La sopravvivenza della coscienza di sé dopo la morte

Al momento di scrivere il titolo di questo post avevo pensato di mettere il sottotitolo “Quando si capisce che tra scettici e credenti non ci può essere incontro”… capirete il perché 🙂

Qualche tempo fa’ lessi un interessante articolo riguardante gli esperimenti che Sam Parnia, primario di Terapia Intensiva allo Stony Brook University Hospital di New York (quindi non stiamo parlando di un hippy new age :-D), stava conducendo per capire se la coscienza continuava dopo la morte. Il suo interesse nacque dall’osservazione del noto fenomeno chiamato “Near Death Experience”, ovvero dal fatto che una percentuale compresa tra il 10 e il 20% dei pazienti che, in seguito ad attacco cardiaco o altra causa di morte imminente, vengono salvati all’ultimo istante – o tecnicamente perfino dopo l’ultimo istante, cioé quando ne è stata decretata la morte clinica – riportano di aver continuato ad essere coscienti, con visioni o altre forme di percezione (suoni, odori, …), quando in teoria, secondo la scienza, il loro cervello era troppo compromesso per permettere tale stato di coscienza.

I fenomeni NDE, conosciuti in particolare per la visione del famoso tunnel con una luce e un calore meravigliosi e rassicuranti al termine dello stesso, spesso con parenti o altre entità che accolgono e accompagnano in quella che sembra essere l’inizio di una nuova esistenza, sono conosciuti e discussi ormai da decenni (in realtà da migliaia di anni, ma limitiamoci all’epoca moderna) e le teorie che dovrebbero spiegarle sono varie e molto controverse: i credenti parlano, ovviamente, di testimonianze di una vita dopo la morte, gli scettici di fenomeni legati ad allucinazioni del cervello dovute ad essenza di ossigeno o al rilascio di particolari sostanze da parte del corpo umano aventi lo scopo di… addolcire la pillola. Da entrambi i lati ci sono state repliche e contro-repliche tendenti a smontare le teorie contrarie.

Sam Parnia si imbatté, nel suo lavoro, in questi racconti dei suoi pazienti e, incuriosito, iniziò a cercare una spiegazione scientifica. Prima di tutto verificò che la percentuale dei casi non era trascurabile, ovvero non si trattava di casi isolati, e che non riguardavano tutti i pazienti “riportati in vita”, cosa importante poiché escludeva potenzialmente le cause biologiche quale l’assenza di ossigeno (leggi: tutti avrebbero dovuto avere la stessa esperienza, e non solo una bassa – ma sensibile – percentuale di essi).

Tuttavia l’ipotesi allucinazione restava in carica ma non sembrava spiegare tutti i casi. Infatti alcuni pazienti riportavano in maniera dettagliata cosa accadeva attorno a loro – o addirittura in altre stanze o luoghi – in quei momenti di “pre-morte”, di solito da prospettive diverse, come guardassero dall’alto della stanza o – ancora più strano – da un luogo non precisato, ovvero da tutti i luoghi contemporaneamente, come fossero liberi da vincoli spaziali.

Anche per questi casi comunque gli scettici avevano una loro spiegazione: il cervello non era stato completamente “spento” in quei momenti, almeno non in tutti, ed aveva recepito qualche parola o altra sensazione che gli aveva permesso di ricostruire a livello inconscio una visione di cosa stesse succedendo. O addirittura era successo lo stesso ascoltando pezzi di racconto o frasi concitate di medici, infermieri e famigliari, dopo essersi risvegliato…

Per smentire l’ipotesi allucinazione o ricostruzione mentale, Sam Parnia ebbe l’idea di installare alcuni pannelli con disegni in punti della camera non visibili dal letto del paziente, in modo da verificare poi se esso fosse stato in grado di vederli in modo… diverso, ovvero fuori dal proprio corpo. Al momento, da quel che so, le sue dichiarazioni sono che tali pannelli non sono stati visti, ma che eppure diversi casi di testimonianze troppo dettagliate per essere allucinazioni o ricostruzioni mentali sono stati riportati. Già qua, sia gli scettici che i credenti hanno cantato vittoria (in un momento così travagliato come quello del trapasso, non è poi così strano che l’attenzione cosciente non si rivolga a dei disegni su alcuni pannelli di controllo piuttosto che a ben altri avvenimenti come lo strazio dei parenti o la concitazione di medici e infermieri).

