Il coraggio delle proprie azioni

TrioraQualche settimana fa’ mi sono recato nella bellissima e caratteristica Triora, nota come “la citta’ delle streghe” (www.triora.org), paese antichissimo (si parla di resti risalenti a diversi secoli prima dell’anno zero) arrocato sui monti dell’estremo ponente ligure.

Oltre al bellissimo paese, costituito dalla disabitata o quasi parte antica, piena di strette vie spesso interamente coperte, e da una parte piu’ recente, si puo’ visitare il museo etnografico e della stregoneria, ricco di documenti risalenti all’inquisizione.

Ma chi erano poi queste povere streghe? Ebbene erano donne dedite per lo piu’ alla preparazione di rimedi erboristici utili a chiunque, ree in pratica di trovarsi solo nel posto sbagliato al momento sbagliato. Quello che hanno subito e’ purtroppo noto a tutti.

le streghe
Spesso ci troviamo in situazioni dove i nostri comportamenti e le nostre azioni non corrispondono al “sentire comune”, scatenando reazioni contrariate, come sospetto, timore, ma anche e forse piu’, invidia e frustrazione per un modo di agire che sfuggendo alle stereotipizzazioni viene osteggiato ma, segretamente, ammirato; che si vorrebbe fare proprio e forse seguire ma che, comportando grande fatica, richiedendo la messa in discussione di tutte le credenze e i costumi ai quali ci si e’ aggrappati ed appoggiati, sulle quali si e’ costruito il nostro io, si preferisce negare o addirittura distruggere.


cartelliEcco allora che spesso essere se’ stessi, diventa difficile, perche’ se da un lato lo si percepisce come cosa buona e giusta, dall’altro ci fa’ scontrare contro una societa’ che, chiusa a cio’ che sfugge alla “normalita’” (= media dei costumi e degli obiettivi da perseguire) tende a farci sentire “strani”, “non inseriti”, osteggiati. E’ facile percio’ trovarsi dilaniati tra cio’ che in effetti saremmo per nostra natura chiamati ad essere, e cio’ che ci converrebbe essere per essere accettati dalla societa’ nella quale siamo inseriti ed avere successo in essa.

stradaIl trucco sta’ nello smontare la maschera che e’ stata fatta per noi da altri, per poi – al limite, ma stavolta consapevolmente – metterne un’altra, sapendo che – pur rimanendo se’ stessi – si adottano di volta in volta comportamenti consoni all’ambiente circostante al puro scopo di trarre da esso vantaggio ed accettazione ma… senza perdere mai davvero di vista se’ stessi e cosa si sta’ davvero perseguendo.



parcheggio

arrivederci

In altre parole, trascendere dalla vita comune che si sta vivendo per poi, se si vuole, fare in essa ritorno ma stavolta agendo da veri architetti della propria vita, non subendo, bensi’ comandando le nostre azioni.


0 pensieri su “Il coraggio delle proprie azioni

  1. Purtroppo ogni giorno ci scontriamo con una sorta di “tribunale della inquisizione”, nel quale i giudici sono il luogo comune ed il sentito dire, che prendono il sopravvento su ogni possibilità di dialogo.
    Il “diverso” spaventa, è scomodo, molto piu’ rispetto all’omologo. Vuoi perche’ è più difficile rinunciare alle proprie convinzioni (che vengono spesso cullate e lustrate, senza essere pero’ quasi mai essere nutrite nè suffragate) vuoi perche’ la voce collettiva è quella nella quale ci si sente sicuri di non sbagliare, e per questo essere giudicati: se si sbaglia in tanti l’errore del singolo non viene notato. QUando si va contro corrente si è sempre sotto il mirino.
    Le streghe ci sono ancora ma vengono, aime’ anche al giorno d’oggi, troppo spesso etichettate come concubine di satana.

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  2. Ciao Gina-aus 🙂 Benvenuta sul blog… e chissà perché… ho idea che Triora la conosci anche te, sbaglio? 🙂

    E già… la caccia alla streghe non è mai finita, in fondo. Oggi non le bruciano fisicamente, ma moralmente non si è mai smesso di farlo.

