Un po’ di Wolf: autobiografia – II

Bene, in questo periodo di fiacca per il mondo dei blog e per il mio in particolare, avrei ben tre post in mente 😉 E’ però pieno agosto, un mese ferale per la mia famiglia: sia mia madre (4 agosto 2006) che mio padre (20 agosto 2003) se ne sono andati in questo mese, inoltre il 15 era nostro costume festeggiare l’onomastico di mia madre. Colgo perciò l’occasione per ricordarli entrambi pubblicando il secondo “capitolo” della mia biografia e dedicandolo, appunto, ai miei genitori. Per farlo recupero due vecchi post. Non so quanti tra i miei odierni lettori (pochi e in gran parte diversi da quelli che avevo all’epoca – gennaio e fabbraio 2008) li abbiano già letti, mi scuso eventualmente con loro per la ripetizione.

Papà, mamma, un abbraccione ovunque voi siate, forse solo nella mia memoria…

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Forza dMio padre – unico maschio di 5 figli, ariete, proprio come me e i miei due fratelli (uno di loro nato addirittura il suo stesso giorno) – nacque alla fine degli anni ’20 in un paesino della Sicilia noto per essere stato scelto da Francis Ford Coppola per alcune scene dei film della serie “Il Padrino” (a voi scoprire qual è il paese ;-)). Rischiò di morire appena nato, io infatti porto il nome del santo a cui venne attribuita la sua sopravvivenza (che scoop eh?? ;-)).

Venne via dalla Sicilia con la sua famiglia quando aveva solo pochi mesi. Non so’ o non ricordo molto di cosa mi racconto’ di quei difficili anni, salvo che per alcuni di essi, durante la seconda guerra mondiale, vissero in Francia per stabilirsi successivamente a Genova.

La sua non fu’ un’infanzia facile, così come non lo era la sua famiglia. I miei nonni erano persone semplici, molto religiose ma – mi permetto di dire – forse proprio per questo, piuttosto severe. Da loro, immagino, mio padre ereditò un carattere burbero e irascibile, un carattere che lo portò ad un passo dalla separazione con mia madre… ma questa è una storia che racconterò in un’altra occasione.

lunaparkA proposito di mia madre, mi piace raccontare di come la conquistò 🙂
Mia madre era molto bella, sembrava un’attrice anni ’50 ;-), mio padre invece era… normale, secondo me fu’ il primo a stupirsi della conquista :-D. Restandone colpito, organizzò un “complotto” coinvolgendo un’amica di mia madre: le fece dare un appuntamento al Luna Park (ancora oggi, sotto le vacanze di Natale, il Luna Park – che e’ il piu’ grande luna park mobile d’Europa – si ferma puntualmente nella stessa zona), e si fece trovare lì al posto della sua amica… 😉

Mio padre sfondo’ nel suo campo, sposo’ la donna che amava e creo’ la sua famiglia. Si realizzo’ insomma, e questo probabilmente servì a contenere un po’ il suo carattere, che era tutt’altro che facile.
Era il classico uomo di altri tempi, cresciuto nelle difficoltà e nel mito che “l’uomo vero” non mostra debolezze o inutili romanticismi, e che, per dimostrare il proprio amore verso la famiglia, sia sufficiente non farle mancare i beni materiali. Non fu’ un uomo avaro di denaro (anzi, era uno spendaccione! ;-)) ma lo era nelle dimostrazioni d’affetto. Non si deve vergognare mio padre di questo, ne’ io gliene faccio una colpa: in quella generazione molti uomini erano così; così era stato insegnato loro ad essere; così era l’ambiente a quel tempo. Anche se senz’altro il suo modo di essere creo’ a tutta la famiglia molte difficoltà.

Andato in pensione ebbe un rapido declino: la trovata sedentarietà (nel suo lavoro era sempre in piedi) lo porto’ ad ingrassare rapidamente, contribuì a fargli salire il diabete, aveva una forma di Parkinson che gli paralizzò le gambe negli ultimi anni della sua vita (con gravose difficoltà per noi; mia madre in primis, ma anche io decisi di tornare a casa per seguirne il decorso) nonché problemi cardiocircolatori.

