Un po’ di Wolf… 2006: mia madre

Olivetta San MicheleMia madre nacque in un paesino al confine con la Francia nel 1928 (prime due foto).

Era una bella donna, intraprendente anche 🙂

Da ragazzina fu corteggiata da un calciatore spagnolo del Genoa, ma sua madre, conoscendo la fama di Don Giovanni che ne circondava il nome, la tenne in pratica “sotto chiave”  😛 finche’ lui non cambio’ maglia. Venni a conoscenza di questa storia quando un giorno, lasciandomi esterrefatto, inizio’ come nulla fosse a parlarmi in spagnolo – lingua che credevo non conoscesse per nulla 😮

Per un certo periodo intraprese la carriera di cantante. Citava spesso i suoi viaggi, in particolare in Persia (a quei tempi non si chiamava ancora Iran), paese di cui decantava la bellezza. Cesso’ la carriera perche’, gia’ a quei tempi, per andare avanti, avrebbe dovuto sottostare a “certe regole”… che rifiuto’.

Olivetta San Michele - ponte anticoAl contrario di mio padre, legatissimo alla sua famiglia di origine, mia madre seppe separarsi senza traumi dalla sua. Viveva distante da essa e non vedeva frequentemente ne’ i genitori ne’ i fratelli. Sua madre mori’ pochi mesi dopo la mia nascita; suo padre – ne ricordo l’amore per il “Pastis”, un forte liquore a base di anice 🙂 – molto piu’ tardi. Era ricoverato in un centro per anziani (non pensate a parole brutte come “ospizio”, era davvero un bel posto), nei pressi del suo paese natio. La notizia della sua morte, datagli per telefono, la colpi’ profondamente perche’ non era riuscita ad andare a trovarlo nonostante gliel’avesse promesso. L’infermiera che lo seguiva, le riporto’ che ogni volta che la porta della sua camera si apriva, lui guardava con ansia, sperando di vederla entrare…

Quello che più mi piace ricordare di mia madre e’ la sua umanita’, il suo essere rimasta fino alla fine a fianco di mio padre che, burbero come si conveniva agli uomini della generazione della guerra, era uno di quelli che pensava bastasse assicurare i beni materiali alla famiglia per dimostrare il suo amore verso di essa. Mia madre ha subito per lunghi anni, sopportando, per quieto vivere, il suo carattere litigioso. Quando avevo 18 anni la accompagnai dall’avvocato perche’, giunta al limite della sopportazione, voleva separarsi. Ma poi, resasi conto che mio padre da solo sarebbe stato “perso”, rinuncio’.

Sbaglio’? Fece bene? Chi puo’ dirlo?

So solo che questa fu la sua decisione, una decisione dettata dal cuore, che – al di la’ di cosa ne pensassi io – ho sempre rispettato per il grande coraggio e determinazione che dimostro’ nel portarla fino in fondo. Certamente, se si fosse separata, la sua vita sarebbe stata ben diversa…

 

Come ho scritto nel post su mio padre (Era mio padre), la notte in cui lui mori’, nel 2003, la chiamo’, le chiese di non chiamarmi, di non avvisare neanche l’ospedale. Era stanco di ricoveri, voleva andarsene in casa sua. Si sedettero’ insieme sul letto e si presero’ per mano… finché lui non se ne ando’.

Niente mi toglie dalla testa che mia madre inizio’ ad ammalarsi quel giorno, perché – non essendoci piu’ lui – non aveva piu’ una ragione per vivere.

Scoprimmo la sua malattia nell’aprile del 2005 in seguito ad una frattura spontanea dell’omero. Fu l’inizio di uno dei periodi piu’ devastanti della mia vita. Nel giro di pochi giorni, la paura, prima ancora della malattia, si impossesso’ di mia madre togliendole la lucidita’ mentale. La persona che era stata fino ad allora, non l’avrei mai piu’ rivista.

Mia madre, a cui furono dati pochi mesi di vita, visse ancora quasi un anno e mezzo, stupendo tutti per la sua capacita’ di ripresa. Ma non me. Quando anche i parenti e gli amici piu’ stretti mi dicevano di lasciarla morire in pace, io protestavo, perche’ sapevo che era soprattutto la paura che la stava uccidendo, e che, se l’avesse superata, avrebbe potuto vivere ancora a lungo; “tecnicamente” infatti, il suo era – a quell’eta’ – un male lento, avrebbe potuto essere tenuto sotto controllo con cure non invasive per anni. Venni a sapere che, in occasione della riabilitazione per una seconda frattura spontanea, stavolta del femore, il medico che la seguiva in casa disse alla fisioterapista “tanto lo sai che questa donna non si rialzera’ piu’”. E invece, ancora una volta, si rialzo’. Prima col girello, poi col bastone, poi senza aiuto alcuno.

