Lungo, ma vale la pena…
[…] Alcune domande fondamentali che ho imparato a rivolgere a coloro che si rivolgono a me per curare una supposta ferita d’amore, sono quelle relative alla descrizione del proprio compagno e delle esperienze vissute insieme. Quasi sempre c’è incompatibilità d’anima, mancanza di rispetto, progettualità diverse se non addirittura opposte, bisogni e desideri che non possono essere condivisi. E scarsi, se non assenti, sono stati i momenti di comunione profonda e di soddisfazione reciproca.
Perché allora continuare?
Perché tormentarsi nella speranza che le cose possano cambiare quando il supposto cambiamento è stato solo desiderato, sognato, immaginato ma mai sperimentato come possibile?
Perché non poter chiudere e allontanarsi, magari tra mille turbamenti, ma con la consapevolezza di una fine che era inevitabile per il rispetto di entrambi?
Perché restare sul posto, immobili… spesso indifferenti agli insulti e agli oltraggi… amplificando il proprio dolore a dismisura in una sorta di delirio sacrificale il cui orrore è pari solo alla sua inutilità?
E – soprattutto – perché questo stato di cose sembra non avere mai fine? Non essere limitato entro un ragionevole lasso di tempo entro il quale valutare le effettive opportunità di cambiamento…
Una osservazione superficiale potrebbe far ritenere il fenomeno dovuto alla minore capacità degli uomini e delle donne moderni di sopportare qualunque tipo di frustrazione, e di stabilire perciò dei legami di dipendenza non essendo semplicemente in grado di accettare il rifiuto di sé.
Ma non è così. Anzi… si potrebbe affermare addirittura il contrario: e cioè che la dipendenza si stabilisce appunto perché c’è il rifiuto. Se non ci fosse, quasi sempre il supposto amore finirebbe in un lasso di tempo incredibilmente breve.
Per quanto paradossale possa sembrare, la dipendenza si alimenta del rifiuto, della negazione di sé, del dolore implicito nelle difficoltà e cresce in proporzione inversa alla loro irrisolvibilità.
Quello che seduce è la lotta.
Quello che incatena – per usare le parole della psichiatra milanese Marta Selvini Palazzoli – è l’Ibris, cioè a dire la ingiustificata, assurda, sconsiderata presunzione di farcela. La presunzione di riuscire prima o poi nella vita a farsi amare da chi proprio non vuole saperne. O, secondo una serie di specifiche variabili, di riuscire a curare chi non può o non vuole essere curato, di salvare chi non può o non vuole essere salvato.
Ma ancora una volta, contrariamente a quello che può ritenere il buon senso comune, questa compulsione ad oltranza che spinge gli affettivo-dipendenti a permanere nella proprie inutili battaglie, non è determinata da una sorta di masochismo psichico. Non è il piacere per le proprie sofferenze che motiva tutte queste persone, bensì proprio l’opposto: la speranza inconsapevole di saturare una vecchia ferita. Di guarire da un male antico.
Perché il rifiuto, l’abbandono, la svalutazione di sé, l’umiliazione, hanno già fatto parte della loro vita emotiva; in un modo o nell’altro sono state queste le esperienze cruciali che hanno caratterizzato il delicato periodo formativo della loro personalità. Che ne è stata segnata!
In un’epoca in cui l’autonomia emotiva e la piena coscienza non potevano ancora essersi formate ci sono state laceranti esperienze di rifiuto e di abbandono da parte di uno o di entrambi i genitori, come conseguenza delle quali i bambini sono cresciuti in una sorta di anestesia che nasconde però sia l’ambivalenza dolore-rabbia per il mancato riconoscimento d’amore, sia l’atroce dubbio di non valere poi tanto e di dover fare di tutto per essere migliori.
La crescita copre la ferita… ma la lascia insanata.
