valore aggiunto e’ infatti la consapevolezza di cosa si sta facendo, del momento che si sta vivendo. E’ un “qui e ora” che si e’ scelto.
Si e’ insomma “tornati indietro”, agendo pero’ stavolta da “veri architetti della propria vita”.

“Le parole non colgono il significato segreto, tutto appare un po’ diverso quando lo si esprime, un po’ falsato, un po’ sciocco, sì, e anche questo è bene e mi piace moltissimo, anche con questo sono perfettamente d’accordo, che ciò che è tesoro e saggezza d’un uomo suoni sempre un po’ sciocco alle orecchie degli altri”
(Siddharta – citazione da Wikipedia)



NON BASTA RINUNCIARE
di Paulo Coelho

Conobbi la pittrice Myie Tamaki durante un seminario sull’Energia Femminile, a Kawaguciko, in Giappone. Le domandai quale fosse la sua religione.
“Non ho più religione”, rispose lei.
Notando la mia sorpresa, spiegò: “Sono stata educata a essere buddista. I monaci mi hanno insegnato che il cammino spirituale è una costante rinuncia: dobbiamo superare la nostra invidia, il nostro odio, le nostre angosce di fede, i nostri desideri”.
“Da tutto ciò sono riuscita a liberarmi, finché un giorno il mio cuore è rimasto vuoto: i peccati se n’erano andati via, ma anche la mia natura umana”.
“All’inizio ne ero contenta, ma ho capito che non condividevo più le gioie e le passioni delle persone che mi circondavano. È stato allora che ho abbandonato la religione: oggi ho i miei conflitti, i miei momenti di rabbia e di disperazione, ma so di essere di nuovo vicina agli uomini e, di conseguenza, vicina a Dio”.

torrente

Essere fortunati

Ognuno di noi sa che, un giorno, non ci sarà più. Nonostante questa certezza viviamo la nostra quotidianità come se fosse per sempre e solo quando qualche disturbo preoccupante, a noi o a un nostro famigliare, fa capolino, iniziamo a interrogarci, a temere di poter perdere quanto abbiamo, anche se sappiamo che sicuramente questa perdita è solo questione di tempo.

E’ giusto, come potremmo vivere diversamente? Chi ce lo farebbe fare di sopportare gli strali della vita, le sofferenze, la fatica, le preoccupazioni, la consapevolezza che per quanto difendiamo il nostro castello esso alla fine crollerà, se avessimo questo pensiero sempre vivo? Lo chiamiamo “saper cogliere l’attimo”, ma in realtà non vi è davvero un altro modo di vivere. La vita è nascondere la testa sotto la sabbia, che lo facciamo consapevolmente oppure no. Ed è giusto così.

A quarantotto anni e mezzo (quasi), mi ritrovo pieno di acciacchi. Disturbi un po’ vecchi, un po’ nuovi, che spesso sembrano non voler più mollare la presa. Sto entrando nell’età degli “esami di controllo periodici”, quelli che si attendono sempre col fiato un po’ sospeso. Sono ancora giovane? Sarebbe così sconvolgente se sapessi di non avere più tanto tempo davanti? Certo. Lo sarebbe, personalmente e per i famigliari. Eppure ogni giorno molta gente più giovane, perfino bambini, se ne va. Non ho voglia di guardare le statistiche, ma so che non è affatto così improbabile come le “chiacchiere da caffé” vorrebbero e come le balle sulla vita media cercano di propinarci. L’aspettativa di vita media di 80 anni significa che ci sono 3 persone fortunate che arrivano a 90 e più anni, e una che si spegne molto, molto prima. E tutti abbiamo tanti esempi attorno. Ognuno di noi ha un terzo di probabilità di ammalarsi di cancro almeno una volta nella vita, lo sapevate? Si cura anche questo? Sì, come no. Per certi tipi di tumore la probabilità di uscirne è inchiodata su cifre bassissime da decenni. Sospetto che il famoso 50% di successo globale tenga in considerazione tanti tumori frequenti o “innocui”, come i basaliomi della pelle. Così siamo capaci tutti, mi verrebbe da dire.

In fondo so di essere già stato fortunato così. Sarei potuto nascere in uno dei tanti paesi del mondo dove arrivare a quarant’anni è già grasso che cola. Oppure sarei potuto nascere qui, ma a inizio ‘900, e aver dovuto passare attraverso guerre sanguinose. O ancora più indietro, nel Medioevo magari, dove andare a farsi ammazzare per il signorotto locale e una paga misera era cosa normale. E comunque c’erano carestie e epidemie.

Quali sono le cose importanti della vita? Bé, ognuno ne ha un’idea diversa. Io credo di aver già raggiunto le mie. Certo, potrei migliorarle e magari godermele un po’ più a lungo. Ma avrei anche potuto non avere il tempo di raggiungerne nemmeno una. E ne sono assolutamente consapevole.

Se ho una preoccupazione, questa è che non potrei lasciare la sicurezza economica a Lady Wolf, e ai nostri cari animalotti. Come farebbe lei con uno stipendio part time, oggi, a tirare avanti e a dare continuità non solo a se stessa, ma anche a loro? So già come mi risponderebbe lei 🙂 Mi direbbe “Farei come facevo prima!” 😛

Stasera va così… in attesa di post, speriamo, più leggeri…

Tecnologia, il presente e il passato

Cosi’ oggi se n’e’ andato Steve Jobs… Una fine annunciata ma non per questo meno sentita, un incontro con la morte che anzi lui e’ riuscito a lungo a rimandare (probabilmente grazie anche ai suoi soldi ma personalmente, in un mondo basato sull’economia, la cosa non mi scandalizza piu’ di tanto). Non so voi, ma a me ha fatto una certa impressione vedere il cordoglio che ha suscitato la sua scomparsa in tutto il mondo, al pari e forse piu’ di un capo di stato o una altissima figura religiosa (come puo’ esserlo il papa). Le frasi in sua memoria che piu’ spesso leggo dicono che e’ stato un uomo capace di cambiare il mondo. Cosa che e’ innegabilmente vera. Non credo che Jobs avesse piu’ conoscenza degli altri, ma sicuramente aveva un’altissima determinazione ed una alta considerazione di se’ stesso e delle sue capacita’: a tutti noi vengono idee brillanti, ma pochi, molto pochi, danno ad esse seguito. C’e’ una regola, in cui io credo, che dice che se ad una idea non viene data immediato seguito, magari solo prendendone fisicamente nota, essa torna nel dimenticatoio in pochi minuti. E per sempre. Steve Jobs invece credeva di poter realizzare le sue idee, e aveva la determinazione per farlo.