Solo un ictus se la porto’ via in poche settimane. Ricordo con strazio il suo “ho tanto mal di testa”.

Mori’, come voleva, in casa sua, con i suoi figli attorno. Ormai in coma da giorni, sembrava resistere ad oltranza, come se si preoccupasse per noi. In un momento in cui rimasi da solo nella sua camera, mi avvicinai a lei e le sussurai dolcemente “Vai mamma, vai… tuo marito ti sta aspettando, non preoccuparti per noi…”.

Poche decine di minuti dopo, mia madre se ne ando’, ed io venni pervaso da una sorta di sensazione di pace, come se cio’ che doveva essere, fosse stato compiuto…

 

A parte il devastante potere della paura, l’insegnamento principale che mia madre mi ha lasciato è stato che il corpo, la mente, i beni di ogni genere, scompaiono tutti, spesso molto prima della vera fine.

L’ultima cosa che rimane, e’ anche la più importante: l’amore e l’affetto che hai dato, e quello di chi hai ancora intorno a te.

La notte della Befana 2007, sfogliando a caso un’agendina di quand’ero militare, almeno 17 anni prima, trovai con sorpresa una dedica di mia madre che diceva pressapoco “Al mio bellissimo figlio, a cui voglio tanto bene. Tornero’ presto a trovarti. E’ una promessa.” La dedica era scritta con mano molto tremante, come da una persona malata di Parkinson. Mia madre aveva il Parkinson, e’ vero, ma non certo all’epoca in cui quella dedica avrebbe dovuto essere stata scritta. Misteri… Quando il giorno dopo lo raccontai ad una cara amica, molto credente, non mostro’ affatto segni di sorpresa; mi disse tranquillamente: “E’ normale: la notte della Befana e’ la notte dei bambini, e te, per tua mamma, sei ancora il suo bambino…”

arcobaleno

0 pensieri su “Un po’ di Wolf… 2006: mia madre

  1. Presunzione? Ma io sono uno qualunque 🙂 Puoi certamente avere delle affinita’ con me! 🙂
    Non forzare, ci vuole tempo perche’ la nostra mente accetti queste perdite. Cercare di forzarla non porta lontano, anzi spesso e’ controproducente. Impegnati in cio’ che ti piace fare, senza sensi di colpa, e vivi le tue emozioni quando salgono alla luce. Ma non starci “dentro”, non nutrirle, non e’ necessario.
    Ricambio il dolce salute 🙂

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  2. …stasera ho letto questo tuo intimo ed emozionante racconto di vita…sì…capisco molte cose che hai descritto…
    sai cosa noto??? che nel riassumere quello che ricordiamo dei nostri cari, al di là di elencare qualche cosa biografica, teniamo a dire sommariamente il loro carattere, focalizziamo i loro pregi in maniera molto nitida, e ci soffermiamo più approfonditamente sugli ultimi attimi della loro vita…vale a dire i ricordi materiali più freschi (recenti) e dolorosi…la perdita di un affetto così importante è un grosso trauma, anche se a volte inconscio… siamo costretti ad accettarlo ma spesso tentiamo di esorcizzarlo rivivendolo ogni volta che ne parliamo…
    penso che la debolezza più devastante nell’uomo sia la paura…la paura di qualsiasi cosa! il non sapere, l’ignoto, a cosa si va incontro, paura di soffrire, paura di non farcela, paura della paura…e poi quando ci sei dentro le cose il peso sembra più leggero, e quando è passato, il ricordo ti porta quella brutta sensazione di paura, che è un rivivere, paura di dover ripetere la stessa sorte…
    io ci leggo molto di questo nel tuo ricordare…o forse mi sbaglio…ma sono pagine importanti della e per la tua vita…
    un abbraccio forte forte anche a te da parte mia,
    Alessia

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  3. Conosco il potere devastante della paura (anche per questo mi colpì molto questo aforisma di Hermann Hesse: Che pensiero meraviglioso una vita senza paura, ancora oggi porto in forma cartacea nel mio portafoglio), non posso che concordare con quanto hai scritto.
    Sicuramente quasi tutti siamo condizionati dalla paura, anche se spesso è inconscia, e così non ci pare di averla.
    Quando subisci la perdita di persone a te care, assumi per sempre drammatica consapevolezza di ciò che razionalmente hai sempre saputo: la nostra caducità.

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  4. commossa ti dico che tua madre sapeva (e sa) che ha un figlio stupendo.
    Davvero molto toccante.
    Chissà perché avrei voluto un figlio maschio…, mi dicono chi ce l’ha che c’è un legame davvero speciale tra madre e figlio. Un legame che va oltre ogni cosa. E questo leggo.

    Con affetto.