Quando poi, nella vita adulta, si presenta una situazione simbolicamente simile a quella precedentemente vissuta è come se fosse colta al volo l’occasione di ritualizzarla per tentare di sanare il passato attraverso il presente. L’intento dell’inconscio non è sciocco né tanto meno auto-distruttivo. Piuttosto è ingenuo nel suo presumere di poter dimostrare una volta per tutte la propria disponibilità affettiva e il proprio valore, di conquistare (curare o sanare) l’essere tanto amato ma mai conquistato, e di venir così risarcito di tutto l’amore mancato.
Quasi mai l’Altro è visto per quello che è (spesso un egoista chiuso su se stesso, o un nevrotico senza speranza o un approfittatore senza scrupoli); piuttosto è immaginato come sarebbe qualora si lasciasse finalmente amare e con amore ricambiasse tanta dedizione. È di questa immagine, evocata come per incantamento nello specchio magico dell’inconscio, che il dipendente si innamora; senza accorgersi minimamente che dietro tale mascheramento occhieggia il volto del genitore che l’ha tradito.
L’ulteriore e ultimo paradosso consiste nel fatto che il rituale simbolico è percepito tanto più significativo – e dunque tanto più coercitivo – quanto più l’Altro si presenta affettivamente poco disponibile e non del tutto conquistabile, così come mai raggiunto e mai conquistato è stato l’adulto abbandonico. Non a caso la maggioranza degli affettivo-dipendenti confessa spontaneamente di non aver provato quasi mai attrazione verso Altri che, pur avendo tutti i requisiti per essere desiderabili, hanno commesso l’errore di testimoniare un gratuito affetto nei loro confronti. Come se la gratuità, appunto, avesse il potere di soffocare il loro desiderio, che solo nella morbosità della difficoltà e del rifiuto viene invece percepito e riconosciuto. In sostanza, più che di una immaturità cognitiva ed emozionale del dipendente, si tratta di una distorsione patologica della sua vita affettiva, ricalcata sull’impronta distorta impressa dal modello di relazionale primario.
Fermo restando che in qualunque relazione possono esserci brevi dolorosi momenti di mancata comprensione e incompatibilità, l’essenza dell’amore dovrebbe consistere nel piacere e nella gioia di condividere con un altro essere umano il mistero della propria vita. La dipendenza affettiva, al contrario, è caratterizzata da una tensione di incomprensioni e di ostilità, magari inconsce ma costanti, e dal ristagno dell’anima in condizioni quanto più dolorose e difficoltose… pena la fine dell’incantamento e la ricerca di una nuova relazione ancora più penosa e priva di speranza, in una coazione a ripetere pressoché infinita.
Mano a mano che la lettura di questo post progrediva, trovavo spiegazioni o, forse, conferme a quanto ho visto in certe persone.
Verissimo che alcunie, più che amare per concreti aspetti positivi o negativi di un soggetto, finiscono pre crearsi un’immagine distorta. Da qui, profonde delusioni (da illusioni..) e sentimenti di cruenta ingiustizia.
Quello che siamo è il risultato del nostro passato, non sempre benevolo nei nostri confronti.
Ottimo post…
Ciao Wolf 🙂
O.
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Grazie…
Un saluto e un buon week-end da Godiva:-)
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Interessante. Fa riflettere.
