Dogmi che cambiano

LA LEGGE E I FRUTTI, di Paulo Coelho

Nel deserto, i frutti erano rari. Dio allora chiamò uno dei suoi profeti, e disse: “Ogni persona può mangiare solo un frutto al giorno”. Il costume fu rispettato per generazioni, e l’ecologia del posto venne preservata. Siccome gli altri frutti davano i semi, nacquero numerosi alberi. Ben presto, tutta quella regione si trasformò in un suolo fertile, invidiato dalle altre città.

Il popolo, però, continuava a mangiare un solo frutto al giorno, fedele alla raccomandazione che un antico profeta aveva trasmesso ai loro antenati. Oltre tutto, non permetteva che gli abitanti degli altri paesi godessero del ricco raccolto che si produceva tutti gli anni. Il risultato era uno solo: i frutti marcivano per terra. Dio chiamò un nuovo profeta e disse: “Lascia che mangino tutti i frutti che vogliono. E chiedi loro di dividere quest’abbondanza con i vicini”.

Il profeta giunse in città con il nuovo messaggio. Ma finì per essere lapidato, giacché il costume era radicato nel cuore e nella mente di ogni abitante. Con il tempo, i giovani del paese cominciarono a discutere quel costume barbaro. Ma, siccome la tradizione dei più vecchi era inviolabile, decisero di allontanarsi dalla religione. Così potevano mangiare tutti i frutti che volevano, e dare il resto a coloro che avevano bisogno di cibo.

Nella chiesa locale rimasero solo coloro che si ritenevano santi. In verità, erano solo persone incapaci di intravvedere che il mondo si trasforma e che dobbiamo trasformarci insieme a esso.

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Commento di Wolfghost: Be’, “dedicare” questo racconto di Coelho alla Chiesa Cattolica sarebbe fin troppo facile; in realta’ credo sia adatto a tutte le religioni, e, ancora piu’ in generale, a tutte quelle regole odierne che hanno ormai perso significato, il motivo della loro origine e esistenza, nella notte dei tempi. Cosi’, non ricordandosi piu’ perche’ fu creata, una regola diventa dogma.

Credo che dogmi e regole non nascano per caso ma per esigenze del particolarmente momento in cui vengono alla luce. Ogni tanto pero’ sarebbe bene metterli in discussione, per verificare che la loro iniziale utilita’ sia ancora di attualita’.

… e guardate che ognuno di noi ha i propri “dogmi” di cui a volte nemmeno ha consapevolezza. Segue pedissequamente antiche convinzioni personali che ormai, per mutate condizioni, avrebbe dovuto dismettere da tempo.

 

Rompete un bicchiere! ;-)

Bene, un altro fine settimana e’ arrivato dopo una intensa settimana lavorativa (infatti dovete scusarmi per la mia poca presenza :-|). Domani io, mia moglie e Tom, partiamo per un weekend fuori porta e saro’ di nuovo poco presente, cosi’ ho pensato di lasciarvi con un breve estratto di un libro di Paulo Coelho, gentilmente concessomi da donnaflora che lo ha copiato e pubblicato prima di me sul suo bel blog Ricomincio a vivere 🙂
Sono certo che piacera’ anche a voi… 😉


Ho liberato una mano, ho preso un bicchiere e l’ho spostato sul bordo del tavolo. “Cadrà” ha detto lui.
“Esatto.Voglio che tu lo faccia cadere.”
“Rompere un bicchiere?”
Sì, rompere un bicchiere.
Un gesto in apparenza semplice, ma che implica terrori che non giungeremo mai a comprendere appieno.
Che cosa c’è di sbagliato nel rompere un bicchiere di poco valore, quando tutti noi, senza volerlo, abbiamo già fatto la stessa cosa nella vita?
“Rompere un bicchiere? ” ha ripetuto.
“Per quale motivo?”
“Posso spiegartelo,  ho risposto,ma, in verità, è solo così, per romperlo.”
“Per te?”
“No, è chiaro”.
Lui guardava il bicchiere sul bordo del tavolo, preoccupato che cadesse.
“È un rito di passaggio, come dici tu stesso” avrei voluto spiegargli.
“È la cosa proibita. Non si rompono i bicchieri di proposito. In un ristorante, o nelle nostre case, ci preoccupiamo che i bicchieri non finiscano sul bordo del tavolo.
Il nostro universo esige attenzione, affinché i bicchieri non cadano per terra.
Eppure,pensavo ancora, quando li rompiamo senza volerlo, ci accorgiamo che non è poi tanto grave”.
Il cameriere ci dice: “Non ha importanza”, ed io non ho mai visto includere un bicchiere rotto nel conto di un ristorante.
Rompere bicchieri fa parte del caso della vita e non provoca alcun danno reale: né a noi né al ristorante, né al prossimo.
Ho dato uno scossone al tavolo. Il bicchiere ha ondeggiato, ma non è caduto. “Attenta!” ha detto lui, d’istinto.
“Rompi quel bicchiere” ho insistito io.
“Rompi quel bicchiere,pensavo, perché è un gesto simbolico.
Cerca di capire che io, dentro di me, ho rotto cose ben più importanti di un bicchiere e ne sono felice. Pensa alla lotta che divampa dentro di te e rompi questo bicchiere. Perché i nostri genitori ci hanno insegnato a fare attenzione con i bicchieri e coi i corpi. Rompi questo bicchiere, per favore, e liberaci da questi maledetti preconcetti, dalla mania che sia necessario spiegare tutto e fare solo quello che gli altri approvano.” “Rompi questo bicchiere” gli ho ripetuto. Mi ha fissato negli occhi.
Poi, lentamente, ha fatto scivolare la mano sul piano del tavolo, fino a toccare il bicchiere.
Con un movimento rapido, lo ha spinto giù. Il rumore del vetro infranto ha richiamato l’attenzione di tutti.
Invece di mascherare il gesto chiedendo scusa, lui mi ha guardato sorridendo e io ho ricambiato il gesto.
“Non ha importanza” ha esclamato il ragazzo che serviva ai tavoli.
Ma lui non lo ascoltava. Si è alzato e, mettendomi le mani tra i capelli, mi ha baciato.