Il primo gennaio 2003, alle 7 del mattino (io ero rientrato a casa da neanche due ore) fui costretto a ricoverarlo. Quella data segno’ una svolta nella vita di tutti noi, una serie di anni difficili…

Doveva essere una banale influenza, ma i medici sbagliarono (un’infermiera disse la verità a mia madre dopo qualche tempo): nel tentativo di abbassargli la febbre che non decideva ad andarsene, gli iniettarono un “farmaco bomba”; pochi minuti dopo mio padre ebbe le convulsioni. Quando arrivai in ospedale sembrava in fin di vita. Il primario mi fece chiamare e, senza che io avessi il tempo di aprire bocca, allargò le braccia dicendo che mio padre era già arrivato in ospedale in condizioni disperate 😮 e che loro non c’entravano nulla…

Ma quella volta mio padre si riprese insperatamente e torno’ a casa.
Nei mesi successivi pero’ ebbe un infarto, un edema polmonare e, infine, un altro attacco di cuore.

Una notte di agosto della maledetta estate bollente del 2003, proprio quando ormai sembrava che la calura stesse lasciando la città, mio padre chiamò mia madre. Lo faceva spesso: cercando di alzarsi da solo (frequentemente capita che le persone anziane non si rendano conto del loro stato di disabilita’) cadeva dal letto e così chiamava lei che poi, a sua volta, chiamava me. Ormai era una prassi.
A lungo la sua voce che chiamava mia madre e quella – preoccupata – di lei che mi svegliava, hanno popolato i miei incubi notturni.

Ma quella notte non la chiamo’ perche’ era caduto, la chiamo’ perché sentiva di nuovo che il suo cuore era in difficolta’. Mia madre voleva chiamarmi, ma lui, sapendo che avrei immediatamente chiamato l’ambulanza, le chiese di non farlo. Era stanco di ospedali e ricoveri. Voleva andarsene nella quiete della sua casa, con la persona che – a modo suo – aveva amato per oltre 40 anni della sua vita.

Le disse di sedersi vicino a lui, le prese la mano e, dopo qualche minuto, rovesciatosi sul letto, spiro’…

mare

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Olivetta San MicheleMia madre nacque in un paesino al confine con la Francia nel 1928 (prime due foto).

Era una bella donna, intraprendente anche 🙂

Da ragazzina fu corteggiata da un calciatore spagnolo del Genoa, ma sua madre, conoscendo la fama di Don Giovanni che ne circondava il nome, la tenne in pratica “sotto chiave”  😛 finche’ lui non cambio’ maglia. Venni a conoscenza di questa storia quando un giorno, lasciandomi esterrefatto, inizio’ come nulla fosse a parlarmi in spagnolo – lingua che credevo non conoscesse per nulla 😮

Per un certo periodo intraprese la carriera di cantante. Citava spesso i suoi viaggi, in particolare in Persia (a quei tempi non si chiamava ancora Iran), paese di cui decantava la bellezza. Cesso’ la carriera perche’, gia’ a quei tempi, per andare avanti, avrebbe dovuto sottostare a “certe regole”… che rifiuto’.

Olivetta San Michele - ponte anticoAl contrario di mio padre, legatissimo alla sua famiglia di origine, mia madre seppe separarsi senza traumi dalla sua. Viveva distante da essa e non vedeva frequentemente ne’ i genitori ne’ i fratelli. Sua madre mori’ pochi mesi dopo la mia nascita; suo padre – ne ricordo l’amore per il “Pastis”, un forte liquore a base di anice 🙂 – molto piu’ tardi. Era ricoverato in un centro per anziani (non pensate a parole brutte come “ospizio”, era davvero un bel posto), nei pressi del suo paese natio. La notizia della sua morte, datagli per telefono, la colpi’ profondamente perche’ non era riuscita ad andare a trovarlo nonostante gliel’avesse promesso. L’infermiera che lo seguiva, le riporto’ che ogni volta che la porta della sua camera si apriva, lui guardava con ansia, sperando di vederla entrare…

Quello che più mi piace ricordare di mia madre e’ la sua umanita’, il suo essere rimasta fino alla fine a fianco di mio padre che, burbero come si conveniva agli uomini della generazione della guerra, era uno di quelli che pensava bastasse assicurare i beni materiali alla famiglia per dimostrare il suo amore verso di essa. Mia madre ha subito per lunghi anni, sopportando, per quieto vivere, il suo carattere litigioso. Quando avevo 18 anni la accompagnai dall’avvocato perche’, giunta al limite della sopportazione, voleva separarsi. Ma poi, resasi conto che mio padre da solo sarebbe stato “perso”, rinuncio’.