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Sei fortunato O. 🙂 Io, qualche anno fa’, ci ho ritrovato me stesso piu’ che gli altri…
Buon WE a te Godiva 🙂
Benvenuta sul mio blog, Cauta… se ti fa’ riflettere ne sono contento 🙂
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da dove inizio …
mi sono fermata a pensarmi
e mi sono ritrovata, dovrei per come sono, rispondere ad ogni tua riga e dirti che le concordo tutte, una ad una, ma evidentemente la consapevolezza non mi basta
io sono cresciuta in una famiglia, dove mi ha fatto da madre, padre, amica, sorella mia nonna
e solo dopo 11 anni ho avutoil piacere di provare sulla mia pelle l’amore di un seconda persona, persona che non apparteneva al mio sangue …
quanto l’ho amato, quanto lo amo
quanto mi manca e quanto mi maladico per così troppo amore
… oggi, mi guardo e sono una 40 enne che ha come famiglia il mondo, come sentimenti le emozioni e non riesco ad essere di qualcuno per coem vorrei , figli compresi …
ciò nonostante, per chi amo darei la vita
per chi amo mi alzo ogni mattina
illudendomi che sono mia
ma consapevole che sono la scimmia di quella dipendenza che per me è il motore della mia anima
l’amore che mi è stato negato e che io fuggo ogni volta che incontro, per poi tuffarmici dentro e sperare che mi inghiotta, che mi affoghi
non ho corretto, nonsari in gradi di farlo, non so nemmeno se sono comprnsibile, se mi sono spiegata, ma io credoche tu sai andare oltre alle mie righe …
o si
tu sei tra quelli che non si accontenta
… LU
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onestamente ti dico lìho rubata 🙂
non odiarmi!
voelvo dirti una cosa sottovoce
grazieeee
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Ciao Lu 🙂 Indubbiamente quando si costruisce una famiglia si arriva ad un nuovo tipo di equilibrio, non si e’ piu’ solo di se’ stessi, diciamo, si e’ parte di quella famiglia; le decisioni, il modo di vivere e di esprimersi, devono tenere conto anche degli altri suoi componenti.
Certo, se dopo anni ci si trova ad amare (o essere affettivamente dipendenti?) e non essere piu’ riamati dal partner che ci si era scelti, diventa indubbiamente piu’ difficile fare una scelta: il fatto che ci siano altri esseri innocenti di mezzo si aggiunge alla difficolta’, gia’ grande, di spezzare una dipendenza…
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…devo assolutamente trovare il libro…grazie amico lupo di queste perle di saggezza…una carezza alla tua anima…
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Non e’ un libro, e’ solo un articolo, io ne ho postato piu’ o meno la meta’… 🙂
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il mio discorso è più contorto …
come me del resto! 😉
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Di solito sono le persone dotate di intelligenza e profondita’ a “poter” essere contorte 🙂 Un conto e’ essere semplici, un altro e’ riuscire a tornare ad esserlo consapevolmente “nonostante” la propria complessita’.
Questo e’, io dico, agire da veri architetti 🙂
“L’animale non avendo l’intelletto non può comportarsi da uomo.
L’uomo avendolo, può comportarsi da animale.” – P. Stengl
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Riuscire a trovare…il bandolo della matassa…è stare in armonia con se stessi…poi ogni cosa..non arriva mai per caso..ogni cosa ha un suo tempo.. un bacio grazie del tuo passaggio Mia
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Tornerò sicuramente a leggermi con calma l’articolo. Sono certa sia sicuramente interessante. Buona domenica!
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Innanzitutto complimenti per il nuovo template ^__^ è bellissimo! Secondo poi questo è un post interessante che mi ricorda la vecchia Elena (quella che se ne è definitivamente andata con l’aquila per intenderci 😉 il cui smisurato ego proiettava all’esterno di sè ogni suo desiderio, quella che credeva che le persone potessero cambiare, quella che idealizzava tutto e tutti, quella che orgogliosa e permalosa se la prendeva per un nonnulla. Nessun rapporto può resistere su queste basi. Questo accade quando non ci si ascolta e quando si ha la presunzione di trovare all’esterno di sè il proprio completamento, le proprie mancanze, le proprie risposte. Non è affatto così, per condividere il proprio mondo con un compagno bisogna prima di tutto conoscere quel proprio mondo talmente a fondo da riuscire a comprendere accettare rilasciare ogni proprio difetto per arrivare a comprendere accettare rilasciare quelli dell’altro. E vale per qualunque tipo di rapporto. L’Amore è semplicemente dare tutto ciò che si E’ senza presunzione di perfezione e senza giudicare l’altro. L’Amore è empatia, l’Amore è compassionevole, l’Amore è l’Essenza stessa della Vita nella consapevolezza che su questo piano la perfezione non è che illusione. Mi sono dilungata un po’ … ti abbraccio,
Ele
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x unagocciaviola: purche’ il “ogni cosa ha il suo tempo” non si trasformi in una eterna attesa del “momento propizio”. Se si aspetta di essere perfetti per agire, non lo si fara’ mai.