Comunque questo mi ha fatto venire in mente quanto il mondo sia cambiato negli ultimi decenni. Pensate solo a cellulari e Internet… e’ innegabile che queste invenzioni hanno cambiato il volto della comunicazione e con esso il modo di vivere di milioni di persone in tutto il mondo. Sono certo che anche voi rimanete spesso sorpresi nel pensare che solo qualche decennio fa non esistevano ne’ gli uni ne’ l’altro. Come non esistevano altre cose, anche se credo che cellulari e Internet siano le due invenzioni piu’ rivoluzionarie nella storia recente dell’umanita’. Al pari dell’automobile e dell’elettricita’ del secolo precedente, direi 😉
Detto questo… come si stava prima? Era davvero meglio o peggio? La sera la gente vedeva la TV, o, ancora prima, si leggeva un libro… C’erano i giochi in scatola, o passatempi come le carte. Quando si usciva di casa… si svaniva nel nulla: nessuno poteva rintracciarti con il telefono, fino a quando almeno non fossi rientrato in casa o in ufficio. C’era indubbiamente meno informazione e piu’ ignoranza. Se non sapevi qual’era la capitale dell’Angola era difficile scoprirlo, a meno di non avere un’enciclopedia in casa (cosa che peraltro era piuttosto frequente). Oggi basta un PC, o perfino un cellulare con connessione internet, e conosci vita, morte e miracoli di quasi ogni cosa conosciuta. Puoi perfino rintracciare la via di un minuscolo paesino di campagna di cui altrimenti non avresti mai saputo l’esistenza. C’erano meno agenti dannosi per la salute… ma meno medicinali per le malattie, meno cure. In Italia la vita media a fine ‘800 si aggirava a poco piu’ di 40 anni.
Certamente si viveva (mediamente) meno di fretta, con piu’ calma. Ma chissa’ se piaceva davvero di piu’…
Insomma… non lo so. Ci sono persone come Jobs che hanno cambiato il mondo e gente che gliene rende merito o… colpa, salvo poi usare loro stessi le invenzioni in oggetto.
Personalmente credo che ogni invenzione e’ sempre e’ solo un mezzo, poco importa se reale o virtuale, e come tale non ha valenza positiva o negativa: e’ come lo usiamo a dargli tale valenza. E’ l’intenzione a dargliela. Cosi’, oggi abbiamo piu’ mezzi di ieri… Il problema e’: le nostre teste si sono evolute assieme alla tecnologia? Credo che la risposta non possa essere di massa: ognuno ha il potere e la responsabilita’ di come usa i mezzi che ha a disposizione… piuttosto che incolparli.
Gli inglesi dicono: “A careless worker blames his tools!” (“il lavoratore disattento da la colpa ai suoi attrezzi), e Asimov sosteneva che “La disumanità del computer sta nel fatto che, una volta programmato e messo in funzione, si comporta in maniera perfettamente onesta”. Come dire che l’errore sta casomai in chi lo usa 😉

arrabbiato col PC

JACK LALANNE – Scegliere di vivere, e di essere “grande”

Ho appreso qualche giorno fa dal Corriere.it che e’ morto a 96 anni Jack LaLanne, personaggio a cui dedicai un post nell’ormai “lontano” dicembre 2007 e che ripropongo piu’ sotto. Chi era Jack LaLanne? In Italia non e’ molto conosciuto, ma negli USA e’ stato un autentico mito. In pratica e’ ricordato per essere stato il primo culturista, ma ha fatto molto di piu’. Riporto qualche frase scritta da Ennio Caretto sul Corriere.it, potete trovare tutto l’articolo qui:http://www.corriere.it/esteri/11_gennaio_24/caretto-lalanne_370f566c-27ac-11e0-9fb9-00144f02aabc.shtml
Insegnò all’America fitness e dieta sana a base di pesce e verdure […] Nemico dichiarato della obesità, tutt’oggi una piaga americana, La Lanne aprì la prima palestra a San Francisco in California nel 1936, a soli 22 anni, e insegnò all’America a saltare la corda, fare sollevamento pesi, e via di seguito, e a mangiare uova pesce frutta verdura invece del fast food.[…] LaLanne amava raccontare di essersi trasformato in un palestrato a 15 anni. «Mangiavo male, ero esile e debole. Mia madre mi ammonì che dovevo irrobustirmi. Mi dedicai agli sport e agli esercizi più pesanti, ore e ore tutti i giorni». Alto neppure un metro e settanta, pesante meno di settanta chili, LaLanne sviluppò una tremenda muscolatura. Fu considerato uno degli uomini più forti del mondo: a sessanta anni, trascinava ancora a nuoto, con le caviglie incatenate, una barca di cinque quintali dalla isola di Alcatraz, nella baia di San Francisco, fino alla città. […] eccessi del culturismo a parte, ha osservato Thompson, fu un buon esempio per i giovani. Sposato a una salutista, con un figlio, nonostante la sua celebrità LaLanne condusse una vita riservata a Morro Bay. […] «Ebbe una salute di ferro» ha commentato Thompson «anche in tarda età, la conferma di quanto sia importante tenersi in forma e attenersi a un vitto equilibrato»

Ed ora il post che gli dedicai tre anni or sono (post originale: Scegliere di vivere e di essere grande)…


JACK LALANNE – Scegliere di vivere, e di essere “grande”.

