Liberta’ dalle catene mentali – L’elefante e la corda

Questo è un post pubblicato la prima volta nel gennaio del 2008 (qui trovate il post originale con i relativi commenti dell’epoca: Liberta’ dalle catene mentali – L’elefante e la corda). Mi piace pubblicarlo nuovamente perché ogni tanto mi capita di citarlo, infatti trovo che sia un buon esempio di condizionamento mentale che non colpisce solo elefanti e esseri umani, ma tutti gli esseri viventi.

Questa particolarità può anche essere usata a fin di bene, peraltro. Ad esempio, la nostra gatta più giovane, Numa, fuggiva sempre dal giardino di casa. Per un po’ ho titubato a recintare il giardino con le reti, un po’ perché era (ed è stato) un lavoraccio, un po’ perché ogni volta mi dicevo “Non sarà necessario”.

Il punto è che non c’era verso di far capire a Numa che scappare dal giardino era pericoloso per lei stessa: c’era la strada con le auto, seppure con una aiuola di mezzo; c’erano altri gatti che, essendo lì da prima, difendevano il loro territorio. Infatti uno dei gatti di una vicina di giardino, arrivata dopo di noi, è tornato malconcio (molto) da una scorribanda all’esterno. Allora alla fine mi sono deciso e, con l’aiuto di Lady Wolf, ho messo le reti (che nella foto Numa curiosa prima che fossero installate).

Per un paio di volte Numa è riuscita ancora ad evadere, ma poi – trovando i varchi e ponendo ad essi rimedio – non ce l’ha più fatta e in breve si è arresa. Sono abbastanza convinto che ora, perfino essendo meno attenti sulla corretta chiusura delle reti, Numa non scapperebbe più, perché ormai ha “appreso” che da lì non si esce.

Comunque NON farò la prova 😀

E’ bello adesso poter lasciare l’accesso al giardino aperto senza dover stare sempre a controllare se i gatti, Numa in particolare, scappano. Anche per loro, avendo più tempo a disposizione per stare in giardino, è meglio.

E’ quando piove… si guarda malinconicamente la pioggia 😀

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L’ELEFANTE E LA CORDA
di Paulo Coelho

elefante circoEcco il sistema adottato dai domatori del circo per fare in modo che gli elefanti non si ribellino mai. E io sospetto che questo succeda anche con molta gente.

Ancora piccolo, l’elefantino viene legato con una grossa corda a un palo saldamente conficcato nel suolo. Egli tenta di liberarsi più volte, ma non ne ha le forze sufficienti. Dopo un anno, il palo e la corda sono ancora sufficienti per tenere legato l’elefantino. Egli continua nel suo tentativo di liberarsi, senza riuscirci.

A questo punto, l’animale comincia a capire che la corda sarà sempre più forte, e rinuncia ai tentativi. Quando arriva all’età adulta, l’elefante si ricorda ancora che, per molto tempo, ha sprecato invano energia tentando di liberarsi. A questo punto, il domatore potrebbe anche legarlo con un filo sottile a una scopa, comunque l’elefante non cercherebbe più di liberarsi.