Il coraggio serve a questo, anche se, certo, deve essere coraggio e non incoscienza 😉
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Buona domenica anche a te, Psicosomatica 🙂 Anche il tuo blog e’ molto “ricco” di articoli davvero interessanti, devo ripassarci anche io con calma…
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x Ele: bello il tuo intervento 🙂
Mi differenzio solo per alcuni particolari… anzi, diciamo che sono piu’ “precisazioni” che “divergenze” 🙂
Le persone cambiano, sempre, che lo vogliano oppure no, che ne siano consapevoli oppure no. Nemmeno io saro’ lo stesso di prima di averti risposto, ne’ tu sarai la stessa di prima di aver postato… Non e’ che la gente non cambia… e’ che di solito lo fa’ “a caso”, a seconda degli eventi e delle influenze che subiscono. Pochi agiscono, come amo dire, “da veri architetti della propria vita”.
Il vento del cambiamento spira sempre, ma “non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” (Seneca).
E’ assolutamente vero che, piu’ si e’ completi in se’ stessi, piu’ si ama davvero. Tuttavia, se si aspetta di essere “perfetti”, non si amera’ mai. C’e’ un confine tra il “bisogno” ed il reciproco sostegno e il crescere assieme…
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Bello il nuovo template!
Riguardo all’articolo, mi ci sono specchiato e quello che ho visto non mi è piaciuto.
Non piacersi è importante tanto quanto piacersi.
Esiste una simmetria in tutto, anche nelle dipendenze affettive.
Si dipende da una persona perché la si vorrebbe possedere o perché si ha la consapevolezza che quella persona vuole essere posseduta?
L’amore è simmetria, è reciprocità. Anche se per realizzarsi passa attraverso dolorose asimmetrie, allontamenti e tentativi di rottura.
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Quasi mai l’Altro è visto per quello che è piuttosto è immaginato come sarebbe qualora si lasciasse finalmente amare e con amore ricambiasse tanta dedizione.
mi spaventa , come tutto l’articolo… mi rispecchio in queste parole.
E’ da una settimana che soffro per un “presunto” rifiuto ed ho paura che sarà sempre così, che cambieranno i volti , i luoghi, ma il trend no, sarà sempre questa sorta di gioco al massacro, il mio .
Spero che sia solo un momento di poca serenità…..
Approfitta di me quando vuoi -:)
l’anonima del telefono
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Sono assolutamente d’accordo, GanJo: il fatto di non piacersi significa comunque aver capito che qualcosa che non va’, e questo e’ il primo passo per poter cambiare.
Tra amore e dipendenza, pur essendoci sempre un minimo di dipendenza in un “normale” rapporto di amore, c’e’ pero’ una notevole differenza: un rapporto basato sulla dipendenza, su uno stato di bisogno vero o presunto che sia, non e’ un rapporto di amore, come puo’ essere simmetrico? Se c’e’ amore, c’e’ amore, ci possono essere modalita’ diverse di esprimerlo, ma l’amore e’ sempre reciproco. La dipendenza non lo e’…
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Cara “anonima del telefono” 🙂 io credo proprio che per te sia un momento di disequilibrio dovuto alla mancanza di serenita’. Quanto durera’ questo stato dipendera’ pero’ anche da te; sei tu che devi ricordarti di chi sei, di quanto vali, cercando di reinquadrare quanto ti sta’ succedendo sotto la giusta luce: non vali meno per un presunto rifiuto, perfino se questo si rivelasse non solo presunto, chiunque nella sua vita raccoglie rifiuti e successi, perfino le persone che valgono di piu’.