JackLalanne

Questo e’ quello che ha fatto Jack LaLanne, nome che non dice molto agli italiani ma che appartiene a un volto visto tante e tante volte nei film.

Un volto che e’ quello del maestro e ispiratore di Arnold Schawerzenegger.

Un nome che e’ quello di un ragazzo magro, malato, che era lo zimbello dei suoi compagni di classe, dal peso di 43 chili, occhiali, apparecchio dentale e stampelle. Con un’immagine e una stima di se’ cosi’ basse che lo costrinsero ad abbandonare gli studi.

Un ragazzo che tento’ di uccidere il proprio fratello.

Un ragazzo per il quale l’orizzonte mostrava solo nubi molto scure.

Un ragazzo che un giorno partecipo’ ad una conferenza e fu cosi’ ispirato dalle parole che udi’ che si convinse che era possibile fare qualcosa per migliorare la sua disperata condizione.

Jack LaLanne consumava una quantita’ incredibile di zucchero, si nutriva male ed era afflitto da manie di persecuzione e idee di suicidio.

Un giorno la madre lo condusse a forza ad una conferenza di un nutrizionista, la sala era piena, e, con grande sollievo di Jack, che mal sopportava le altre persone, fecero per andare via.

L’oratore li vide e disse che non era mai successo che a qualcuno fosse impedito, dalla mancanza di posti a sedere, di assistere ad un suo discorso.
Chiese due sedie e li fece accomodare proprio di fronte al palco.

Jack avrebbe voluto sprofondare dalla vergogna, non solo era costretto ad assistere alla conferenza, ma quel che e’ peggio e’ che era di fronte a tutti quanti gli altri.

Le due ore che seguirono cambiarono la vita di Jack. Fu cosi’ ispirato da quello che ascolto’ che si convinse che era possibile fare qualcosa per migliorare le sue orribili condizioni fisiche.
Scelse di fare in modo che il suo futuro fosse migliore del suo breve passato.

E inizio’ ad esercitarsi. Due ore al giorno. Ogni mattina si alzava alle 5 e per due ore si esercitava. E continuo’ a farlo per tutta la vita.
Sta continuando anche ora, a ottant’anni suonati. [Nota di Wolfghost: Jack LaLanne ha 91 anni adesso, ed è ancora in movimento! ;-)]

Jack e’ comparso in praticamente tutti i talk show d’america, Jack ha nuotato, ammanettato, dall’isola di Alcatraz fino alla baia di San Francisco, un’impresa definita impossibile e mai riuscita finora a nessun’altro.

Nel 1936 apri’ le prime palestre in America, dove e’ noto col soprannome di “Mr. Exercise”. Oggi Jack LaLanne puo’ battere uomini di 50 anni piu’ giovani di lui.

Jack e’ miliardario, in dollari, Jack e’ una leggenda.

Non vi e’ un sito che parli di lui, ve ne sono oltre quattromilacinquecento.

Digitate Jack LaLanne su un qualsiasi motore di ricerca e godetevi lo spettacolo di una fiaba dei tempi moderni, ma vera.

Non chiamate Jack LaLanne un culturista. Non e’ solo quello. Ha impiegato tutta la sua passione ed intelligenza verso un unico obbiettivo.

Ma lo ha fatto in maniera egregia.

In tutte le sue interviste (e ne troverete parecchie) da lui rilasciate, conferma una sola nota costante: ESERCIZIO fisico, due ore al giorno e poi basta, ma sempre, senza mai saltare una giornata, per oltre 70 anni.

Non e’ stato facile, e confessa che non e’ tutt’ora facile alzarsi alle cinque del mattino per farsi un’ora di pesistica e poi un’ora di nuoto (tanto per rilassarsi!) ma lo fa. In modo costante e continuo.

Non ci importa tanto il QI di Jack, ma quello che lui ha dimostrato, esempio vivente della determinazione tesa al raggiungimento dei risultati.

Per nessuno di noi e’ facile dare una sterzata e cambiare.

Ma il nostro destino e’ nelle nostre mani, solo e soltanto in quelle.

Possiamo iniziare la metamorfosi o continuare a sonnecchiare nelle nostre vere o presunte certezze e sicurezze.

Ma nel momento in cui decideremo di agire… In quel momento preciso… Nessuno potra’ fermarci.

Fate la scelta giusta e… sarete al vertice !

Rodolfo di Maggio

 


“Come rispondi alle sfide dopo che hai preso la decisione di cambiare la tua vita, determinera’ se raggiungerai i tuoi obbiettivi o se fallirai.” – Richard Curti

L’umorismo nell’arte del vivere – da un post di Donnaflora1968

Spesso ho scritto sull’importanza dell’ironia e, ancor di piu’, dell’autoironia, e anche sull’impatto positivo che hanno sulla qualita’ della nostra vita cose come il sorriso o il pensiero positivo. Tuttavia, se non erro (inizio ad essere qua da troppo tempo :-D), non avevo mai dedicato un post all’umorismo e all’impatto che ha nella vita, per cui, quando me lo sono ritrovato bello e pronto, mi sono detto “be’, questo lo devo postare anche da me!” ;-).

