Il passaggio luminoso – L’arte del bel morire

Bene, direi che è arrivato il momento per il primo mio post “serio” su questa nuova piattaforma, anche se l’inaugurazione di wolfghost.com ha avuto comunque la sua importanza, no? 😉

Chi mi segue da tempo sa che uno dei temi a me cari è quello della morte, ne ho trattato già spesso, sia da un punto di vista umano, parlando ad esempio degli Hospice, che da quello spirituale, con la visione del libro tibetano del vivere e del morire (e non solo).

Il passaggio luminoso, di Marie de Hennezel e Jean-Yves Leloup, cerca di abbracciare entrambi gli aspetti, anche se in vero tutte due sono sempre stati in qualche modo presenti anche nei libri e pensieri di cui sopra.

Marie è una psicologa che lavora da tanti anni negli ospedali di cure palliative, ne è stata, e ne è ancora, una delle principali sostenitrici. Jean è un prete e teologo ortodosso, oltre che dottore in psicologia e filosofia, un esperto non solo di cristianesimo ma anche della visione buddhista e di altre religioni, uno in perenne ricerca della “chiara luce” di cui parlano i testi tibetani.

L’impronta spirituale aggiunta al libro, che tira in ballo anche le famose “visioni” in prossimità della morte, puo’ essere ovviamente percepito come consolatorio, ma leggendo il libro è facile rendersi conto che nelle parole di queste persone c’è qualcosa che va al di là della teoria, qualcosa che è lì, che percepiscono vividamente nella stanza quando il momento arriva e il malato compie il passaggio. Chi parla non è insomma un teorico puro, ma qualcuno che ha vissuto molte volte queste esperienze.

Io stesso, alla morte di mia madre, percepì un senso di sollievo datomi da qualcosa che aleggiava nella camera… come la sensazione che il passaggio fosse ormai stato completato e che qualcuno fosse intervenuto per aiutare mia madre a compierlo.

Certo, si puo’ obiettare che la mente puo’ cercare sollievo in false percezioni create da lei stessa al fine di lenire il dolore, ma… quante volte possiamo dare questa spiegazione, e, soprattutto, è giusto farlo? Perché l’ipotesi consolatoria deve sempre essere quella vera? Non sarà che in fondo abbiamo paura di credere per timore di restare poi delusi?

Cercare di dare una visione non-terrifica della morte è un’impresa, una di quelle che ci fanno esclamare “facile a dirsi, ma…”. E di fatto non lo è facile, gli autori stessi ammoniscono che l’impatto non è solo per chi muore, ma anche per chi ha scelto di stargli vicino. Molti di noi hanno avuto la loro vita cambiata in seguito ad una o più esperienze di “accompagnamento” del morente, in senso negativo certo, ma, a volte, sorprendentemente, anche in senso positivo. Una “buona morte” lascia serenità e forza a chi resta. C’è, oserei dire, una responsabilità anche in chi muore verso chi vive, e non solo l’opposto. Si ha in qualche modo il dovere di non essere completamente impreparati, per sé stessi e per chi si ha vicino.

Negli ultimi mesi della sua vita, la madre di mia moglie, allora ancora bambina, riuscì a trasmetterle una grande serenità, una serenità che ancora adesso la accompagna. C’è in effetti una grande differenza tra me e mia moglie nella percezione della morte. Una differenza che  a mio avviso non è solo “caratteriale”, ma è soprattutto dovuta alle esperienze che abbiamo vissuto con i nostri cari.

Vi lascio con un passaggio di Jean-Yves Leloup.

“Essere uomo significa essere humus, terra, essere fragili e deboli. Abbiamo tutto il diritto di piangere, sia morendo sia accompagnando gli ultimi istanti di chi muore. Anche se lo sconforto del morente non ci tocca da vicino, ci commuove perché non siamo insensibili. Chi accompagna, nella sua umiltà, può anch’egli riconoscersi vulnerabile, stanco…

L’angelo dell’umiltà a questo punto arriva, ed è lui che ci rende capaci dell’abbandono, che consente di proseguire fino alla tappa successiva. L’ultima prova in cui la polvere di cui siamo fatti, accettandosi come polvere, puo’ infine tornare alla polvere. In essa non ci sono più pretese, né enfasi. Il vento non gonfia più le vele, è già andato altrove, e finalmente accettiamo che il nostro corpo sia come disertato.

In questo modo possiamo fare un grande regalo ai nostri figli o a coloro che ci sono accanto: quello di una morte senza enfasi, senza esagerazioni. La morte di un essere umano il quale, sapendo che il soffio che ha gonfiato le sue vele non gli appartiene, può mollare gli ormeggi e lasciar andare la barca nel vento: lui stesso è diventato il vento…”

 

 

104 pensieri su “Il passaggio luminoso – L’arte del bel morire

  1. …mollare gli ormeggi …lui stesso è diventato il vento. E’ proprio dura da accettare! Una compagna sempre presente accanto a noi che non vogliamo vedere. Ma fingere che non esiste non cambia la realtà. Guardarla in faccia al momento opportuno senza esserne terrorizzati… sono stupita ancora dalla mia non reazione (non ho mai avuto incubi o provato senso di angoscia) dopo aver assistito all’ultimo respiro di una mia zia vissuta con noi per dieci anni. Eppure sono ultrasensibile… sarà che non c’era un forte attaccamento, ma anzi uno spirito di sopportazione tra me e lei. Invece non sono riuscita a stare accanto, come avrei voluto, ad un’amica morta di tumore. Ho avuto paura e mi è mancata la forza di stare sola con lei… ho terrore degli ospedali e della sofferenza fisica… meglio concentrarsi su quanto di bello la vita può offrirci, nonostante tutto…

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    • Capisco quanto scrivi, Violetta. Il punto e’ che credo che ci sia una terza via tra il far finta di nulla finche’ e’ possibile, concentrandosi solo sulle cose belle che la vita offre, e vivere con il pensiero fisso sull’ineluttabile passaggio che attende tutti noi. Credo che sia possibile fare un lavoro su se’ stessi, un lavoro che porti all’accettazione di quel passaggio. Cosi’ si diventa liberi non solo nella morte, ma anche nella vita stessa, liberi dalla paura. Cosi’, certamente, saresti riuscita a star vicina anche alla tua amica, senza angoscia, ed anzi aiutandola nel difficile passaggio.
      E’ difficile, mi rendo conto. I buddhisti tibetani e – leggerai in un prossimo post – chi segue lo zen, passano tutta la vita a prepararsi, il che dimostra senza ombra di dubbio che facile non e’. Ma non dobbiamo cadere nell’errore di pensare che non sia nemmeno possibile.

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  2. Complimenti per il nuovo blog, ma soprattutto per il lavoro che svolgi con gli argomenti che tratti. Hai dato un senso a tutto questo come se agisse una comunità di persone unita in un unico obiettivo spirituale oltre che intellettuale.
    Ti ringrazio per avermi informato del nuovo indirizzo per poter seguire il tutto di te( purtroppo compatibilmente col tempo che ho a disposizione), e ti ringrazio anche per il commento lasciato nel blog che gestisco.