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Love Addiction (Dipendenza affettiva)
Robin Norwood (1985), nel libro “Donne che amano troppo”. sottolinea le caratteristiche familiari, emozionali e le modalità tipiche di pensiero delle donne co-dipendenti.
Tra le peculiarità della storia personale e familiare condivise da chi è coinvolto in un problema di “love addiction” ci sono:
la provenienza da una famiglia in cui sono stati trascurati, soprattutto nell’età evolutiva, i bisogni emotivi della persona;
una storia familiare caratterizzata da carenze di affetto autentico che tendono ad essere compensate attraverso una identificazione con il partner, un tentativo di salvare lui/lei che in realtà coincide con un tentativo interiore di salvare se stessi;
una tendenza a ri-attribuirsi nella propria vita di coppia, più o meno inconsapevolmente, un ruolo simile a quello vissuto con i genitori che si è tentato a lungo di cambiare affettivamente, in modo da poter riprovare a ottenere un cambiamento nelle risposte affettive pressoché inesistenti ricevute nella propria vita;
l’assenza nell’infanzia della possibilità di sperimentare una sensazione di sicurezza che genera, nel contesto della co-dipendenza, un bisogno di controllare in modo ossessivo la relazione e il partner, che viene nascosto dietro un’apparente tendenza all’aiuto dell’altro.
?”quando siamo offesi dal comportamento del partner, ma pensiamo che sia colpa nostra perché non siamo abbastanza attraenti o abbastanza affettuose, stiamo amando troppo. quando amiamo troppo, in realtà, non amiamo affatto perché siamo dominate dalla paura: paura di restare sole, paura di non essere degne d’amore, paura di essere ignorate o abbandonate. e, amare con paura, significa attaccarsi morbosamente a qualcuno che riteniamo indispensabile per la nostra esistenza.”
Bello il nuovo template
ciao
dora
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Si, bello il nuovo Template. 🙂 Un saluto.
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Complimenti per il template… davvero molto dolce!
Per quanto riguarda il post è bestialmente vero! Io lo ero così… finchè non mi sono resa conto di innamorarmi di persone che casualmente somigliavano a mio padre… allora ho detto basta! … Sono cresciuta!… ora sono felicemente innamorata da 2 anni di un ragazzo meraviglioso, che sono fiera di dire.., non assomiglia per nulla a mio padre!!!! 😀 baci a tutti…
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x Dora: conoscevo la Norwood. La parte che hai riportato te e’ assolutamente in linea con quanto scritto da priorini…
Ciao 🙂
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Grazie Cauta 🙂 Il template l’ho solo scelto e modificato solo in minima parte, come da richiesta dell’autore 🙂
x Fragolina: be’… sei cresciuta presto, avevi solo 22 anni quando hai incontrato questa persona, giusto? 🙂
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🙂 bello il nuovo template…foto stupenda.
Per il post, da ripassare e leggere con calma, visto che ne vale la pena…
ti restituisco il sorriso che mi hai regalato stamattina, nel frattempo…
……………………………………………………………………………………..
Ricordi quelle targhette in legno che i nostri nonni appendevano nelle pareti delle case? Quelle che dicevano “Fai il bene, e poi scordalo”? 🙂
🙂
mi hai fatto sorridere, con il cuore appunto.
La mia di nonna lo ripeteva spesso, mi sembra di sentirla ancora oggi nel suo splendido dialetto stretto: “fai bene e scordalo” (fe bun e scurdatil 🙂 e ci credeva davvero.
Anch’io ci credo.
Un bacione Wolf…e grazie per la bella “immagine” e il bel sorriso. Un bel modo per cominciare.
Buona settimana ! :*
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grazie a te per aver scelto il mio template
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Be’, pinky… Ho visto molte persone divenire estremamente frustrate dal fatto di dare tanto ma ricevere poco, e’ come se si chiedessero continuamente “ma perche’ do’ tanto e ricevo poco nulla?”. Cosi’ finiscono per essere piu’ frustrate di quelle che magari raccolgono poco uguale, ma non dando nulla si fanno meno “sangue marcio”.