Sbaglio’? Fece bene? Chi puo’ dirlo?

So solo che questa fu la sua decisione, una decisione dettata dal cuore, che – al di la’ di cosa ne pensassi io – ho sempre rispettato per il grande coraggio e determinazione che dimostro’ nel portarla fino in fondo. Certamente, se si fosse separata, la sua vita sarebbe stata ben diversa…

Come ho scritto nel post su mio padre, la notte in cui lui mori’, nel 2003, la chiamo’, le chiese di non chiamarmi, di non avvisare neanche l’ospedale. Era stanco di ricoveri, voleva andarsene in casa sua. Si sedettero’ insieme sul letto e si presero’ per mano… finché lui non se ne ando’.

Niente mi toglie dalla testa che mia madre inizio’ ad ammalarsi quel giorno, perché – non essendoci piu’ lui – non aveva piu’ una ragione per vivere.

Scoprimmo la sua malattia nell’aprile del 2005 in seguito ad una frattura spontanea dell’omero. Fu l’inizio di uno dei periodi piu’ devastanti della mia vita. Nel giro di pochi giorni, la paura, prima ancora della malattia, si impossesso’ di mia madre togliendole la lucidita’ mentale. La persona che era stata fino ad allora, non l’avrei mai piu’ rivista.

Mia madre, a cui furono dati pochi mesi di vita, visse ancora quasi un anno e mezzo, stupendo tutti per la sua capacita’ di ripresa. Ma non me. Quando anche i parenti e gli amici piu’ stretti mi dicevano di lasciarla morire in pace, io protestavo, perche’ sapevo che era soprattutto la paura che la stava uccidendo, e che, se l’avesse superata, avrebbe potuto vivere ancora a lungo; “tecnicamente” infatti, il suo era – a quell’eta’ – un male lento, avrebbe potuto essere tenuto sotto controllo con cure non invasive per anni. Venni a sapere che, in occasione della riabilitazione per una seconda frattura spontanea, stavolta del femore, il medico che la seguiva in casa disse alla fisioterapista “tanto lo sai che questa donna non si rialzera’ piu’”. E invece, ancora una volta, si rialzo’. Prima col girello, poi col bastone, poi senza aiuto alcuno.

Solo un ictus se la porto’ via in poche settimane. Ricordo con strazio il suo “ho tanto mal di testa”.

Mori’, come voleva, in casa sua, con i suoi figli attorno. Ormai in coma da giorni, sembrava resistere ad oltranza, come se si preoccupasse per noi. In un momento in cui rimasi da solo nella sua camera, mi avvicinai a lei e le sussurai dolcemente “Vai mamma, vai… tuo marito ti sta aspettando, non preoccuparti per noi…”.

Poche decine di minuti dopo, mia madre se ne ando’, ed io venni pervaso da una sorta di sensazione di pace, come se cio’ che doveva essere, fosse stato compiuto…

A parte il devastante potere della paura, l’insegnamento principale che mia madre mi ha lasciato è stato che il corpo, la mente, i beni di ogni genere, scompaiono tutti, spesso molto prima della vera fine.

L’ultima cosa che rimane, e’ anche la più importante: l’amore e l’affetto che hai dato, e quello di chi hai ancora intorno a te.

La notte della Befana 2007, sfogliando a caso un’agendina di quand’ero militare, almeno 17 anni prima, trovai con sorpresa una dedica di mia madre che diceva pressapoco “Al mio bellissimo figlio, a cui voglio tanto bene. Tornero’ presto a trovarti. E’ una promessa.” La dedica era scritta con mano molto tremante, come da una persona malata di Parkinson. Mia madre aveva il Parkinson, e’ vero, ma non certo all’epoca in cui quella dedica avrebbe dovuto essere stata scritta. Misteri… Quando il giorno dopo lo raccontai ad una cara amica, molto credente, non mostro’ affatto segni di sorpresa; mi disse tranquillamente: “E’ normale: la notte della Befana e’ la notte dei bambini, e te, per tua mamma, sei ancora il suo bambino…”

 arcobaleno

prec.: autobiografia – I

48 pensieri su “Un po’ di Wolf: autobiografia – II

  1. Proprio periodo di fiacca nei blog, anch’io non concludo niente con i post, anche se adesso il nipotino è con i genitori,
    E’ bello questo post,qualcosa avevo letto un’altra volta.
    I ricordi della loro vita ci rimangono sempre nitidi dentro al nostro cuore,
    mio padre avrebbe 100 anni, e ne sono 50 che non c’è più, sono pochi i ricordi che ho, ma molto vivi, mia mamma manca dal 2005..
    Ciao Wolf, buon e sereno ferragosto a te e alla tua lady come la chiami.
    Magda