    Carmen

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  5. x Carmen: cavolo… leggo il tuo commento con un anno e un mese di ritardo (grazie a Happysummer e al suo nuovo commento) Ti avviserò che ti ho risposto. Ti ringrazio, vorrei fosse un legame che dura oltre la morte, non solo nei miei pensieri. Purtroppo non riesco ad esserne sicuro
    Grazie ancora, un abbraccio!

    x Happy: mi ricordo che mi commosse molto scriverlo, e mi ha commosso anche ogni volta che lo riletto. Certo, io sono parte in causa, ovviamente…

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  6. La Tua Storia è Bellissima, Commovente, Coinvolgente, Straziante, ma scritta davvero da un Cuore Grande.
    Tua Madre è senz' altro accanto a Te, e sono sicura che, a suo modo, Ti stia aiutando, non Ti lascerà mai solo.
    Hai una mamma Bellissima, e rimarco HAI, perchè è ancora e sempre lì con Te, ne sono sicurissima.
    Ciao Mamma Bellissima di Francesco, un Abbraccio Grande anche da parte mia. Sono contenta di averTi conosciuta!
    Ti auguro di Cuore una Felice Notte Serena, Francesco, e Grazie per queste Splendide letture così profondamente toccanti.
    Un Grande Abbraccio anche a Tania, e tante dolci coccole ai Vostri Amichetti pelosi.
    Ciao!
    Maria Elena 

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  7. Be' cara Maria Elena, il tuo commento e' commovente quanto il mio post direi Vorrei credere sia proprio come scrivi tu… chissa' Forse mi servirebbe qualche altro "segno"
    Grazie, un carissimo abbraccio!

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  8. sono la 101esima persona che commenta qui…potrebbe essere un segno! 🙂
    qualche mese fa ed oggi sono proprio 9 mesi, ho perso un caro amico, é stata la prima morte sentita da parte mia, fortunatamente ho ancora i genitori ed i miei cari.
    be, se proprio devo cercare un segno…da quel giorno non riesco ad addormentarmi senza pensare a lui, sembra una stupidaggine, ma non ci riesco proprio, é come se lui disturbasse la mia ninna nanna serale…:) questo forse é il primo e continuo segno che ricevo da parte sua, se lo voglio proprio chiamare così.
    per il resto é sempre dentro di me, specialmente quando cammino per le strade in cui lui lo faceva abitualmente. ci penso e sorrido, lo sento con me.

    cmq tanto per sdrammatizzare domenica sera in macchina le mie due bambine parlottavano tra di loro della morte…:) la più grande cercava di capire se si possono spedire delle lettere quando siamo morti e la più piccola le ha risposto "ma sei proprio dura eh!!? ma non capisci che non é come quando si gioca al Nintendo!! non si può riniziare, quando sei morta sei morta, non ci sei +! Il gioco é finito!" Le adoro. 🙂

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  9. ahahah accidenti! Davvero sveglia la più piccolina!
    Il tuo è forse un "segno" poco eclatante, non è di quelli che finisce sui giornali o in nei film, eppure io credo che in fondo è ciò che sentiamo dentro di noi a fare testo e a costituire la fede. Ed è bello leggere la tua evidente sincerità quando scrivi di sentire il tuo amico ancora vicino a te

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  10. Forse non mi crederai ma. appena ho cominciato a leggere le prime righe, me lo sono ricordata subito e mi chiedevo com'era possibile che non ci fosse un mio commento finché non ho visto la pagina n. 2.
    Scrissi "E' un post straziante", non fu un commento molto esauriente ma neanche oggi saprei dire di più perchè con la morte – e con la morte di mia madre – ho un rapporto molto difficile.

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  11. Non mi sorprende, né che l'avessi già letto, né che l'avessi commentato Ero solo dubbioso a riguardo delle date… pensavo di averlo scritto prima che iniziassimo la nostra "frequentazione di blog"
    Ah, anche io ho un rapporto difficile con la morte, d'altronde… chi non la ha? Penso davvero in pochi…

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  12. Commento andato perso durante il trasferimento da Splinder e mia risposta:

    # Nimiel78 17 Febbraio 2008 – 09:11

    Molto commovente, perché intensamente VERO…
    Mi ha colpito la parte finale… Io ho una dedica di mia mamma (ancora vivente – e convivente!) su un libro che mi regalò quando avevo 4 anni. Quelle sue parole scrtitte timidamente a matita, colme di speranza e amore vero la sua piccola bambina, sono un dono d’inestimabile valore che mi fanno capire quanto io le sia legatae quanto lei mi ami, al di là di tutte le incomprensioni e litigi del passato e del presente.

    # Wolfghost 17 Febbraio 2008 – 13:25

    Ma certo! 🙂 Incomprensioni e litigi fanno parte delle convivenze umane; certamente, se non nascondono un disagio radicato, non inficiano un bel rapporto. E quello con tuo madre appare esserlo 🙂

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