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  3. Benvenuto GanJo (alias Fraun ;)). Ho dato anche un’occhiata al tuo sito, sei molto attivo, devo dire 🙂

    Forse e’ irrisolvibile perche’ cosi’ si crede essere o perche’ non si ha consapevolezza che tale sia?

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  4. Preciso subito che Arsludica non è il mio sito, ma solo un luogo dove spammo di tanto in tanto.

    Sul passato. Il problema è sempre la coscienza ed il principio di causa-effetto. “Sono così, perché mi è successo questo.”
    Autoanalisi apparentemente semplice, in realtà piena d’intoppi, di vicoli ciechi, di stanze buie, di paure e d’illusioni che riportano al punto di partenza, nel migliore dei casi.

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  5. Sai Wolf?Ho una strana sensazione….è come se fossi sbarcata in un pianeta sconosciuto di cui non conosco il linguaggio e le usanze;ritrovare Incuriosita e Frau(anche se i nostri scambi son stati sporadici,lo ammetto),è stato come un sollievo per me perchè mi sembrava che questo tuo blog fosse destinato ai soli “iniziati”che ti sostengono amorevolmente da tempo.
    Potresti pensare che il problema è tutto mio ed avresti perfettamente ragione ma confesso che mi sento quasi inopportuna e fuori luogo qua dentro,come se fossi stata invitata per errore….
    Insomma,per il momento non mi sento per niente a mio agio ma credo che tale impressione sia dovuta ad altri fattori di cui non ti rendo affatto responsabile visto che il tuo blog è recentissimo e,suppongo,non ancora collaudato.
    Ma tenevo a darti il mio modesto avviso,solo per chiarire la mia posizione e un punto di vista che forse potrebbe applicarsi a chiunque di noi.

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  6. “Iniziati che mi sostenevano da tempo”? Nessuno mi sostiene, come io non sostengo nessuno. Al massimo “ci si sostiene”.
    I due nick che hai citato sono stati avvisati da me perche’ ampiamente graditi 🙂 e la loro visione non mi e’ affatto piu’ lontana di quella di molti altri (strano che tu abbia avuto questa impressione, ho sempre dialogato benissimo con loro).
    Come ho scritto nella pagina iniziale, spero di non perdere i contatti con le persone in gamba che ho via via conosciuto (non solo sul tuo sito di provenienza), ma anche di conoscerne di altrettanto capaci, come di fatto sta avvendo.
    Essere “in gamba” per me, non significa pensarla nello stesso modo; altrimenti, non essendoci scambio, non ci sarebbe nemmeno possibilita’ di crescita. Significa avere una visione non superficiale, avere qualcosa da dare, accettare lo scambio proposto. E farlo in termini corretti e civili, senza quelle volgarita’, insulti e… altro, che si legge – ahime’ – da altre parti. Su cose come queste, si’, esercitero’ la censura che il mio blog permette; ma sugli scambi civili, anche se in contraddizione con il mio modo di pensare, non vedo perche’ dovrei farlo.

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  7. Due possibilità:ho mal formulato cio che volevo dire oppure l’hai mal interpretato….credo che proprio non riusciamo a intenderci e che la comunicazione tra noi sia davvero complicata.
    I tuoi argomenti li approvo totalmente,non ho mai detto ne pensato il contrario mi sembra;gli scambi con persone non superficiali e che hanno qualcosa da dare e che li accettano pur non pensando nello stesso modo,fanno parte dei miei valori e degli aspetti ai quali do una grande importanza e questo da sempre,credimi.
    Parlavo di “iniziati”riferendomi al fatto che si ha(almeno io)la sensazione di cadere nel bel mezzo di un circolo chiuso in cui ci si sente un po estranei e sperduti, forse perchè esiste una certa continuità relazionale fra te e i diversi interlocutori conosciuti precedentemente, con i quali gli scambi verbali son già stati instaurati.
    Ecco,mi chiedo come reagirebbe qualcuno che arrivasse qui per caso non conoscendo gli antecedenti(forum ecc).Capisci?
    Spero di aver chiarito il malinteso che si aggiunge a tanti altri fraintendimenti passati;mi ripetero dicendoti che decisamente….

