Mura

L’uomo si guardò attorno ancora una volta: niente, niente di niente! Le pareti erano dure e solide. Aveva provato a fare breccia con tutto cio’ che aveva a disposizione ma non era riuscito ad ottenere altro che inutili scalfiture di pochi centimetri. Temeva che la luce che illuminava la camera potesse spegnersi da un momento all’altro lasciandolo completamente al buio. Sentiva i morsi della fame e della stanchezza. Iniziava ad avere la sensazione che perfino l’ossigeno iniziasse a scarseggiare. La disperazione, la paura e lo sconforto stavano ormai entrando nella sua anima. Ormai quella stanza, un tempo piena di promesse, era diventata la sua trappola, la sua ossessione, la sua tortura. Non ne poteva più e si mise ad urlare con tutto il fiato che aveva in corpo. Poi si lasciò cadere sulle ginocchia chiedendosi come avesse potuto ritrovarsi in una situazione del genere.

Alla fine si stufò. Trasse un profondo respiro, spazzò i suoi dubbi e i suoi sensi di colpa, si alzò, aprì la porta e uscì al sole e all’aria aperta, mandando al diavolo quella camera e chi ce l’aveva fatto entrare!

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Commento: Come l’uomo del racconto, anche noi ci ritroviamo spesso tra mura che tentiamo in tutti i modi di abbattere senza riuscirci. Mura che abbiamo costruito noi stessi o che, forse, altri ci hanno proposto ad arte facendoci credere che sarebbero state necessarie o perlomeno desiderabili. Finiamo per credere che abbattere quelle mura, vincerle, dimostrarci più forti di loro, sia l’unico modo di liberarsene. Finché un giorno ci rendiamo conto che possiamo infischiarcene delle mura e possiamo uscire dalla stessa porta dalla quale eravamo entrati, la porta che non vedevamo più nella convinzione che indietro non si torna, che la battaglia non si abbandona.

Quella che molti chiamano resa, per altri è libertà. E la sua porta è sempre lì, semplice da aprire, semplice da varcare. A patto di decidere di farlo.