Ecco perche’ e’ essenziale che il “dare” o il “fare bene” sia fatto di per se’, senza speranza di averne un ritorno, senza questa aspettativa.
Questo mondo spesso non restituisce quanto dai, o anche se lo fa’, lo fa’ con modi e tempi suoi, cosicche’ puoi sembrarci di non raccogliere quanto seminiamo…
Il gusto di una buona azione lo si prova nel mentre la si fa’, per il solo fatto di essere consapevoli di star facendo qualcosa di buono 🙂
Almeno cosi’ dovrebbe essere… poi, si sa’… tra il dire e il fare… 😉
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Inaria, hai ben visto che si adatta benissimo al mio nick e, perche’ no, al tema del blog… 🙂 Quando l’ho visto ho subito pensato “Ecco, questo e’ cio’ che cercavo…” 😉
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Forse si potrebbe dire che non si cambiano le persone, se questo non è il loro intento. Neanche per amore.
Bella la nuova veste grafica del Blog…:-))
Ciao 🙂
O.
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Ho riconosciuto tutti i meccanismi
dell’affettivo-dipendente, perchè ampiamente sperimentati…
Ho lavorato molto su di me… e
sono in via di guarigione e la storia che sto narrando nel blog, che è molto psicanalitica, la sto scrivendo proprio per capirne le dinamiche e per apprezzare la mia crescita.
Per la prima volta la perdita di una battaglia mi ha fatto sentire di aver vinto la guerra.
Il rifiuto mi ha solo portato a sperimentare la capacità di mettere la parola fine con serenità e di trarne una profonda lezione di vita.
Se avrai pazienza di leggere il mio blog tra quello che ho scritto e quello che scriverò troverai esattamente questo percorso.
Complementi per aver affrontato un tema molto importante e spesso sconosciuto.
Ti leggerò costantemente ora…
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x O.: esatto, le persone che, consapevolmente o inconsapevolmente, non desiderano cambiare, non cambiano. Qualunque cosa si faccia, otterra’ al massimo cambiamenti transitori.
Cio’ che si puo’ fare e’ tentare di mostrare loro la strada (ammesso di conoscerla…), fargli capire che sarebbe meglio per loro seguirla, ma… la vera decisione e’ sempre e comunque in mano loro.
E in fondo e’ giusto cosi’.
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E’ mia convinzione, DarumaFly, che chi vuole davvero cambiare strada, alla fine riesce a vincere le proprie resistenze, le proprie inerzie, ed arrivare ad essere cio’ che voleva essere.
Non e’ facile, questa strada e’ piena di insidie; spesso non si sa’ nemmeno come si vuol essere, come si puo’ arrivare ad una meta che non si conosce?
“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.” (Seneca)
E poi serve una grande determinazione, non importa se si cade 99 volte, importa solo rialzarsi 100 volte e continuare ad andare avanti a dispetto delle difficolta’.
“Non importa quanto vai piano, l’importante è che non ti fermi.”
(Confucio)
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Grazie per l’incoraggiamento, è così !
ed una visione circolare della vita dove ad ogni fine può coincidere un nuovo inizio, mi aiuta a rialzarmi con rinnovata speranza ed entusiasmo…
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Ops… allora sono un caso anomalo davvero, ma in positivo (ancora peggio!) ^_*
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x Daruma: si’, capita nella vita di attraversare momenti bui, momenti nei quali si puo’ solo resistere in attesa che la tempesta passi, aggrappati alla certezza che presto o tardi lo fara’. Poi, stara’ solo a noi rialzarci e lavorare perche’ la prossima tempesta, se mai ci sara’, non ci trovi impreparati…
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Be’, Viola… beata te 🙂 Perche’ dici che e’ ancora peggio? :-}
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(…) Cio’ che si puo’ fare e’ tentare di mostrare loro la strada (…)
Esatto, e non sempre la direzione indicata viene percepita come un utile consiglio.
