Vivere e morire – Il libro tibetano del vivere e del morire

il libro tibetano del vivere e del morire Eccomi finalmente qua a parlare de “Il libro tibetano del vivere e del morire” di Sogyal Rinpoche. Anche se è un periodo in cui ho davvero poco tempo, ci tenevo a parlarne, prima che la freschezza del ricordo della lettura svanisse troppo 🙂
Questo libro finirà fisicamente in mezzo agli altri della libreria, con romanzi (pochi in verità), altri saggi e manuali, ma in realtà dovrebbe avere un posto tutto suo per l’importanza che riveste. Sogyal Rinpoche, un lama tibetano che vive ormai da decenni a cavallo tra Europa e America, ha impiegato anni a scriverlo ed è stato supportato da numerose altre autorità nel campo, come lo stesso Dalai Lama. Anche la stesura, la correzione e le traduzioni nelle varie lingue sono state preparate con grande cura e attenzione. Lo scopo di Sogyal Rinpoche era quello di arrivare a spiegare in una forma e un linguaggio comprensibili a noi occidentali, la teoria e la pratica (fondamentalmente contenute nel famoso “il libro tibetano dei morti”) che ognuno dovrebbe seguire al momento del trapasso e nella fase successiva; pratica e teoria che pero’ imprescindibilmente devono iniziare nella vita stessa, il prima possibile. Ecco perché il libro non parla solo del “morire” ma anche del “vivere”, perché le due cose sono indissolubilmente legate: nascosto nel vivere vi è già la strada per un buon morire (e per una buona rinascita), basta saperla riconoscere.
La morte per il Buddhismo è solo un passaggio, uno dei tanti a cui ciascuno è sottoposto. Questi passaggi sono chiamati “bardo”: ogni passaggio è un bardo. Caratteristica fondamentale dei bardo è che, seppure con “intensità” diversa, hanno fondamentalmente la medesima natura: in essi si puo’ intravvedere la vera natura della mente, immateriale e immortale. E i bardo sono in ogni nostro tempo: il più intenso è al momento della morte e nelle fasi immediatamente successive, ma un bardo si puo’ sperimentare attraverso la meditazione o la preghiera, ed anche spontaneamente, nel passaggio dallo stato di veglia a quello di sonno – uno stato del quale quasi mai siamo consapevoli – o addirittura nell’istante prima di ogni nostra parola o ogni nostro pensiero. E’ in ognuno di questi momenti che si puo’ percepire, grazie al silenzio del “chiacchiericcio mentale”, lo stato primordiale della nostra mente, in grado di rivelarci la nostra vera natura immortale.
Perché, direte voi, è così importante cogliere questi momenti? La morte tanto arriva comunque. E’ solo (si fa per dire) per evitare la paura della morte?
In realtà nel bardo del trapasso, che coinvolge anche i giorni successivi alla morte clinica, noi determineremo la nostra prossima rinascita o perfino l’assenza di una eventuale rinascita. Determineremo, sostanzialmente, se saremo in paradiso, all’inferno, o in uno stato intermedio, come un’altra vita terrena, anche se non necessariamente in forma umana. Grazie alla caratteristica comune dei bardo di rivelare la vera natura della mente, l’averne già fatto esperienza in precedenza ci aiuterà a superare brillantemente il bardo della morte, anche se superiore per intensità.
Sogyal Rinpoche narra di come, arrivando in occidente, fu sorpreso di notare che al progresso materiale non avesse trovato un corrispondente sviluppo della spiritualità e della compassione, che anzi erano quasi assenti. Tutto in occidente era mirato allo “star bene quando si sta bene”, mentre i malati e soprattutto i morenti erano lasciati a loro stessi: pochi di loro avevano la fortuna di avere sostegno morale e spirituale, medici, infermieri e parenti si limitavano per lo più ad un sostegno pratico, rivolto ad alleviare al massimo il dolore fisico. Il risultato è che i morenti si spegnevano nell’angoscia, nel tormento, determinando tra l’altro il fallimento di una buona rinascita.
Come non ammettere che in occidente si tende, finché è possibile, a rimuovere il pensiero della morte? Si cerca semplicemente di non pensarci. Il risultato pero’ è, secondo Sogyal Rinpoche, di arrivare assolutamente impreparati all’ultimo passaggio, nonostante Sogyal ammetta che anche le religioni occidentali, cristianesimo per primo, forniscano in teoria i mezzi per fare il medesimo percorso di preparazione del Buddhismo.
Di fatto Sogyal cerca, con questo libro, di fornire una metodologia di avvicinamento alla morte che passa attraverso un buon vivere, con indicazioni di sostegno per sé stessi, per i propri cari che si è chiamati ad assistere, per tutti. Una metodologia che puo’ e dovrebbe partire oggi, adesso, senza aspettare che sia troppo tardi.
Chi ha visto la paura, lo sgomento, negli occhi dei propri cari o di chiunque si sia avvicinato alla morte vivendola con terrore, sa che già solo la libertà dalla paura della morte ha un valore incalcolabile, che nessuna ricchezza al mondo puo’ valere. Il libro di Sogyal Rinpoche cerca di colmare la lacuna dell’insegnamento di come evitare il più possibile tale paura, cercando serenità e pace perfino in quei terribili ultimi momenti. Ma, fatto questo, va anche oltre, cercando di indicare la strada per una buona rinascita.

