Psicologia: la Johari window, ampliare la nostra parte pubblica

Bene, riprendo nell’operazione di recupero di vecchi post. Questo è ancora di Gennaio 2008, ed è uno dei più basati sulla psicologia tra quelli che scrissi. Esoterismo e psicologia sono stati i due miei grandi amori “conoscitivi”. All’inizio mi sembravano in antitesi ma presto, soprattutto grazie a Jung, scoprì che non lo erano affatto e che, a volte in maniera sorprendente, avevano molti punti in comune.

Oggi, a distanza di anni, la psicologia mi appare una scienza inevitabilmente inesatta, più ancora della medicina di cui, in fondo, fa parte. Sicuramente è da prendere con le dovute cautele, non come “oro colato” ma aggiungendo parecchio di personale. D’altronde lo stesso Jung diceva che con ognuno dei suoi pazienti doveva sempre cominciare da capo, perché ognuno faceva storia a sé e i “tipi psicologici” dovevano essere presi solo come indicazioni di massima. Anche le terapie o semplicemente i consigli andavano quindi addattati e non era possibile seguirli pedissequamente “da manuale”.

Tuttavia è indubbio che le basi psicologiche di massima siano simili per tutti  e dunque c’è molto da imparare dalla psicologia. Basta, appunto, sapere che non è una formula esatta e miracolosa, ma c’è molto di personale da aggiungere e lavoro da fare.

Qui trovate il link al post originale con tutti i commenti dell’epoca: Psicologia: la Johari window, ampliare la nostra parte pubblica

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Un mesetto fa’ partecipai ad un corso di comunicazione interpersonale. Fu’ un corso breve, solo un paio di giorni, ma comunque molto interessante. In realtà sapevo già gran parte di ciò che fu spiegato, ma come minimo fu’ un utile ripasso. Si parlò di PNL, di rispecchiamento e tante altre cose.

Una cosa però non la conoscevo e mi colpì particolarmente: la finestra di Johari.

Chi era Johari? … nessuno! 😀 In realtà “johari” è un acronimo formato dalle iniziali degli autori di tale “finestra”. Se volete, fate una piccola ricerca su un motore di ricerca: troverete tanti siti che parlano di essa.

Johari Window 1Di che si tratta? Guardate la finestra (appunto) a fianco: essa è divisa in quattro aree, rappresentanti il grado di conoscenza che noi stessi e gli altri abbiamo sulla nostra persona:
Area Pubblica: è ciò che di noi è conosciuto sia da noi stessi che dagli altri.
Area Privata: è ciò che noi conosciamo di noi stessi ma preferiamo tenere nascosto agli altri.
Area Cieca: è ciò che noi non conosciamo di noi stessi ma gli altri vedono. Com’è possibile? Bé… pensate alla vostra nuca o alla vostra voce ad esempio: voi non le conoscete, non potete vedere la vostra nuca così come la vedono gli altri, non potete sentire la vostra voce nello stesso modo in cui la odono gli altri. Vi siete mai visti in un filmato o avete mai ascoltato la vostra voce registrata? Non è vero che siete quasi irriconoscibili da come credevate di essere? 😉 Ma la cosa non si ferma all’aspetto fisico: con noi stessi spesso non riusciamo ad essere obiettivi, non accettiamo o proprio non ci accorgiamo di nostre pecche o caratteristiche. Pecche e caratteristiche che altre persone, da fuori, vedono chiaramente e oggettivamente.
Area Ignota: è l’area dell’inconscio, ignota a noi stessi ed agli altri.

Queste aree non sono uguali come mostrato nella prima finestra che ho disegnato, sono variabili da persona a persona e perfino per una stessa persona in momenti diversi della propria vita.

Voi direte: bene, e allora?

Johari Window 2Allora la cosa che mi sorprese è che, secondo gli autori della teoria – ampiamente riconosciuta, pensate che risale agli anni ’50! – più la parte pubblica è ampia e… meglio si vive e ci si sente!

Ciò mi colpì perché io, come penso la maggior parte di voi, avevo sempre teso ad avere non solo molti segreti, ma in generale ad essere riservato ed attento, ostico alle “intrusioni altrui”. Avevo sempre pensato che meno gli altri sapevano di me, e meno avrei avuto da temere da loro.

E invece, secondo questa teoria, mi sbagliavo! 😮

La cosa mi fece riflettere parecchio, soprattutto mi ricordai di esperienze avute precedentemente, internet compreso. Alla fine capii che gli autori della Johari Window avevano ragione.