E’ da poco uscito un nuovo libro di Sam Parnia – non credo ancora tradotto in italiano – intitolato Erasing Death (cancellare la morte). Questo libro non si occupa però di cosa c’è dopo o se un dopo c’è, ma affronta solo il tema del momento della morte da un rigoroso punto di vista scientifico. Sostanzialmente Sam Parnia ha verificato che molte cellule del corpo umano continuano a vivere anche parecchie ore dopo che è stata dichiarata la morte clinica del paziente e questo permette, con tecniche di raffreddamento particolari, tese a ridurre al minimo il rischio di danni fisici e cerebrali, di riportare in vita il paziente molto più avanti di quanto ritenuto dalla scienza fino a poco tempo fa’. Non a caso i pronto soccorso americani hanno già oggi circa il doppio di percentuale di successo di rianimazione di pazienti colti da infarto rispetto agli omologhi tedeschi o inglesi, e Sam Parnia “semplicemente” cerca con questo libro di dare indicazioni su come salvare ancora più vite umane, senza addentrarsi in “terreni minati”.

Secondo lui la morte non è un processo istantaneo come a lungo si è creduto, ma un processo che dura diverse ore. E quando è possibile riportare in vita il corpo di chi era dichiarato morto, la coscienza… ritorna anch’essa.

Su questo punto si accentra la nuova diatriba tra scettici e credenti. Basta fare un giretto per siti e forum per trovare punti di vista sorprendentemente opposti: gli scettici enfaticamente dicono “Finalmente Parnia ha dimostrato che le NDE sono semplicemente dovute al fatto che le cellule cerebrali non sono ancora morte!”, i credenti “… che la coscienza non si estingue con la morte: essa è ancora viva e, eventualmente, rientra nel corpo se questo viene riportato in vita”.

Sam Parnia, per ovvi motivi, si mantiene cauto riportando solo i dati raccolti riguardanti l’effettivo momento della morte, evitando conclusioni sul fatto che un “dopo” esista o meno. L’unica dichiarazione a cui si è lasciato andare è: «Cosa succede quando il cuore smette di battere? Esternamente è come se la mente, ciò che chiamiamo io o anima, svanisse. Però è lì. Quanto a lungo continui, non lo so. Ma so che, almeno per qualche ora, il periodo di tempo che impieghiamo per riportare indietro una persona, la coscienza di sé continua a esistere».

Nonostante Sam Parnia abbia finito per ricevere critiche da una parte e dall’altra, credo che il suo operato sia – almeno fino a questo momento – un fulgido esempio di come si dovrebbe muovere ed esprimere uno scienziato: senza preclusioni né proclami. Senza esprimere conclusioni a cui non è giunto. Lui sa fin dove è arrivato e cosa può dimostrare. Non afferma, ne nega, ciò che resta fuori dalla sua portata. Anche se magari una sua idea ce l’ha.

P.S. (e O.T.): colgo l’occasione per fare gli auguroni a Julius che in questo periodo compie 5 anni! 😛 Eccolo qua, il ciccionetto, che se la dormiva ieri sera sulla mensola sopra il calorifero 😉

45 pensieri su “La sopravvivenza della coscienza di sé dopo la morte

  1. Io non so più cosa pensare, aspetterò di morire, il più tardi possibile ovviamente, così scoprirò se esiste o no qualcosa oltre la morte 😉
    Certo che il tuo gatto è un bel cicciotto come il mio, che dovrebbe anche lui esser nato verso gli ultimi giorni di aprile! Quindi auguri a tutti e due i nostri adorabili pelosetti 🙂
    Ciao, buona serata

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    • Bé, anche questa è un’idea… se riesci a crederci fino in fondo. Personalmente non ce la faccio ad… aspettare 😀 La mia “ricerca” avrebbe proprio l’obiettivo di trovare una risposta il prima possibile, in modo da avere una giusta percezione della vita ed esorcizzare certe ataviche paure.
      Julius è niente, Sissi pesa almeno 4 chili più di lui! 😉 Numa in compenso è rimasta una gatta normale nonostante mangi quanto mangiano gli altri…
      Ciao e a te, vista l’ora, una buona notte 🙂