Ovviamente consigliato a tutti 🙂

40 pensieri su “Vivere e morire – Il libro tibetano del vivere e del morire

  1. ecomi … copio questo passo condividendo (non ho ancora visionato il video)…. ti ho  già scritto, in passato, dove andrà a finire l'energia prodotta dal cervello? non credo che svanisca. … 

     in occidente, fu sorpreso di notare che al progresso materiale non avesse trovato un corrispondente sviluppo della spiritualità e della compassione, che anzi erano quasi assenti. 

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  2. x Jouy: sì, devo dire comunque che in questi ultimi vent'anni qualcosa si è mosso, come il movimento degli hospice, nato in Inghilterra e presente, penso da una decina di anni, anche in Italia. Sul discorso del cervello e della sua energia è difficile esprimersi, si potrebbe rispondere che l'energia di un motore svanisce quando si spegne, perché dovrebbe essere diverso per il nostro cervello? In realtà credo che sia difficile arrivare ad una fede per "logica", credo che l'unico modo sia cercare di sentire la "verità" dentro di sé, non per logica, ma per percezione, per esperienza. Il video dice sostanzialmente le stesse scritte qui.
    Ciao cara, buona domenica

    x Flame: grazie a te per l'augurio di buona domenica che restituisco con piacere E… il post è qua, e con i tempi che ho in quest'ultimo periodo credo ci resterà a lungo

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  3. Ho letto e riletto, ma sicuramente mi sono perso qualcosa. Però c'é una cosa in assoluto con cui concordo con il Lama.
    La visione della morte, che abbiamo in occidente. Sembra appartenere più alla categoria dell'avere più che dell'essere.
    La tensione é rivolta verso il procrastinare l'inevitabile, il più possibile avanti nel tempo. Le cure, anche il così detto "accanimento" spinge l'uomo occidentale a spostare in la l'esito finale.
    Ci si interessa del corpo più che dello spirito. Forse perché si demanda questa "categoria" al personale oientamento religioso, che può essere più o meno accentuato. O forse perché é un momeno così toccante che si lascia alla sensibilità di pochi, pochissime persone; di norma i parenti stretti. Che di norma non si sentono o non sono preparati, perché in fondo la morte non é accettata. Non é accettata la sua inevitabilità, soprattutto a livello emotivo. Razionalmente si é più propensi ad accettare la morte come il termine di un qualcosa che é nato, cresciuto e che quindi deve terminare. Emotivamente é inaccettabile, perché le emozioni sono ingovernabili se non attraverso una cura e una cultura ben precisa. Descritto, seppur sommariamente purtroppo, come un testo che aiuta a governare simili stati emotivi, credo che sia illuminante e possa aiutare a rendere più accessibile il mistero della morte e le sue conseguenze.

