Il perdono

L’ultimo post del Novembre 2007 parlava di perdono, un concetto sul quale si è parlato molto, spesso con una certa superficialità. Perdonare non è immediato, né deve esserlo. Ogni emozione e sentimento, se sono presenti in natura, hanno una loro funzione positiva; se proviamo rabbia, ad esempio, è perché qualcuno ci ha calpestato. Se fossimo esseri completamente razionali potremmo perdonarlo da subito evitando però nel contempo di permettergli di continuare a farci del male. Siccome non siamo esseri “soprattutto razionali” ma siamo preda dei nostri stati inconsci molto più di quanto crediamo, l’ira, la rabbia, persino il risentimento, perlomeno per un determinato periodo, ci preservano dal ridare spazio a chi ci ha calpestato quando ancora non siamo pronti a “proteggerci”. Certo, passato quel periodo è bene “andare oltre”, altrimenti risentimento e rancore diventano un fardello inutile e controproducente.

Qui trovate il post originale con tutti i commenti dell’epoca: Il perdono

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Da sempre si dibatte sull’utilità del perdono. C’è chi sostiene di perdonare quasi istantaneamente, e chi invece dice – quasi con vanto – che mai perdona e mai perdonerebbe.

cellaIo sono convinto che il perdono serva, sempre. Nel migliore dei casi esso ha il potere di liberare due persone da una prigione, ma anche quando non è possibile una riconciliazione (la persona che ci ha fatto del male non c’è più, ad esempio) e perfino se l’altro non ammette di dover essere perdonato o se ne infischia del nostro perdono, esso ne libera sempre almeno una: chi il perdono lo concede. Perché da quel momento sara’ libero da quel sentimento che divora l’anima giorno dopo giorno e che va’ sotto il nome di rancore.

Sì, io credo che si possa perdonare, sempre. Lo hanno fatto i prigionieri dei campi di concentramento, non dite “No, come è possibile perdonare questo? Mai!”: il perdono non è “assoluzione”, non confondetelo con l’annullamento della colpa; se c’è una pena da scontare, essa va’ scontata. Se qualcuno ci danneggia, è giusto prendere contromisure e, se è il caso, allontanarsi od allontanare.
Il perdono non è “subire” e nemmeno necessariamente “tornare indietro”.
Semplicemente… non c’è bisogno di covare risentimento per staccare, quando è necessario farlo.
Pensate ad una tigre: se la vedete scappate, vi mettete in salvo, la rinchiudete dove non possa far male o nuocere ancora. Ma non pensereste che la tigre è “cattiva” o “crudele”, non è vero? Pensereste solo che è pericolosa. Si potrebbe ribattere che la tigre agisce per istinto. Eppure anche l’uomo, nelle sue azioni piu’ immediate, e’ spinto molto piu’ dai suoi moti inconsci e irrazionali – che solitamente affondano le radici in un passato distante – piuttosto che sulla base della fredda logica.
Sì, si puo’ perdonare chiunque. Ma c’è un tempo per il perdono, un tempo che non puo’ essere affrettato, o sarà un perdono a parole, ma falso nei fatti e nel proprio sentire, che è poi cio’ che davvero conta. Non si deve soffocare il motto di ribellione quando si subisce un sopruso, questo non è “perdonare”. Anche l’ira e la rabbia, se ci sono state date, hanno una loro funzione: esse servono a staccare più facilmente da situazioni o da persone dalle quali altrimenti non riusciremmo – a freddo – ad allontanarci, fisicamente o mentalmente che sia. Talvolta la forza della rabbia ha letteralmente salvato vite.
Tuttavia anche l’ira e la rabbia, come il perdono, hanno un loro giusto tempo. Molto tempo fa’ lessi su un libro di Yoga che esistono tre tipi di ira: c’è l’ira d’acqua che, come arriva, subito sparisce; l’ira di sabbia, quella più comune, che arriva e perdura finché il vento non ha compiuto il suo lavoro; e c’è l’ira di pietra, che mai passa, che sarà un eterno macigno nel nostro cuore e nella nostra anima…
Ci vuole solo tempo e comprensione. Non si è “cattivi” o “incapaci” perché ancora non si è riusciti a perdonare. Peggio sarebbe, aver concesso un falso perdono: il risentimento che cova sotto la superficie della coscienza, farebbe presto o tardi capolino, rovinando tutto.
Come perdonare? Il perdono passa da una solo cosa: la comprensione. Comprensione che l’essere umano è fallace, che quasi sempre chi si comporta male con qualcuno, è la prima persona ad avere dei problemi, ad aver avuto insegnanti di vita incapaci che l’hanno portato ad essere così. Esso va’ allontanato, punito, rinchiuso per sempre affinché altre persone non debbano soffrire per colpa sua, forse. Ma puo’ essere perdonato. Quasi sempre non c’è vera “cattiveria d’animo”, ma solo povera ignoranza.
Ricordatevi della tigre…