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  8. Ti stupira’ forse sapere che non c’e’ alcun percorso comune tra me e chi e’ intervenuto qua dentro 🙂 Forse ci sono interessi ed argomenti simili, questo si’, ma nessun circolo chiuso “precostiutuito”.
    Puo’ essere che, essendo il blog nuovo, siano intervenute spesso le stesse persone, dando l’impressione di un gruppo gia’ formato in precedenza. Ma e’ solo perche’ ancora, le persone nuove, seppure gia’ diverse, sono intervenute in minoranza 🙂

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  9. Allora e per concludere direi che va benissimo cosi,scusa se mi son sbagliata su tutta la linea interpretando a sproposito il tuo blog o meglio,la strana atmosfera che sembrava circondarlo.
    Non te la sei presa,vero?
    Comunque ciao lo stesso.
    Amaltea,che stavolta non dimentica di firmare

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  10. ma va’! 🙂 Figurati se me la sono presa per questo. No, certo mi sarebbe dispiaciuto se l’equivoco non fosse stato chiarito 🙂 Non e’ mio interesse fare alcun “circolo chiuso”, credimi 🙂

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  11. Amaltea, mi complimento con te perche’ hai avuto il buonsenso di dire apertamente quello che pensi, brava.
    E’ una dote non tanto frequente.
    L’importante è sempre chiarire i punti non chiari di alcuni aspetti.
    Un saluto a Wolf, come va?
    Qualche volta se ti va vorrei discutere con te, e con chiunque altro ne abbia voglia nel blog, di un aspetto inerente alla psicologia: il concetto di “setting”.

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  12. grazie Legolas,le tue parole mi rassicurano perchè ero quasi convinta di aver sbagliato dicendo cio che pensavo a proposito delle prime impressioni sentite arrivando qui.
    Era una sensazione spiacevole che mi metteva a disagio e per tale ragione desideravo renderla chiara.Il tuo intervento conferma le mie posizioni forse sbagliate o troppo dettate dall’impulso ma che in fondo partono da una stessa ricerca di chiarezza e di autenticità.
    Grazie,ti auguro una buona notte.

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  13. Vedi? Ne stavo parlando l’altro giorno con un mio amico psicologo.
    Mi diceva dell’importanza (oltre che economica) del compenso che si deve versare allo psicologo per creare “l’ambiente giusto”. Io mi sono fatto la seguente idea: nel momento in cui ti pago (caro psicologo) io mi metto nella condizione di “fruitore di un servizio”, allora ho delle aspettative da te, ma se ho delle aspettative ti faccio entrare nella mia sfera piu’ intima. In un certo senso ti “punisco”, pretendendo che tu debba sottostare a tutte le mie esigenze in merito al problema che ti pongo”, quindi sarai soggetto ai miei sbalzi di umore, e potro’ sfogarmi con te su tutti i miei problemi.
    Non so se ho espresso a pieno la mia idea… è un po’ astratto come concetto ma spero di essermi spiegato al meglio.

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  14. aaaah! Molto interessante il parallelo. Peccato che non mi paghino a me! 😀

    Sono d’accordo, salvo il fatto di sottolineare che un buon psicologo, pur dotato di buona empatia, dovrebbe riuscire a non farsi coinvolgere dallo stato d’animo del paziente.
    Cosa che io non sarei in grado di fare 🙂

    In un libro di Castaneda, una volta venne chiesto al maestro sciamano Don Juan come poteva rimanere così impassibile di fronte alle sventure e difficoltà dei suoi “discepoli”. Lui rispose che è proprio rimanendo distaccati che si puo’ aiutare il prossimo; se ci si lascia coinvolgere, alla fine non solo si perde obiettività – e quindi capacità di aiuto – verso di lui, ma addirittura si rischia di venire trascinati nei suoi stessi abissi.