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  2. Mi unisco al tuo saluto per i tuoi genitori e li ringrazio (so che ascolteranno il mio pensiero) per aver avuto te che sei un ottimo amico di blog 🙂
    Però che bel pensiero da parte dei tuoi, non sapevo che il tuo nome fosse dedicato ad un santo, direi a uno dei più amati.
    I tuoi avevano un incredibile forza di carattere, anche di fronte ai problemi di salute. E tu quante ne hai passate..
    La dedica di tua madre sulla tua agendina mi fa pensare che lei vegli sempre su di te, è una sorta di angelo custode.
    Un abbraccio grande caro Lupo 🙂

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  3. Ho letto il seguito della tua biografia. Bellissima, devo dire che a parte il fatto che i miei genitori erano più anziani dei tuoi, molti avvenimenti della loro vita coincidono con quella dei miei cari. L’unica differenza è che i miei morirono tutti e due di cancro, mia madre a soli 66 anni, dopo tre anni di terribili sofferenze e mio padre, tre anni dopo, a 74, dopo poco più di un anno di malattia, ma non voleva più vivere, mia madre gli mancava troppo. Questa vita, secondo me è veramente uno schifo !!!!!!!!
    Ciao, buon ferragosto 🙂 🙂

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    • La vita è una partita, fischia l’arbitro ed è finita, cantava Iannacci (mi pare) 🙂 Almeno una partita si sa che dura almeno 90 minuti, la vita non si sa mai quanto durerà. Il cancro è la malattia del secolo, lo era in quello scorso, lo è e lo sarà – checché ci raccontino – anche in questo. Vero, la medicina ha fatto sicuramente progressi e oggi, è indubbio, molta gente si salva o impara a conviverci a lungo, ma altrettanti non ce la fanno, come i nostri genitori. Tempo fa avevo letto che ogni persona ha una possibilità su tre di ammalarsi – almeno una volta – di questo male, e temo che oggi si sia più vicini al 50%. Personalmente cerco di farmene una ragione, nel senso che non penso a “se”, ma a “quando”, ed è importante anche il “come”, perché se già sappiamo che molti di noi moriranno di cancro, almeno si spera succeda il più tardi possibile e con meno sofferenze possibili. Io poi sono assolutamente pro-eutanasia e spero, se e quando sarà il mio turno, di trovare un medico compiacente che mi faccia risparmiare sofferenze inutili. Con buona pace della Chiesa, con tutto il rispetto 😉
      Buon ferragosto anche a te, cerchiamo di godercelo ogni giorno che passiamo qua 😉

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  4. Quando i ricordi sono così intensi e ma anche sereni è come continuare un discorso appena interrotto,con i nostri cari.
    Mio padre avrebbe oggi 103 anni,ma ne ha vissuti meno della metà.Mia madre,ci ha lasciati nel 2009,a 94 anni:ho accompagnato mio padre nel momento finale,ero da sola.
    Lo stesso successe con mia mamma,anche se i familiari erano comunque presenti.
    Con loro ho parlato fino alla fine il distacco è stato meno doloroso,anche perchè non c’erano molte speranze.
    La vita no era facie,i tempi non erano facili,ed era così quasi per tutti e dappertutto,ma loro ci hanno aiutati a crescere,anche con l’esempio delle loro vite.
    Sono avvantaggiata ad indovinare il paese di origine di tuo papà,ci vivo vicino:assieme a Savoca e Fiumefreddo,Castello degli Schiavi,sono fra le location più belle del film.
    Ciao e buon ferragosto.