Commento di Wolfghost: Come consuetudine, uso un racconto di Coelho per avere uno spunto di riflessione. Ognuno di noi e’ condizionato fin dall’infanzia, anzi soprattutto nell’infanzia, in misura piu’ o meno ampia. Siamo stati abituati a non protestare, ad esempio, a non far valere le nostre ragioni, a sentirci in colpa per le nostre legittime aspirazioni ad ottenere cio’ che sogniamo; diritto datoci – se non altro – per il solo fatto di essere umani. O, al contrario, ci e’ stato fatto credere che solo imponendosi con la “forza”, con le urla e gli strepiti, senza mostrare mai alcuna umana debolezza, si possa ottenere qualcosa nella vita.
Ormai da tanti anni vado ripetendo che il genitore e’ il “mestiere” piu’ difficile del mondo, basta poco per segnare la crescita e la futura vita di un bambino. Lo stesso, anche se forse in minore proporzione, vale per la societa’ in generale, con gli insegnanti nelle scuole, i gruppi di amici, i mass-media e via dicendo…
Un buon “insegnante di vita” deve avere amore ma anche una minima dose di distacco per poter oggettivamente trasmettere i giusti messaggi. Se manca l’amore o le sue dimostrazioni, gli altri verranno trattati in maniera “fredda” e a poco varranno gli insegnamenti a parole, perfino se “tecnicamente” corretti, poiche’ la mancanza d’amore crea danni profondi, difficili da rimediare. Sara’ una mancanza sentita molto a lungo, in qualche modo perfino ricercata allo scopo di superarla, attraverso i meccanismi noti della dipendenza affettiva e della coazione a ripetere. Altresi’, anche la mancanza di quel distacco necessario a mantenersi oggettivi nell’insegnamento, rischiera’ di provocare gravi danni, poiche’ l’invadenza della iper-protettivita’ non permettera’ al bambino di crescere ed evolvere verso la propria indipendenza. In ultimo, quel bambino rischiera’, da adulto, di essere incapace di assumersi veramente la responsabilita’ delle proprie azioni, trovando sempre qualche motivo per rimandare le scelte o qualche capro espiatorio per poter dire “non sono io il responsabile”.
Spezzare quel legame, che come scrive Coelho e’ infine solo nella nostra testa, diventa via via sempre piu’ difficile. Occorre a quel punto prendere consapevolezza delle corde che ci legano internamente, riconoscerle come sbagliate, e scioglierle, con pazienza, attenzione e coraggio, giorno dopo giorno. E poiche’ molte di queste corde agiscono solo a livello inconscio, cio’ diviene un arduo percorso. Un percorso che spesso si accetta di percorrere solo quando si e’ costretti dalle evenienze del caso, talvolta pagando un alto prezzo, che pero’ non pagare significherebbe perdere definitivamente il potere di essere artefici della propria vita, lasciandola cosi’ nelle mani di chi, spesso senza ritegno, la usera’ manipolandola come piu’ gli conviene.

P.S.: la prima foto viene spesso utilizzata nelle battaglie contro lo sfruttamento degli animali nei circhi. Inutile dire che mi associo a tali battaglie, in particolar modo quando tali animali subiscono degli evidenti maltrattamenti al fine di… farli collaborare.

elefanti

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Il re denaro

DenaroPurtroppo devo ammettere che con l’eta’ certe cose appaiono via via piu’ evidenti e che cio’ che prima ti suonava “giusto ma esagerato” inizi a coglierlo nella sua interezza 🙂

Piu’ o meno ho sempre teso a scusare il capitalismo come fosse il “minore dei mali”. Una societa’, da una piccola comunita’ ad una vera nazione, tende naturalmente nel tempo ad andare verso il denaro e a tutto cio’ che ne consegue: lavoro, retribuzione, guadagni e perdite. Perfino qualche piccola “truffa” poteva starci in fondo: non e’ pensabile che si nasca tutti corretti e onesti, inutile nascondersi dietro a un dito.
Il denaro del resto pone indubbi vantaggi, e’ molto piu’ pratico delle forme di “baratto”, e da’ la possibilita’ di non doversi occupare di ogni settore della vita: io faccio l’impiegato per darti un certo servizio, tu che fai il fruttivendolo, poniamo, usufruisci di quel servizio e mi dai la frutta di cui ho bisogno; ne io ne te abbiamo necessita’ di saper produrre sia quel servizio che quella frutta, e probabilmente risulta migliore anche la qualita’. Pensate se invece ognuno di noi dovesse fare e procurarsi tutto da se’. Il vantaggio e’ davvero evidente.
Cosi’ pensavo.