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  2. L’argomento mi affascina tantissimo, perciò anch’io aspetterò sorella morte così ultracentenaria saprò come va a finire. Peccato che stando così le cose non potrò postare l’avvenimento! 😉
    Buon compleanno a Julius che sa come prendere la vita 😀 … e
    … Buona Festa della Liberazione!
    Un abbraccio

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    • Come scritto a Dupont, preferirei scoprirlo ben prima… 😉
      eheheh sì, gli animali ci surclassano sicuramente in questo! 😛
      Per la festa della liberazione… oggi sono andato al lavoro, sicché… 😐
      Abbraccione! 🙂

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  3. Wolfissimo … eccomi!!!
    Sì per Di Bella – la sua cura è protocollo per il tumore al pancreas – la cura con la somatostatina è molto efficace. Inoltre, altri tipi di tumore vengono trattati in questo modo, però, non essendo considerata la cura vero e proprio salva-vita, bisogna pagare le medicine. Non per curare il pancreas però. Inoltre si devono fare bene i dosaggi, altrimenti c’è un problema di “debolezza” alle gambe. Mi dispiace di non essere più precisa, parlo solo infatti per esperienza da parte di mia madre e di quello che con lei ho vissuto e che ho ascoltato negli ospedali.
    Per il discorso del tunnel di luce, alcuni dicono anche che nell’occasione della morte imminente, viene rilasciata una sostanza che funge da droga per il nostro organismo e quindi escludono il problema dell’ossigeno, come in effetti hai scritto. E poi penso che e una persona torna in vita, tutto comunque è racchiuso nel suo cervello e quindi mi pare che sia normale che ciò avvenga, cioè che si recuperino le informazioni. Certo che questi sono argomenti di grande fascino … Non riesco a trovare il video, ma anni fa, un bambino, annegato nella vasca da bagno, è stato riportato in vita con la tecnica dell’ibernazione. Wolissimo, augurissimi a Julius — mi piace la sua ciccioneria 😀

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    • Al momento per fortuna non ho bisogno di sapere il dettaglio 🙂 Tuttavia mi sorprende che la definisci “molto efficace”… mi pare che questo tipo di tumore abbia ancora una percentuale di sopravvivenza bassissima, intorno al 5%, corretto?

      Sì, ho scritto anche questa ipotesi infatti nel post (“[…] o al rilascio di particolari sostanze da parte del corpo umano aventi lo scopo di… addolcire la pillola”), tuttavia anche questa ipotesi non spiega né la tempistica di diversi casi né soprattutto le visioni extra-corporee. Anche io ho pensato per prima cosa che in fondo non trovavo così strano che la coscienza, se è un prodotto del cervello, tornasse allorché “tornava” il cervello, ma quando Parnia dice «Cosa succede quando il cuore smette di battere? Esternamente è come se la mente, ciò che chiamiamo io o anima, svanisse. Però è lì. Quanto a lungo continui, non lo so. Ma so che, almeno per qualche ora, il periodo di tempo che impieghiamo per riportare indietro una persona, la coscienza di sé continua a esistere» non si riferisce, secondo me, al fatto che la coscienza possa essere sopita nelle cellule momentaneamente spente, ma proprio al fatto che, apparentemente, la coscienza continua effettivamente ad esserci ed operare nei momenti in cui il cervello è “spento”, cosa che non dovrebbe fare, che il cervello sia “morto” o solo “momentaneamente spento”.
      eheheh Julius apprezzerà certamente il commento 😀

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  4. Argomento interessante e affascinante. Io non sono una scettica per cui per me esiste un’altra vita ed è lì che l’anima va dopo la morte, il corpo è la nostra gabbia: dopo, la parte spirituale viene liberata. Il tunnel, la luce, i parenti se fosse stato un racconto isolato potrei dubitare, ma molti di coloro che subiscono il coma e poi si risvegliano descrivono le stesse visioni.
    Tanti auguri al pelosetto, molto, molto affascinante.
    un caro saluto
    annamaria

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  5. Ciao Wolf, ben ritrovato.

    Il tema che hai affrontato, mi affascina e mi ha sempre indotta a documentarmi e a parlarne con credenti e scettici, ma ovviamente la soluzione non si trova e sono convinta non si troverà mai, a meno che non diamo retta alle testimonianze.
    Dico solo una cosa: se quella che noi chiamiamo anima e pensiamo che sia immortale, non avesse un proseguo e con la nostra morte corporale, tutto finisse… questa vita non avrebbe senso.