Pensateci: cos’è che vi fa’ più paura che essere “messi in piazza”? Che i vostri segreti siano scoperti e divulgati? Che qualcuno vi minacci dicendo che andrà a raccontare qualcosa di voi che tenete nascosto?
Bene… la stragrande maggioranza di cosa ciascuno di noi tiene celato… è assolutamente banale, sono cose che moltissime persone fanno o dicono. Cose normali. Eppure ci mettiamo nella condizione di avere paura che vengano divulgate. Possiamo arrivare ad avere paura perfino se, a rigore, non abbiamo nulla da nascondere.

colomba stilizzataChi è “pubblico”, invece, non ha paura di “venire scoperto”, poiché non ci sono cose che teme essere rivelate. Non solo, ma si è abituato a rintuzzare attacchi e critiche. E’ diventato abile a difendersi e non va’ più in paranoia, nemmeno di fronte alla più agguerrita minaccia di svelamento della sua privacy. Pensate ai tentativi di estorsione basati sulle minacce di rivelare qualcosa di voi. Pensate a come sarebbe bello replicare facendo “spallucce” dicendo “racconta pure, non ho nulla da nascondere”.

Ci sono persone che sono abili manipolatrici. Persone che riescono a far credere che ciò che facciamo è terribile e che, se sarà dato in pasto al pubblico, ne saremo distrutti. Ma se ci riflettiamo bene, ci accorgeremo che le cose così terribili da dover davvero essere tenute nascoste, sono davvero poche. Forse nessuna.

Non sto’ naturalmente parlando di mettere su internet i vostri dati biografici corredati di indirizzo e numero di telefono (anche se c’è chi lo fa’… molti liberi professionisti ad esempio). Ma semplicemente di aprirvi un po’ di più verso l’esterno. Di allargare la parte pubblica della Johari Window insomma.

Vi accorgerete ben presto della differenza.

Per completezza, chiudo dicendo che non solo l’area privata può essere ridotta a vantaggio dell’area pubblica, ma anche quella cieca, chiedendo agli altri un feedback su come ci vedono o facendo esercizio di osservazione distaccata nei nostri stessi confronti (più difficile ma, se si riesce, più preciso, poiché gli altri potrebbero farsi riserve a parlarci apertamente) e perfino quella ignota, cercando di portare alla luce – col tempo – qualche pezzetto di inconscio.

Conosci e… fai conoscere te stesso, insomma!;-)

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Psicologia: la Johari window, ampliare la nostra parte pubblica

Un mesetto fa’ partecipai ad un corso di comunicazione interpersonale. Fu’ un corso breve, solo un paio di giorni, ma comunque molto interessante. In realtà sapevo già gran parte di ciò che fu spiegato, ma come minimo fu’ un utile ripasso. Si parlò di PNL, di rispecchiamento e tante altre cose.

Una cosa però non la conoscevo e mi colpì particolarmente: la finestra di Johari.

Chi era Johari? … nessuno! 😀 In realtà “johari” è un acronimo formato dalle iniziali degli autori di tale “finestra”. Se volete, fate una piccola ricerca su un motore di ricerca: troverete tanti siti che parlano di essa.

Johari Window 1Di che si tratta? Guardate la finestra (appunto) a fianco: essa è divisa in quattro aree, rappresentanti il grado di conoscenza che noi stessi e gli altri abbiamo sulla nostra persona:
Area Pubblica: è ciò che di noi è conosciuto sia da noi stessi che dagli altri.
Area Privata: è ciò che noi conosciamo di noi stessi ma preferiamo tenere nascosto agli altri.
Area Cieca: è ciò che noi non conosciamo di noi stessi ma gli altri vedono. Com’è possibile? Bé… pensate alla vostra nuca o alla vostra voce ad esempio: voi non le conoscete, non potete vedere la vostra nuca così come la vedono gli altri, non potete sentire la vostra voce nello stesso modo in cui la odono gli altri. Vi siete mai visti in un filmato o avete mai ascoltato la vostra voce registrata? Non è vero che siete quasi irriconoscibili da come credevate di essere? 😉 Ma la cosa non si ferma all’aspetto fisico: con noi stessi spesso non riusciamo ad essere obiettivi, non accettiamo o proprio non ci accorgiamo di nostre pecche o caratteristiche. Pecche e caratteristiche che altre persone, da fuori, vedono chiaramente e oggettivamente.
Area Ignota: è l’area dell’inconscio, ignota a noi stessi ed agli altri.

Queste aree non sono uguali come mostrato nella prima finestra che ho disegnato, sono variabili da persona a persona e perfino per una stessa persona in momenti diversi della propria vita.

Voi direte: bene, e allora?