Per chi non lo conoscesse, consiglio vivamente il blog di Donnafloraricomincio a vivere“, e’ davvero ricco e spazia dalle storie di personaggi storici e opere, alle segnalazioni di canzoni e musiche, per finire con saggi personali e di “terze parti” (ovvero tratti da articoli) 🙂
Diciamo che il suo blog ha, soggettivamente e non oggettivamente, un solo difetto: e’ cosi’ prolifico che, per il mio modo di essere presente sul web, finisco per perdermi certamente qualcosa di buono 😐 Ma d’altronde se pubblicasse con i miei ritmi… finirebbe probabilmente per addormentarsi! 😀

E adesso il post sull’umorismo… 😉


L’umorismo nell’arte del vivere

bimbo

Gli angeli volano alto… perché si prendono alla leggera!

L’umorismo insegna a non identificarsi con un’idea stereotipata di sé, ma a riconoscere la propria identità più complessa, a cogliere le proprie contraddizioni e a sorridere di sé. E’ un’arte quella di imparare a vivere dosando nelle giuste proporzioni serietà e umorismo. La vita è una cosa seria, certo chi lo negherebbe mai, eppure maestri di tutti i tempi e di tutte le tradizioni accennano spesso, con un sorriso che sembra celare molto più di quanto esprime, al fatto che la vita è un gioco.
E anche il gioco è una cosa seria, provate a chiederlo ai bambini! Solo un paradosso può spiegare in profondità la natura di un esperienza così ricca come quella della vita, di cui siamo protagonisti e spettatori, per invitarci a trovare il giusto equilibrio.
E maestri di vita si rivelano questa volta i bambini che vivono pienamente un loro gioco, che siano nel ruolo delle “guardie”, che siano nel ruolo dei “ladri”, che facciano il “medico” o il “paziente”, in cui l’importante non è essere da una parte o dall’altra, l’importante è giocare a fondo la propria parte, recitarla bene, immedesimandovici con passione, senza però mai dimenticare che quello è solo il ruolo che si sta momentaneamente giocando, la propria vera identità e un’altra.
E’ lo stesso invito posto da grandi psicologi e filosofi. Il dottor Roberto Assagioli ha sempre posto una grande enfasi , nell’ambito del percorso di crescita personale, sul metodo della sdrammatizzazione e dell’umorismo.
“Molte persone, ha scritto, sono solite prendere la vita, le situazioni, le persone, con eccessiva serietà; esse tendono a prendere tutto in tragico. Per liberarsi dovrebbero coltivare un atteggiamento, più sciolto, più sereno, più impersonale.
Si tratta di apprendere a vedere dall’alto la commedia umana, senza troppo parteciparvi emotivamente; di considerare la vita del mondo come una rappresentazione teatrale in cui ognuno recita la propria parte. Questa va recitata nel miglior modo, ma senza identificarsi del tutto col personaggio che si impersona”.
La nostra vera identità non va ricercata nell’ “abito” che portiamo e neppure nell’intestazione del biglietto da visita o nell’entità del conto in banca, perché le cose veramente importanti della vita, della nostra vita personale, riguardano ben altro, riguardano affetti, emozioni, talenti più o meno sviluppati, valori e ideali, sogni e speranze. Queste sono le cose reali, le cose veramente importanti nella vita, l’ascolto e il rispetto delle quali determinano anche il grado di salute fisica e psichica, e questo è quello che forse già sappiamo ma che molto spesso dimentichiamo, soffrendo in modo esagerato per cose che sono poi facilmente ridimensionabili di fronte alle grandi questioni dell’esistenza. Ed è qui che l’umorismo si rivela a sua volta grande maestro perché aiuta a ridare giuste proporzioni ai diversi aspetti della realtà.
Il filosofo Hermann Keyserling aveva affermato, a questo proposito: “Osservando e vivendo la vita in modo ampio ed elevato si vede che essa ha dei lati seri, duri, dolorosi, ma anche degli aspetti lieti, lievi, luminosi e anche degli aspetti comici, buffi. Questi costituiscono il giusto contrappeso ed equilibramento di quelli. L’arte di vivere consiste nell’alternare opportunamente i diversi elementi e atteggiamenti; e il farlo è in nostro potere più di quanto si creda”. Troppa serietà denota anche troppa rigidità, incapacità di percepire il mondo nei suoi molteplici aspetti, nei diversi punti di vista, tra i quali ce ne sarà sempre uno che permetterà di sorridere. Per saper sorridere di se stessi occorre una grande apertura mentale e fiducia in se stessi, per non perdere la propria identità anche se per un momento si perde la propria dignità; per trovare la sfumatura umoristica anche nella tragedia occorre una grande fiducia nella vita che non è mai veramente “contro di noi” anche quando gli eventi sembrano dimostrare il contrario.
C’è sempre una possibilità di vedere le cose anche in un altro modo, e a volte è anche l’assurdità di questo tentativo che fa sorridere, che fa ridere. E la realtà diventa allora più sopportabile, anche solo per il benefico effetto della risata.
Saper ridere può essere segno di grande maturità, ma bisogna fare una distinzione.
Vi è una differenza radicale tra comicità, nel senso di derisione, e umorismo.
La prima è antagonistica, aggressiva, spesso crudele; invece il secondo è pervaso di indulgenza, di bontà, di comprensione. Consiste nel veder dall’alto, nella loro vera luce e nelle loro giuste proporzioni le debolezze umane.
E il vero umorista sorride soprattutto di se stesso.