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  4. Ho tentato di rendere in un post di lunghezza accettabile un libro del quale ogni pagina va centellinata e, soprattutto, interiorizzata e praticata. Alla fine tutto cio' è solo un modo per cercare di spingere le persone a "sentire", a cercare, la verità dentro di loro, se è possibile con l'aiuto di un maestro. Il libro è un vero e proprio manuale, ma non puo' sostituire la pratica o la presenza di un vero maestro. Deve solo… far venire appetito, facendo sorgere il dubbio che forse la morte puo' essere accettata e usata come porta verso qualcosa di più grande.
    Grazie caro Cape, un salutone!

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  5. Sono d'accordo sia giusto cercare di sentire "La verità" dentro di sèRitengo sia un libro interessante e meriti di essere letto.Per il resto sai come la penso,io credo che la morte sia un passaggio con un risveglio più dolce,davanti a quella soglia si aprirà l'orizzonte dell' infinito e dell'eterno.La morte è, dunque,una scossa che atterisce e impoverisce e fa cadere le illusioni,ma è anche un fremitto che ci sorprende,ci illumina e ci trasfigura.

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  6. Ti ringrazio sinceramente per questo post che può e DEVE essere solo un suggerimento che invogli alla lettura e soprattutto alla meditazione personale su un tema così importante. La nostra crescita su queste tematiche non può che essere individuale, attraverso perture successive di nostre finestre interiori, pur se una guida spirituale e anche dei buoni testi ci possono essere di grande aiuto.
    Il momento in cui la vita ci pone a contatto con la Morte, accanto prima che diretta a noi, e  già ad eventuali e determinti gradi di invalidità..è un momento di crisi di valori per i quali si è vissuto fino allora. Una  "torre" di falsi valori che si sbriciola improvvisamente. Lo sgomento che ne deriva è inevitabile ma da certe crisi si può trarre perfino il nutrimento per comprendersi e comprendere il signiicato di queste nostre così fragili vite.
    Un abbraccio, sarà sicuramente uno dei libri che cercherò di leggere: ne ho già preso nota pur se,a causa di lavoro, famiglia e studio sarà difficile giungere a completarne la lettura in tempi brevi.

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  7. x Jouy: Il video e' molto coerente con quanto scritto nel post, quindi non preoccuparti, non aggiunge molto.
    L'esempio del motore era solo una metafora naturalmente, qualcosa per dire che puo' non apparire strano che quando arriva la morte e viene "staccata la spina", l'energia non viene piu' alimentata e percio' si spegne. Non dico che personalmente la penso cosi', ma non mi sentirei di criticare chi lo pensi.
    Buona settimana cara!

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  8. Caro Wolf,

    passo di qua per salutare gli amici, haimè non curo più molto thejournalist sono più impegnata sul fronte libri vienimi a trovare su Liberidiscrivere.spinder ti aspetto caro lupetto

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  9. Difficile commentare questo post, e il discorso sulla vita dopo la morte, secondo me, presuppone la fede, qualunque fede essa sia e che abbia come dogma la vita oltre la morte.
    E' un argomento così ampio, con mille possibilità, ma c'è pure chi crede che dopo la morte non c'è più nulla. 
    E'  questione di educazione e di esperienze, forse.

    La morte arriva comunque, e sono d'accordo ma, un conto è morire nel sonno e un conto è morire consapevolmente di malattia, anche se la sostanza non cambia. Un conto è sapere quanto tempo ti resta, un conto è non sapere quando.
    E' forse la consapevolezza che fa la differenza. Finché stiamo bene, finché abbiamo mille cose che  ci distraggono,  finché non siamo arrivati a quella veneranda età in cui incominciamo a fare il conto alla rovescia, e apprezziamo come dono ogni giorno di vita, la morte ci appare lontana.

    C'è un passo nel Vangelo che non ricordo quale né esattamente le parole, dove Gesù ci amonisce a tenerci pronti.

    Sarebbe saggio vivere tutti i giorni come fosse l'ultimo, ma un conto è la teoria, un altro conto la pratica…

    Riguardo all'energia, non so se abbiamo la capacità di decidere come o cosa dovremmo rinascere, ammesso che la reincarnazine esista, so solo che dopo un'operazione il medico conta molto sullo sforzo a voler guarire del paziente.

    Grazie Wolfghost, come al solito ci porti a riflettere su argomenti importanti.

    Buona serata!