    Non sparire di nuovo. Un caro saluto.
    Nadia

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    • Un senso, da un puro punto di visto della Natura, lo avrebbe comunque: il miglioramento delle specie che, va da sé, può essere ottenuto solo se c’è morte (altrimenti le specie resterebbero sempre identiche e, anzi, non si sarebbero mai evolute e non esisterebbe nemmeno l’uomo come lo conosciamo oggi). Ma capisco fin troppo bene cosa intendi, anche se non mi riesce di accettarlo come “prova”… come speranza forse 😉
      Oh, io al momento ci sono, purtroppo ho poco tempo per i miei “giri” per blog, ma ci sono 🙂
      Un caro saluto anche per te 🙂

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  6. E’ una rarità un primario che cerca di capire come stanno le cose non ponendosi davanti un muro mentale fatto di certezze (se anche false non importa perchè aiutano a vivere meglio) come fanno molti medici e uomini di scienza. Quella di Parnia è una dimostrazione di intelligenza e di apertura mentale, speriamo che questo modo di pensare si propaghi come un virus 😉
    Tanti tanti auguri a Julius! 🙂

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    • Immagino che non sia da solo, credo che molti però preferiscano non esporsi. Lui, in fondo, ufficialmente ha solo spostato il “confine” un po’ più in là, di qualche ora diciamo.
      eheh grazie, certamente Julius apprezzerà! 😀

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    • Applicati solo se hai desiderio di farlo. Se non senti questa spinta vuol dire che per te l’aldilà non è un problema, nel senso che riesci a vivere senza il pensiero della morte, Questo va bene così, anzi… sia mai che ragionando su questi argomenti ci “cadi” poi dentro… 😉
      Grazie, un salutone! 🙂

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  7. Non c’è risposta che tenga ad una domanda che non si pone, quindi la possibilità di conoscere la vera risposta esiste nell’ordine del desiderio vero di incontrarla, perchè è legata alla propria vita, al proprio desiderio di felicità.E le risposte ci sono già…ciao

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    • Probabilmente chi ha fede a prescindere non si pone questo tipo di domande, vero. Ma di tutti quelli che i dubbi ce l’hanno, che ne vogliamo fare? 🙂 Sostieni che è il desiderio di felicità la molla per arrivare alla fede, ma… anche su questo qualche dubbio ce l’ho: tutti abbiamo desiderio di essere felici, pochi, anche con questo desiderio, hanno una fede tutt’altro che incrollabile… quando ce l’hanno! 😉

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  8. Ma… in fondo sono tutte teorie.
    Morire purtroppo è quel che ci può capitare tra molto o tra breve, non si sa ma bisogna accettarlo.
    Io provo tanto amore quando vado al cimitero dalle persone che ho amato e che non ci sono più e per loro ed anche per me sopratutto, mi dà un gran senso di bene, inoltre tutte le domeniche prego durante la messa quando il sacerdote ricorda i defunti.
    Caro Wolf…lasciamo che ci sia il mistero e non pensiamo troppo a quell’evento anche perché vivere è bello.1 Abbraccissimo ♥ vany

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    • “lasciamo che ci sia il mistero e non pensiamo troppo a quell’evento anche perché vivere è bello”, nella tua dichiarazione c’è insita la persuasione che pensare q “quell’evento” significhi rovinarsi il bello della vita. In effetti, spesso è così, anche per me 🙂 Tuttavia credo che anche nascondere la testa sotto la sabbia fingendo che la morte non esista non sia… esattamente il modo migliore, perché quando poi qualcosa ti ricorda con tutta la sua forza la nostra caducità ci si ritrova ancora più impreparati.
      Comunque, vedi, spesso non è una scelta. Quando ti sei imbattuto nel desiderio di avere risposte, non è così semplice “voltare pagina” 🙂
      Un abbraccio anche per te 🙂

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  9. Caro Wolf, ammiro la tua ostinazione nel tentare di trovare una soluzione supportata dalla scienza, ma mi sa che rimarrai con il dubbio fino alla fine… dal momento che nasciamo con la morte addosso, credo che l’esperienza terrena, della materia, del corpo, ci serva per avere una conoscenza completa di tutte le esperienze possibili, ma la nostra vera natura non può essere fisica (proprio perché il corpo muore), pertanto secondo me non c’è un “dopo”, ma un “mentre”, nel senso che racchiudiamo in noi tutti i vari Sé e la morte è solo un passaggio da una dimensione all’altra… certo, dubbi a parte 🙂
    un abbraccio