    Solo una riflessione alle cose che posti, mi riferisco al senso della morte o se ce bisogno di dare un senso a questo evento che sappiamo essere l’unica certezza che ci viene concessa sul futuro “Signora Morte”. Ecco sintetizzo con tre concetti base per dare un senso a tale evento, che a mio parere va vissuto tutto come altri eventi.
    In sintesi penso questo: Abbiamo tre fasi fondamentali da sfruttare come tutti gli esseri viventi, e cioè ” C’E’ UN TEMPO PER NASCERE; C’E’ UN TEMPO PER VIVERE, C’E’ UN TEMPO PER MORIRE “. Ecco affrontare la morte come evento dovuto al umanità futura, penso sia un dono che facciamo al nostro prossimo, oltre che a noi stessi…diversamente sarebbe l’attaccamento di un desiderare l’immortalità fisica;che ben sappiamo essre impossibile.
    Un saluto amichevole e grazie per l’ospitalità. taoista

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  3. Oh, mi hai fatto venire un brivido quando ho letto che hai citato mia mamma nel tuo ultimo post! Sai, a me accompagnerà sempre il suo sorriso anche quando non si reggeva più in piedi e doveva essere accompagnata in bagno da mia nonna.. Ricordo solo alcuni momenti, ma non ricordo di averla mai vista negarmi un sorriso o farsi vedere in preda al panico o alla disperazione da me.. Le saro’ sempre grata per questo, penso che non siano in molti a “trasmettere” questo senso di pace e accettazione della propria morte..Accettare la morte non significa non apprezzare la vita e non tenere alle persone che “restano”..Anzi, chi accetta la propria vita nella sua più totale complessità può considerare la morte come un suo componente inscindibile.. Sbaglia chi si ostina a voler ignorare questo “passaggio”, ma fa altrettanto male chi invece convive con questa paura giorno per giorno! Come in tutte le cose ci vuole una giusta via di mezzo! 😉 Chissà, forse quando sarà il mio momento avrò una reazione totalmente diversa da mia madre, ma, se dovesse capitare prima a me che a te (certo, salvo mia morte improvvisa!), il mio primo pensiero sarebbe di riuscire a trasmettere a te quello che mia madre riuscì a fare con me.. sapessi con che sollievo mi addentrerei per il “passaggio luminoso”! Sai che di solito non commento i tuoi post, e soprattutto non rendo “pubblica” una cosa mia così privata, ma ho pensato che.. chissà.. poteva leggere anche qualcun altro che ne aveva bisogno.. e se mia mamma avesse potuto, avrebbe aiutato chiunque ad affrontare serenamente questo “passaggio”! 🙂

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    • Grazie a te per aver commentato, credo davvero che questa tua testimonianza sia di grande importanza oltre che di convalida per quanto scritto nel post. Non so che “preparazione” avesse tua mamma, da quanto ho capito era una che scrutava molto in se’ stessa. E’ la dimostrazione che non necessariamente occorre essere monaco tibetano o asceta di chissa’ quale dottrina.
      Si spera sempre che siano questioni che ci tocchino il piu’ tardi possibile, ma c’e’ chi riesce a non preoccuparsi neanche di questo aspetto, nella considerazione che “quando tocca tocca” o che, come dice un mio collega, “so solo che alla morte si arriva vivi”.
      Anche questo fa parte di una preparazione che a volte non passa dai libri, ma da una sensibilita’ acquisita attraverso l’esperienza e il buon senso.
      Salutami i nostri “coinquilini”! 😀

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  4. Il cambimento di casa non ha sminuito la profondità dei tuoi post.
    Questo in particolare affronta un tema drammatico: accettare una decadenza inevitabile o “interrompersi” volontariamente quando la vita risulta incapace di affrirti ciò a cui tendi?
    Mi sono interrogata spesso, ma ancora non sono riuscita ad avere un’idea precisa.
    Forse per capire alcune decisioni definitive è necessario trovarsi in situazioni al limite della sopportazione. Parlandone a “tavolino” si rischia di fare dell’inutile retorica su situazioni di fondamentale importanza. Grazie delle tue sempre graditissime sollecitazioni:-)

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    • Tu sembri parlare di eutanasia, cara, tema da me affrontato in altri post. Premesso che personalmente sono favorevole, ovviamente sotto attento controllo, non e’ questo il tema di questo post. Qui si parla del tempo che precede la morte, poco importa se volontaria o meno. Pensa che il buddhismo tibetano stesso non e’, di base, contrario all’eutanasia; cio’ che per loro importa sono casomai le motivazioni che ne stanno alla base. Se infatti, cosi’ come nel cristianesimo, la sofferenza, soprattutto se dedicata al prossimo, puo’ funzionare per l’ottenimento della ‘liberazione’, non viene dimenticato che il fine stesso del buddhismo e’ l’allontanamento da cio’ che crea la sofferenza. Cio’ che dunque alla fine conta, e’ la disposizione dell’ammalato ad accettare la sofferenza, sia fisica che mentale. Se cio’ per lui e’ difficile o insopportabile… il buddhismo non e’ contrario alla ‘morte dolce’.
      Inoltre, e’ vero quanto dici a proposito del rischio della retorica: nessuno o pochi di noi sanno veramente come reagiranno in quei momenti, tuttavia cio’ non significa che la ‘preparazione’ precedente possa aiutare. E se e’ vero che la preparazione teorica serve a poco, tuttavia puo’ essere che essa sia propedeutica a quella pratica.
      Mi spiego con un esempio. Se una persona che ha terrore della morte passa di qua, legge, si incuriosisce, recupera e legge il libro di cui si parla e cio’ la spinge a praticare la meditazione od altro che possa aiutarla a vedere la morte in maniera meno drammatica… be’, non mi pare poco. Sto dicendo insomma che un viaggio di mille chilometri inizia sempre con un singolo passo, e… chissa’ che per qualcuno quel primo passo non possa essere la lettura di quanto stiamo scrivendo? 🙂

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  5. E’ un argomento che mi ha interessato da quando la mia mamma, che ormai non c’ è più, soffriva intensamente per una malattia nervosa che le causò varie patologie. Cominciai a leggere piccoli testi religiosi che affrontavano l’argomento morte, sono cattolica e la mia fede crebbe in quel periodo in cui cercavo un conforto, lo trovai in quelle letture e compresi anche che la morte è veramente la liberazione dell’anima dal suo corpo, materia corruttibile. L’anima costretta durante la vita terrena nel suo guscio corporale, torna ad essere libera: il tempo di prova terreno termina con la morte, in attesa della vita eterna che ci vedrà tutti insieme nel mondo della giustizia. Ogni religione affronta il tema morte con grande rispetto, donando sacralità al momento e vi sono religioni che festeggiano quel momento perché è il passaggio alla vita eterna. Il tempo che precede la morte dipende dal tipo di morte che si dovrà affrontare, vi sono malattie fulminee che non lasciano tempo, oppure altre che procurano incoscienza, mentre per quei mali devastanti la terapia del dolore aiuterebbe al passaggio dolce che darebbe serenità anche a coloro che assistono.
    Il libro che menzioni è molto interessante, lo stralcio che proponi mette in risalto una scrittura raffinata e coinvolgente.
    un saluto
    annamaria

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    • E’ vero, spesso ci si avvicina alla religione ed alla spiritualità quando le cose precipitano, quando si cerca conforto. Pero’ se non è vera spiritualità, passato il momento duro l’interesse e le credenze acquisite svaniscono nel nulla… fino al successivo stato di necessità. Ma non sempre va così, e tu ne sei una delle dimostrazioni. Non importa in fondo perché ci si è avvicinati alla spiritualità, importa solo la fede che – eventualmente – si ha acquisito.
      E tu in questo momento ne hai ben più di me! 😀

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  6. Per me la morte è inaccettabile , contro la natura. Posso accettare la morte solo perché non finisco nel nulla e perché mi è promessa la resurrezione del mio corpo. e poi l’anima agisce anche sulla terra, e quindi non si perde il legame. Solo così vivo bene.
    Ciao e grazie del passaggio