Johari Window 2Allora la cosa che mi sorprese è che, secondo gli autori della teoria – ampiamente riconosciuta, pensate che risale agli anni ’50! – più la parte pubblica è ampia e… meglio si vive e ci si sente!

Ciò mi colpì perché io, come penso la maggior parte di voi, avevo sempre teso ad avere non solo molti segreti, ma in generale ad essere riservato ed attento, ostico alle “intrusioni altrui”. Avevo sempre pensato che meno gli altri sapevano di me, e meno avrei avuto da temere da loro.

E invece, secondo questa teoria, mi sbagliavo! 😮

La cosa mi fece riflettere parecchio, soprattutto mi ricordai di esperienze avute precedentemente, internet compreso. Alla fine capii che gli autori della Johari Window avevano ragione.

Pensateci: cos’è che vi fa’ più paura che essere “messi in piazza”? Che i vostri segreti siano scoperti e divulgati? Che qualcuno vi minacci dicendo che andrà a raccontare qualcosa di voi che tenete nascosto?
Bene… la stragrande maggioranza di cosa ciascuno di noi tiene celato… è assolutamente banale, sono cose che moltissime persone fanno o dicono. Cose normali. Eppure ci mettiamo nella condizione di avere paura che vengano divulgate. Possiamo arrivare ad avere paura perfino se, a rigore, non abbiamo nulla da nascondere.

colomba stilizzataChi è “pubblico”, invece, non ha paura di “venire scoperto”, poiché non ci sono cose che teme essere rivelate. Non solo, ma si è abituato a rintuzzare attacchi e critiche. E’ diventato abile a difendersi e non va’ più in paranoia, nemmeno di fronte alla più agguerrita minaccia di svelamento della sua privacy. Pensate ai tentativi di estorsione basati sulle minacce di rivelare qualcosa di voi. Pensate a come sarebbe bello replicare facendo “spallucce” dicendo “racconta pure, non ho nulla da nascondere”.

Ci sono persone che sono abili manipolatrici. Persone che riescono a far credere che ciò che facciamo è terribile e che, se sarà dato in pasto al pubblico, ne saremo distrutti. Ma se ci riflettiamo bene, ci accorgeremo che le cose così terribili da dover davvero essere tenute nascoste, sono davvero poche. Forse nessuna.

Non sto’ naturalmente parlando di mettere su internet i vostri dati biografici corredati di indirizzo e numero di telefono (anche se c’è chi lo fa’… molti liberi professionisti ad esempio). Ma semplicemente di aprirvi un po’ di più verso l’esterno. Di allargare la parte pubblica della Johari Window insomma.

Vi accorgerete ben presto della differenza.

Per completezza, chiudo dicendo che non solo l’area privata può essere ridotta a vantaggio dell’area pubblica, ma anche quella cieca, chiedendo agli altri un feedback su come ci vedono o facendo esercizio di osservazione distaccata nei nostri stessi confronti (più difficile ma, se si riesce, più preciso, poiché gli altri potrebbero farsi riserve a parlarci apertamente) e perfino quella ignota, cercando di portare alla luce – col tempo – qualche pezzetto di inconscio.

Conosci e… fai conoscere te stesso, insomma! 😉

L’esperienza del teatro

Ieri ho partecipato ad una dimostrazione teatrale tenuta dalla compagnia “Waltersteiner” (http://www.waltersteiner.it) in pubblico.
Non sono un attore, ne’ ho le conoscenze del settore che sarebbero necessarie per esprimermi “tecnicamente” sul lavoro fatto; sto solo seguendo, per scopi di crescita personale, uno dei corsi che ciclicamente tengono e che chiamano “laboratori di ricerca”.

waltersteiner Cio’ che mi preme, e’ rilevare l’aspetto psicologico e umano di tale esperienza, valida proprio perche’ arriva da un “principiante”; spesso, chi e’ dentro le cose da tempo, chi e’ cresciuto dentro di esse a poco a poco, perde la visione dello sforzo e dei risultati che sta’ ottenendo, sforzo e risultati che appaiono invece evidenti a chi li segue da poco tempo.