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    • Purtroppo in teoria la tua spiegazione, che appare molto logica, non è l’unica spiegazione alla morte ed alla vita: noi possiamo anche essere solo un prodotto della spinta all’evoluzione dell’universo, ed ogni specie, per poter evolvere, ha bisogno della nascita di nuovi esseri, sempre un poco più migliori. Se non esistesse la morte, da un punto di vista biologico, non potrebbe esserci evoluzione, l’uomo non sarebbe arrivato ad esistere.
      In teoria non c’è bisogno di un aldilà per spiegare la nostra esistenza.
      Si può casomai discutere su cosa sia in realtà questo universo che vuole evolvere… idee? 😀
      Abbraccio!

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  10. Mi piace Sam Parnia. Rigore scientifico e obiettività mi sembra siano le sue caratteristiche. Inoltre adoro questo genere di argomenti 🙂
    Però, caro lupo, adesso è veramente difficile “entrare” nel tuo blog 🙂

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    • Grazie per la segnalazione, cara. E’ un problema che io ho solo saltuariamente, perfino quando commento senza fare il login. Comunque ho chiesto un parere tecnico, forse la pagina è troppo pesante e per connessioni non velocissime difficile da caricare…

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  11. La medicina sta facendo passi da gigante, il 30% dei casi di tumore al pancreas sono lungo-sopravviventi (oltre i 5 anni) e se preso per tempo, ci sono buone probabilità di sopravvivenza. Però il problema è che questa malattia è asintomaica fino quando esplode completamente e quindi è difficile accorgersi in tempo. Un mio amico è stato operato lo scorso anno e ora, direi che gode di buona salute.

    E per tutto il resto … ahhhh tutto è così incredibile!!!

    Una splendida settimana Wolfissimo, estesa all’altra tua metà e a tutti gli animaletti!

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    • Bé, i dati che riporti sono sorprendenti… ero rimasto al 5% di pochissimi anni fa 🙂 Certo, il 30% è ancora poco, e comunque parliamo di lungodegenti, immagino che la completa guarigione sia parecchio più bassa… In ogni caso è un passo avanti, speriamo non si fermino…

      Tutto è incredibile… finché non viene spiegato! 😀

      Grazie, buona settimana anche a te! 🙂

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  12. Non sono in grado di ‘dire la mia’ anche se l’argomento è senza dubbio affascinante. Certo queste teorie penalizzano fortemente la donazione degli organi. E cmq il mio timore è che si possa trovare un escamotage per morire e rivivere all’infinito che queste teorie possano rappresentare una nuova forma di accanimento terapeutico.
    Non so a me piacerebbe morire e a dirla tutta i miei organi li ho già messi a dispsizione, per così dire.

    sheraunabbraccioeaugurialgattone

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    • Bé, questa di Sam Parnia non è una teoria, esistono molte persone ormai che sono state “riportate in vita” dopo un arresto cardiaco. Sam Parnia ha semplicemente “spostato un po’ più in là” il termine temporale nel quale si può dire che una persona è ormai morta. Non so entro quanto tempo può avvenire l’espianto di organi, ma non credo che questo cambi troppo le cose. E comunque credo che siamo tutti d’accordo nel dire che una persona deve essere effettivamente morta prima di torgliergli gli organi, va da sé 😉
      eheheh il gattone ringrazia sicuramente! 🙂

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  13. il mistero…il mistero ci avvolge dall’istante del concepimento e ci segue nel nostro percorso vitale fino all’atto estremo della morte, gli squarci di luce che ogni tanto scienziati attenti e curiosi ci propinano non fanno che aggiungere altre curiosità ad altri misteri, non c’è una risposta chiara, ma la possibilità data ad ognuno di arricchirsi e di meditare, ed è quello che faccio passando dal tuo fantastico blog, ringraziandoti anche per il tuo amore felino che condivido in pieno
    buon primo maggio amico

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    • Probabilmente la struttura dell’universo è talmente complessa che sarà inconoscibile per intero all’essere umano che, pur ampliendole tantissimo con i suoi mezzi tecnologici, ha capacità sensoriali limitate. In effetti certe scoperte scientifiche hanno dato, se possibile, più mistero che chiarezza. Vedi la sorprendente meccanica quantistica… che pure ormai è già datata! 😀
      Grazie, buon primo maggio pomeriggio! 😛