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    • Bé… nella vita, nell’universo, tutto muore prima o poi. E’ il concetto buddhista dell’impermanenza. Quindi non direi che la morte è contro natura. A meno che, ed è questo che immagino tu intenda, nella natura tu includa già cio’ che – speriamo – sta nell’oltre… 😉

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    • … a volte si deve essere in uno stato adatto per entrare in questi argomenti 🙂 Questo non toglie la possibilità che abbia spiegato male io, eh! 😉
      Grazie comunque di essere passata 🙂

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  7. Con la morte, termina l’esistenza di un essere vivente
    « Il senso biologico della vita, se un senso c’è, consiste nel mantenimento della vita stessa, e tale mantenimento viene ottenuto con un continuo ricambio, sostituzione, evoluzione, degli individui. L’individuo, ogni individuo, non è che un limitato segmento di una lunghissima trama che si muove e si evolve nello spazio e nel tempo.Niente nell’universo intero può resistere al tempo. Tutto ne viene travolto, tutto è condannato a scomparire o a mutare. Anche lo spirito, come la materia, è chiamato a trasformarsi, senza mai poter raggiungere la permanenza. Per questo l’uomo è costretto ad avanzare in solitudine, senza alcun appoggio stabile. neppure la morte, che lascia ciascuno solo nella sua bara, è definitiva. Soltanto l’impermanenza è reale »
    La morte ha qualcosa di paradossale: pur essendo uno dei momenti più significativi nella vita di una persona, perché la conclude e perché intorno ad essa il pensiero ha elaborato riflessioni e rappresentazioni a non finire, non è traducibile in alcuna esperienza.
    Il dolore ci fortifica, la morte ci distrugge o, se vogliamo, ci libera dal peso di un dolore insopportabile, vero o immaginario che sia, sempre che la morte sia per così dire “naturale” e non ci colga di sorpresa.
    Il motivo per cui non riusciamo ad accettare la morte è dovuto al fatto che per istinto rifiutiamo l’idea che ci venga a mancare una persona amata. Altri motivi sono più astratti: ci chiediamo p.es. che senso abbia la morte di un bambino o la morte di un adulto che dalla vita non ha ottenuto che dolori.
    Ma una vita che abbia condotto un’esistenza normale, di regola avverte la morte come un fenomeno naturale, che pone fine a una vita che si sta logorando. E’ proprio la consapevolezza di veder deperire fisicamente il corpo che induce a vedere la morte come una soluzione liberatoria.
    Purtroppo è triste pensarci o parlarne ma è così.
    Buonanotte!!
    ♥ vany

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    • “Ma una vita che abbia condotto un’esistenza normale, di regola avverte la morte come un fenomeno naturale, che pone fine a una vita che si sta logorando.”… stavo per risponderti che è vero, ma non è sempre così: ci sono persone terrorizzate dalla morte nonostante siano già in tarda età, ed altre che sembrano accettarla nonostante che siano giovani. E poiché basta una pecora nera per non poter dire che tutte le pecore sono bianche… 😀
      Comunque il tuo discorso non fa una grinza, io stesso misi un post qualche anno fa che diceva le medesime cose. Tuttavia… il fatto che la morte abbia per la Natura un significato intrinseco ed una utilità indiscutibili, non elimina di per sé che “oltre” possa esserci dell’altro che semplicemente non siamo in gradi di vedere 🙂
      Personalmente ritengo che la fede sia un valido aiuto ma… che la serenità nel guardare in faccia la morte sia possibile anche senza di essa 🙂

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  8. Anche per me, il tema della morte è sempre stato fondamentale. Devo abituarmi a considerarla come momento di passaggio inevitabile e il senso della morte condizione necessariamente anche la mia scrittura. Capisco la logica della morte nell’universo, ma continuo a non capire la necessità di una coscienza di esistere, e quindi anche di una coscienza della morte, nell’uomo e negli animali. Era proprio necessario o è un’anomalia nel sistema? Ovviamente non c’è ancora una risposta scientifica, mentre esistono risposte di carattere religioso o parafilosofico. Spero soltanto di vivere tanto da capire qualcosa di più.

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    • Mah… bel quesito il tuo 😉 Dovrei rifletterci, ma così, di primo acchito, mi viene da pensare che sia un effetto inevitabile dovuto all’evoluzione: al crescere dell’intelligenza era chiaro che prima o poi ci si sarebbe arrivati… Non credi? 😉

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  9. Che concidenza, anche il post che ho pubblicato stamattina comincia parlando della morte, anche se poi prende tutta un’altra piega… Ma all’inizio mi soffermo sui vare sinonimi del verbo morire proprio perché credo che questo sia un argomento terribilmente difficile così come difficile è l’idea di “andarsese”, di tornare al Padre, di andare in Cielo, comunque lo si chiami, di morire.
    Per me è un argomento da brivido, non ci riesco proprio, evito nel modo più accurato di pensarci…
    …Che vigliacca che sono, vero?

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    • No, non è il tuo PC 🙂 E’ che con questo sistema bisogna pulire spesso la cache del PC 🙂 Ad esempio con Firefox devi andare su “Strumenti”, poi “Cancella la cronologia recente” e selezionare almeno la voce cache 🙂 Senno’ c’è il rischio che vedi pagine salvate sul tuo PC ma non più attuali 😮

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  10. Bello questo post, dove cmq parli di una tua triste ma allo stesso tempo particolare esperienza della morte di una persona a te cara. Mi piace molto l’argomento e ho letto un po’ di libri…In particolare ti consiglio “La crisi della morte” se nn lo trovi in giro si riesce a scaricare…

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    • Grazie, anche se credo di aver fatto un po’ il “pieno” di questo tipo di libri 😉 Adesso sto leggendo qualcosa di più… leggero 🙂
      Ma terro’ senz’altro presente il tuo consiglio! 😉

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  11. Che piacere è stato rivederti! Come hai fatto a… scovarmi? Hai creato un bel sito, ricco… se riesco a trovare uno spazio di tempo verrò a leggerti con calma. Intanto ti auguro un anno come tu lo desideri…

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    • Bé, eri uno dei miei contatti splinderiani! 😀 Forse non ricordi perché non ci visitavamo frequentemente… 🙂
      Accidenti, pero’ ho visto che il sito al quale porta il tuo link è davvero ricco e “frammenti di cristallo” ne rappresenta solo una parte! 😀
      Grazie, e che sia lo stesso anche per te! 🙂

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  12. Io non ho avuto esperienze così “positive”, “serene”, con la morte.
    Le poche volte che mi è capitato di essere vicino a chi stava per lasciarci è stato molto triste: nessun senso di leggerezza o sollievo, ma solo tanto attaccamento alla vita da parte di chi non voleva staccarsi, cercava disperatamente ancora un altro respiro, là, dove non riusciva più a trovarlo. E così ho sentito raccontare anche da altri.
    Forse è vero che occorre una preparazione anche da parte di chi sa che sta per morire, un’accettazione dell’inevitabile che non sempre c’è.
    La morte fa paura, anche se come diceva non ricordo più chi, non ha senso averne, perché quando ci siamo noi, lei non c’è, e quando c’è lei, noi non ci siamo più.
    Paura di morire? No, per il momento no (anzi, non ti nascondo che ultimamente ho spesso desiderato di porre fine a tutto quanto).
    Paura di soffrire? Sì, tanto. Sarò codarda, ma è questo quello che in realtà mi fa paura. Per il resto, credo d’aver vissuto la mia vita, mia figlia ormai è grande e ha la sua vita, ho avuto la fortuna di svolgere il lavoro che ho sempre desiderato, e non è cosa da poco, soprattutto di questi tempi…. non so, mi sembra di non avere più nulla a cui aspirare, più nessuna meta da raggiungere.
    Ma sarà un periodo così, poi passa…

    Ma guarda tu in che discorso mi sono andata ad impelagare stanotte!
    Oh Wolf… un argomento più leggerino la prossima volta, eh? Come il libro che stai leggendo!