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    • Mi spiace in particolare per tuo papà, che se ne andò così giovane. Almeno non era da solo, e già questo è importante 😉
      Eh, mi parli di posti che non conosco 😦 Purtroppo quello di andare a visitare i luoghi di provenienza della famiglia di mio papà è sempre rimasto un sogno in un cassetto. Adesso abbiamo un cane, che potrebbe venire con noi, e tre gatti che non ci sentiamo di lasciare qua da soli per lunghi periodi. E la Sicilia è distante, occorrerebbero almeno… 5 giorni tra viaggio e permanenza, a dir poco. Chissà se un giorno mi riuscirà di visitarla…
      Buon ferragosto anche a te! 🙂

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  5. Di quella generazione erano anche i miei. Stessa educazione, stesso modo di prendere la vita: un dovere da portare fino in fondo nel migliore dei modi!
    Mia madre con tanta voglia e tanto coraggio nell’affrontare le tante avversità di quel periodo così difficile,e poi… non so se lo hai letto, http://clereveries.blogspot.it/2012/04/perche-la-guerra.html, ma lei, la mia Rita Hayworth, è stata sempre così fino a 52 anni. Fino a quando una trombosi e un ictus le hanno fatto cambiare vita. Altri 20 di dipendenza e depressione che hanno cambiatola nostra vita, specialmente quella di mio padre. Lui era un po’ come tuo padre, poche carezze, molto silenzio e molto lavoro, pensione, malattie, acciacchi….
    Ora che è passato tanto tempo è subentrato in me uno strano sentimento, per me sono anche come miei figli!
    Non so se può aiutare a capire di più gli anziani, ma le malattie come il diabete quando sono associate ad altre patologie rovinano i rapporti umani, sciupano i ricordi che fortunatamente si riprendono anni dopo.
    Grazie, ci hai regalato un bellissimo scorcio del tuo cuore che ci ha fatto capire quanto l’affetto, la dedizione dei genitori possano affinare l’animo dei propri figli, come è accaduto nel tuo caso. 🙂

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    • Le malattie lunghe e debilitanti hanno sempre un inevitabile impatto sulla vita di una famiglia, almeno dei componenti che sono conviventi al malato. Ed è vero che ci vuole un po’ prima di riabilitare i ricordi, anche se questo può essere dovuto anche al tipo di rapporto che intercorreva tra i famigliari. Mio padre non aveva quello che oggi si definisce un “buon carattere”, era scontroso, irascibile, egocentrico e supponente, ma… non era cattivo. Negli ultimi anni della sua vita si “addolcì” molto, si… placò, per così dire. Riabilitarne completamente la memoria richiese tempo. Posso dire di averlo compreso, adesso. E ne ho un buon ricordo 🙂 In fondo ognuno ha il proprio carattere e, di solito, i lati meno buoni non sono nemmeno responsabilità propria ma derivano da come a loro volta erano i genitori. Sicuramente i genitori di mio padre erano molto severi, non credo che lui avrebbe potuto essere molto diverso. E comunque ha fatto quanto poteva per la sua famiglia, pure sbagliando o eccedendo in qualche atteggiamento.
      In realtà forse siamo anche noi ad essere cambiati, con l’età cambiano anche le scale di importanza, cose che erano fondamentali un tempo non lo sono più, ed altre che non capivamo o condividevamo iniziano ad esserlo. Forse è gioco-forza capire meglio chi ci ha preceduto.
      Grazie a te, un caro saluto 🙂

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  6. Ciao Wolf, che bello rivedere gli amici, sa quasi di “ritorno a casa”… Non credevo di trovare tante difficoltà con gli Internet point, essondo in località molto turistiche: il atto è, ha spiegato un (ex) titolare, che hanno chiuso perché ormai tutti hanno wi fi o gli smartphone…
    Credo proprio che per l’anno prossimo dovrò attrezzami! 😀

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  7. I tuoi genitori ti sono entrati nel cuore, probabilmente da sempre e sono lì, circondati dal tuo grande affetto per loro. Ricordandoli ora hai sicuramente cancellato i momenti brutti per fermare, giustamente, solo ciò che è stato positivo,vedi tutto per quello che è, con quel distacco emotivo che io sto cominciando solo da un anno a questa parte ad avere. Era un’umanità fragile quella nata dal ’18 al ’30, insicura, anche se piena di coraggio o forse era solo disperazione nel cercare di sopravvivere ad ogni costo. Le malattie o i continui ricoveri mettono a dura prova tutti i familiari, lo sto vedendo in questi ultimi anni anch’io come ho visto che sono la conseguenza delle loro paure e delle loro nevrosi, ma ormai non ascoltano più perchè sono chiusi nel mondo. Un carissimo saluto caro Wolf ed un abbraccio per questo mese così pieno di ricordi per te. Un caro saluto a tutta la tua famiglia!