(da ” Essere” M. Danon)

gatto e scimmia

Meditazione: il sorriso interiore

meditazionePrima di tutto una premessa doverosa: io, come quasi tutti, non invento nulla, elaboro solamente quanto gia’ esistente mettendolo in una forma che sento a me piu’ congeniale.
Sulla meditazione e sul training autogeno e’ stato detto e scritto di tutto e di piu’ e si possono gia’ trovare un’infinita’ di varianti e versioni.
Facciamo subito chiarezza su un paio di punti: il training autogeno e la visualizzazione creativa sono in buona sostanza rivisitazioni, utilizzate dalla moderna psicologia, delle antiche tecniche di meditazione e concentrazione: se qualcuno ve le millanta come “novita’ della moderna scienza”, non dategli retta 🙂 Inoltre, personalmente concordo con Osho quando dice che la meditazione e’ una e una sola, ovvero la sospensione del pensiero cosciente; tutte le altre, compresa quella che propongo io, sono solo metodi per arrivare alla meditazione, oppure sono tecniche di concentrazione che possono si’ essere propedeutiche alla meditazione, ma anche avere altro scopo. Pensate che Osho stesso scrisse (o meglio fece scrivere, lui non scriveva nulla 😉 ) il “libro arancione”: un libro con “cento” meditazioni affinche’ ognuno potesse trovarvi quella a lui piu’ congeniale. In realta’ le meditazioni (o meglio, i metodi di meditazione) non erano cento: l’elevato numero serve solo a indicare che ognuno puo’ avere un metodo piu’ adatto a lui, magari diverso da quello di tutti gli altri.
Convinto di avervi confuso abbastanza, vado a descrivervi la mia “meditazione del sorriso interiore” 🙂

posizione del lotoPreparate una musica di sottofondo adeguata. L’ideale sarebbe una musica ripetitiva, ipnotica. Personalmente al momento uso una musica con canto buddista, ma puo’ essere anche musica classica, new age o ambient (la terminologia lascia poi il tempo che trova). Spesso lo scopo della musica e’ solo quello di aiutare le prime fasi della concentrazione, coprendo anche eventuali modesti rumori ambientali.
Mettetevi in posizione comoda. Di nuovo l’ideale sarebbe la “posizione del loto” (cercate su Internet, senno’ qua allungo troppo il post), poiche’ mantiene il busto ben eretto ed e’ (molto) difficile assopirsi; tuttavia, poiche’ e’ difficile e scomoda (o addirittura dolorosa) per noi occidentali, a meno che non si sia gia’ praticata con lo yoga, ci si puo’ anche accomodare in “semi-loto” (una gamba sull’altra, di nuovo cercate su Internet) magari aiutandosi, in caso di difficolta’, con un cuscino sotto i glutei. Potreste anche mettervi in savasana (la “posizione del cadavere” eheheh), che sostanzialmente significa coricarvi per terra su una superficie non troppo molle, tuttavia cosi’ e’ facile assopirsi, che non e’ esattamente cio’ che vi state proponendo… a meno che non soffriate di insonnia 😀

candelaGli occhi possono essere chiusi (io preferisco cosi’) o aperti, nel qual caso dovrebbero fissare un punto a un metro – un metro mezzo – di distanza. Schiena dritta ma rilassata (l’equilibrio tra le due cose e’ essenziale: sforzarvi troppo di rimanere dritti non e’ buona cosa, dovete semplicemente provare e riprovare con piccoli spostamenti finche’ non vi sentite naturalmente a vostro agio). Braccia abbandonate: una sopra l’altra davanti a voi (mani con i palmi rivolti verso l’alto e poggiate sulle caviglie sovrapposte, se siete in loto o semi-loto) oppure “a prendere” le ginocchia (palmi verso l’alto, se ce la fate, io non ce la faccio e poggio le palme sulle ginocchia).

Iniziate a rilassarvi, non e’ un esame e cosi’ non deve sembrarvi, non c’e’ un voto: migliorerete normalmente nel tempo. Aiuta fare qualche respiro profondo: ad ogni espirazione abbandonate i muscoli sempre di piu’. Il training autogeno aiuta a “sentire” i muscoli, cosi’ da farvi accorgere di come, anche quando credete di essere rilassati, in realta’ siete in stato di tensione; lo stesso si puo’ fare ovviamente con la meditazione: portate, se volete, l’attenzione ai vostri muscoli, passandoli in rassegna dalla sommita’ del capo ed arrivando infine alle dita dei piedi. Rilassate tutto con pazienza 🙂

I pmano apertaensieri… lasciateli “andare”, semplicemente. La “sospensione del pensiero” ha un fascino anche un po’ folkloristico, ma in realta’ – contrariamente a quanto si crede – non e’ importante “non pensare”, cosa che nessuno o quasi riesce a fare ed e’ dunque fonte di frustrazione; l’importante e’ “non prestare attenzione” ai pensieri che sorgono. State ad osservare i pensieri: non potete essere osservatori e pensatori allo stesso tempo, se siete in grado di riconoscere un vostro pensiero questo non potra’ che scomparire. I vostri pensieri saranno come nuvole in una giornata ventosa: appariranno, transiteranno velocemente nel cielo della vostra mente, e in breve spariranno “dall’altro parte” 🙂
Soprattutto non prendetevela se le prime volte vi scoprirete a pensare del piu’ o del meno (magari proprio a riguardo dei risultati che state ottenendo nella vostra meditazione :-D): la fretta, il desiderio di riuscire presto, e’ uno degli ostacoli maggiori. Qualcuno ha detto “Si dice ‘partite in quarta’, ma e’ una sciocchezza: avete mai provato a partire davvero in quarta? Vi si spegne il motore!” 😉

Quando vi sentite sufficientemente tranquilli e “centrati”… sorridete, semplicemente 🙂 Ovviamente non importa l’ampiezza del sorriso, basta un abbozzo: e’ l’idea che state sorridendo ad essere importante.
Sorridete e sentitetivi bene 🙂 Sembra una sciocchezza dire “sentiti bene”, ma provate: vi stupirete di quanto funzioni 😉
A questo punto “allargate il sorriso” ad ogni parte del vostro corpo, con l’immaginazione ovviamente. Immaginate che ogni cellula del vostro corpo inizi a sorridere allo stesso modo delle vostre labbra. Ogni cellula, ogni organo e muscolo sorride e sta bene, cosi’ come state voi. Il benessere pervade il vostro corpo e la vostra mente.