    ‘nottenotte!

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    • “non so, mi sembra di non avere più nulla a cui aspirare, più nessuna meta da raggiungere”… ti sorprendera’, ma a me non dispiace questa visione. Perche’ avere sempre degli obiettivi “concreti”? Ad un certo punto gli obiettivi possono essere la serenita’, la pace e altri sentimenti. Credo che non avere aspettative non sia un “lasciarsi andare”, piuttosto un segno di accettazione della vita. Ovviamente sono discorsi che non farei ad un ventenne, non in questo tipo di societa’ almeno.
      Io ho molta paura della paura, piuttosto che della morte in se’. Ho visto mia madre “svanire” divorata dal terrore quando capi’ la malattia che l’aveva aggredita. E’ come se fosse morta due volte, poverina. Non voglio sprofondare nella stessa angoscia, non solo per me, ma anche per coloro che mi saranno vicini quando succedera’. In particolare, presumibilmente, mia moglie.

      Si’, il prossimo argomento dovrebbe essere un pochino piu’ leggero… solo un pochino pero’! 😀

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      • Paura della paura…. mi piace questa definizione, credo sia proprio così!

        Mi piace anche il fatto del non porsi più mete da raggiungere, solo che in una società così frenetica a volte capita di sentirsi inadeguati, sembra di rimanere fermi al palo e diventare un peso per chi abbiamo attorno… però mi piace, ci lavorerò su.

        Grazie Wolf, a passare di qui non ci si perde mai, non si va mai a mani vuote!
        ‘notte!

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  13. L’esperienza negativa talvolta porta a nn accettare quella fine che è, peraltro, già scritta. Nn ho avuto esperienze positive anzi, sono state tutte molto negative. In particolare per la morte di mia madre che come dici tu per la tua “svanì divorata dal terrore quando capì la malattia che l’aveva aggredita” …chissà perché queste esperienze nn hanno per nulla stravolto la mia personale idea della morte.
    Nn la temo, nn ho paura e credo la sofferenza faccia già parte della vita. La fine nn è una fine, si vive ancora, si sopravvive nel ricordo, si vive in modo diverso.
    Rassegnati, siamo eterni 😉

    p.s. Ti avevo già letto sul forum, sono contenta di “vederti” 🙂

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    • Probabilmente hai una buona consapevolezza di te stessa e, di conseguenza, del mondo, della vita e della morte. Per questo l’esperienza ti tocca relativamente, nel senso che non cambia le tue convinzioni. Se percepisci che una persona ha paura perche’ non e’ riuscita ad accettare, ma sai che tu hai accettato, sei dispiaciuta per quella persona ma non viene scalfita la tua posizione al riguardo…
      Grazie cara, e benvenuta! 🙂

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  14. Io credo a queste cose, ho letto anni fa un libro su questo argomento, scritto da un medico americano, purtroppo non ricordo il titolo, aveva raccolto le esperienze dei suoi pazienti che avevano visto il tunnel di luce e poi erano tornati in vita. Ormai le esperienze sono tante e tutte simili. La scienza non sa dare risposte certe. Tutto è possibile dunque.
    Bacioni a te.
    ^_^

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    • Immagino parlerai di Raymond Moody, vero? Perlomeno dalla descrizione sembra decisamente lui 😉
      Sull’argomento la tua sintesi è perfetta: non esistono risposte, sono tutte solo ipotesi, da una parte e dall’altra. E’ bene dirlo, soprattutto oggi che la scienza medica si lancia in tentativi di spiegazione “chimica” che spiegherebbero alcune cose… ma non tutte 🙂

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  15. Purtroppo, il pensiero della morte non mi trova preparata. Persino parlarne mi terrifica. Invidio la gente di fede che crede nella resurrezione. Per me con la fine della nostra vita terrena, nulla resta se non il ricordo che lasciamo in chi ci ha amati. Hena, mia madre, è morta nel 1990. Per elaborare il lutto ho persino scritto una storia romanzata sulla sua vita, ma non passa giorno in cui io non la nomini e non la pensi. La sua morte ha lasciato una voragine. E – a differenza di Jannacci (ricordi la canzone?) – non ho nessuna curiosità di andare al mio funerale . . . Come vedi, la butto in scherzo, proprio per esorcizzare la paura.
    Un affettuoso abbraccio.
    grazia

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    • Bé, io infondo ho dedicato tanti post a questo tema proprio perché evidentemente sto ancora cercando di affrontarlo e vincerlo. Trovo davvero difficile, per chi ci si è soffermato sopra almeno qualche volta, uscirne vincitori e battere la paura. Pero’ sento dentro di me, non solo per gli esempi che esistono, e che non sono pochi in tutte le latitudini del mondo, che è possibile se solo ci mettiamo di impegno e decidiamo di affrontare questo terrore di petto. Prima che sia troppo tardi per non trovarsi impreparati…
      Un caro abbraccio anche per te 🙂

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  16. Ciao! Buon anno! Sono contenta che tu sia passato da me, su Splinder….. solo a nominarlo mi viene il lacrimone! Non disperdiamoci per favore, linkiamoci! Un sincero abbraccio.
    Flo’

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    • eheheh ciao cara, benvenuta 🙂
      Non ci crederai ma non guardo mai i link, ne li uso (o meglio ne faccio un uso improprio per “l’indice argomenti”) 🙂 Ho un mio foglio elettronico in cui pero’ ci siete, per quel che riesco. Poi ogni tanto lo rivedo e lo aggiorno, spesso eliminando chi ormai ha abbandonato il blog o per altre ragioni, altrettanto spesso aggiungendo chi “incontro” in giro leggendo per blog o, ancora, adesso, per aggiornare con i nuovi indirizzi dei blog 🙂
      Ecco, questo trovo interessante più che la “colonna dei link”: andare a curiosare tra i blog, i post ed i commenti, scoprendo così persone interessanti 🙂
      Ho sempre fatto così, anche se da un paio di anni non con la stessa frequenza che avevo prima 😐 Impegni e priorità spesso cambiano…

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  17. Credo sia il periodo giusto per leggerti 🙂

    Non appena terminerò Memorie di un’egizia, leggerò questo libro, grazie.
    Buona giornata a te e famiglia 🙂

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  18. …La buona morte…., e c’è di chi se ne va “in punta di piedi…” per non spaventare i suoi cari. Ovviamente idealizzo, ma mi domando:..Quale migliore morte è mai quella della “morte dei giusti” (come si dice a Roma), ossia di chi passa dal sonno profondo al sonno eterno.

    Io l’ho vista quella morte lì, e questa per me è stata una grande consolazione. Nelle mie poesia parlo di una morte “indulgente”, una morte che suo “malgrado” deve svolgere il suo compito, cercando di procurare meno trauma possibile a chi resta.

    Come al solito seguire le tue riflessioni è sempre un arricchimento e procurano altre riflessioni.

    Grazie Wolfghost!