    Rondine

     

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  10. x Iannoneg: Ok, lo terro' presente, grazie per la segnalazione

    x Rondine: in realta' la mia personale ricerca in questo settore parte proprio dal tentativo di trovare risposta alla domanda "la fede e' un regalo o la si puo' acquisire?". Poiche' non esistono prove tangibili a riguardo della vita dopo la morte, sono rimasto affascinato dalla "promessa" di sentire dentro di se' che la nostra "anima" (tra virgolette perche' ognuno la chiama in modo diverso) esiste ed e' eterna. E' una prova interna e non tangibile, se vogliamo, ma se da sicurezza… cosa importa? Secondo i buddhisti e' possibile, sebbene difficile, arrivare ad ottenere una tale consapevolezza con molta, molta pratica e – magari – un buon maestro. Poi esistono branche come lo Zen che parlano della possibilita' di ottenere addirittura un risveglio immediato. Pensare che una credenza cosi' importante sia data solo ad una fede-dono, senza partecipazione personale, per cosi' chiamarla, mi sembrava assurdo: perche' Dio – o la vera natura della mente – dovrebbe dare ad alcune persone questo dono ed a altre no? Una tale ingiustizia sarebbe incomprensibile, non credi? Ecco perche' ritengo verosimile la promessa buddhista: se la vera natura della mente e' qualcosa di innato ed eterno, non e' possibile che ognuno di noi non possa trovarla, seppure a prezzo di un lungo lavoro.
    Sul discorso delle differenze nel morire, e' ovviamente vero che ognuno vorrebbe morire in tardissima eta' e senza particolari sofferenze, anche i lama buddhisti si augurano l'un altro una lunga vita (sebbene loro lo giustifichino dicendo che in questo modo c'e' piu' tempo per trovare la "realizzazione"), quando pero' si ottiene la consapevolezza che la morte c'e' ed e' ineluttabile, e che pero' e' solo un passaggio se non addirittura un'opportunita', il peso dell'eta' e perfino della sofferenza nella quale si muore e' meno importante.
    Sull'ultimo punto, ti posso dire che, secondo il buddhismo, le "persone normali" che non ottengono l'illuminazione al momento della morte, determinano la loro successiva rinascita in accordo al karma accumulato in questa e nelle precedenti vite (principalmente, poi esistono altri fattori), ma non sono loro a "scegliere", e' "semplicemente" il principio di causa – effetto.
    Ovviamente ti do queste spiegazioni cosi' come le ho capite io, potrei anche sbagliare
    Buona serata a te, cara Rondine!

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  11. Grazie Wolfghost per le tue spiegazioni. Non conosco molto sul Buddhismo, come forse hai capito. Però, però ho notato una cosa curiosa sui "passaggi"…..:
    la religione Cristiana dice che la vita è un passaggio, verso la vita eterna;
    il Buddhismo dice che la morte è un passaggio (se non ho capito male) verso una continua reincarnazione. Ma allora la reincarnazione è eterna? 

    Vabbé, ho capito, vado a comprare un libro sull'Illuminazione, magari si accumuna sulla Grazia (secondo i Cristiani), perché qualunque cosa scrivo, se non sono afferrata sull'argomento, rischio di dire cavolate.

    Dopo, dico dopo la lettura, ne riparliamo.

    Ciaooo!

    Rondine

     

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  12. In realtà la differenza non è tra "vita" e "morte", esse sono inevitabilmente legate: senza l'una non ci sarebbe l'altra. La vera differenza è che la morte è IL passaggio per il cristianesimo, mentre per il buddhismo è UN passaggio, perché di passaggi così (bardo) ce ne sono innumerevoli, e non solo per via della reincarnazione, ma perché, come scrivevo nel post, se ne puo' fare esperienza anche durante la vita stessa. In realtà pero', guarda… io ho il sospetto che le differenze siano solo formali e non di sostanza. Ci sono, è vero, differenze tra le due religioni (quella più grande è sull'idea di Dio), ma il loro senso è il medesimo.
    Accidenti, se devo aspettare che hai letto questo libro… temo che non ti leggero' per un po'!
    Ciao cara, un salutone!