Adesso allargate ancora di piu’ il sorriso: immaginate cha cali, come una dolce onda, su tutte le creature a voi care, a partire da quelle vicine e arrivando a quelle piu’ distanti, non importa dove essi si trovino in realta’. Immaginate che grazie a quest’onda di sorriso tutti ritrovano salute, serenita’, voglia di vivere 🙂

Ora allargate il vostro bel pensieroDelfini a tutte le creature della terra, al mondo intero. Immaginate che la vostra onda benefica ricopra ormai tutta la terra e che tutte le sue creature ne traggono giovamento: persone, animali, piante.
Andate anche piu’ in la’, se volete, comprendendo l’universo intero e il regno di chi non e’ piu’ nella nostra dimensione. Ricordate che nella vostra mente non avete limiti.

Potra’ sfiorarvi il dubbio che mandare “pensiero positivo” al vostro corpo possa avere senso, mentre immaginare di mandarlo al ti fuori di esso non lo abbia. Ma non e’ cosi’. Gia’ il solo pensiero di aiutare gli altri, portando l’attenzione fuori da voi stessi, trascendendo il vostro abituale egoismo, vi aiutera’ a stare bene. In un certo senso e’ un trucco: pensare al bene degli altri, vi aiuta a smettere di pensare a voi stessi e ai vostri problemi. E vi dara’ forza e serenita’ 🙂 Se poi davvero aiuta anche gli altri, soprattutto coloro che non sono a voi vicini, questo non lo so, ma non e’ cosi’ importante 😀 E’ bello comunque crederlo.

Quando volete, aprite gli occhi e… siate soddisfatti: la meditazione e’ finita 😉

sorriso

Chi ha spostato il mio formaggio?

Chi ha spostato il mio formaggio“Chi ha spostato il mio formaggio?” è un libro di Spencer Johnson di straordinario successo negli Stati Uniti: scritto ormai diversi anni fa, è arrivato a innumerevoli ristampe ed è stato a lungo tra i libri più letti.
E’ molto breve, si può leggere in una giornata o forse in una serata; io ci misi un po’ di più perché lessi la versione americana “Who moved my cheese?” che, essendo in inglese non-tecnico, mi richiese qualche ora in più 🙂

E’ molto semplice in fondo, non dice nulla di straordinario e non troverete in esso alcun miracoloso segreto, molti di voi lo troverebbero simpatico… ma banale.
Perché allora tutto questo successo? Perché le banali pillole di saggezze che elenca, e che tutti noi siamo supposti conoscere… spesso le abbiamo completamente dimenticate.

Di che tratta? Bé, essendo un libro americano non può che parlare di cambiamento. Esattamente della capacità di “annusare” il cambiamento non appena arriva o, ancora meglio, prima che ci piombi addosso.

Riporto un estratto della recensione che potete trovare qui: it.geocities.com/claupalm/Testi/Recensioni/spostato_formaggio.html

E’ un libretto che si legge in pochissimo tempo, una favola. Sì, proprio una favola, tanto che la si può leggere anche ai bambini divertendoli con le avventure di due topolini, Nasofino e Trottolino, e di due gnomi, Tentenna e Ridolino che vivono in un Labirinto.

Per nutrirsi ed essere felici i quattro protagonisti di questa storia hanno bisogno di Formaggio. Per questo loro vagano nel Labirinto fino a che riescono a scovare un deposito in cui ciascuno trova il tipo di Formaggio che lo soddisfa di più.

La vita, grazie all’abbondanza di Formaggio, scorre tranquilla anche se lo stile con cui i topi e gli gnomi la affrontano e’ diversa. I topolini vanno ogni giorno al deposito del Formaggio, ma sono sempre all’erta. Notano i cambiamenti e tengono sempre le loro scarpine da ginnastica attaccate al collo per essere pronti all’esigenza di dover ricominciare a correre per cercare.

Gli gnomi invece cominciano a fare del deposito di Formaggio un posto dove sistemarsi e vivere confortevolmente le loro giornate. Arrivano con calma, sistemano le loro scarpine bene in ordine, cominciano a decorare il magazzino con delle scritte che lo rendano familiare, e si considerano arrivati ora che quell’enorme e apparentemente inesauribile riserva di Formaggio e’ a loro disposizione.

Ma un giorno qualcosa cambia. Il Formaggio comincia a diminuire finché si esaurisce del tutto. I topolini, che avevano già intuito i segni di questo cambiamento, partono subito e si tuffano nel Labirinto alla ricerca di un nuovo deposito di Formaggio.

Per gli gnomi le cose vanno diversamente. Da bravi abitudinari essi continuano a tornare ogni mattino al magazzino aspettandosi che, una volta entrati, tutto sia tornato come prima. Sperano che il Formaggio ritorni e invece di cambiare il loro comportamento e darsi da fare, rimangono bloccati a sperare che gli venga restituito ciò che avevano.

Non voler vedere il cambiamento, non volerlo affrontare per timore di un domani che non conosciamo, per non perdere ciò che abbiamo o che addirittura non abbiamo più, è spesso molto più dannoso del cambiamento stesso. Può portarci alla rovina, a volte oltre al punto di non ritorno. E questo non vale solo nel lavoro o negli affari, ma in tutti i campi della vita, dalle relazioni alla salute, nostra e altrui.

C’è qualcosa che state facendo finta di non vedere o che proprio non volete affrontare? 😐 Non state a prendervela contro chi vi ha spostato il formaggio o a pretendere che vi venga restituito: infilate le vostre scarpette e cercatene di nuovo! 🙂

formaggio

 

Ricerca spirituale e Vita

Da una nuova iscritta di Splinder, mi e’ arrivato il seguente messaggio che ho ritoccato qua e la, togliendo dati personali e tentando un riassunto. Spero che il risultato sia consono allo spirito del messaggio originale.