    Carmen

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    • Si, ricordo bene a chi ti riferisci… Certo, anche se… non so, prima di tutto per te deve essere stato uno choc pazzesco, e poi… e’ come se da un lato volessi avere il tempo di organizzare le cose prima di andarmene… Non so se capisci che voglio dire 🙂

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  19. Caro Wolf, eccomi a trovarti nel tuo nuovo spazio.E subito ritrovo la profondità dei tuoi post.Questo in particolare, dove si parla anche di mamme…sai, anch’io ho avuto la sensazione di pace e, se posso dire, di armonia..forse perchè la mia mamma ha sofferto molto, troppo, prima di inoltrarsi nel “passaggio”.
    Onestamente spero di avere la sua stessa forza e dignità (considera che è morta sapendo di dover morire ed era anche atea, convinta che con la morte tutto finisse).
    Un libro molto bello è anche l’ultimo di Concita De Gregorio “Così è la vita”.
    Scusami se non passo a leggerti con assiduità, i miei problemi agli occhi sono purtroppo sempre presenti e faccio fatica a stare al pc.Un abbraccio.

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    • Ma non ti preoccupare, anche se fosse per motivi molto meno importanti non avresti bisogno certo di scusarti! 🙂
      Si’, anche io spero di avere la stessa forza e dignita’ della quale parli, e credo che qualcosa si possa fare per prepararsi, anche se la certezza di come si reagira’ non e’ data…
      Grazie e un abbraccio anche per te 🙂

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  20. Sempre bello passare da te,lupo 😉

    Putroppo ho perso molte persone care, la maggior parte per lunghe malattie. L’ attesa della morte ti da tempo per prepararti, sia da un lato che dall’ altro, diciamo. Non mi sono mai soffermata a pensare sul come, forse per via della perdita da piccola di mio padre, dopo una lunga malattia. Credo che sia possibile prenderla con “maggiore serenità”, perchè si ha tempo per maturare una certa consapevolezza. Dall’ altro lato, dal lato del malato però, solo una volta, quasi come in un ricordo sfocato, una persona è riuscita a trasmettermi serenità nella sua consapevolezza di dover morire.Serenità che è riuscita a trasmettere a tutti i suoi cari, soprattutto alla figlia.

    All’ atto pratico, la paura della morte intesa come istinto di conservazione, è bene e fondamentale possederla, quanto lo è accettare che essa fa parte del ciclo naturale degli eventi, così come lo è la nascita.

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    • Sono dell’idea che l’accettazione della morte contribuisca grandemente ad eliminarne la paura. E’ che – come scrive anche Marie nel suo libro, avendolo visto capitare molte volte negli hospice – spesso si crede di aver accettato, di essere preparati, ma al passare del tempo, all’aggravarsi delle condizioni, si scopre che non è così. Nel libro è trattato l’andamento di una paziente che aveva subito destato grande impressione per lo spirito di accettazione e la serenità che emanava agli altri ospiti e al personale dell’hospice, addirittura arrivavano giornalisti ad intervistarla. Ma Marie sospettava che non fosse pronta come credeva. Infatti all’improvviso crollo’ metalmente e fece una sorta di tuffo nella follia. La vera accettazione è altro, e, salvo pochi fortunati, è dura conquistarla. Ovviamente non è una critica, ci mancherebbe, come è scritto anche nel post da Leloup (ma… vorrà dire “Il lupo”? :-D), il malato che sa di essere prossimo alla morte ha tutto il diritto di disperarsi e piangere, quella che viene offerta dalla visione del libro non è un dovere, è piuttosto un suggerimento verso la serenità e la libertà dalla paura. Il che, sono convinto, è davvero tanta roba…

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  21. Tutto tecnicamente vero e facile da scrivere…quello che ho qui letto, ma poi ti fa paura pensare di affrontarla.Ricordo alcuni anni fa mio nonno scomparve prematuramente in due giorni, infarto mesenterico,tornai dal collegio delle suore orsoline per il suo funerale, arrivai a casa c’erano tanti parenti,la nonna piangeva ed anche la mamma appena l’ho visto nella cassa era così bello così sereno, i suoi capelli rossi, volevo abbracciarlo, mi sono chinata per baciarlo sulla fronte, ma appena posate le labbra ho sentito un freddo glaciale…lui che mi mordeva e baciava ed era sempre caldo bollente…uno stranissimo effetto che ancor ora l’ho percepisco.
    Essih oggi ci siamo e domani non si sa, ogni giorno dovremmo assaporare le ore e i minuti che ci vengono donati o che viviamo invece ci facciamo prendere dalla vacuità delle cose.
    Dolce serata WOLF a te e a tutti i tuoi lettori.
    ♥vany

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    • Hai ragione Vany, infatti scorrendo i post ne troverai uno nel quale dico di non essere più sicuro di preferire una morte rapida o addirittura indolore, ad esempio nel sonno. A volte penso che vorrei… preparare il terreno, per me e per chi mi sta vicino. E’ la stessa cosa che in fondo capita in amore: fa più male una rottura brusca e inaspettata, che una che avviene lentamente nel tempo per… estinzione. Inoltre, subito nel commento precedente, vedrai proprio il caso che descrivi: ovvero quando si crede di aver accettato ma poi si scopre che così non è. Ti rimando a quel commento 🙂

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  22. Il mistero della morte che avvolge tutto.
    Non ho seguito mio padre mentre moriva e non posso dire perciò la morte come è stata,so che dormiva e tutti dicono che morire nel sonno è una delle morti meno sofferte,lo dicono i vivi comunque.
    Mi piacerebbe pensare che ha oltrepassato la galleria di luce ed è felice,vorrei poterlo sentire ma non lo sento e questo mi fa impazzire.
    forse devo ancora superare degli stadi che non ho la forza di affrontare
    Bellissimo post Francesco,complimenti.

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  23. Direi che più che la morte in se, che vedo come un passaggio, temo più la sofferenza che può esserci prima che sopraggiunga.
    “Io stesso, alla morte di mia madre, percepì un senso di sollievo datomi da qualcosa che aleggiava nella camera” dovresti seguire di più il tuo “sesto senso”, non credo
    che ciò che hai sentito era solo una tua impressione, o una difesa che la mente metteva in atto per quella dolorosa situazione..
    Com’è dolce tua moglie Lupo, un abbraccio a tutti e due!!

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    • Io non so che cosa temo, credo 😀 Pero’ credo sia più la morte. Hermann Hesse sosteneva che tutte le paure nascondono in realtà sempre e comunque quella della morte, ma che perfino questa dipendeva da una paura ancora più grande: quella di lasciarsi andare nelle braccia di Dio… 😐
      Riguardo a mia moglie… bé, se è diventata mia moglie un motivo ci sarà, no? 😀

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  24. Il rapporto con la morte, o forse meglio, con l’idea della morte, cambia nel corso del procedere della vita, c’è un momento nel passaggio fra la crescita e lo stabilizzarsi dell’età, nel momento dove una certa spinta energetica prende a rallentare, dove si entra in contatto seriamente con questa realtà che la gioventù tende a tenere lontana dalla nostra mente.
    Per me, e vedo anche per molte altre persone, c’è un periodo fra i 30 ed ik 40 anni dove l’impatto e quindi la ricerca di un senso, di una motivazione diviene forte, quello che verrà dopo, dipende molto dal percorso e dalle esperienze che si è riusciti a fare in questo lasso di tempo che definirei di ricerca e adattamento ad una condizione non considerata prima. Le risposte che poi troveremo saranno diverse per ognuno di noi o forse perfettamente uguali, sta di fatto che sembra che poi, per un po’ di anni, questa ansia si attenui, forse è anche una autodifesa che attuiamo, poi forse riprenderà ancora con il procedere del cammino, ma quasta è una cosa che personalmente devo ancora sperimentare….