                                            (da”Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto”P. Coelho)

Essere se’ stessi

Sospendo per qualche giorno il racconto della “dama bianca” per riportare qua un bel post di Smailer, blog: Un sorriso dagli occhi della luna. Ho gia’ parlato in passato del tema “essere se’ stessi”, ma questo post mi ha dato l’occasione di focalizzare il mio pensiero sull’argomento, pensiero che ho riassunto in un commento al post originale e che riporto anch’esso qua.
Mi piacerebbe conoscere anche la vostra personale risposta alla domanda di Smailer, e credo che anche lei ne sia molto curiosa 😉

 



Domanda

Quale è il momento della propria vita in cui si è veri fino in fondo?

vale a dire…ci sono situazioni quotidiane in cui “dobbiamo essere”, “dobbiare fare”, “dobbiamo sembrare”!!! in cui un certo comportamento ci viene obbligato….vuoi dalla situazione, vuoi dalla necessaria diplomazia o convenienza…

ma quando ci sentiamo veramente noi stessi, fino in fondo, senza vincoli, senza inibizioni…quando ci diciamo…”ecco il momento per cui vale veramente vivere!”

quando stiamo lavorando, quando stiamo da soli, quando ci rifugiamo nella nostra famiglia, quando siamo in vacanza, quando facciamo l’amore, quando leggiamo o guardiamo un film…..quando facciamo il nostro sport preferito….quando, insomma, sentiamo di essere proprio noi stessi, senza falsità e senza maschere, quando stiamo bene e vorremmo sempre stare così??? liberi e appagati da quella situazione, per cui pensiamo che valga davvero vivere??? per quel momento che aspettiamo ogni istante con ansia e con trepidazione???

ho sempre pensato che quello fosse il sogno, il motivo per cui dare un senso alla propria vita! al di là di quello tutto il resto è solo cornice!!!

e per voi quale è quel momento? quello in cui siete veramente voi stessi???

Alessia [Smailer]



Commento di Wolfghost:
Questo e’ un bellissimo post, con un bellissimo quesito 🙂
Secondo me non c’e’ un “dove” o un “quando”: si puo’ recitare facendo l’amore (triste…) o si puo’ essere se’ stessi nel bel mezzo di una riunione lavorativa piena di persone.
Cio’ che davvero conta e’ la consapevolezza che ti permette di sapere cosa stai facendo.
La persona che e’ davvero se’ stessa e’ quella che e’ sempre presente a se’ stessa, perfino se sta recitando su un palcoscenico.
La differenza tra lei e un’altra persona, e’ che la seconda non si rende conto di cosa realmente sta facendo, e’ solo un burattino che agisce su comandi espliciti o impliciti (dei quali nemmeno e’ cosciente) che gli arrivano, o gli sono arrivati, dall’esterno.
Una volta ebbi una discussione con un mio caro amico. Questo non voleva saperne di entrare in locali tipo discoteche poiche’ avrebbe dovuto vestirsi elegante (ora le cose sono probabilmente un poco cambiate) mentre lui voleva sempre “essere se’ stesso”. Io gli feci notare che imporsi di vestire sempre in una determinata maniera (che meglio secondo lui lo rappresentava) era rendersi schiavo allo stesso modo di seguire sempre le mode del momento.
La persona libera e’ colui che veste in jeans e maglietta ma che, se ne ha piacere e – perche’ no – convenienza, non si addolora per il solo fatto di mettersi in giacca e cravatta.
Siamo in una societa’ e qualunque societa’, qualunque “agglomerato” di persone, ha necessariamente bisogno di regole, e’ inevitabile. Altrimenti sarebbe l’anarchia. La persona libera non e’ quella che e’ schiava di queste regole, ovvero che le segue perche’ non e’ cosciente di avere alternative oppure perche’ si sente obbligato a farlo; la persona libera e’ colei che in quel momento sceglie, per sua convenienza o piacere, di servirsi delle regole di quella societa’.
Cosi’, se io ho voglia di andare a ballare in una certa discoteca, certamente ci vado anche se devo vestirmi in un certo modo, perche’ sono consapevole che sto semplicemente seguendo qualcosa che in quel momento e’ logica conseguenza della mia scelta. In realta’, anche la conseguenza e’ una mia scelta, non e’ cosi’? 😉
L’anticonformista e’, a mio avviso, il peggiore dei conformisti e finisce, quasi sempre, per vivere peggio degli altri in nome di quell’essere se’ stesso che identifica solo negli atti e nell’apparenza, anziche’ nell’anima, nel cuore, nella mente.


P.S.: domani pomeriggio (domenica) torno per qualche giorno a Stoccolma dopo parecchio tempo di assenza, dovrei comunque essere in grado, verso sera, di leggere e rispondere i vostri eventuali commenti 🙂

nel cielo