 

Sissi in gabbia

foto mia: Sissi in “gabbia”

45 pensieri su “Il perdono

  1. Sai, inizialmente quando subisco un torto credo di dover cancellare quella tal persona, poi col tempo e riflettendo finisco per concedergli il perdono, è come se l’ira momentanea evapori e si dissolva, appartengo all’ira della sabbia. Chi mal si comporta è sostanzialmente un insicuro che ha avuto pessimi maestri di vita che non l’hanno amato, perché tutto parte di lì dalle esperienze fatte e dall’infanzia, vera fucina dell’anima.
    Buon ferragosto!
    annamaria

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    • Sono d’accordo, Annamaria. Hanno avuto pessimi maestri, o non ne hanno avuti affatto. L’esempio è fondamentale nella crescita.
      Grazie cara, che sia un buon ferragosto anche per te! 🙂

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  2. Il perdono è una gran cosa, ma sai non sempre si riesce a passare sopra torti subiti.. io per esempio non mi arrabbio facilmente per un torto subito, ma quando ci sono anni di torti magari fatti da parenti proprio non riesco a perdonare, ma senza portare rancore chiudo qualsiasi tipo di contatto e per me non esistono più. Non gli do modo di continuare con le loro cattiverie proteggendo me stessa.
    Un bacione caro Lupo buon Ferragosto! 🙂

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    • Cara Demetra, io adotto quella che chiamo “politica dei passi ben distesi” 😀 Ovvero, se una persona mi ha danneggiato e reputo che potrebbe farlo di nuovo… senza rancore, ma passi lunghi e ben distesi, ovvero non entra più nella mia vita, sempre che sia possibile naturalmente. Questo però non vuol dire non perdonare. Perdonare non significa eliminare peccato e colpa, vuol dire capire, non avercela più con chi ci ha fatto del male, ma non significa permettergli di danneggiarci nuovamente. Non so se riesco a spiegarmi… 🙂
      Buon ferragosto anche a te! 🙂

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  3. A tutta prima sembrerebbe che perdonare sia troppo difficile, specialmente quando gli effetti del male ricevuto non svaniscono ma sono lì, belli visibili (che so, la perdita di una gamba, ad esempio)e non è possibile porvi rimedio. Però se niente potrebbe fare ricrescere la gamnba, è anche vero che nemmeno il rancore lo può e in più accresce lo stato di malessere fisico e psicologico.

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  4. Mi era accaduto tempo fa di riflettere sul concetto di responsabilità. Avevo concluso che si può parlare di necessaria difesa dalle persone pericolose, ma non di punizione. Pensavo che spesso l’uomo non è responsabile di azioni compiute in quanto condizionato nelle sue scelte da un insieme di fattori: caratteriali, socioeconomici, culturali. Si può parlare allora di odio, di rancore? Si può odiare Moby Dick o la tigre o (pardon) il lupo? Il malvagio, il mezzo matto, il violento, l’imbroglione devono essere puniti per azioni che riflettono la loro natura? Certamente devono essere messi in condizione di non nuocere, allontanati dalle loro possibili vittime. La stessa segregazione, l’allontanamento dalla vita sociale, la privazione della libertà devono essere considerati un deterrente, una forma (quando possibile) di rieducazione, ma non certo una vendetta della società. Se comprendere le motivazioni delle azioni umane significa perdonare, allora si può anche parlare di perdono, un perdono che serve a noi anche soprattutto per prendere le distanze dal nostro tormento, quello derivante dal danno subito.