    Paolo

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    • Ciao Paolo, grazie dell’intervento e benvenuto 🙂
      Credo che quanto dici possa in generale essere vero, salvo il fatto che i tempi sono probabilmente soggettivi in dipendenza non solo del tipo di personalita’ ma anche dal contesto nel quale si e’ inseriti. Ad esempio, una persona socialmente molto attiva, con una vita relazionale buona, un lavoro intenso, parenti ed amici in buona salute, probabilmente avra’ meno occasione e stimolo di interrogarsi su queste tematiche rispetto a qualcuno che nello stesso periodo sta perdendo uno o piu’ famigliari o ha molto tempo libero nel quale, inevitabilmente, la mente e’ piu’ libera di spaziare affrontando dunque anche temi come questo. Anche la famiglia di origine e le influenze del passato hanno certamente un peso, cosi come i condizionamenti sociali.
      Ti faccio un esempio. In India era normale dedicarsi alla famiglia, al lavoro, e perfino alla guerra, nella prima parte della propria vita, per poi impegnarsi nella seconda alla ricerca spirituale. Cio’, piu’ che essere una richiesta interiore motivata, come scrivi tu, dal declinare delle condizioni fisiche, era proprio una consolidata tradizione. Anche se, va da se’, anche le tradizioni nascono spesso da normali esigenze umane che, ripetendosi, di radicano nel tempo.
      Io credo che non ci sia un “limite” al richiamo alla spiritualita’ ed all’affrontare questi temi. Di nuovo ognuno ha i suoi tempi, stabiliti anche dalle condizioni al contorno.
      Qualcuno ha dimostrato che si puo’ non smettere mai di crescere, nemmeno all’approssimarsi della fine, e poiche’ basta una sola pecora nera per smentire l’assioma che tutte le pecore sono bianche… 😉

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      • Concordo perfettamente con quello che dici, sia dal punto di vista culturale che da quello delle esperienze personali, cioè dal vissuto del singolo individuo, che comunque risulta sempre inserito in un contesto sociale e culturale ben determinato. Quindi anche i tempi debbono essere per forza elastici. Sarebbe interessante poter capire se comunque in un percorso c’è un momento dove l’Essre umano, in ogni caso comincia a chiedersi un perchè in maniera più determinata di altri periodi, non ho mai approfondito questo discorso quindi sto parlando più a sensazione che secondo ragionamento, mi stavo chiedendo, in seguito a questo tuo post, se c’è un momento dove qualcosa ci appare,dove una sorta di consapevolezza comincia a farsi strada. Ci sono persone che mantengono caratteristiche ancora infantili, nello stile, negli atteggiamenti come nel modo di pensare, in genere queste persone hanno un rifiuto per questo tipo di argomenti, tentano di dribblare la cosa, altre, magari con la tendenza ad una maturità più spiccata, già avvicinano questi pensieri in gioventù, però mi sembra un modo di accentuare o rifutare un concetto che in ogni caso è sempre presente, mi chiedevo appunto se la mezza età, proprio per il fatto di essere nel centro, non sia un momento di equilibrio dove questo argomento comunque tende a venire alla luce in maniera più chiara.

        Se i pensiari non risultassero molto chiari è proprio perchè non sono chiari anche a me :))

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      • Personalmente non credo che ci sia un’eta’, io mi ponevo queste domande gia’ da ragazzo, forse perfino da bambino, seppure ovviamente in una forma diversa. Quello che cambia e’ solo l’esperienza, che e’ vero che ovviamente aumenta sempre con l’aumentare dell’eta’, ma non lo fa in maniera lineare. A volte un singolo evento ci colpisce cosi’ fortemente da farci alzare enormemente il livello di coscienza; li’ possiamo fare un balzo in avanti, ma magari possiamo poi non fare piu’ un passo per il resto della vita o quasi. E a volte non si compie un balzo in avanti, ma perfino indietro: l’esperienza aumenta, ma la paura ci fa indietreggiare, rifugiare in quella falsa fortezza che la nostra routine della “vita di tutti i giorni”. Chi invece, come amo dire, “vive con gli occhi aperti”, ovvero cerca di capire, di svelare, di cogliere, ha bisogno di molto meno per crescere, perche’ ogni evento e’ terreno di ricerca.
        Quindi non credo che esista una risposta unica, valida per tutti. Ci sono persone che arrivano alla fine della loro vita senza mai essersi poste un “perche'” di questo tipo; altre che hanno iniziato a cercare presto e non si sono mai fermate. Nel mezzo, da qualche parte, ci siamo anche noi 🙂

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      • Mi sto avvicinando da poco tempo al “lavoro di biografia” basato su un’idea abbastanza luminosa di Rudolf Steiner quindi la mia elaborazione riprende molto di queste recenti ed affascianti letture, poi, come ti dicevo dall’altra parte, sono stato colpito da alcune particolarità di questo blog, la foto con le spighe, i gatti, ma anche le date che dai del tuo personale percorso nella presentazione 🙂 Mah, si direi che noi siamo nel mezzo 🙂

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      • Bene, per me essere nel mezzo significa campare fino a 90 anni! eheheh 😛
        Conosco il buon Rudolf, idee le sue che a suo tempo mi parvero alquanto stravaganti 😀 E’ possibile che se lo rileggessi adesso cambierei idea…

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  25. Ciao caro Wolf,
    purtroppo ho conosciuto presto la morte da vicino, e comunque ne sono sempre stata angosciata, ne abbiamo discusso anche nel vecchio blog. Però sono capace di stare vicino a chi soffre, non sono mai scappata via, anzi penso di essere piuttosto forte, certo non ne farei mai un lavoro a meno che non avessi alternative. La morte per chi soffre è sempre una liberazione dalla schiavitù della sofferenza e di una vita che non si può più considerare tale. Grazie per il modo mai banale in cui affronti questi temi. A.

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    • Non vedo perche’ mettere il “pero’ ” 🙂 Diciamo che nelle tue condizioni, che ti assicuro sono molto vicine alle mie 😀 , ci vuole molto coraggio e forza d’animo per stare vicino, col cuore, a chi se ne va’. E’ ovviamente piu’ facile per chi e’ riuscito a costruirsi della morte una percezione serena, con o senza l’ausilio della fede 🙂 Quello che credo e’ che alla seconda si possa arrivare, perfino partendo da una percezione angosciata come quella che hai descritto. E’ per questo in fondo che scrivo spesso di questo argomento, perche’ e’ una ricerca che mi accompagna ormai da parecchio. Anche se… forse dovrei portarla avanti con piu’ forza 🙂

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      • Il coraggio e la forza d’animo provengono dall’amore che ho provato, che provo, per le persone che se ne sono andate. Scusa, ma cosa vorresti fare per portare avanti la ricerca con più forza, il monaco?

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      • No, non è necessario essere un monaco per portare avanti la propria ricerca, diciamo che non credo nella “teoria pura”, lascia il tempo che trova se non è accompagnata dalla pratica. E la pratica principe è la presenza mentale, ad esempio (ma non solo)attraverso la meditazione 🙂

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  26. penso a chi non ha “tempo” per prepararsi,chi muore per traumi improvvisi…

    ognuno di noi, in vita, cerca di aggiustarsi i momenti dolorosi.