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  15. Come sempre in pieno accordo con te :-).
    Il bravo psicologo, secondo me, quando ascolta deve annullare i propri filtri mentali ed un po’ il proprio “io”.
    In modo da non giudicare… bel traguardo da raggiungere!!!

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  16. E qui mi viene in mente Jung, che pur dall’alto della sua esperienza, invitava sempre a “ripartire da zero” con ogni nuovo paziente, dimenticandosi delle “tipizzazioni” e dei casi precedenti, altrimenti condizionanti.

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  17. Wolf, a proposito di ricerca dell’anima… allego il testo di una canzone dei ratti della sabina (un gruppo folk rock )…

    E speriamo speriamo che non mi veda il capitano
    perchè son partito clandestino su questa nave
    e speriamo speriamo che non lo venga a sapere
    perchè sono un sognatore e lui proprio non mi può vedere
    non lo considera un bel mestiere,
    non mi considera un passeggero regolare
    di quelli che hanno i lasciapassare per la porta principale
    io non sono come gli altri
    io no che non lo posso fare

    e allora se si vuole continuare a navigare
    bisogna farlo di nascosto anche se hai un mondo da dare
    che vive nel tuo cuore che vive lontano dal grande rumore
    che fa quella gente che sta sul ponte e insegue da sempre il grande miraggio del niente

    io preferisco restare qui sotto e viver così questa vita mia
    certo si rischia ma è più dignitoso che cedere al fascino vuoto dell’ipocrisia
    voglio poi dire che il tempo mi avrà fatto abituare,
    ma io non trovo nemmeno brutta la stiva buia di questa nave
    spero comunque che il capitano non mi venga mai a cercare
    perchè si sa che i clandestini poi li buttano nel mare
    e giù c’è già pronto il pescecane che approfitta della situazione:
    mette una croce sui tuoi giorni e la sua coscienza non fa obiezione.

    E speriamo speriamo che non venga il capitano
    a rubare questa notte dai miei sogni
    quella stella così bella che mi illumina la via,
    dolce sposa del mio tempo, dolce signora Utopia.

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  18. Bel testo. A segnare una scelta coraggiosa.
    Se il sognatore poi riuscisse a travestirsi da “passeggero regolare”, invece di vivere nascosto, pur mantenendo lo spirito e gli obiettivi del sognatore, allora la canzone si avvicinerebbe davvero molto al concetto di “vivere da vero architetto” di Raphael e di altre correnti esoteriche. Il concetto di “essere nel mondo ma non del mondo”…

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  19. @wolfgosth… benvenuto sulla mia spiaggia…heheheh . he si dici bene “specie di koan e aforismi…” pensa che erano nate prima le parti in corsivo (brani e cose scritte in almeno 10 anni), poi per l’insistenza di Gaudio, un amico di Torino, mi sono messo a scrivere una storia che potesse unire
    il filo delle altre storie…e da lì poi tutto si è piano piano materializzato… L’invisibile silenzio legillo come meglio credi, la soddisfazione ti arriva quando ricevi commenti come questi…e ti accorgi davvero di avere trasformato “l’invisibile in qualche cosa di visibile e concreto”.

    Grazie e buonavita…
    Hindie

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  20. Non sono daccordo, questa volta. O forse ho letto male.

    Cioè per piacere agli altri dovrei “camuffare” la mia peronalità?? Adeguarmi al loro modo di pensare e giudicare?

    Tu dici si adottano di volta in volta comportamenti consoni all’ambiente circostante al puro scopo di trarre da esso vantaggio ed accettazione ma… senza perdere mai davvero di vista se’ stessi e cosa si sta davvero perseguendo.

    Non è violentare il mio essere così??

    Perchè dovrei essere io ad adeguarmi?
    E così facendo potrei forse avere successo presso gli altri che, comunque continuerebbero a provare invidia ecc, ma mentirei a me stessa.