“Sono sempre stata una persona molto riflessiva, che si fa anche molte domande. Questo mio lato si è mostrato ancora di più quando ho dovuto affrontare una serie di problemi di salute. Da questa cosa è iniziata la mia ricerca spirituale. Nei primi tempi mi sono affidata, dietro altrui consigli, a libri che ho letto con attenzione lasciando perdere i miei interessi personali. Tuttavia in tutto questo sento una certa forzatura; pur interessandomi la materia di ricerca interiore e spirituale mi piacerebbe avere una visione più ampia e sapere, magari visto che anche tu hai intrapreso questo percorso quali testi hai iniziato a leggere, come ti poni nei confronti della realtà del mondo esterno, visto che tutto deve passare attraverso l’esperienza come dicono i grandi Maestri ad esempio Aivanhov, altrimenti tutto questo studiare non serve a nulla.”

tibetSono assolutamente in sintonia con quanto scritto nelle ultime righe dello scritto della nostra amica: ogni insegnamento, per divenire tale a tutti gli effetti, deve passare attraverso l’esperienza. Anzi, se l’esperienza – cercata o meno che sia &nd9ash; puo’ divenire insegnamento; il puro studio teorico, senza esperienza, no: esso lascia il tempo che trova. Infatti ogni grande maestro che si rispetti ammonisce a non prendere il suo insegnamento pedissequamente, per oro colato, bensi’ a “viverlo” a “sentirlo sulla propria pelle”.
La teoria e’ allora inutile? No. Diciamo che e’… propedeutica 🙂
Un buon insegnamento scritto si impara due volte: la prima volta con la mente, come informazione puramente mnemonica; la seconda… quando ci si accorge di stare vivendolo.
Naturalmente chi ha scritto libri di un certo spessore non e’ uno stupido, afferma generalmente cose importanti e incontrovertibili. Il problema e’ che fondamentalmente la vera conoscenza non puo’ essere trasmessa a parole, puo’ solo essere appresa esperendola sulla propria pelle. Quando questo avviene… ti guardi indietro, e ti ricordi le parole che avevi letto come se le “vedessi” solo ora per la prima volta. Il loro significato “mnemonico” e’ ovviamente il medesimo, ma stavolta le ha capite ed apprese “col cuore”.
Notate che qualcosa di simile avviene spesso con i genitori apprensivi: essi credono di poter risparmiare ogni errore ai loro figli tramite il loro insegnamento; ma cio’ non e possibile, perche’ certe cose si imparano solo attraverso l’esperienza personale.

siddhartaIl libro che piu’ di ogni altro rappresenta il mio pensiero su questo argomento, e’ il bellissimo Siddharta di Hermann Hesse. Immergersi nella teoria, senza fare esperienza – esperienza “vera”, di vita, non meditazioni, pratiche yoga o quant’altro – lascia un senso di vuoto o, peggio, di frustrazione, perche’ si sente che ci si sta impegnando tanto per ottenere poco.
Il protagonista del libro abbandona i suoi studi e le pratiche ad esso collegate perche’ sente che “manca qualcosa”, qualcosa senza il quale non potrebbe mai arrivare la’ dove si e’ prefissato di arrivare.
Questa cosa e’ la vita, e’ la sua esperienza.
Siddharta inizia un percorso di vita dove nulla gli manca: dall’esperienza amorosa a quella lavorativa.
Alla fine del suo percorso, che potremmo definire “naturale ma vissuto con gli occhi aperti”, Siddharta si “ritira” in un umile e tranquillo lavoro: il traghettatore su un fiume. Ma la saggezza che ha raggiunto diventa presto proverbiale venendo riconosciuta dalle persone con cui viene a contatto; cosi’ si sparge la voce del “maestro sul fiume”.

E’ stata utile a Siddharta la teoria da lui appresa per arrivare al suo stato finale? E’ probabile che la risposta sia “si”. Tutto lo e’ stato. La teoria e l’esperienza. Certamente mentre faceva esperienza, Siddharta trovava via via riscontro in cio’ che aveva precedentemente appreso. Ma solo allora esso diveniva reale parte di lui. Sua stessa essenza. Solo allora diveniva davvero utile.

Ci sono periodi della nostra vita, dove il richiamo alla nostra interiorita’, spesso dettato dalle nostre difficolta’ “esterne”, dal desiderio di capire cosa ci sta succedendo, e’ cosi’ forte che abbiamo bisogno di “nutrirci” di libri e lezioni positive, di qualcosa che ci aiuti a far chiarezza o, perlomeno, a ridarci un po’ di fiducia, superando cosi’ quei difficili momenti. Personalmente – ma sento che questa e’ anche storia della nostra amica, e’ anche storia di molti – superata la crisi, si “sente” che si deve tornare alla vita, la vita “normale”, quella “di tutti i giorni”, non necessariamente abbandonando la propria ricerca, ma evitando che sia “mutuamente esclusiva col resto della vita”. Il “ritorno alla vita” viene fatto nella consapevolezza, o almeno nella speranza, che stavolta la si vivra’ in maniera diversa. E’ la differenza tra il “vivere qui e ora” degli animali (ad esempio) e il “vivere qui e ora” delle persone “consapevoli”: il valore aggiunto e’ infatti la consapevolezza di cosa si sta facendo, del momento che si sta vivendo. E’ un “qui e ora” che si e’ scelto.
Si e’ insomma “tornati indietro”, agendo pero’ stavolta da “veri architetti della propria vita”.