    Una mia Amica sta vivendo momenti difficili, i suoi genitori anziani e malati. Ha avuto la forma di postare la canzone La vita è bella. Mi piace richiamare anche qui da te per tua moglie, il Babbo Benigni del lager. Saper dare serenità alla propria Creatura trasformando la tragedia in fiaba.

    Da ieri mi frulla un post, nettamente contrario al tuo. Visioni reali di vita corrente rimasti indelebili… non comuni ricordi pur importanti. Quando vidi per la prima volta una persona, un luogo… per la prima volta. Proiezioni verso la vita che sarebbe venuta …. ignorandolo completamente.

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    • Intendi dire che il post che hai in mente è il contrario di questo perché si parla di vita senza pensare al futuro e in particolare al comune destino che ci accomuna tutti? Non è così contrario come pensi, cara Carla 🙂 L’immersione nel presente, il famoso “qui e ora”, è proprio uno dei metodi principe con il quale si affronta il pensiero della morte. Ma sarà più chiaro in uno dei miei prossimi post, tratterà proprio questo argomento 😉

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  27. caro wolf,
    premetto che con il tempo sono diventato un po’ scettico su tutto ciò che viene scritto in tempi recenti sull’argomento “morte-aldilà-soprannaturale”, come dici giustamente tu sono i messaggi che questi racconti vogliono comunicare a dover avere priorità rispetto a ipotetici fatti.
    si, l’essere vicino a un evento molto forte ( ci sono appena passato) alimenta forti visioni, credenze e ricordi che difficilmente riusciamo a scindere dalla realtà e comprendere quale sia la linea di confine tra una costruzione mentale e qualcos’altro può risultare davvero difficile. Ma non è quello che in fondo conta … bensì l’ultimo pensiero citato dal libro, quello che la morte è un evento naturale che non va celebrato o maledetto, ma solo accettato con la speranza che sia finalmente arrivata una grande fusione con l’intero cosmo.

    Un saluto
    Isaac

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    • Sono d’accordo caro Isaac 🙂 Scrivo spesso che – in teoria – non è necessaria la presenza della fede per accettare la morte. La fede è sicuramente un valido aiuto, ma l’accettazione puo’ arrivare attraverso la comprensione pura… che in fondo è perfino più difficile, ma almeno, una volta raggiunta davvero, non puo’ essere scalzata 🙂
      … non che io ci sia arrivato, eh! 😛

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  28. “E di fatto non lo è facile, gli autori stessi ammoniscono che l’impatto non è solo per chi muore, ma anche per chi ha scelto di stargli vicino. Molti di noi hanno avuto la loro vita cambiata in seguito ad una o più esperienze di “accompagnamento” del morente, in senso negativo certo, ma, a volte, sorprendentemente, anche in senso positivo.”
    Io sono stata scelta da mia madre, pur se lei sperava io in qualche modo potessi aiutarla a vivere piuttosto… Ma quei momenti in cui occorre accompagnare possono essere dolorosi ma necessari, a volte, alla consapevolezza, al risveglio interiore. Mi hanno fortemente cambiata e motivata a dare un senso nuovo alla mia vita, senza far finta di essere eterna…
    Un abbraccio, bellissime e profonde le tue risposte almeno quanto il post stesso.

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    • eheheh faro’ una risposta cumulativa 😛
      – più successo: bé… mi sono fatto un bel “mazzo” per cercare di trovare e passare da tutti per lasciar detto dov’ero! 😀 E’ vero che non mi aspettavo questa risposta, ma in fondo è spiegabile: all’inizio in molti controvisitano (meno della metà comunque), anche per curiosità, ma io non potro’ certo reggere questi ritmi, e di conseguenza anche le risposte caleranno. E poi considera che, a differenza di Splinder dove controcommentavo mediamente con un commento mio ogni due commenti degli “ospiti”, qua, per la struttura “ad albero”, è quasi uno-a-uno. Questo vuol dire che 100 commenti qua equivalgono a circa 75 commenti su Splinder 😉
      Aspetta un po’ quindi prima di complimentarti! 😉
      Tra parentesi: mia moglie con adottauncucciolo a livello di visite mi sta facendo il c… 😀
      – il tuo post: ora mi hai incuriosito, tra poco passo! 😀
      – i passaggi per commentare: è lo stesso per me quando vado sulle altre piattaforme. E’ il prezzo della… diaspora che abbiamo subito 🙂 Mi sono divertito a fare una statistica dei miei vecchi visitatori, sono certo che ti incuriosirà: il 44,4% non si è ancora spostato da Splinder o, a vario titolo, ha rinunciato al blog; il 20,6% è su iobloggo; wordpress e blogspot (che francamente non mi aspettavo…) hanno entrambi il 12,1%; poi ci sono ben altre 8 piattaforme che vanno dal 3,5% (Logga) allo 0,4% (Altervista).
      Io mi diverto a spaziare tra le piattaforme, c’è più pluralità e meno “cameratismo”, si guarda davvero ai blog e non ai messaggi privati, per esempio. Per questo il dover fare tanti passaggi in fondo lo trovo un piccolo prezzo da pagare 🙂

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  29. A volte penso, Wolf, che la cosa peggiore non è morire ma averne la consapevolezza e non sapere quello che poi sarà e se qualcosda sarà. E’ un problema difficile difficilissimo da affrontare anche se inevitabile…

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    • Il sapere di dover morire è per me il vero significato rappresentato dall’atto biblico di cogliere la mela nell’Eden: la conoscenza ha un prezzo, ed è alto. Tuttavia c’è chi ha superato la paura di sapere, e questo è ancora meglio di non avere coscienza della morte. Pero’, certo, non è facile da ottenere.
      Un caro saluto 🙂

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  30. Di tanti utenti Splinder, persone a cui eravamo affezionati, si sono perse le tracce… Di Katia1409 posso dirti che è approdata a tempo pieno su Facebook, mentre Musicadentro ha aperto un blog su iobloggo, però da un paio di settimane l’ha messo in standby…

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    • Eccoti! 😀 Benvenuta cara! 🙂 Ti ho risposto anche agli altri commenti, ti ricopio qua la risposta per tua comodità 😉

      ahahah sì, sì, è Logga qua! 😀 Grazie cara, ho già cambiato il link al tuo blog! 😉
      Le immagini le ho rimpiazzate tutte io 🙂 Come? E’ stato un lavoraccio: le ho copiate su Picasa (di Google) direttamente dal formato del blog Splinder, così poi erano pronte per rimpazzare quelle vecchie sul nuovo blog 🙂 Il procedimento è semplice, usi l’html (il codice) e rimpiazzi il link alla foto splinder con quella della foto Picasa (o altro sito di immagazzinamento foto).
      … comunque resta un lavoraccio eh! 😀

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  31. Preferisco allora sostituire la parola morte con quest’immagine del soffio di vento, che è poi il soffio della vita, che ha gonfiato per un po’ le vele e poi le lascia…e dovrebbe essere naturale senza enfasi. Volevo raccontarti questo, nelle campagne vicino alla mia città c’è un posto dove, tutte le volte che mi soffermavo, il cuore mi si riempiva di angoscia.Dopo un po’ di tempo ho trovato qualcuno che mi ha raccontato come lì, fra quelle colline,fossero avvenute tante battaglie sanguinose nell’ultima guerra ed allora ho pensato che il dolore non se n’era ancora andato ma aleggiava così forte da essere percepito. E’ importante allora cercare di andarsene da questa vita serenamente, per noi e per chi ci sta vicino. Un abbraccio Fulvia