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  14. Un argomento tanto affascinante quanto complesso, perché la lotta non è solo tra credenti e scettici, probabilmente la lotta più accanità è dentro di noi, tra l’intensa voglia di credere nell’altra vita e il constatare come, dopo la morte, dell’essere umano si perda ogni traccia.
    Io oscillo tra qua e tra là (non nell’aldilà…): perché credo che tutto finisca con la morte ma… ho personalmente avuto percezione di alcuni fenomeni non spiegabili se si esclude una realtà che non conosciamo!

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    • Hai assolutamente ragione, cara Happy 🙂 Anzi credo che molti scettici tra i più incalliti siano in realtà persone che vorrebbero credere ma che, non riuscendoci, finiscono per “incattivirsi” con chi invece ha la “fortuna” di credere.

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  15. Penso, caro Wolf, che il nostro pensiero sia ancora troppo antropocentrico. Ci sono sicuramente altre forme di aggregazione materiale (che forse utilizzano lo stesso spazio in cui ci troviamo ad esistere), ma non sono necessariamente antropomorfe. Noi invece continuiamo a inseguire l’idea di una persistenza di aggregazioni che proseguano dopo la morte la nostra identica struttura e che ancora possano avere ricordi o addirittura emettere vibrazioni (voci) di tipo umano. Riportare in vita una persona, recuperandone le funzioni vitali, è altra cosa. Il suo cervello è ancora attivo, tant’è vero che ancora elabora visioni e sogni che talora ricorda, tornando in vita. E’ bene che i limiti della vita vengano spostati un po’ oltre e forse in futuro si potrà fare di più, ricostruendo aree fisiche compromesse e asfittiche. Siamo comunque sempre sul piano della nostra realtà. Per quanto riguarda i rapporti tra le varie realtà possibili, credo che ulteriori salti nelle conoscenze della fisica ci daranno risposte sconvolgenti.

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    • Sono d’accordo con quanto scrivi, caro Guido, ma… non capisco perché la grande maggioranza di noi (e anche io, non te lo nascondo, sono spesso tentato dal pensarlo), tendiamo ad escludere a priori che tra le “forme di aggregazione” non possa esserci la nostra coscienza separata dal corpo. Pensiamo le possibilità più incredibili: entità da altre dimensioni, campi morfogenici che mantengono i pensieri che sono stati fatti attorno al mondo, capacità mentali straordinarie come telapatia e chiaroveggenza. Arriviamo al punto che quando un medium ci dice qualcosa che solo noi e un nostro caro estinto potevamo sapere, pensiamo piuttosto che sia il medium ad aver telepaticamente catturato le nostre memorie o quelle in una “coscienza collettiva”, piuttosto che ammettere che “qualcuno” glielo stia effettivamente dicendo… Ma perché? Cos’è che ci porta a voler escludere a ogni costo la possibilità che la nostra coscienza sopravviva alla morte? E’ paura di credere per poi rimanere delusi?
      Certo che la scienza andando avanti dirà di più, ma non deve esistere un dualismo “scienza – sopravvivenza della coscienza”, come se lo scopo della scienza fosse smontare tutto ciò che porta a credere. Lo scopo della scienza è… scoprire, spiegare, senza essere di parte a priori.
      Non sei d’accordo? 🙂

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  16. I pannelli non sono stati visti?
    Bastava soltanto che avessero visto questi cavolo di pannelli e avevamo vinto.
    E’ vero che le descrizioni saranno state dettagliate… ma quanto? E poi il cervello potrebbe sempre ricostruire le immagini…insomma non è una spiegazione che mi convince molto.
    Poi perché dovrebbero riuscire a vedere i chirurgi ma non dei disegni?

