La sfiducia verso la medicina ufficiale e la “contro-informazione”

Prima di tutto permettetemi di fare un saluto a un mito della mia adolescenza che ci ha lasciato ieri: il comico Andrea Brambilla, in arte Zuzzurro. Ha lottato molti mesi contro un tumore ai polmoni con grande forza e coraggio, al punto da essere citato come esempio da Umberto Veronesi. Purtroppo non ce l’ha fatta, ma personalmente ne ho ammirato – e molto – la forza d’animo.

Indubbiamente la medicina ha fatto grandi progressi e molte malattie che un tempo erano incurabili oggi non sono più tali. Leggevo l’altro giorno che, ad esempio, sulle leucemie i progressi sono stati addirittura sbalorditivi, superiori al previsto: molte forme di leucemia sono oggi guaribili nell’80% e più dei casi; altre vengono “cronicizzate” e, anche se non si guarisce, si possono tenere sotto controllo per lungo tempo con aspettative di vita del tutto simili alle persone sane. Purtroppo su altri lati il miglioramento non è esattamente lo stesso. Qualche settimana fa mi è capitato un articolo nel quale si dava grande enfasi, trattandolo come un successo, il passaggio dell’aspettativa di vita di una forma tumorale (non voglio scendere nei dettagli) da 6 mesi a… un anno! Un altro articolo, proprio negli scorsi giorni, faceva la stessa cosa per un’altra forma tumorale, con la medesima sottolineatura dell’arrivo imminente di nuove categorie di farmaci che, “miracolosamente”, promettevano non già di guarire il paziente, ma di passargli l’aspettativa di vita da 4 mesi a 9. Vero che ci sono nuove medicine, ma l’impressione è che il miglioramento decisivo delle statiche sulla mortalità di determinate malattie sia stato dovuto più alle campagne di prevenzione e screening che alle cure stesse. Sia chiaro che sto parlando di impressioni da “uomo della strada”, non sono un esperto ma credo che in molti abbiamo la mia stessa percezione.

Ricordo l’articolo di un giornalista, credo del Corriere, che a breve avrebbe incontrato e intervistato Umberto Veronesi. Questo giornalista, e mi scuso per non ricordarne il nome, aveva da poco perso la moglie per la stessa malattia che gli uccise, diversi decenni prima, la madre. La sua intenzione era di esprimere chiaramente a Veronesi tutta la sua delusione per la lentezza dei progressi della medicina che – almeno per determinate malattie – è stata irrisoria portando, a fronte di grandi campagne e promesse, solo “una manciata di mesi in più” (espressione da lui usata).

Certo, sappiamo il tipo di mondo nel quale viviamo. Sappiamo che i ricercatori per poter vedere i loro lavori ancora finanziati hanno necessità di promettere grandi risultati, di sbandierare i loro successi forse oltre misura, questo però ha portato i comuni mortali a credere per decenni, forse già da 50 anni (ricordo i TG degli anni ’70), che entro breve molte malattie sarebbero state finalmente debellate. Ovvio poi restare delusi.

La sfiducia così portata ha avuto risultati evidenti sulla cosiddetta “contro-informazione”. Solo pochi giorni fa ho letto un “articolo” su un social network (che normalmente evito come la peste ma che mi era stato segnalato da Lady Wolf) che francamente ho trovato davvero di cattivo gusto e pericoloso. Questo articolo sbandierava statistiche sull’inutilità, ed anzi dannosità, delle cure ufficiali citando articoli e ricerche datate anni ’70 e evitando accuratamente di spingersi oltre a quel periodo. Articoli come questi rischiano di spingere persone già sfortunate a compiere scelte sbagliate a danno della cosa più preziosa che hanno: la loro salute. Sono il primo, e questo credo si sia  capito, ad essere piuttosto deluso dai progressi della medicina, ma certe scelte si devono fare sulla base di dati reali e attuali, non leggendo su ciò che stato proposto lesivamente, con dati di un periodo nel quale diagnosi di cancro erano praticamente condanne a morte. Poi ognuno è ovviamente libero di compiere le proprie scelte, ma chi pubblica certi articoli solo per avere un po’ di notorietà farebbe bene a farsi un esame di coscienza pensando che sta giocando con la vita delle persone.

Detto questo, sia chiaro che chi ha materiale di reale interesse, chi ha anche solo dubbi che però potrebbero essere legittimi, fa benissimo a proporli, ma dovrebbero sempre essere chiari i limiti e la provenienza di ciò che scrive, soprattutto quando si parla di argomenti che parlano di vita e di morte.