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    • Sono d’accordo Fulvia 🙂 A volte posso sembrare esagerato nel trattare questi argomenti, ma… è davvero un mio obiettivo sconfiggere la paura della morte e, quando si avvicinerà il momento, riuscire ad andarmene serenamente.
      Bello l’aneddoto che riporti. Puo’ essere che sia proprio così, anche se certezze non ce ne abbiamo…
      Un abbraccio! 🙂

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  32. Bellissimo post!Noto che il tema della morte ti è molto vicino,i tuoi post su questo argomento sono,a mio avviso, fra i più belli.Sicuramente questa predilezione mi trova in affinità.
    Ho incontrato la prima volta la morte in diretta che avevo due anni:mio padre ,apparentemente non ricordo nulla ma dicono che fossi presente e che non è che l’avessi presa tanto seraficamente…..
    In seguito ,forse per la mia precocissima passione per l’esoterismo ,”filtrare con la morte” è stato inevitabile, ma, come anche tu sottolinei molto acutamente,anche nel post seguente,per quanto tu possa cercare,leggere. meditare approfondire,stai solo usando trivelle ma il pozzo lo scavi dentro di te.
    Alla mia ve (rde?)neranda età sono giunta alla conclusione che non so NULLA tutto intorno a me è mistero e,ovviamente il più grande,è quello della morte…ma,sorpresa!Sto benissimo così e concludo con la risposta che ho dato ad un mio amico che mi chiedeva se credevo in dio:Io non sento più il bisogno di addomesticare l’infinito.

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    • E’ lì che vorrei arrivare, cara! 🙂 Ho scritto spesso che, in teoria, non c’è nemmeno necessità di avere fede in un’aldilà per superara la paura della morte, basta… lo spirito di accettazione che arriva grazie alla comprensione 🙂 Io sono lontano dall’averlo, questo spirito di accettazione. Probabilmente è proprio per questo che ne parlo tanto 😉
      Ho visto il simpatico… indirizzo web 😀 Quindi ancora non ti sei spostata? 😐

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      • per essermi spostata mi sono spostata…in un casino!
        Ho due blog sul mio cane :in uno funzionano i post ma non ci sono un sacco di cose del mio vecchio caro blog,nell’altro ci sono tutte le cose ma non si può scrivere….che sia la mia luna in gemelli?
        …..il mio vecchio buon splinder……………..

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      • Quello su iobloggo mi pare “solo” da sistemare, l’altro non so dove sia. Non conosco iobloggo a questo dettaglio, purtroppo. Hai provato a chiedere all’assistenza o a qualcuno dei tanti che si e’ spostato li’?

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  33. Ciao Wolf!

    grande post davvero… sull’argomento centrale della nostra vita, quello che ci spaventa maggiormente, ma che come diceva il da poco scomparso Steve Jobs, la morte è la più grande invenzione della vita, se sappiamo darle il giusto senso nella nostra esistenza. E’ vero cmq come giustamente sottolinei tu in questo post che è fondamentale l’esperienza che facciamo con la morte dei nostri cari…è così difficile parlarne eppure post come questi ci aiutano a sentirci vicini e a sentire che siamo tutti parte di una stessa umanità: è quella fratellanza a cui, a mio parere, ci richiama il Cristianesimo. Un caro saluto da una ex splinderiana come te! Maddie

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    • Una fratellanza a cui ci richiama “anche” il cristianesimo, direi 😉
      Dal punto di vista della natura, la morte è davvero indispensabile. Se non ci fosse, non ci saremmo nemmeno noi poiché non sarebbe stata possibile l’evoluzione. Certo è che se non ci fosse altro dopo questa vita… forse non basterebbe questo a consolarci 😛

      Maddie, premesso che credo di aver capito chi tu sia, ti pregherei di compilare almeno il campo relativo all’indirizzo del tuo nuovo blog o sito quando commenti, in modo che possa ritrovarti non solo io, ma anche quelli che eventualmente passando di qua e leggendo il tuo commento abbiano desiderio di farlo 🙂

      Un caro saluto! 🙂

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  34. Senza la Morte non potremmo comprendere la vita…fu’ sempre nel tempi passati la mia personale ri.cerca…la mia morte ebbi tanta paura ero giovane, tutto cambio’…la vita divenne veramente per me un grande valore e con gioia la vivo…feciun un cambiamento interiore diventai una controcorrente cercai e cambiai stilo di vita, anche io la sento e la percepisco con il “Cristianesimo in vista della Vita Eterna con la Resurrezzione..ogii lavoro con i malati terminali.. un giornoi scrissi dei pensieri e te lo metto qui…:Si riesce a vincere la vita anche morendo, morendo a noi stessi,morendo alle nostre illusioni, alcuni sogni non avverati, sono passaggi della vita che fanno camminare e crescere in maturita’.Per me e’ stato importante guardare il volto della morte fisica, rimetto volentieri il post – “Diario di una infermiera vicino ai morenti” –

    La Morte e’ un mistero che a nessuno piace svelare, eventualmente tentiamo di svelare la Resurezzione!

    Non si riduce la morte a dire: ci addormentiamo, con indifferenza,come se fossero morti 10 pesci oppure con profondo terrore e angoscia.

    No! Nello sperimentare ” la morte guardando un cadavere di una persona, sperimentiamo

    la profonda morte degli altri e la nostra.”C’e’ un grande insegnamento, vedere colui che e’ morto anche cadavere. E’ una dura lotta morire …Agonia, sudore appicicaticcio scosso da singulti di respiri emanati e sospiri sospesi. “Agonia” Vuol dire lotta. Ecco… il Morto giace… ha vinto la morte.

    Il morente giace…dopo la lotta…un silenzio Sacro… ecco il dolce addormentarsi. Dopo sempre dopo, si giace… ha vinto la morte il Morente e’ un vincitore…Chi rimane ha una profonda impressione!! Non c’e’ sempre il dolce addormentarsi. Il dolore della perdita, indietreggia di fronte a un cosi’ grande avvenimento. Sono esperienze possibili vedere dopo l’agonia del morente, la quiete solenne… del Vincitore.

    E’ uno che ha vinto, ora vive la Vera Vita! (Perdona il troppo spazio preso)bello ritrovarti un sorriso grande a te:))

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    • Già, nonostante le terapie palliative antidolore, non sempre la morte è un “dolce addormentarsi”, anche se potrebbe esserlo (mi riferisco all’eutanasia). Sicuramente chi rimane resta colpito, sconvolto. Forse all’inizio, se il malato soffriva da tempo ed era anche difficile e oneroso da seguire, puo’ sembrare quasi un sollievo: tanto doveva andare, ci si dice. Ma quelle immagini, quegli ultimi respiri, quegli ultimi battiti difficoltosi e sempre più distanti l’uno dall’altro, come un corpo che ancora lotta per non soccombere, restano impressi per sempre. Non possono essere dimenticati. Si crede di averlo fatto, ma poi, puntualmente tornano prepotentemente e dolorosamente alla mente. Non so se il fatto di aver seguito tante persone che se ne sono andate rende la cosa più… abitudinaria, più facile da sopportare, o se, al contrario, finisce per “fissare” quegli attimi ancora di più a causa della ripetizione.
      Comunque la fede che hai ti aiuta sicuramente molto, anche se non tutti coloro che assistono i malati terminali la hanno parimenti. Vorrei riuscire a conquistare anche io una fede così grande 🙂
      Ma quale “troppo spazio preso”!? Ci mancherebbe! Le tue parole sono state le benvenute 😉

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