    Se ricordi abbiamo parlato in un certo modo di ciò quando mi hai detto che pensavi che io potessi “volare in alto”:)). Io ti ho risposto che mi adeguavo. Il concetto è però diverso. Io mi adeguo, mi abbasso al livello degli altri per professione nel senso che, facendo l’insegnante, devo per forza tenere conto dell’interlocutore che mi sta davanti che non ha il mio stesso background culturale. E non lo faccio certo per avere consensi.
    Ma se mi relaziono con altri che hanno avuto le mie stesse possibilità culturali e che magari fannio il mio stesso lavoro ma non hanno la mia stessa capacità, perchè dovrei io abbassarmi al loro livello e non loro fare uno sforzo per lazarsi al mio??

    Il problema dell’inadeguatezza è il loro. Sarò invidiata, sarò isolata, lo metto in conto ma sono me stessa fino in fondo

    Ti lascio un sorriso e la buonanotte

    dora

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  21. Ciao Dora 🙂 Io invece credo che sia la possibilità di imparare qualcosa da chiunque, perché da chiunque, c’è sempre qualcosa da imparare, oltreché una forma di rispetto per le persone che abbiamo intorno e per la società nella quale viviamo e della quale dobbiamo rispettare le regole. Infatti il discorso deve essere bilaterale, quando ce ne sia la possibilità; quindi, giustamente, fai bene a “pretenderlo” da chi è in grado a sua volta di farlo.

    Si narra che Shakespeare avesse proprio questa particolarità in maniera molto spiccata: aveva la capacità di interloquire con chiunque mettendosi al suo livello, che fosse un re o l’ultimo degli sguatteri. Ancora giovane fu’ aspramente criticato per questo, gli venne detto che la sua era mancanza di personalità; era solo per questo che “scendeva” a livello di chiunque: perché non aveva il carattere per imporsi mantenendo la sua linea.
    Si narra che ando’ in crisi per questo… fino a quando non si rese conto che proprio grazie a questa caratteristica era capace di eccellere nelle sue doti di attore: riusciva a mettersi nei panni di chiunque con grande facilità.

    Riuscire a farsi capire da tutti non è uno svantaggio, non è un violentare sé stessi. E’ un dono. E’ la capacità di poter avere dialogo ovunque e con chiunque, senza perdersi niente. E’ un favore che si fa’ a sé stessi, prima che agli altri.

    Cio’ non toglie, ripeto, che il tuo discorso sia giusto: se esci con chi potrebbe parlare di “vita” e questo parla solo di sport (è solo uno stupido esempio), fai bene ad esserne delusa.

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  22. Forse non mi sono spiegata. Il problema non è farsi capire dagli altri adeguandomi al loro livello. Su questo non ci sono problemi. Il problema è condizionare il mio modo di essere . di pensare, le mie ide e le mie concezioni se queste non stanno bene agli altri o le criticano provano gelosie ed invidie. A questo punto non mi interessa il consenso

    dora

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  23. Ma il tuo modo di essere e di pensare, le tue idee e concezioni, non sono toccate dallo “andare verso l’altro”. E’ solo l’esposizione, l’apparenza, che cambia. Non la sostanza. Anzi, non è per “ottenere consenso”, ma proprio per il piacere che cio’ che vuoi trasmettere sia comprensibile a chi hai davanti, che ti muovi verso di lui. Questo non vuol dire che debba farlo verso chiunque, bensì solo verso chi ti interessa che possa essere partecipe dei tuoi pensieri.

    Non è un discorso di “capacità”, quanto di “volontà” di chi hai di fronte ad avere un vero dialogo con te (e viceversa naturalmente).

    Mi spiego con un esempio. Se incontro una persona profonda ma limitata dalla condizione in cui ha vissuto (studi, famiglia, condizione sociale…) e mi fa’ piacere avere uno scambio con lei, userò parole semplici affinché essa sia in grado di comprendere cosa voglio dire.

    Se incontro la persona più acculturata di questa terra, ma la trovo arrogante, presuntuosa o semplicemente non ho alcun interesse nell’avere un dialogo con questa persona… non lo faccio e vado avanti per la mia strada.