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    • Grazie Fulvia. Sì, sicuramente le malattie e la debilitazione che ne consegue, amplificano enormemente ogni nevrosi già presente, come se non bastassero di per sé a complicare una vita già messa a dura prova.
      Un caro saluto anche a te ed a tutta la tua famiglia!

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  8. Wolf, caro amico, sono commossa… Non ho molte parole, mi succede sempre quando i post mi coinvolgono emotivamente. La parte finale poi, quella che vede tua madre alle prese con una dedica per ils uo bambino… Grazie per questi post bellissimi 🙂

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  9. Ho letto come se fosse un romanzo, perché in fondo la realtà è il più bel romanzo che si possa scrivere. Anch’io ho cominciato ad accorgermene e a inserire qualche pezzo di vita della mia famiglia in qualcuna delle mie storie, forse perché ho bisogno di recuperare i ricordi che sto perdendo. Bisogna raccontare, per non dimenticare. E poiché anche il ricordo della mia vita si sta dissolvendo, comincio a parlare anche di quella: è un’esigenza dell’età.

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  10. noi siamo polvere e lasciamo il segno del nostro passaggio solo con la testimonianza del nostro amore e del nostro amare

    grazie per aver condiviso questo con noi
    ciao

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  11. mi sono emozionato leggendo di tua madre. Credo che le persone che hanno vissuto tra il 1900 e il 1950, si…che sapevano cos’era la vita; con tutti gli estremi e le tante sfaccettature.

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  12. Ho fatto un tuffo con la memoria al passato e sono rimasta lì con tutti i miei ricordi.
    Hai scritto un post molto bello, parole scritte con il cuore, parole di un figlio che ricorda le sue radici, aggrovigliate nell’albero della vita.
    Mi ha fatto piacere essere oggi qui. Davvero tanto.
    un abbraccio

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    • Grazie, mi piacerebbe continuare a scrivere questa sorta di autobiografia, al momento ho messo poco di nuovo, questi, assieme al precedente, sono quasi tutti recuperi di post “vecchi”.
      Un abbraccio e benvenuta sul mio blog! 🙂

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  13. Curiosa la storia e curioso come vanno le cose.. Mi piacciono molto le foto del post, per il resto dovremmo cercare di vivere molti di questi posti perché la vita tra impegni e lavoro non è poi così lunga, il tempo stringe!

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    • Ah, in questi giorni io, Lady Wolf e il fido Tom, siamo in ferie e, salute permettendo, abbiamo iniziato a girarne un po’ 🙂 Ad esempio abbiamo fatto diverse tratte dell’Alta Via dei Monti Liguri 🙂 Qualche settimana fa eravamo di fronte al Monte Bianco e, essendo Lady Wolf Altoatesina, certamente non mancheranno le Dolomiti 🙂

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    • Grazie! 🙂 Abbiamo fatto un paio di visite interessanti: Saturnia (con Tom non possiamo andare nelle Terme, ovviamente, ma nelle vicinanze c’è un torrente con delle cascatelle di acque termali che è aperto a tutti) e il lago di Bolsena, nel Lazio, il lago d’origine vulcanica più grande d’Europa. Siamo molto stanchi ovviamente, abbiamo fatto quasi mille chilometri in due giorni, ma è stato bello 🙂

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  14. Hai sangue siciliano nel cuore e, questo mi rende orgoglioso di essere un tuo amico, senza offesa per tutti gli altri amici che conosco virtualmente.
    Sei un grande.
    Un abbraccio, Edo.

    piesse, perché questo post sono riuscito a leggerlo solo adesso e nei giorni precedenti non mi compariva? Boh!!!!

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  15. Quindi hai del sangue siciliano nel cuore?
    Orgoglioso di esserti amico.
    Sei un grande!

    Un abbraccio, Edo

    piesse, perché questo post l’ho proprio letto oggi, mentre nei giorni precedenti non mi compariva? Boh!!!!

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    • Quando vieni su questo blog, Edo, devi sempre ricaricare la pagina. Non so perché… ma è così 🙂
      Comunque sì, i miei nonni paterni erano siculi, ed anche mio padre è nato in Sicilia, seppure sia stato portato via quando aveva solo pochi mesi. I nonni materni, invece, erano liguri, con qualche avo austriaco, se ricordo bene…
      Ciao caro, un abbraccio! 🙂

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  16. Chi dice che non vada bene rileggere i vecchi post! Hai fatto bene a riproporli. Chissà perché splindere era un’altra cosa. pensare che mi lamentavo… non in solitudine. Ciao

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