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  5. Grazie 🙂
    Si ho capito, il fatto è che mi faccio sopraffare dalla totale indifferenza verso certe persone, praticamente non mi interessa neanche cercare di capirle riesco solo a cancellarle..

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  6. Wolfissimo!!! A tratti non ci sono (inghiottita dal lavoro)ma impossibile non approdare qui quando posso, per leggere i tuoi post. Il perdono … non lo so. Ho letto con grandissimo interesse quello che hai scritto e non fa una piega, ma se poi mi misuro con la realtà non so rispondere. Direi che anche se si perdona, impossibile non tornare con il pensiero a chi ci ha fatto male, penso che l’atto (che non voglio nemmeno chiamare torto o angheria) segni per sempre. Sono impreparata su questo argomento e tu sei incredibile.
    Un fortissimo abbraccio moltiplicato!

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    • Dimenticare è pericoloso, cara, ci espone al pericolo di rifare gli stessi errori, di riporre la propria fiducia di nuovo in mani sbagliate. Non dimentichiamo mai veramente, possiamo evitare di pensare al passato, ma dentro di noi i ricordi restano per sempre, anche se il tempo li modifica. Perdonare vuol dire comprendere; comprendere che chi ci ha fatto del male ha sbagliato, così come certamente sbagliamo anche noi, magari in altri campi, con comportamenti diversi, ma nessuno è perfetto. Tuttavia ciò non vuol dire “passarci sopra” e amici come prima, proteggerci dai pericoli e dalle malignità è compito nostro.
      Un carissimo saluto! 🙂

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  7. Ciao Wolf, buona estate 🙂
    Uff…solo il pensiero di dover perdonare qualcuno mi fa andare a male.
    Mi fermerei se potessi al momento prima di arrivare al momento del torto; fatto o subito.
    Abitiamo un mondo reale zeppo di torti.
    ( hai letto “il re dei torti” di Grisham?)
    Ci vorrebbe un castigamatti dove il perdono non è sufficiente.
    Ma poi vivere di rancori fa male solo al portatore. Spesso chi subisce il torto vive di esso anche oltre al torto stesso consumandosi nei casi più gravi.
    E il perdonare invece, ha forse senso se chi ha arrecato danno poi neppure si rende conto dell’importanza del perdono? Quindi suppongo che la giusta misura sia l’incazzarsi al momento e ricordare a se stessi di evitare di ritrovarsi nella medesima situazione che ha portato a subire il torto. Perdonarsi….e vivere sereni quanto possibile! 🙂

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    • Certo. Come ho scritto, perfino la rabbia ha una sua funzione positiva importante, che non dobbiamo sopprimere, casomai controllare per evitare che ci porti ad eccessi. Poi dobbiamo proteggerci, evitando che chi ci ha danneggiato possa rifarlo. Il resto è un inutile spreco di energie e tempo, meglio impiegarli in attività più costruttive 🙂
      Un salutone! 🙂

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  8. Sull’argomento ho le idee abbastanza confuse, di solito spiego che “magari dimentico, ma NON perdono” ^__^
    In realtà ho un ottima memoria e dimentico molto poco, ma sono abbastanza comprensiva, e non mi vendico mai perché tanto so che a vendicarmi provvede la vita, sempre – nel senso che comunque la vita ne ha per tutti e quindi è inutile peggiorarsi le cose a vicenda.
    In generale non ho difficoltà a comprendere chi mi fa un torto a suo vantaggio, ma per le prepotenze gratuite, anche piccole, serbo rancore a distanza di decenni. E trovo che la società dovrebbe difendersi, con garbo e in modo il più possibile indolore, ma MAI vendicarsi, e che la vecchiaia, rendendo deboli, annulli tutto, anche i torti peggiori.
    Un po’ confuso, mi rendo conto…

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    • No, non ti trovo confusa, è tutto comprensibile, e condivisibile aggiungerei. Non credo che quello che mantieni a distanza di anni sia rancore, piuttosto “attenzione” nel preservare te stessa da chi ti ha colpita in passato. La dimostrazione è che non miri alla vendetta, la tua voce interiore mira a farti ricordare che a quelle persone è meglio che non dai corda, ma non per rivalsa, per autodifesa.

