Stasera mi sono accorto che a maggio… non avevo ancora messo nemmeno un post! 😮 Bene, vediamo di rimediare 🙂
Questo post è di fine marzo 2008, qui trovate l’originale con tutti i commenti dell’epoca: La paga della vita
E qui vi metto anche il testo, perché quello dell’immagine è diventata poco leggibile.
Ho barattato la vita
per pochi spiccioli
e la vita non mi ha voluto pagare più
di quanto io supplicassi
alla sera contando la mia misera paga.
Perché la vita è un datore di lavoro giusto
e vi darà esattamente ciò che chiedete;
una volta stabilito il compenso,
beh, dovete accettare gli accordi presi.
Ho lavorato per quattro soldi
e solo alla fine ho capito tristemente
che qualsiasi prezzo avessi chiesto alla vita,
mi sarebbe stato pagato volentieri.
(Eric Butterworth)
Proprio in questi giorni riflettevo su questo testo che mi ricordavo “a memoria”. Curioso che me lo sia ritrovato sotto il naso proprio oggi, quasi per caso. Ci riflettevo perché non ero più sicuro di essere ancora d’accordo. “Oggi” credo sempre più che la vita richieda molto spirito di accettazione. Si può sempre combattere, vero, ogni cosa può essere vissuta come una battaglia, l’accettazione non fa parte del nostro modo di vivere occidentale, e questo ci porta spesso a vivere la vita con troppi sensi di colpa, di inadeguatezza. Se qualcosa va male… è colpa nostra: non siamo abbastanza bravi, non siamo abbastanza forti, intelligenti, belli… c’è sempre qualcosa che manca.
In questo senso sembra andare la massima di Butterworth: la vita ci avrebbe dato qualunque cosa, se solo gliel’avessimo chiesta. Non suona proprio rassicurante e comprensiva, non è vero?
Tuttavia poi mi sono accorto che stavo facendo un errore di fondo: interpretare la frase solo dal punto di vista materialistico. E se invece lo si interpretasse anche da altri punti di vista? Con la serenità, la pace, la spiritualità, la felicità?
Ci aspettiamo sempre di dover raggiungere qualcosa di materiale, che ancora ci manca, per essere sereni e felici. E proprio con questa moneta la vita ci ripaga: facendo sì che abbiamo sempre qualcosa dietro cui correre. Non è in fondo proprio questo che inconsciamente cerchiamo?
Forse dovremmo imparare a puntare ad altro.

Anni fa prendevo le figure che mi piacevano e le univo a massime che mi colpivano particolarmente ottenendo così lo “sfondo del periodo”. Esso poi campeggiava sul PC dell’ufficio a lungo, in modo da averlo davanti agli occhi per un lasso di tempo sufficiente da assimilarlo.
Questo è uno di quelli…
Ricordo una frase di Anthony Robbins che diceva “la vita ha questo di strano: se non volete che il meglio, alla fine il meglio è cio’ che otterrete”.
E’ vero: pensiamo che c’entri molto la fortuna, il caso, e indubbiamente ci sono vite così fortunate o così sfortunate da sfidare la causalità. Eppure perfino all’interno di una vita piena di eventi fortunati o sfortunati, c’è gente depressa o, al contrario, che riesce ad essere felice ugualmente.
E c’è gente che riesce ad ottenere cose impensabili nelle condizioni dalle quali era partita.
Questo post è un invito a non ritrovarci, un giorno, ad avere il profondo rammarico di Butterworth quando capisce che la misera paga che ha ottenuto è, in fondo, esattamente ciò che ha chiesto realmente. Troppe volte ci arrabbiamo con la vita perché vorremmo di più ma non siamo davvero disposti a impegnarci, cambiare o lottare, per averlo.
Non si “chiede” alla vita con le parole, ma attraverso l’azione.
E se forse è vero che non tutti avranno ciò che davvero hanno “chiesto”, almeno non avranno il rimpianto di Eric. Perché accorgersi troppo tardi che se solo si fosse voluto davvero, si sarebbe ottenuto, è peggio che aver voluto, combattuto e perso.


Mettere impegno nella decisione
Che la nostra vita sia un buon governo, con le camere che si ritirano per compiere la loro scelta, con una legge nella quale quella decisione viene trasformata, con un controllo perfino severo perche’ quella legge venga seguita.