Premetto che ho probabilmente sentito meno l’emozione rispetto a molti degli altri “allievi” (termine che mi fa’ un po’ sorridere, ma non ne trovo altri :-)) grazie al fatto che, per motivi di lavoro, ho gia’ dovuto tenere diverse presentazioni tecniche – tra l’altro in lingua diversa dalla mia – davanti a platee anche numerose (100 e piu’ invitati da tutto il mondo); esperienza ovviamente molto diversa, ma che comunque serve “a formarsi” nell’impatto col pubblico. In particolare riporto la frase di un’altra allieva che, alla fine di una delle performance, ha esclamato con evidente piacere “Oh! I primi applausi della mia vita!” 😉

teatro Intanto una premessa: perche’ alcuni mesi fa’ scelsi di fare questo corso? Be’… volevo investire su qualcosa che ampliasse i miei orizzonti, sia in termini di nuove conoscenze che di crescita personale, per cui mi “guardai attorno” e, insieme ad altre possibilita’, trovai e valutai questo corso.
Avendone saltato la presentazione, chiesi ed ottenni di poter assistere al primo giorno in qualita’ di osservatore, proprio al fine di decidere se iscrivermi o meno. Bastarono 5 minuti per farmi propendere per il “si”. Trovai e trovo tuttora affascinante quanto questo lavoro peschi nell’animo umano, lavorando sulla consapevolezza dei gesti, del respiro, sull’apertura e la fiducia nelle altre persone, sul necessario lavoro di destrutturazione di quelle immense “sovrastrutture mentali” che in ognuno di noi si formano e aumentano via via che gli anni passano. Rimasi colpito da quanto pertinente fosse questo lavoro con certi concetti di consapevolezza e attenzione che avevo gia’ trovato in pratiche come lo Yoga, la Meditazione o nelle moderne forme di psicologia come la PNL, sia da un punto di vista mentale che fisico (perche’, guardate… tornare a “svincolare” i muscoli dalla stretta mentale e’ tutt’altro che facile!).

Il gruppo della Waltersteiner e’ molto compatto, c’e’ un grande spirito d’unione tra di loro. Soprattutto colpisce la professionalita’ unita alla grande passione verso questo lavoro, che, tra l’altro, e’ necessariamente un “secondo” lavoro (tra virgolette perche’ in termini di impegno e’ probabilmente il “primo” per molti di loro). In prossimita’ delle loro performance e spettacoli, non esistono sere, non esistono domeniche, ma non c’e’ un vero “sacrificio” – non nei termini di “sofferente impegno” con cui di solito lo si intende – perche’ fanno cio’ che amano fare.
Tanto per citare un episodio, ieri mi hanno colpito le parole di una delle attrici, Elena, che raccontava di quanto fosse dispiaciuta per non aver potuto partecipare alla dimostrazione a causa di un lieve infortunio nelle prove della settimana precedente e di come fosse gia’ protesa e ansiosa di recuperare il prima possibile per essere presente nella seguente. Non sono state tanto le parole (“questa e’ la mia vita”, diceva con grande partecipazione), quanto l’atteggiamento, a dimostrarne con evidenza la veridicita’.

Io spesso parlo di determinazione, amo citare le parole di Anthony Robbins quando sostiene che non ha mai visto nessuno arrivare al successo trascinandosi stancamente (di qualunque campo si stia parlando). E non parlo di successo in termini di fama, quanto piuttosto di successo nel riuscire a fare, a vivere, cio’ che si vuol fare e vivere. Quanti di noi dicono “mi piacerebbe…” ma poi concretamente non fanno nulla per trasformare le proprie aspirazioni in realta’?

clementedavid La determinazione e la passione – unita, e guardate che e’ rarissimo da trovare quando c’e’ passione, alla mancanza di competizione tra loro – sono proprio cio’ che piu’ del resto mi ha colpito nel loro gruppo, a partire dai fondatori del gruppo – Clemente e David (nelle due foto qua a lato) – che nel 2001 decisero di provare a realizzare quello che per loro era solo un’idea o, forse, un sogno.

Per ora mi fermo qua, perche’ ognuno di loro ha personalita’ e caratteristiche cosi’ peculiari che dovrei perlarne per pagine e pagine…

Personalmente, a parte la lezione del loro impegno che e’ poi cio’ che mi ha colpito principalmente, sto traendo da questa esperienza l’opportunita’ di mettere in pratica conoscenze che altrimenti sarebbero forse rimaste al solo livello teorico, nonche’, ovviamente, impararne di nuove. Mettersi in gioco, in qualche modo, e’ sempre importante, altrimenti non si potra’ mai davvero sapere qualcosa di concreto su se’ stessi, poiche’ solo dall’obiettivita’ dell’esperienza si puo’ avere un’idea oggettiva di come siamo fatti. Nell’isolamento della nostra mente possiamo raccontarci tutto e il contrario di tutto senza tema di essere smentiti, potendo arrivare infine a crederci molto diversi da come siamo in realta’ .
E’ solo “portandosi fuori da se’ stessi”, mettendosi in gioco, che si puo’ davvero conoscere il proprio valore e continuare a crescere.

foto del gruppo degli attori della Walter Steiner
I persiani