Molto spesso mi è capitato di sentire discorsi del tipo “Che palle: parla spesso dell’ex!”. Di solito si prova tale fastidio perché si è insicuri: si teme che se il partner parla dell’ex, allora sta ancora pensando a lei (o a lui), e ciò viene percepito come un pericolo.
Io invece penso che sia una grande fortuna avere di fronte una persona che parla del proprio passato, perché nella grande maggioranza dei casi… essa ci sta rivelando come si comporterà anche con noi; infatti, di solito, le persone ricalcano schemi comportamentali e scelte ben radicate e ripetitive (vedi anche il post precedente sulla coazione a ripetere), e finiscono per comportarsi con le nuove persone, così come si sono comportate con quelle vecchie.
Non è ovviamente matematico, e certamente non deve essere motivo sufficiente per saltare a conclusioni che potrebbero essere sbagliate, ma almeno, ascoltando attentamente ciò che la persona sta rivelando del proprio passato – invece di respingerlo a priori, si può porre la propria attenzione su comportamenti specifici, che potrebbero un domani indicare uno stato di insofferenza o l’insorgere di una problematica ben conosciuta. Una sorta di “marcatore di malessere”.
Personalmente devo dire che, pur essendo un sostenitore della possibilità che le persone possano cambiare, questo è ciò che ho potuto sperimentare sulla mia pelle.
Ecco perché vi suggerisco: la prossima volta, invece di arrabbiarvi, ascoltate attentamente ciò che l’interlocutore sta rivelando del proprio passato e, in definitiva, di sé stesso. Avrete una preziosa chiave di lettura nelle vostre mani per i suoi comportamenti futuri.
Attenzione! Questo post sembra fare a botte con il mio precedente Evitare un errore comune: non è detto che gli altri pensino come noi, ma il contrasto è solo apparente: qui si parla di ascoltare ciò che chi abbiamo davanti racconta di sé stesso, e non applicargli qualcosa che noi – non lui – abbiamo vissuto nel nostro passato. Leggere i suoi comportamenti sulla base di cosa avrebbero significato alla luce della nostra personale esperienza, è ben diverso dal leggerli sulla base di ciò che lui stesso ci ha raccontato della sua personale esperienza: il margine di errore della prima chiave di lettura, è molto più alto, poiché non oggettivo.