Tuttavia devo dire che le cose nel corso dei secoli sono un po’ andate alla deriva. Non che sia una cosa di “oggi”, eh, notoriamente non sono uno da “si stava meglio quando si stava peggio”. Lo sfruttamento, sia delle risorse che delle persone, esiste da secoli, da millenni anzi. Pero’ devo dire che oggi ogni cosa o quasi viene fatta esclusivamente in base ai conti di “entrata” e “uscita”: la compagnia aerea – faccio questo esempio perche’ per me e’ cosa di ieri, ma ognuno di noi potrebbe portare altri mille esempi – che decide di far partire l’aereo a mezzanotte e mezza dopo una serie di falsi rinvii (loro sanno perfettamente che dovranno aspettare quell’ora, ma se lo dicessero scoppierebbe la rivolta di chi e’ in attesa), non lo fa certo per desiderio di esaudire le persone che non vedono l’ora di tornare a casa, ma piuttosto per evitare che i clienti possano chiedere l’alloggio notturno pagato o il rimborso del biglietto a viaggio concluso. Non e’ questione di umanita’, ma di puro calcolo economico.

Ecco, se ci guardiamo attorno tutto o quasi oggi funziona cosi’. Una grande societa’ ne cannibalizza una piccola e promettente, riempiendo di denaro le tasche degli ex fondatori; poi pero’, non appena ne spunta un’altra altrettanto promettente e piu’ “fresca” (com’era quella precedente all’inizio), l’azienda viene chiusa o, nel migliore dei casi, svenduta, con buona pace (si fa per dire) per chi resta a casa.
Benche’, se non vogliamo essere ipocriti, dobbiamo ammettere che anche noi a volte siamo portati a agire per calcolo, anche se a volte il processo decisionale avviene a livello inconscio (d’altronde e’ dura non essere in qualche modo condizionati dalla societa’ che ti ruota attorno), tale verita’ e’ enormemente piu’ evidente a livello di aziende, laddove cioe’ e’ piu’ facile pararsi dietro una “entita’ legale” piuttosto che rispondere da “persona fisica”. E i “non e’ colpa mia, e’ l’azienda [o “lo stato”, “la societa’” o “il mondo”] che stabilisce le regole” diventano d’uso comune, cosi’ che si trova “l’ultima ruota del carro” che ti arreca un danno personale – pur potendone fare a meno – per applicare pedissequamente regole che, essendo generali, divengono spesso ingiuste quando applicate a livello personale… come se i soldi li tirassero fuori di tasca loro 🙂

Devo dire che seppure sembrino banalita’, si prova un certo motto di sorpresa quando ci si accorge di quanto si sia inseriti nel “sistema”, rendendosi conto di aver incredibilmente dato per anni per scontato e inevitabile questo stato di cose.
Non sto criticando il lavoro, ci mancherebbe, ma piuttosto lo sfruttamento, cioe’ quel sistema lavorativo e sociale che ti toglie gran parte della vita, per poi a volte lasciarti a casa quando non servi piu’ o viene comunque trovato qualcuno che costa meno. Il fatto che si dia normalmente per scontato che, mentre noi siamo beotamente (no… non ho sbagliato: non volevo scrivere “beatamente”) contenti di avere una TV LCD e ci disperiamo quando essa si guasta, c’e’ un manipolo di persone che, sfruttando la nostra ignavia, possiede la grande maggioranza delle risorse, non e’ “normale”. Noi siamo chiamati alle “raccolta fondi” per calamita’ o ricerca, e lo facciamo di buon grado, quando con le risorse di cui sopra si sarebbe probabilmente gia’ elimimato molte sofferenze, malattie, disparita’.

Contrariamente a quanto puo’ sembrare non e’ un discorso politico, non credo che da un lato o l’altro del parlamento ci si comporti diversamente, quanto piuttosto una chiamata a risvegliarci ad un uso piu’… benefico della vita e del tempo. Di molte cose che possediamo o che desideriamo, non ne abbiamo proprio bisogno, e al di la’ dell’uso che faremmo dei soldi cosi’ spesi, ciascuno di noi ne avrebbe un enorme vantaggio (non economico 😉 ) rendendosene conto. E, chissa’… forse anche cio’ che abbiamo attorno col tempo tornerebbe ad essere piu’ a misura d’uomo…

Scusate per la lunghezza 🙂

Gli Spari Sopra

(Cliccare sull’immagine per far partire il video di “Gli spari sopra” di Vasco Rossi)

Liberta’ dalle catene mentali – L’elefante e la corda

L’ELEFANTE E LA CORDA
di Paulo Coelho

elefante circoEcco il sistema adottato dai domatori del circo per fare in modo che gli elefanti non si ribellino mai. E io sospetto che questo succeda anche con molta gente.