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  13. Quanto vorrei poter credere al lama tibetano…quasi quasi lo metto in lista anche io, anche se cambiare visioni e appiattire le proprie paure così radicate non è facile affatto. Però provare…
    Un caro saluto e buona estate.

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  14. x RitornoVivere: grazie cara, e una buona serata a te!

    x Vagabonda: assolutamente non e' facile, ma… e se fosse possibile e noi non tentassimo neanche… non sarebbe un enorme peccato?
    Un saluto e una buona serata anche per te!

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  15. E' uno di quegli argomenti che mi spiazzano, sono proprio un'occidentale della peggiore specie… Cerco di non pensarci e ci riesco 🙂
    Sai, non riesco a capire come di possa pensare alla propria morte con tranquillità e serenità, è qualcosa che travalica la mia capacità di comprensione!

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  16. Ti stavo proprio aspettando qui caro Wolf perchè ho seguito a suo tempo il tuo consiglio e sto leggendo questo libro.  E' tosto e richiede molto tempo anche per capire. Su come affrontiamo noi occidentali la morte è assolutamente vero ciò che dice e la preparazione alla morte, si creda o no alla reincarnazione, è davvero molto importante perchè penso che ci debba essere un clima di accettazione dolce, di un lasciarsi  andare con serenità  verso un evento ineluttabile. E' importante ciò che si percepisce intorno a noi ed allora non possiamo trasmettere angoscia e dolore o  illusioni inutili o la freddezza di un solitario letto d'ospedale. A volte si sostiene la commedia della vita fino alla fine senza arrivare mai ai sentimenti piu' profondi. Se il morente non percepisce serenità penso che porti questo disagio con sè e si potrebbe trovare disorientato. Penso anche che è importante non lasciare subito una persona morta, ma continuare a farle sentire il nostro affetto e mi ricordo che un tempo infatti i morti si vegliavano. Io penso sempre che il corpo materiale si esaurisce o per qualche motivo deve finire, ma l'energia vitale che lo sostiene è l'energia dell'Universo che è in continua trasformazione e "sembra" da come dicono gli scienziati, non finire mai. E' qualche giorno che ho questo pensiero; il cristianesimo, il buddhismo, la religione islamica e via via tutte le religioni e filosofie sono tutte frutto del nostro pensiero e su questi argomenti potremmo teorizzare per tutta la nostra vita ed ogni teoria può essere valida, su queste teorie possiamo sacrificare la vita o toglierla agli altri, ma rimangono sempre teorie cioè frutto di ragionamenti. L'unica cosa vera, tangibile in questo Universo è solo il cosmo che ci circonda con la sua energia, dimostrata scientificamente,  è questa vita che spesso non riusciamo nemmeno a vivere e c'è poi la morte che di sicuro arriva. .Grazie Wolf per i tuoi spunti, un carissimo saluto    Fulvia

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  17. x Happy: e' una scelta legittima, cara, in molti la fanno Poi, quando si avvicinera' il momento (che si avvicina per tutti prima o poi, volenti o nolenti) potresti avere una reazione inaspettata e scoprire una forza e una serenita' in te che magari non sapevi nemmeno di avere
    Pensare alla propria morte ha proprio lo scopo di affrontarla meglio, cercando di evitare un'angoscia che porterebbe una sofferenza insostenibile. Secondo me e' una cosa molto importante perche' vedi, credo che sotto sotto anche chi preferisce non pensarci… "sa", e vivere sapendo che l'angoscia potrebbe arrivare in ogni momento non e' certo vivere avendo gia' affrontato l'argomento, e avendo magari le basi per affrontare tutto con serenita'. Perfino la morte. Ovviamente e' tutt'altro che facile.

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  18. x Fulvia: sono contento che tu stia leggendo il libro Saro' altrettanto contento di sapere il tuo pensiero su cio' che esso via via affronta, cosi' come quello che hai riportato nel commento precedente Sono d'accordo con tutto cio' che scrivi, salvo sul fatto che gli insegnamenti buddhisti (e non) siano solo teorie. Non sono teorie, forse lo sono per noi che ci limitiamo a leggerle, ma loro le vivono quelle teorie, per loro sono la realta', sensazione viva. Sono teoria che si fa realta' e che si fa alla fine fede. Questo e' cio' che mi ha spinto in questa ricerca; altrimenti, solo per "nozionismo", forse non l'avrei mai iniziata.
    Un caro saluto Fulvia!