“Le parole non colgono il significato segreto, tutto appare un po’ diverso quando lo si esprime, un po’ falsato, un po’ sciocco, sì, e anche questo è bene e mi piace moltissimo, anche con questo sono perfettamente d’accordo, che ciò che è tesoro e saggezza d’un uomo suoni sempre un po’ sciocco alle orecchie degli altri”
(Siddharta – citazione da Wikipedia)

 



NON BASTA RINUNCIARE
di Paulo Coelho

Conobbi la pittrice Myie Tamaki durante un seminario sull’Energia Femminile, a Kawaguciko, in Giappone. Le domandai quale fosse la sua religione.
“Non ho più religione”, rispose lei.
Notando la mia sorpresa, spiegò: “Sono stata educata a essere buddista. I monaci mi hanno insegnato che il cammino spirituale è una costante rinuncia: dobbiamo superare la nostra invidia, il nostro odio, le nostre angosce di fede, i nostri desideri”.
“Da tutto ciò sono riuscita a liberarmi, finché un giorno il mio cuore è rimasto vuoto: i peccati se n’erano andati via, ma anche la mia natura umana”.
“All’inizio ne ero contenta, ma ho capito che non condividevo più le gioie e le passioni delle persone che mi circondavano. È stato allora che ho abbandonato la religione: oggi ho i miei conflitti, i miei momenti di rabbia e di disperazione, ma so di essere di nuovo vicina agli uomini e, di conseguenza, vicina a Dio”.

torrente

E’ possibile farlo nell’anno nuovo

Voglio anche io lasciare il mio augurio di buon 2008 a tutti voi 🙂 e per farlo, uso le parole di Rodolfo di Maggio, che già vi ho presentato “qualche post fa’ “. Ho solo apportato qualche minima modifica, anno compreso naturalmente 😉

Un grosso abbraccio a tutti gli amici e una stretta di mano anche a chi non lo è, perché nella vita andare d’accordo con tutti è, in fondo, un’illusione…


E’ possibile farlo nell’anno nuovo (di Rodolfo di Maggio)

gatto andatoQuante e quante e quante volte ancora, ti chiedo di dirlo onestamente, ti sei prefissato cose nuove e più impegnative per l’anno che verrà? Quante promesse hai fatto, quanti propositi hai cullato nella tua mente, prendendo la fatidica scadenza del primo gennaio come quel momento “X” in cui scatterà una nuova vita, in cui inizierai ad avere più grinta e determinazione?

No, non dirlo, perché, come a tutti noi, ti è successo mille volte…
Si inizia qualcosa di nuovo e diverso – uno stile di vita alimentare più sano, ad esempio – e dopo alcune settimane ricadiamo nel precedente. Dopo anni spesi a fumare e sapendo cosa questo comporta per la salute, decidiamo di smettere. Ma perché non ci riusciamo? E l’elenco può continuare…

Cigni in voloSe è vero come lo è che le persone vincenti nella vita sanno cosa cambiare e cosa no, è anche vero che saperlo non basta; bisogna avere la forza, il coraggio di iniziare davvero e poi perseverare.

Chiunque tu sia, qualunque attività tu stia svolgendo, comunque sia stata la tua vita sino ad ora, ti è possibile cambiarla nella direzione in cui tu desideri, ma sai che volerlo non basta, è il primo passo ma deve essere l’inizio di un cammino, non un gesto isolato.

La palla è nel tuo campo, le carte sono state distribuite, la campanella è suonata e l’orologio sta ticchettando per scandire il tempo nella partita della vita. Sta a te scegliere quali abitudini cambiare, perché sono le tue abitudini che determinano la qualità della tua vita, se vivrai nella felicità e nel benessere oppure nel dispiacere e nella povertà. Noi creiamo le nostre circostanze tramite le scelte da noi compiute. Abbiamo sia la capacità che la responsabilità di compiere scelte migliori. Ad iniziare da oggi.

gatto e scimmiaNon è più tempo che ci serve, ne abbiamo avuto abbastanza. Non sono ulteriori riscontri quelli che ci servono, sappiamo cosa dobbiamo fare e il modo in cui farlo. Dobbiamo solo provare amore per noi stessi. Pensare che saremo capaci di trovare il tempo per mangiare correttamente, dormire bene, continuare ad imparare, esercitarci.

Valutare noi stessi, smettere di perdonarci o compiangerci per ogni errore compiuto ed utilizzarlo invece come insegnamento. Siamo esattamente dove la somma delle nostre esperienze ed azioni ci ha condotto sino ad ora. Solo apprezzando noi stessi potremo apprezzare gli altri. Dobbiamo amarci. Le cose che non vanno in noi, esteticamente o internamente, possono essere modificate se davvero lo vogliamo, ma dobbiamo voler bene a noi stessi, requisito fondamentale per poter volere bene agli altri.

Iniziamo ad avere successo con l’ammettere gli errori compiuti, consapevoli finalmente di aver imparato da questi e decisi a non ripeterli nel futuro. Sbarazziamoci delle cose inutili nella vita e impariamo a concentrare le energie nelle scelte importanti. Anche con l’obbiettivo ben chiaro in vista affolliamo le nostre esistenze con troppo rumore di fondo. Questo ci limita nelle scelte fondamentali.

Possiamo avere un miglior controllo della nostra vita nel decidere cosa ha diritto di stare sulla nostra scrivania, dentro il nostro computer, nei nostri armadi, nella nostra vita, nella nostra mente.
Solo facendo spazio per nuove cose possiamo arricchirci veramente. E torniamo alle cose fondamentali che creano la differenza. Esse sono: le scelte che compiamo, l’amare noi stessi e l’eliminare l’affollamento nella nostra vita. Ci vogliono ventun giorni, così dicono, per acquistare una nuova abitudine. Possiamo quindi iniziare.

Basta cominciare, senza continuare a voltarsi indietro.
Sorprendi te stesso: mostra il tuo vero potenziale e… buon 2008!!!

orsetti abbracciati