Da che mondo è mondo si è sempre sentito parlare di “gregge” sebbene non sempre in termini negativi, basti pensare al buon pastore che cura il suo gregge, ma oggi il termine gregge ha assunto una connotazione negativa, perfino i pubblicitari cavalcano l’onda dello “essere sé stessi distinguendosi dalla massa”.
Peccato che l’essere sé stessi non dovrebbe dipendere da cosa fa, o da come è, la maggioranza delle persone: se uno è sé stesso lo è indipendentemente dagli altri, in alcune cose il suo modo di essere sarà in accordo con quello della maggioranza, in altri aspetti sarà diverso. E’ normale che sia così. D’altronde cos’è la “maggioranza” se non una media? E una media viene fuori da tutto: si calcola tenendo conto degli estremi e da tutto ciò che sta in mezzo. Non può non esistere una maggioranza, non sarebbe possibile. Nel momento in cui una minoranza diventa prevalente diviene maggioranza. Quindi chi per definizione si oppone alla maggioranza dovrebbe costantemente cambiare sé stesso man mano che la maggioranza cambia (il che avviene costantemente nel passare degli anni). E’ una assurdità. Non è in cerca di sé stesso, vuole solo distinguersi dagli altri, vuoi per darsi un tono di superiorità (non perché sia davvero superiore ma perché “non è come gli altri”, e tanto gli basta), vuoi per giustificare e, soprattutto, autogiustificare i propri comportamenti, scelte, paure. Faccio qualcosa che mi piace fare oppure non la faccio perché ho paura di farla. Invece di ammettere semplicemente che le cose stanno così, primo passo per capire se si sto andando su una strada giusta e costruttiva, cerco la giustificazione nel fatto che “non sono una pecora che fa parte del gregge”.
Chi cerca sé stesso non decide in base agli altri, li ascolta, certo, ma poi decide con la propria testa. Se decide di fare sempre cosa la maggioranza fa oppure di non fare sempre cosa la maggioranza fa, è condiziato da essa allo stesso modo. Forse nel secondo caso perfino di più, perché voler essere sempre “contro” è stancante.
Non c’è peggior gregge di quello che identifica, spesso artificialmente, un gregge dal quale distinguersi così da giustificare e autogiustificare le proprie scelte, spesso dettate dalla paura, o darsi egocentricamente un tono di superiorità.
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