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  9. sai per parlare di perdono bisognerebbe averlo provato … un grande torto intendo. Così grande e così doloroso da farci stare male. E quando si ha a che fare con ferite, sentimenti ed emozioni pensare alla parola perdono e a cosa significa veramente non è cosa così facile da gestire.
    Perchè ogni caso è a se. Perchè perdonare significa cancellare la ferita dentro di noi e guarirla con la comprensione. Perchè è anche vero che non tutte le ferite possono essere guarite e alcune lasciano cicatrici così profonde da rendere assolutamente inutile il perdono.
    Il perdono non è una parola.
    E’ uno stato d’animo e come tale sfugge a qualsiasi ragionamento.
    E’ un sentimento e come tale ci vorrebbero le istruzioni della saggezza per poterlo maneggiare.

    Io ho perdonato.
    Sono pentita? Non lo so. Spesso mi sono detta che ho fatto bene ma altrettanto mi sono pentita per averlo fatto… perchè ho avuto la sensazione di eseguire un condono su un torto che non poteva essere perdonato.

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    • eh, ma “perdono” non è “condono”. Io non sono, in generale, per il condono. Chi ha sbagliato è giusto che paghi, non per vendetta, ma per evitare che ripeta la stessa azione dannosa, che sia verso la persona verso cui ha già sbagliato o verso qualcun altro. L’esempio estremo dell’assassino del figlio di una persona è calzante: perfino un padre che ha subito un tale danno può perdonare, ma ciò non significa che all’assassino viene condonata la condanna. Significa che il padre ha capito la natura terribilmente umana (perché noi esseri umani abbiamo componenti terribili dentro di noi) dell’assassino e perciò l’ha “lasciato andare” dentro di sé, non certo che l’assassino può tornare libero con il rischio che ripeta l’azione criminosa. Inoltre, molto spesso noi non impariamo se non grazie al meccanismo della punizione. Quindi, niente punizione significa niente lezione. Ma ciò non ha a che fare con la vendetta e, d’altro verso, con il perdono. Come hai scritto, il perdono non è proprio una azione fisica, è più un’azione mentale e, col tempo, emotiva.
      Troppo spesso oggi si cade in questo equivoco che perdonare significhi condonare. Non è così.

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  10. Si può certo parlare di perdono, praticarlo anche. Io non so se avrei la forza di farlo se qualcuno facesse del male o mi uccidesse mio figlio (o anche la piccola Sally che è parte di me).

    Sono volutamente passata perchè ho scritto un post che incontrerà i tuoi gusti e quelli di Lady W.

    sheraffettuosamentedicorsa

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    • Certo, c’è chi ha dimostrato che si può sempre perdonare… ma io stesso non posso sapere se di fronte ad una situazione estrema riuscirei a farlo.
      Ok, verrò certamente a leggere il tuo post 🙂

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  11. Ciao Wolf, ben trovato! Tutto bene le vacanze? e i piccoli amici come stanno?:-) la mia filosofia di vita mi insegna che se qualcuno mi usa un torto o mi fa una cattiveria è solo perchè io internamente, avevo la causa che ha scatenato quel torto (non è facile come pensiero, lo so). in breve non do mai la copa all’esterno per ciò che mi succede, se qualcuno mi fa del male è perchè io avevo un cattivo karma riguardo ciò che è successo, pertanto ciò che posso fare è solo mettere cause positive nel presente, per rendere positivo anche il mio futuro. in breve: porre buone cause = effetti positivi, porre cattive cause = effetti negativi. tutto dipende da noi e, per il karma che non conosciamo e che dobbiamo ancora “scontare”, perdonare vuol dire comprendere che se qualcuno si comporta male, nella maggior parte dei casi – come dici tu – è perchè ha una grande sofferenza nella sua vita: posso solo compatirlo. o insegnargli a meditare come faccio io…un abbraccio!