    In altre parole, mi interessa il consenso di chi mi interessa 🙂 fosse anche di un gruppo, di una certa tipologia di persone.
    Non di tutti. Anche perché non sarebbe possibile né pensabile.

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  24. E’ vero quel che scrivi e mi è venuto in mente il proverbio che dice che  "l’abito non fa il monaco", eppure per la nostra società è l’incontrario. Per la nostra società l’abito fa proprio il monaco 😉 

    Farsi rispettare, mantenendo le proprie peculiarità non è facile, la società tende a giudicare in "massa", o in base ai propri "schemi", a fare di tutti un "coro", ma io non voglio stare nella massa e nemmeno nel "coro". 
    Mi piace la voce "fuori dal coro" e tale voglio rimanere, non mi piaciono "i schemi" e costi quel che costi. E costa, eccome! Come tu stesso dici, ci si sente un po’ di vivere ai bordi, ai "loro" bordi, ma "loro" non sanno che vivo benissimo nel mio "centro". Ci si sente un po’ "outsider", ma che importa? Gli "outsiders" sono l’eccezione che fa la regola….

    Ho smesso di farmi "accettare" e come figlia di bisonni emigranti, e come emigrante che torna a casa, e come tante altre cose.
    Perché devo farmi "accettare", se mangio e bevo come loro, se faccio bene il mio lavoro e mantengo un comportamento civile nella società?  

    A parte ironia che spero si capisca, io sono una persona che, per esempio, ama le sfide: d’estate mi vesto come le donne dell’India: pantaloni larghi e vestito sopra e grandi veli appoggiati  sulla spalla. D’inverno copro la testa con il cappello, ne ho una collezione di cappelli, e di tutte le maniere.
    Ti dico questo, perché che la sfida così diventa più interesante (oddio, dovevo fare l’attrice….) ossia, mi vesto come una orientale, ma penso come una donna occidentale e allora succede che quando apro bocca, la società di meraviglia. Ma di che cosa si deve meravigliare? Per la mia apparenza? 

    E’ purtroppo vero che ci si dovrebbe comportare secondo la circostanza, comportarsi come la ricostanza richiede, credo che sono i "dettagli" che poi fanno la differenza. Vivendo così è più facile, ma meno emozionante 🙂 
    Sono folle? forse, si.
    Ciao Wolfghost, alla prossima!
    Rondine

     

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  25. Be’, ma se per te l’anticonvenzionalita’ e’ sfida e crescita, allora fai bene ad adottarla Il "conformarsi voluto" lo posso consigliare a chi si sente escluso dalla societa’ nella quale risiede e soffre per questo. A chi "vorrebbe ma non riesce" ed allora si incattivisce nella sua anticonvenzionalita’. Diventa insomma un modo estremo di dire "io sono cosi’, e cosi’ mi dovete accettare", senza rendersi conto che non e’ cosi’ in realta’, la sua e’ solo una reazione, a volte rabbiosa, verso una societa’ che non lo comprende.
    Ma nel mondo ci sono state e ci sono tante persone che invece sull’anticonvenzionalismo giocano, le diverte sorprendere, piace loro distinguersi. In questo caso diventare conformi a usi e costumi e’ naturalmente una perdita piuttosto che un guadagno
    Grazie sempre di farmi riscoprire questi vecchi post! E’ bello vedere che ogni tanto qualcuno va a scoprirli!

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  26. Beh, sai, ci sono tanti post qui da leggere e siccome parla di tutto ciò che può accadere nella vita sono interessanti.
    Nella realtà di tutti i giorni poco se ne parla, se non per "piagersi adosso", senza risolvere nulla o per lo meno cercare risposte, che potrebbe aiutarci con un sano confronto.
    Buona serata!
    Rondine
     

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  27. In effetti la condivisione delle cose "di tutti i giorni", intendendo argomenti che toccano tutti, e’ un po’ lo scopo (e credo anche parte del suo "piccolo successo") di questo blog
    Grazie Rondine e buona serata anche a te!

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