Ancora piccolo, l’elefantino viene legato con una grossa corda a un palo saldamente conficcato nel suolo. Egli tenta di liberarsi più volte, ma non ne ha le forze sufficienti. Dopo un anno, il palo e la corda sono ancora sufficienti per tenere legato l’elefantino. Egli continua nel suo tentativo di liberarsi, senza riuscirci.

A questo punto, l’animale comincia a capire che la corda sarà sempre più forte, e rinuncia ai tentativi. Quando arriva all’età adulta, l’elefante si ricorda ancora che, per molto tempo, ha sprecato invano energia tentando di liberarsi. A questo punto, il domatore potrebbe anche legarlo con un filo sottile a una scopa, comunque l’elefante non cercherebbe più di liberarsi.


Commento di Wolfghost: Come consuetudine, uso un racconto di Coelho per avere uno spunto di riflessione. Ognuno di noi e’ condizionato fin dall’infanzia, anzi soprattutto nell’infanzia, in misura piu’ o meno ampia. Siamo stati abituati a non protestare, ad esempio, a non far valere le nostre ragioni, a sentirci in colpa per le nostre legittime aspirazioni ad ottenere cio’ che sogniamo; diritto datoci – se non altro – per il solo fatto di essere umani. O, al contrario, ci e’ stato fatto credere che solo imponendosi con la “forza”, con le urla e gli strepiti, senza mostrare mai alcuna umana debolezza, si possa ottenere qualcosa nella vita.
Ormai da tanti anni vado ripetendo che il genitore e’ il “mestiere” piu’ difficile del mondo, basta poco per segnare la crescita e la futura vita di un bambino. Lo stesso, anche se forse in minore proporzione, vale per la societa’ in generale, con gli insegnanti nelle scuole, i gruppi di amici, i mass-media e via dicendo…
Un buon “insegnante di vita” deve avere amore ma anche una minima dose di distacco per poter oggettivamente trasmettere i giusti messaggi. Se manca l’amore o le sue dimostrazioni, gli altri verranno trattati in maniera “fredda” e a poco varranno gli insegnamenti a parole, perfino se “tecnicamente” corretti, poiche’ la mancanza d’amore crea danni profondi, difficili da rimediare. Sara’ una mancanza sentita molto a lungo, in qualche modo perfino ricercata allo scopo di superarla, attraverso i meccanismi noti della dipendenza affettiva e della coazione a ripetere. Altresi’, anche la mancanza di quel distacco necessario a mantenersi oggettivi nell’insegnamento, rischiera’ di provocare gravi danni, poiche’ l’invadenza della iper-protettivita’ non permettera’ al bambino di crescere ed evolvere verso la propria indipendenza. In ultimo, quel bambino rischiera’, da adulto, di essere incapace di assumersi veramente la responsabilita’ delle proprie azioni, trovando sempre qualche motivo per rimandare le scelte o qualche capro espiatorio per poter dire “non sono io il responsabile”.
Spezzare quel legame, che come scrive Coelho e’ infine solo nella nostra testa, diventa via via sempre piu’ difficile. Occorre a quel punto prendere consapevolezza delle corde che ci legano internamente, riconoscerle come sbagliate, e scioglierle, con pazienza, attenzione e coraggio, giorno dopo giorno. E poiche’ molte di queste corde agiscono solo a livello inconscio, cio’ diviene un arduo percorso. Un percorso che spesso si accetta di percorrere solo quando si e’ costretti dalle evenienze del caso, talvolta pagando un alto prezzo, che pero’ non pagare significherebbe perdere definitivamente il potere di essere artefici della propria vita, lasciandola cosi’ nelle mani di chi, spesso senza ritegno, la usera’ manipolandola come piu’ gli conviene.

P.S.: la prima foto viene spesso utilizzata nelle battaglie contro lo sfruttamento degli animali nei circhi. Inutile dire che mi associo a tali battaglie, in particolar modo quando tali animali subiscono degli evidenti maltrattamenti al fine di… farli collaborare.

elefanti