Ero d’accordo con Glencoe per aderire ad una sua iniziativa che parla di talkcrossing, ovvero la falsicazione dell’informazione. L’argomento è molto interessante, per cui vi invito a visitare il suo blog (http://etadellainnocenza.splinder.com/) nel quale, oltre al suo contributo, sta inserendo quello dei blogger invitati a partecipare.
Io avevo in mente un breve racconto, ma in questo periodo ho un po’ la testa altrove per cui non riesco a concentrarmi granché. Insomma… non l’ho scritto. Il punto è pure che… a volte la realtà supera – tristemente – l’immaginazione. Anche scoprire questo mi ha scaricato.
Il racconto avrebbe parlato di una persona sana che, informata dal proprio medico del proprio presunto stato di malattia… erroneamente (c’è stato uno scambio di cartelle mediche tra lui e un’altra persona), crede di essere malato e finisce in una spirale di dolore, depressione e falsi sintomi, finendo in pratica per lasciarsi morire… prima di venire cercato per essere avvisato dello scambio di cartelle.
In questo periodo però mi sta capitando di avere a che fare con l’ambiente medico e, pur non volendo generalizzare, quel che vedo mi… lascia davvero perplesso (ovviamente sto usando un eufemismo): medici che, usando il paziente come intermediario, si sconfessano e insultano l’un l’altro, apparentemente (voglio essere buono inserendo questa parola) più preoccupati della propria immagine professionale che della salute della persona che hanno davanti. Come può questo non sconcertare?
Già – e qui veniamo al tema della “falsificazione dell’informazione” – trovo avvilente che il medico ometta o sia superficiale nelle sue informazioni, dando per scontato che il paziente sappia, oppure – e non so cosa sia peggio – che il paziente debba, secondo loro, limitarsi a seguire le “istruzioni” che gli vengono date, senza ulteriori spiegazioni. Spesso – e questo in teoria vale in ogni campo, ma in quello medico diventa estremamente importante – basta una frase “buttata lì con superficialità”, o una spiegazione omessa, per lasciare libero e pericoloso spazio all’interpretazione del paziente, che ovviamente può benissimo essere ignorante dell’argomento o, magari perché spaventato, portato a vedere sciagure dove ci sono semplici ostacoli, o ancora, al contrario, propendere subito per la spiegazione che più lo rassicura (lasciando perdere accertamenti forse preziosi).
Ecco, senza voler pensare alla volontarietà nel danneggiare o sfruttare il paziente per propri scopi (e comunque anche queste ipotesi volano, il che è tutto dire), trovo che anche l’omissione o superficialità dell’informazione sia “falsificazione” dell’informazione stessa, e, potenzialmente, altrettanto, se non più, pericolosa.
La malasanità inizia dal rapporto medico-paziente.
Come scritto in precedenza, non voglio generalizzare, so che esistono medici molto coscienziosi in termini di umana e corretta trasmissione dell’informazione verso i loro pazienti, ma credo che ne esistano tanti altri che dovrebbero riconsiderare il loro modo di porsi verso persone che, già per il solo fatto di essersi rivolte a loro, dovrebbero essere trattate con rispetto e cautela.