    p.s: sono uno scettico che ha i tuoi stessi interessi

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    • Allora, io non ho letto i suoi resoconti dettagliati, ma altre testimonianze dicono che alcuni pazienti sarebbero stati in grado addirittura di riportare discorsi e immagini accaduti in altre stanze, diverse da quelle in cui erano, ad esempio discussioni tra famigliari che attendevano in sala d’aspetto. Ma anche il ricordo delle esatte parole dei medici della stanza stessa, quando non c’è attività cerebrale, non dovrebbe esserci. C’è chi ostinatamente sostiene che perfino discussioni avvenute in altre stanza potrebbero essere state ricostruite da spizzichi di frasi ripetute dai parenti o chi per loro al momento del risveglio, ma oggettivamente ciò appare quasi più difficile da credere che non a una sopravvivenza, almeno momentanea, fuori dal corpo.
      Recentemente ho letto che Gurjieff, che magari conosci, disse che secondo lui una “anima” esiste davvero, ma nella maggioranza delle persone si estingue poco dopo la morte fisica. Solo i “preparati” possono tenerela in vita oltre… Tuttavia, restando ai fatti, io sono personalmente convinto che qualcosa di non limitato al cervello l’uomo l’abbia, ma pure io non posso non avere il dubbio su quanto a lungo questa “cosa” sopravviva…

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  17. La coscienza è la consapevolezza di essere e di esistere. A questa consapevolezza si aggiungano la stratificazione delle esperienze vissute e i ricordi ad essa legati. Siamo, oltre che organismi viventi, un miscuglio di razionalità e istintività atavica, legata probabilmente a ciò che eravamo migliaia di anni fa, ovvero molto più simili agli animali: poca razionalità, molta istintività. Detto questo, cosa succede agli animali in generale dopo l’esistenza terrena? Continueranno ad essere ciò che erano in vita? Un gatto continuerà a giocare con il gomitolo o con il topo? Il cane continuerà a rincorrere una palla o un bastone per riportarlo al padrone morto prima di lui? Insomma qual è lo scopo della sopravvivenza della coscienza? Non potrebbe essere il nostro desiderio inconscio di perpetuare la memoria di noi stessi? Sappiamo di persone risvegliatesi da lunghissimi intervalli di coma. Non ricordavano nulla se non l’ultimo evento vissuto, ammesso che al risveglio non vi siano stati riscontrati danni cerebrali. Dove era la loro coscienza in quel momento durante i mesi o gli anni vissuti in coma? Perché non hanno ricordi? La coscienza può prendersi pause, andare in letargo? E per quanto riguarda le persone nate cerebrolese o con gravissime malformazioni che non consentono loro di rendersi conto del loro stato di esistenza? Mi domando che tipo di sopravvivenza avrebbe la loro coscienza post morte. Che tipo di esperienza si porterebbero attraverso il tunnel? Come molti sono attratto da questi quesiti, gli stessi che l’uomo, non appena ha preso coscienza della propria esistenza, ha attribuito la propria sopravvivenza post morte al sole, al fulmine, agli dei e infine a Dio. La vera domanda è: perché vogliamo disperatamente sopravvivere alla morte fisica?