Può essere che l’intento lodevole sia, invece, considerato come una ingerenza e rifiutato in malo modo.
Al meglio, si può far sentire la propria presenza, ma senza ulteriori pressioni se non un rassicurante sorriso.
Ciao
O.
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“Ma non pretendere, o tu che tenti di modulare l’arpa, che altri si accordino con te.
Le anime devono essere lasciate libere di vibrare come vogliono, perché ogni musica è adatta all’espressione di quella coscienza.”
(Raphael, La triplice via del fuoco)
Ho imparato che le persone fanno cio’ che in quel momento possono fare e che la loro strada puo’ non essere la nostra strada. Forse si e’ solo anime su sentieri diversi che si incrociano e percorrono assieme un tratto di cammino, ma che sono troppo distanti per fare insieme la strada che rimane. Le nostre parole forse non sono di nessuno di aiuto, forse sono come dei semi che si trasformeranno in rigogliose piante quando non saremo piu’ li’ a vederle o, forse, sono solo un pezzo di vita che e’ giusto vivere.
Le persone sono diverse e crescono in tempi e talvolta in direzioni diverse. Qualche volta si riesce a ad unire le strade; altre si puo’ solo salutare con caloroso abbraccio e un sincero augurio…
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Quando l’ho incontrato ne avevo 18… quando finalmente l’ho visto ne avevo 22 .. si!
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D’accordissimo.
Gli stessi temi li ho trovati questa estate in un libro leggero ironico e divertente ma anche pieno di saggezza, “io non soffro per amore” mi ha aiutata molto visto che ero stata appena mollata.
Ti faccio solo una domanda.
Tu hai seguito le ultime mie due storie da entrambe ne sono uscita velocemente proprio perchè non riconoscevo l’altro adatto a me.
Perchè però le malinconie e i “chissà forse ho sbagliato” mi hanno perseguitata per molti mesi, anche se non sono mai tornata sui miei passi? Nell’ultimo caso io sapevo perfettamente di essermi innamorata di una persona che di fatto non esisteva o meglio è esistita solo per poche settimane, il tempo che è durato il suo amore (?)per me. In altre parole perchè tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare?
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Intanto concordo col tuo punto interrogativo dopo la frase “il tempo che è durato il suo amore”, siamo onesti: un presunto amore che duri poche settimane, non è un amore, chiamalo infatuazione, cotta, come vuoi… ma non amore.
Poi io credo che le malinconie ed i “ho sbagliato” facciano un po’ parte della natura di molte persone, o meglio, più che “della natura” direi di come sono state cresciute: a pane e sensi di colpa e inadeguatezza. Tendono sempre a pensare che se qualcosa non funziona è perché sono loro ad essere o fare qualcosa di sbagliato, perfino quando con evidenza non hanno colpa.
Già in una storia che finisce non c’è quasi mai una vera colpa, ci sono sempre due persone che non si sono trovate, che erano troppo distanti. Oppure che non si amavano, almeno uno dei due. Ma anche non amare, non è una colpa.
E poi, anche se ci fossero colpe… siamo esseri umani, siamo fallaci: se ci riconosciamo qualcosa di sbagliato è giusto cercare di migliorare, ma i sensi di colpa non servono ed appena possibile bisogna buttarli a mare e perdonarsi così come si perdona all’altro.
Questo è il potere della comprensione.
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Piccolo equivoco: i ripensamenti non erano sulla gestione della storia, per la quale ero fin troppo consapevole che avevo dato tanto e perchè come dici tu se amore non è amore non è colpa di nessuno, semmai sul fatto che la persona in se continuava a mancarmi, DOPO. In altre parole, perchè è così difficile lasciar andare dalla mente qualcuno inadeguato e che, se anche fosse adeguato comunque non ti ama?