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  19. Volevo dire Wolf che non abbiamo la prova e mi riferisco a qualsiasi  religione o filosofia, che sia vera, cioè che corrisponda a verità o che sia confermata.  Sicuramente alcune persone hanno trovato la loro strada, l'illuminazione o si sono realizzati attraverso questi insegnamenti, e non è cosa da poco, per tutti possono essere un aiuto al loro cammino spirituale…Penso che sono fortunate le persone che credono in un insegnamento e conformano la vita su di esso, anche con sacrifici; io non riesco a farmi proprie queste cose, non riesco ad affidarmi alla persona che insegna tutto questo, forse non ho mai incontrato un maestro, però la sua strada illuminata è stata la SUA strada.  In me affiorano dei dubbi, mi sembra che non sia tutto lì, che ci sia dell'altro… non lo so, forse la mia può darsi che sia vigliaccheria. Un grazie in anticipo la tua pazienza, ciao Fulvia 

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  20. Ma anche io sono cosi', cara Fulvia Per anni sono andato alla ricerca di prove, purtroppo pero' le prove "materiali", come le intendiamo noi, sono dure da trovare (o impossibili…). Anni fa' andai nel piu' grande centro buddista tibetano in Europa, a Pomaia, in provincia di Pisa. Posi una domanda su questo argomento ad uno dei lama residenti, la sua risposta mi lascio', da buon razionalista qual ero, insoddisfatto: "non ci sono prove: medita, che e' vero lo sentirai dentro di te". All'epoca non potevo essere contento di questa risposta, ma adesso capisco che dobbiamo avere la mente aperta: chi siamo per essere sicuri che cosi' non sia? Per poter negare che con una preparazione costruita sulla meditazione, una lunga ricerca interiore, non sentiremo – per certo – che cio' che dicono e' la verita'? Perche' dobbiamo essere come scienziati illuministi che credono solo a cio' che vedono e riescono a replicare in laboratorio? Noi non vediamo la corrente elettrica, ma c'e'. Non vediamo il magnetismo, ma c'e'. Un tempo si pensava fossero eventi magici, solo tardi scoprimmo che erano normali manifestazioni fisiche. Perche' dobbiamo escludere che anche oggi esistano cose che non siamo (ancora?) in grado di vedere e dimostrare? Secondo me questo e' un limite. Per questo io non posso dire che quello che un lama "sa" per propria ricerca interiore vale solo per lui e non per me, per noi. Posso solo dire che prima di negarlo dovrei fare lo stesso percorso.Solo dopo poteri dire "ah, per me non vale!". La verita' e' che noi siamo ignoranti sull'argomento, ma… se vogliamo possiamo istruirci. E se avessero ragione? E se davvero con anni di pratica potremmo arrivare a percepire la realta' dentro di noi, a esserne sicuri come per gli oggetti che abbiamo attorno? Questo non varrebbe lo sforzo di gettarsi in qualcosa che adesso sembra improbabile e/o ostico?

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  21. Il mistero della morte wolf!
    Credo fermemente che non finisca tutto lì…che poi ci si rincarni o no…non importa….ma non finiamo.
    Il distacco dai cari è sempre doloroso, benchè verso una persona molto anziana riesco a lasciarla con la tenerezza di un sorriso, sfido chiunque ad assistere od accettare che un tuo figlio vada via.
    Sì perchè comunque per chi resta …è andato via, anche se la sua anima rimane lì.
    Così mi piace pensare Buddismo a parte…….
    Buona giornata wolf.   

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  22. Siamo esseri umani, perfino con delle certezze quando subiamo un grave lutto vacilliamo. Anche i lama stessi si augurano l'un l'altro lunga vita, anche se loro lo motivano con la possibilita' di avere piu' tempo per arrivare all'illuminazione
    Buona serata a te, cara Charlotte!

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  23. Trovarsi in fin di vita senza paura, ma provando serenità e pace, sarebbe certamente auspicabile. Se mi capita proverò a leggere il libro… intanto sono impegnata a trovare prospettive per vivere serenamente, in questo momento non mi riesce facile. Ma tornando al tema della morte, posso dire di aver letto nell'espressione di mio padre morto, tanta serenità e spero l'abbia trovata, continuando a vivere in una dimensione sconosciuta ma parallela alla nostra.