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    • Buongiorno Ted, grazie per il tuo (ottimo) commento. In effetti le tue domande me le sono poste anche io in passato, credo che chiunque si sia seriamente interrogato su questo argomento se le sia poste. Pare che nel corso degli anni l’uomo identifichi tutto l’universo con il suo Io, così da rendergli incomprensibile, e terrifico, il fatto che un giorno… l’universo continuerà tranquillamente ad esistere anche senza di lui 🙂 Questo per rispondere alla tua ultima domanda. Riguardo alle altre, in millenni di disquisizioni e ricerche, sia esteriori che interiori, ovviamente si è già postulato ogni possibilità che potesse essere postulata. Ognuno ha espresso le sue convinzioni, e ognuno ha trovato il modo di annullare quelle degli altri.
      Così, per venire alle tue parole, e guarda che rispondo così come dimostrazione di quanto scritto sopra, più che come personale credo, in molti – e tra loro anche ricercatori illustri, come Rupert Sheldrake – sostengono che il cervello in realtà non è la sede della coscienza ma piuttosto un recettore di essa, una specie di apparato radioricevente che permette la connessione tra materia e coscienza. Sarebbero addiritture state individuate le cellule che, nel cervello, avrebbero questa specifica funzione.
      Questa ipotesi, se verificata, risponderebbe a tutte le tue domande e dubbi. Il cervello, essendo limitato, riuscirebbe a “trasdurre” solo una piccola quantità di informazione dalla coscienza e a memorizzarla. Il cervello di ognuno ha capacità diverse. Così un animale avrebbe meno capacità di “ricezione” di un essere umano. Lo stesso per le persone nate cerebrolese. Ciò non vuol dire che la coscienza per loro sia diversa o inferiore, ma solo che il loro cervello riesce ad “importarne” e memorizzarne meno. Quando un cane muore smette di essere un cane, così come quando un uomo muore smette di essere un uomo. Entrambi sono coscienza, così come in realtà erano già prima, solo che non ne avevano consapevolezza.
      Il cervello delle persone in stato di coma, potrebbe non essere in grado di funzionare come organo recettore; per questo al risveglio non ci sono informazioni nuove. Il cervello di chi invece è “ripescato” in stato di premorte, è ancora vigile, anzi addirittura ultimamente pare che degli anestesisti americani abbiano dimostrato che il cervello ha un’attività cosciente ancora per almeno trenta secondi dopo che il cuore ha smesso di battere, questo per molti ha significato spiegare le “visioni di premorte”, in realtà non ha dimostrato un bel niente, così come gli esperimenti di Sam Parnia dell’articolo di questo post. Ecco perché le persone in stato di premorte potrebbero aver “visto” qualcosa che chi è in stato di coma non ha visto. Senza contare che c’è comunque una separazione tra ciò che il nostro subconscio vede e ciò che viene riportato dalla mente cosciente. Pensa al semplice stato di sogno. Non è forse vero che solitamente ricordiamo pochissimi sogni o addirittura nessuno? Eppure sappiamo che sognamo in continuazione durante il sonno, ce lo dicono gli esperti.
      Persino nelle religioni più antiche non pare non esserci uniformità di interpretazione. Per l’induismo Vedanta infatti, una coscienza individuale non esiste, esiste solo una unica Coscienza di cui tutto è fatto, anche la materia. L’errore è identificarci con la coscienza individuale (il nostro Io) che però è illusoria, una accozzaglia di ricordi che cerchiamo di mettere in linea per definire un Io. Per loro perciò chiedersi se sopravvive l’Io, la coscienza individuale, alla morte, è inutile: se l’Io non esiste, cos’è che dovrebbe sopravvivere? 😉
      Il buddhismo tibetano invece perla chiaramente di sopravvivenza di una coscienza individuale, così tanto da aver scritto addirittura dei trattati, come il libro tibetano dei morti, con le indicazioni su come affrontare il “passaggio” nel migliore dei modi.
      Entrambe comunque sembrano più vicine alle scoperte della scienza moderna (l’energia forma tutto, materia inclusa, ed è una sola anche se si “condensa” in manifestazioni individualizzate – cioé corpi e oggetti) di quanto lo sia il nostro Cristianesimo. Almeno quello odierno, presumibilmente molto diverso da quello di duemila anni fa.
      Allo stesso modo, ti garantisco, anche ognuna delle ipotesi pro-esistenza dopo la morte, viene smontata dagli “illuministi” con spiegazioni scientifiche o pseudo-scientifiche (a volte più improbabili delle ipotesi metafisiche, a dire il vero).
      Insomma, l’idea di cercare qualcosa che ci convinca che non tutta finisce con la morte, per paura di scomparire nel nulla, così da far nascere correnti spirituali e religioni, è la prima che ovviamente viene in mente attraverso la logica. Ma non sempre la prima spiegazione logica è anche quella giusta. La storia lo ha insegnato tante volte.
      In conclusione, non ho la risposta.
      Ti lascio con un aneddoto. Una volta andai nel centro di buddhismo tibetano più grande d’Italia e uno dei più grandi in Europa, a Pomaia, provincia di Pisa. Sperando di avere una risposta definitiva, chiesi ad uno dei lama residenti di… darmi una prova dell’esistenza della sopravvivenza della coscienza dopo la morte. La sua risposta allora non mi convinse, anzi mi deluse, e credo non potesse essere altrimenti, in quegli anni ero il classico esempio di “illuminista occidentale” pure io. Dopo molti anni però capì che era l’unica risposta sensata che egli potesse darmi. Quella risposta fu “medita, sentirai, saprai, che è così”.
      Al momento nessuno può dirci se c’è davvero qualcosa che comprenda la sopravvivenza della nostra coscienza “dopo” o se tutto per noi finirà, possiamo solo seguire le parole del lama e… percepire qual è la verità, qualunque essa sia, senza aver paura del responso. Qualunque essa sia. Troveremo così la nostra verità, una verità che non potrà essere scalfita da parole esterne.

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