Non sono del tutto d’accordo con le tue analisi che dipende dai sensi di inadeguatezza: erano proprio le mie sicurezze che mi avevano fatto chiudere la storia, dopo pochi mesi, perchè io sentivo di meritare qualcuno che mi amasse al 100%. Tu sai quanto sono stata amate nella mia vita. E le stesse sicurezze mi hanno guidata a non tornare sui miei passi.
Forse, e qui ti chiedo un parere, nell’investire troppo, durante l’innamoramento, in quella persona rende poi così difficile staccarsene mentalmente…
Bisognerebbe cercare quando si è innamorati di non lasciarsi andare troppo.
Ma è poi possibile?
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(…) perdonarsi così come si perdona all’altro (…)
Queste tue ultime considerazioni fanno, senza alcun dubbio, riferimento alla tolleranza reciproca.
Difficile arte da mettere in pratica al quotidiano. Tolleranza, empatia e rispetto dovrebbero essere al centro di ogni rapporto, che sia di amicizia o sentimentale. Dovrebbero…
O.
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x Lidia: scusami, ma io ho il sospetto che tu creda di conoscerti e saperti gestire molto piu’ di quello che non sia la realta’. Le tue reazioni inconsce dimostrano che nemmeno nella tua testa e’ tutto bianco o nero. Non e’ cosi’ che funziona, Lidia. Non e’ che uno pensa “questa non e’ la persona giusta” e percio’ con una sorta di interruttore stacca la spina dei suoi sentimenti ed emozioni. Non siamo macchine.
Tu volevi una persona che ti facesse sentire amata al 100%, sentivi che lui non era cosi’ e percio’ hai deciso di allontanarti. E allora? Come puoi avere la pretesa che basti la ferrea logica per mettere una lapide sui sentimenti ed emozioni per una storia, seppur breve, ed una persona che evidentemente tu amavi, seppur “sbagliata”?
Ti sembra davvero cosi’ strano che possa sentirne la mancanza anche se a rigore sai che non e’ la persona “giusta”, quella che stavi cercando?
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O., sicuramente un rapporto nel quale non ci sia rispetto e tolleranza, difficilmente puo’ fare molta strada, perche’ o e’ un rapporto “perfetto” (piuttosto raro direi…), oppure occorre ricordarsi che l’altro e’ un’essere umano, cosi’ come lo siamo noi, e comprenderlo, cosi’ come dovremmo pretendere di essere compresi noi.
Ho lasciato volutamente fuori l’empatia, come hai visto. Perche’, ti sembrera’ strano, per me sarebbe molto meglio ci fosse, ma se non c’e’, non sempre almeno, proprio con quella comprensione della quale parlavo prima si puo’ e si deve sopperire. Dove non arriva l’empatia, subentra la comprensione.
Sempreche’, naturalmente, si giudichi che ne valga la pena.
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X Lidia
Ad integrazione di quanto esposto da Wolf, mi permetto di aggiungere solo questa piccola considerazione.
I tempi della ragione, molto spesso, non coincidono con i tempi dei sentimenti.
Traduzione: la logica e la ragione ti “suggeriscono” che quella determinata persona non va bene per te ma, al contempo, i sentimenti, anche se solo abbozzati, sono ancora lì a ricordartelo.
O.
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Ok.
Era questo che volevo sapere cioè che fosse normale quanto mi era capitato.
Poi è vero che a me piacerebbe tenere sempre tutto sotto controllo e invece non sempre è possibile…
Wolf nessuno si conosce mai bene anzi aggiungo chi ti vuol bene (o comunque chi ha alte qualità umane)ti conosce sempre meglio di te stesso, è anche per questo che stiamo qui a confrontarci no?
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Be’, forse non e’ proprio cosi’… Diciamo che di solito e’ piu’ oggettivo. Ma se non e’ troppo “coinvolto”, eh! Senno’ anche la sua oggettivita’ si perde facilmente…
Paradossalmente chi riesce a daiutare di piu’ un’altra persona, e’ chi riesce a mantenere un certo distacco da essa, almeno nel momento del parere…
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