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  24. Credo, cara Violetta, che in qualche modo le due cose siano collegate. I tibetani dicono che si muore cosi' come si e' vissuti, e viceversa. E ad intuito mi sembra ragionevole. Un aiuto forse non risolutivo ma importante, passa dal dare la giusta importanza a tutto, e di fronte alla morte quasi tutto ha scarsa importanza, non e' vero? Cosi', se si riesce a ridurre la paura e l'angoscia della morte, e' possibile che tutto il resto segua a ruota

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  25. Devo impegnarmi a cambiare, Wolf, e guarda che lo dico sul serio! Perché ogni volta che la mia mente è costretta a soffermarsi sul questo argomento mi prende subito l'angoscia per tutto quello che non ho fatto, per tutto quello che mi rimane da fare.
    E non è per niente piacevole.

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  26. Siccome sto leggendo i post uno dietro l'altro mi è tornata in mente la frase di Borsellino "chi non ha paura di morire muore una volta sola" (so che non è una citazione esatta, comunque il senso è quello). In Occidente abbiamo un rapporto molto negativo con la morte e facciamo di tutto per rimuoverla, anche in modo maniacale, annunciando che X "non c'è più" (e dove sarà andato?) o "non è più tra noi" (sarà andato a cena fuori?) e simili. Questo ci complica non poco la vita – anzi, a dirla tutta ce la avvelena. Che è un vero spreco.
    Il post è molto bello, grazie.

    Ah, sono molto contenta che i problemi sul lavoro si saino sistemati alla fine ^__^

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  27. x Happy: opssss! Mi ero perso il tuo controcommento! Sorry! Mah… difficile dirti qualcosa, puo' essere che la tua angoscia sia una dimostrazione che dovresti seguire una traccia che è già dentro di te ma che ti ostini a non voler sentire, ma è solo un'ipotesi… Se tu vivi bene così… perché cambiare?

    x Murasaki: sono d'accordo cara Poi, come scrivevo a Happysummer proprio qua sopra, ogni persona fa storia a se': se davvero qualcuno non ha alcun timore della morte, fosse anche perché si rifiuta di pensarci, e dunque non si fa avvelenare la vita da angoscia e paura… perché cambiare? Anche se io credo che sia difficile essere così, forse lo si puo' essere da ragazzi, ma man mano che si cresce e si viene ripetutamente a contatto con la morte attraverso i lutti… come si puo' rimanere intoccati dal timore che presto o tardi toccherà anche a noi ed a tutti i nostri cari? Happysummer forse è l'eccezione, ma la maggioranza credo che nutra perlomeno paure inconsce, paure che potrebbero saltare fuori come fiumi in piena alla prima occasione…
    Grazie, è andata bene così, anche se mi stavo preparando a eventi diversi…

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  28. Tu sei uno psicologo, Wolf, riesci a leggere nel cuore umano al di lùà delle apparenze e dei cumuli di parole…
    Non è che io viva bene così, non desidero altro che cambiare, l'ho sempre desiderato, praticamente da quando sono nata… Ma non ci riesco, non sono capace di cambiare: non ho la forza, il coraggio né la determinazione per farlo!

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  29. Il problema e' che leggo molta… determinazione nelle tue parole! Sei troppo convinta di non poter cambiare per poterlo fare. Anche le convinzioni piu' radicate, perfino una scala di valori che si e' dimostrata errata, puo' essere cambiata. E il primo passo e' sapere che si puo' farlo Finche' non si fa questo passo, ogni altro passo in direzione del cambiamento non e' possibile. Resta da suggerirti come provare a cambiare le tue convinzioni auto-limitanti Il metodo piu' semplice e'… l'esempio altrui: il mondo e' pieno di gente che ha cambiato se' stessa e la propria vita quando, fino a pochi giorni prima, non poteva essere possibile. Leggere queste storie puo' far capire che perfino quando sembra impossibile, si puo' cambiare La letteratura e le librerie sono pieni di storie del genere

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