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    • Il rischio nella tua filosofia è di caricarsi il mondo sulle spalle, anche quando il mondo va per conto suo. Mi viene in mente la tragedia dell’invasione del Tibet, con migliaia di tibetani uccisi e molti altri costretti all’esilio o comunque a vedere la propria vita snaturata. Tutti avevano un cattivo karma? C’è chi dice che il karma nazionale può “imporsi” su quello personale, ma è difficile credere che una nazione pacifica come il Tibet potesse avere un tale karma negativo. Il vantaggio della tua filosofia invece è l’eliminazione del vittimismo, del dare la colpa ad altri o ad altro, cosa che non è mai positiva. E’ molto più costruttivo pensare che ogni cosa che accade è propria responsabilità. Ma non bisogna esagerare, ci sono cose su cui non abbiamo potere, e dobbiamo imparare ad accettarlo.
      Abbraccione! 🙂

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      • Il karma negativo dei poveri Tibetani si è sicuramente imposto sul loro karma personale, e dici bene. Ma in realtà il karma è insondabile e non si può sapere il perché o quali cause abbiano posto nelle vite precedenti i poveri e rispettabilissimi Tibetani per meritarsi una così grande sofferenza. non possiamo saperlo o stabilirlo noi, non è che ci dobbiamo credere o meno: la legge universale di causa ed effetto esiste sia che siamo d’accordo oppure no. . .inoltre il karma in sè è neutro, non è nè negativo nè positivo: dipende solo dal tipo di cause (positive o negative, appunto) che abbiamo messo nel passato (di questa vita o di vite precedenti), quali effetti abbiamo nel presente.last but not least, nella ns.vita c’è tutto il potere dell’universo, dipende solo da noi crederci ed attivarlo. è un “argomentino” (nel senso di tosto), lo so, non basterebbero fogli e fogli per spiegare, ma ci si può provare 🙂 un salutissimo!

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      • In realtà la spiegazione che danno i tibetani stessi è che grazie alla diaspora a cui sono stati costretti, la loro filosofia, i loro metodi, sono stati esportati in tutto il mondo portando perciò beneficio a più persone di quelle che hanno sofferto per essa. Sarebbe perciò un evento positivo, nonostante tutto.
        Capendo le leggi che vigono nell’universo, probabilmente potremmo arrivare a fare grandi cose, vero. Tuttavia non credo in un potere “infinito”, non possiamo fare tutto, non avrebbe nemmeno senso, sia che crediamo in un potere più grande sia che non ci crediamo.
        Grazie, un salutissimo anche per te! 😛

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  12. l’istinto mi porta ad odiare,nell’immediatezza de torto ricevuto.Svanita l’ira svanisce lentamente anche l’animosità. Valutando i pro e i contro,preferisco perdonare,o meglio passare sopra a certi fatti,ma senza dimenticare. Ricordare serve per allertare le nostre difese,perdonare serve alla nostra serenità interiore.

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  13. ciao carissimo, come butta?
    questo è un argomento spinoso, antico come il mondo, credo che il concetto di “perdono” sia talmente personalizzato da andare ben oltre il significato base. Complesso abbinare il perdono alla dovuta punizione (perdonare non significa condonare),perdonare un condannato all’ergastolo non è poi così difficile, seppur a prezzo inadeguato il torto subito viene comunque pagato. Personalmente non mi pongo il problema, cioè, nei ristretti ambiti famigliari le cose si appianano sempre, fuori casa cancello dalla mia vita chi tenta di danneggiarmi, lo resetto, senza sete di vendetta né rancori. Se usciamo dagli aspetti mistici, il perdono non è terapeutico, per nessuno, un delinquente perdonato anziché ravvedersi sfrutta a proprio uso e consumo l’opportunità. E’ troppo vasto il territorio.
    Come sempre post profondo che induce a riflessioni.

    buona serata

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    • Un delinquente perdonato, come scrivi te stesso nella prima parte del tuo commento, non è un delinquente al quala la pena è stata condonata, non esce dal carcere, continua ad essere in condizione di non poter ricommettere il danno che ha arrecato. Ma chi è stato danneggiato non nutre più rancore nei sui confronti.
      “Nei ristretti ambiti famigliari le cose si appianano sempre”… qualche dubbietto mi permane 😀
      Grazie, un caro saluto! 🙂

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